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Le drammatiche conseguenze delle decisioni prese

Non v’è principio, per quanto giusto e ragionevole, il quale, se
lo si esageri, non possa condurci alle conseguenze più funeste.

Conte di Cavour

La scorsa settimana l’autore di queste righe aveva informato il nostro lettore della decisione presa dal Consiglio europeo del 26 marzo e aveva promesso di ritornare presto sul caso. (Una decisione e molti punti interrogativi….; 13 aprile 2020). Quella delibera del Consiglio europeo ha aperto le procedure all’Albania per aderire nell’Unione europea. Era però impossibile, nell’ambito di quell’articolo, trattare tutti gli argomenti, o almeno quelli necessari, per rendere chiara la realtà albanese e capire il perché di una alquanto inattesa decisione. Veramente inattesa. Perché fino a due mesi fa in Albania erano sempre più quelli che avevano perso le speranze, o stavano per farlo. Compreso anche il primo ministro, che aveva cominciato ad additare l’Unione europea perché stava “trascurando l’Albania”, preoccupata com’era, degli sviluppi interni. Alludendo e minacciando anche con altri scenari nei Balcani, con presenze ed influenze di Russia, Cina, Turchia ed altri paesi. Il primo ministro albanese, durante la riunione del Consiglio Atlantico svoltosi a Bruxelles (12-13 febbraio 2020), ha dichiarato: “Bisogna affrontarsi con una maledizione che ha caratterizzato la nostra vita. Perché quando l’Unione europea era in un’ottima forma noi eravamo i cattivi. Adesso che siamo [noi] i buoni, loro sono in una terribile forma. Dobbiamo attendere il momento in cui non solo noi siamo i buoni, ma che anche loro siano in buona forma”. E tenere presente che fino a due mesi fa la pandemia non aveva ancora colpito duramente i paesi europei, come realmente e purtroppo è accaduto in seguito. Una situazione vissuta e sofferta quella, che ha veramente e realmente evidenziato forti contrasti ed attriti tra singoli paesi membri e le istituzioni dell’Unione europea e/o tra di loro. Una situazione ancora in pieno sviluppo che comunque ha coinvolto e continua a coinvolgere i singoli paesi membri e la stessa Unione europea. Una situazione e una realtà questa, che veramente poteva giustificare, adesso come a febbraio, le lamentele e i rimproveri del primo ministro albanese all’Unione europea, che stava ingiustamente trascurando, negli ultimi mesi, quello che i “buoni” avevano fatto in Albania. E poi, “stranamente e inaspettatamente”, tutto è cambiato e ai “buoni”, rappresentati dal primo ministro albanese, è stato riconosciuto il “merito”.

La decisione del Consiglio europeo, durante la seduta in videoconferenza del 26 marzo scorso dei capi di Stato e di governo dei paesi membri dell’Unione, di aprire i negoziati con l’Albania come paese candidato all’adesione nell’Unione europea era stata anticipata da alcune dichiarazioni dei massimi rappresentanti della Commissione europea. Dichiarazioni che hanno attirato di nuovo l’attenzione pubblica, perché è proprio quest’ultima l’istituzione che prepara e presenta le necessarie raccomandazioni al Consiglio europeo. E da alcuni anni la Commissione insiste nelle stesse sue raccomandazioni “positive ed entusiastiche” in base ai “progressi e i successi raggiunti” dall’Albania con le riforme. Il 2 marzo scorso è stata resa pubblica una nota ufficiale della Commissione riguardo al percorso europeo dell’Albania e della Macedonia del Nord. Ma come l’autore di queste righe ha ribadito anche nel sopracitato articolo della settimana scorsa, c’è realmente una chiara ed evidente differenza tra i due paesi. Perciò in seguito egli si riferirà soltanto a quanto riguarda direttamente l’Albania.

