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Ipocrisia istituzionale svanita dopo una decisione unanime

Alla gran maggioranza di noi si richiede un’ipocrisia costante, eretta a sistema.

Boris Pasternak; da Il dottor Zivago

Il 5 ed il 6 ottobre scorso si è svolto nel castello di Brdo, presso la capitale Ljubljana in Slovenia, il vertice del Consiglio europeo. Per il primo giorno era stato programmato un incontro informale, durante una cena di lavoro, dei massimi rappresentanti dei Paesi membri dell’Unione europea e dei dirigenti delle istituzioni dell’Unione. Le questioni sulle quali si è discusso si riferivano agli importanti sviluppi geopolitici e geostrategici accaduti durante questi ultimi mesi. Si è trattato, inevitabilmente, della situazione in Afghanistan. Ma si è discusso anche della rottura unilaterale, da parte dell’Australia, dell’accordo con la Francia per i sottomarini a propulsione nucleare. Un accordo quello che è stato sostituito con un altro tra l’Australia, il Regno Unito e gli Stati Uniti d’America. Un altro tema sul quale si è discusso durante quella cena di lavoro il 5 ottobre scorso in Slovenia è stata la crescente e preoccupante influenza geostrategica della Cina. Il giorno successivo, il 6 ottobre, era stato previsto ed organizzato il vertice del Consiglio europeo con i massimi rappresentanti dei sei Paesi dei Balcani occidentali. In quel vertice erano presenti, oltre ai capi di Stato e di governo di tutti i Paesi membri dell’Unione europea, anche i massimi rappresentanti delle istituzioni dell’Unione, compresa la presidente della Commissione europea che ha visitato, negli ultimi giorni di settembre scorso, tutti i sei Paesi balcanici. Sia dopo i suoi incontri, che prima del vertice del Consiglio europeo, il 6 ottobre scorso, la presidente della Commissione europea, con le sue dichiarazioni ufficiali, ha espresso la sua ferma convinzione e dell’istituzione da lei rappresentata, che i sei Paesi balcanici avevano compiuti tutti gli obblighi previsti. Ragion per cui si meritavano il loro avanzamento nel percorso previsto dall’Unione europea per l’allargamento ai Paesi balcanici. L’autore di queste righe, riferendosi alla vera, grave e preoccupante realtà vissuta in Albania, come testimoniata e documentata anche dai rapporti ufficiali di diverse istituzioni internazionali specializzate, comprese quelle dell’Unione europea, ha considerato le dichiarazioni fatte dalla presidente della Commissione europea prive del tutto di veridicità e, perciò, anche di credibilità. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò la scorsa settimana (La verità rende liberi; 4 ottobre 2021).

Ebbene, la decisione unanime presa dal Consiglio europeo il 6 ottobre scorso ha fatto svanire l’ipocrisia istituzionale della Commissione europea, almeno nel caso dell’Albania. Un’ipocrisia istituzionale, espressa dalle dichiarazioni ufficiali dalla sua presidente, dopo l’incontro con il primo ministro il 28 settembre scorso. Per l’ennesima volta in questi ultimi anni, si è evidenziata una palese discordanza tra i rapporti positivisti, entusiastici e permissivi della Commissione europea, nonché delle dichiarazioni del tutto non realistiche e di parte delle massime autorità della Commissione stessa, con la vera e vissuta realtà albanese. Realtà che la conoscono meglio e spesso anche nei minimi dettagli alcuni dei Paesi membri dell’Unione, grazie alle loro professionali, credibili, verificabili e verificate informazioni dal territorio. Ed è stato proprio in base a quelle informazioni preoccupanti ma realistiche, che la decisione presa il 6 ottobre scorso dal Consiglio europeo, anche se con delle frasi “diplomaticamente e politicamente corrette”, non ha confermato le aspettative della Commissione europea. Come è successo sempre, durante questi ultimi anni. Almeno nel caso dell’Albania. Chissà, però, se quelle dichiarazioni fatte dalle massime autorità della Commissione europea, nonché il contenuto dei rapporti di progresso della Commissione stessa, si basano, “senza accorgersi e sulla fiducia”, su delle informazioni del tutto non realistiche e prive di correttezza professionale, raccolte e inviate alla Commissione dai loro rappresentanti in Albania, oppure si basano su altre “motivazioni”?!

Il 6 ottobre scorso, dopo il vertice del Consiglio europeo in Slovenia, è stato pubblicato anche il testo ufficiale della Dichiarazione approvata all’unanimità dai capi di Stato e di governo di tutti i Paesi membri dell’Unione europea. Nel primo punto della Dichiarazione si afferma: “…L’Unione europea ribadisce il suo impegno a favore del processo di allargamento”. Un impegno quello che si basa, però, sulle “…riforme credibili dei partner, di un’equa e rigorosa condizionalità e del principio meritocratico”. In questa affermazione gli analisti hanno evidenziato e sottolineato l’uso della parola “partner” invece dell’espressione “Paese candidato all’adesione nell’Unione“. In più si ribadisce che “…è importante che l’UE possa mantenere e rafforzare il suo sviluppo, compresa la capacità di integrare nuovi membri”. Un’altra affermazione che mette in evidenza la necessità, espressa da diversi Paesi membri dell’Unione europea, di “rafforzare il suo sviluppo” prima di attuare l’allargamento dell’Unione con altri Paesi, compresi quelli balcanici. In più, e riferendosi sempre ai Paesi balcanici, nel secondo punto della Dichiarazione si afferma che l’Unione europea “…accoglie con favore la conferma dell’impegno dei partner dei Balcani occidentali a favore del primato della democrazia, dei diritti e valori fondamentali e dello Stato di diritto, come pure della prosecuzione degli sforzi per lottare contro la corruzione e la criminalità organizzata e per sostenere la buona governance, i diritti umani, la parità di genere e i diritti delle persone appartenenti a minoranze”. Mettendo così in evidenza alcune delle preoccupanti problematiche, con le quali ci si affronta e si subisce quotidianamente in diversi Paesi balcanici. Si tratta di problematiche ben presenti che hanno portato ad una simile grave ed allarmate realtà in Albania. Proprio lì, dove in questi ultimi anni, dati e fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, è stata restaurata e si sta consolidando una nuova dittatura sui generis. Proprio in Albania, dove, invece dello Stato di diritto, tutto il sistema “riformato” della giustizia è controllato personalmente dal primo ministro e/o da chi per lui. Proprio in Albania, dove la “lotta contro la corruzione” è solo e soltanto una frase di propaganda, essendo ormai testimoniato che la galoppante corruzione sta corrodendo tutto e tutti nelle istituzioni statali e nell’amministrazione pubblica. Proprio in Albania, dove il potere politico, rappresentato dal primo ministro e/o da chi per lui, convive e collabora in un modo ben strutturato ed organizzato con la criminalità organizzata. Una connivenza ed una collaborazione quella con la criminalità organizzata, locale ed internazionale, che ha permesso al primo ministro la “vittoria” elettorale del 25 aprile scorso ed il suo attuale terzo mandato governativo, come confermano anche diversi rapporti ufficiali delle più credibili istituzioni internazionali specializzate. E sono soltanto alcune delle preoccupanti e gravi problematiche con le quali si affrontano e ne subiscono quotidianamente gli indifesi cittadini albanesi. Problematiche che, però, non sono state mai evidenziate né dai rapporti permissivi della Commissione europea e neanche dalle dichiarazioni “entusiastiche e positiviste” che da anni stanno rilasciando i massimi rappresentanti della Commissione stessa sulla situazione e sui continui progressi che sta facendo l’Albania (Sic!). Mentre nel quarto punto della sopracitata Dichiarazione del Consiglio europeo si afferma che il sostegno dell’Unione europea “…continuerà a essere legato al conseguimento di progressi tangibili in materia di Stato di diritto e di riforme socioeconomiche nonché all’adesione dei partner ai valori, alle regole e agli standard europei”. Il che, nel caso dell’Albania, significa semplicemente posticipare ad una data non determinata la convocazione della prima conferenza intergovernativa, come parte integrante del previsto ed obbligatorio percorso europeo. Proprio di quella conferenza, per la cui convocazione la presidente della Commissione europea si era personalmente impegnata e determinata a realizzarla “al più presto”, in modo da avviare in seguito “i negoziati dell’adesione prima della fine dell’anno. Questo è l’obiettivo”. Così dichiarava lei il 28 settembre scorso, durante la sua visita ufficiale in Albania! E tutto ciò soltanto una settimana prima dello svolgimento del sopracitato vertice del Consiglio europeo in Slovenia. Vertice la cui Dichiarazione finale, tra l’altro, testimonia e dimostra anche l’ipocrisia delle dichiarazioni dei massimi rappresentanti della Commissione europea, nonché la non veridicità del contenuto dei rapporti ufficiali di progresso della Commissione stessa sull’Albania.

Nel frattempo, dopo il vertice del Consiglio europeo del 6 ottobre scorso, per il primo ministro albanese, trovatosi in difficoltà e come sempre accade, la colpa è ovunque, la colpa è di tutti, di chicchessia, tranne la sua. Invece, dati e fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo alla mano, la vera verità grida ai quattro venti che per tutto quello che da anni sta accadendo in Albania, almeno istituzionalmente, la colpa è proprio del primo ministro! Dopo il vertice del Consiglio europeo del 6 ottobre scorso, per il primo ministro albanese la colpa è dei singoli Paesi dell’Unione europea e dell’Unione stessa! Sì, perché secondo lui l’Europa sta attraversando un momento non così buono, “con tanti problemi interni e l’allargamento non si attende con entusiasmo”! La sua irrefrenabile spinta interna di mentire e di ingannare, come suo solito in casi simili, anche in questo caso fa sì che lui, il primo ministro albanese, per salvare la sua faccia, dia la colpa ad altri. Mentre mente consapevolmente nell’affermare che “…l’Albania ha fatto i compiti di casa”, ma purtroppo l’Unione europea “non è in grado di rispettare le sue promesse”!

Chi scrive queste righe, come spesso accade, avrebbe avuto di nuovo bisogno di molto più spazio per trattare le conseguenze dell’ipocrisia istituzionale delle massime autorità della Commissione europea sugli sviluppi politici e sociali in Albania. Egli però è convinto che quelle dichiarazioni, essendo prive di fondamenta e non rispecchiando per niente la vera, vissuta e sofferta realtà albanese, favoriscono semplicemente il primo ministro e tutti coloro che, insieme con lui, stanno traendo beneficio da simili affermazioni. Così facendo si cerca di spingere anche altri, tanti altri, a credere ad un’ipocrisia del genere. Si richiede anche ai cittadini albanesi, come scriveva Boris Pasternak, nel suo rinomato romanzo Il dottor Zivago, di farsi portatori di questa ipocrisia costante, eretta a sistema.

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