Nella nota della Commissione del 2 marzo scorso si affermava che “In generale l’Albania ha aumentato gli sforzi e ha dato ulteriori, tangibili e sostenibili risultati in tutti i settori chiave identificati nelle Conclusioni del Consiglio europeo del giugno 2018”. Lo stesso 2 marzo scorso la portavoce della Commissione europea, responsabile per l’Allargamento, ha detto che anche l’Albania ha realizzato i “progressi richiesti” e ha “intensificato il lavoro e ha fornito ulteriori risultati tangibili e sostenibili nei settori chiave della giustizia e dello Stato di diritto”. Ragion per cui la Commissione europea ha riconfermato, il 2 marzo scorso, le sue raccomandazioni al Consiglio europeo per l’avvio dei negoziati di adesione. Nella sopracitata nota si ribadisce che “Entrambi i paesi (Albania e Macedonia del Nord; n.d.a.) hanno prodotto ulteriori risultati tangibili e sostenibili e quindi per la Commissione resta valida la raccomandazione di aprire i negoziati di adesione”.

Ebbene, tutti quelli che conoscono la realtà albanese e gli sviluppi politici degli ultimi anni sono consapevoli che quanto si scrive nella sopracitata nota ufficiale della Commissione europea non rappresenta per niente quanto sta accadendo in Albania. Non rappresenta ma, anzi, nasconde la profonda, pericolosa e grave crisi politica, istituzionale e sociale che sta travolgendo il paese, soprattutto dal febbraio del 2019 ad oggi. È stata la stessa realtà, ulteriormente peggiorata ed aggravata in seguito, che ha convinto e costretto i capi di Stato e di governo a respingere le raccomandazioni della Commissione europea nel giugno del 2019 e non permettere l’apertura dei negoziati di adesione dell’Albania all’Unione europea. Mentre in base alle stesse e sopracitate raccomandazioni, il 26 marzo scorso il Consiglio europeo ha deliberato proprio l’apertura dei negoziati. E proprio quando anche lo stesso primo ministro albanese aveva perso le speranza e parlava di “buoni” e di un’Europa che si trovava “in una terribile forma” e non poteva aprire i negoziati con l’Albania. Della sua Albania di cui lui è “la persona mandata da Dio”, come si era definito alcune settimane fa lui stesso, durante una trasmissione televisiva!

Allora viene naturale la domanda: “Cosa è accaduto nel frattempo e perché questo cambiamento di strategia, del tutto inatteso e inspiegabile?!”. Almeno per l’opinione pubblica in Albania e i cittadini che conoscono benissimo la realtà quotidianamente vissuta e sofferta. Non solo non c’è stato alcun progresso, di cui affermano le raccomandazioni della Commissione europea e poi adottate dal Consiglio, ma anzi, la situazione, facilmente verificabile, è peggiorata! Lo conferma e lo denuncia anche il Presidente della Repubblica albanese. E non solo non sono state compiute ed esaudite le condizioni poste nel giugno 2018, ma, nel frattempo, le condizioni sono state addirittura aumentate e continuano ad aumentare ulteriormente. Almeno dal Bundestag tedesco. Ed è quasi impossibile che possano essere esaudite dall’attuale governo albanese. Allora come mai queste raccomandazioni sono state accolte positivamente dal Consiglio europeo?! La ragione forse la spiega il Commissario europeo per l’Allargamento e la Politica di Vicinato. Lui ha dichiarato, dopo la sopracitata decisione del Consiglio, che “La decisione di oggi conferma l’importanza geostrategica dei Balcani occidentali e dimostra che l’Europa è disposta e in grado di prendere decisioni geopolitiche, anche in questi momenti difficili di pandemia da coronavirus”.

Chi scrive queste righe pensa che proprio quella potrebbe essere stata la vera ragione che ha “orientato” la decisione del Consiglio europeo per aprire i negoziati con l’Albania. Trascurando però le drammatiche conseguenze di quella decisione per i cittadini albanesi. Nella prossima settimana ed in seguito, l’autore di queste righe cercherà di spiegare, per il nostro lettore, sia il perché di quella sua convinzione, che altre contraddizioni tra la vissuta realtà albanese e quello che ribadiscono i rappresentanti della Commissione europea. Condividendo, nel frattempo, anche quanto scriveva il Conte di Cavour. E cioè che non v’è principio, per quanto giusto e ragionevole, il quale, se lo si esageri, non possa condurci alle conseguenze più funeste.

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