International

L’importanza dei prossimi giorni per evitare il peggio

…Poi vennero a prendere me. E non era rimasto nessuno che potesse dire qualcosa.

Martin Niemöller

Sono gli ultimi versi di una poesia attribuita a Martin Niemöller. Egli era un noto teologo e pastore protestante tedesco che nel 1937 è stato arrestato dai nazisti per la sua attività e le sue parole contro il regime. Portato in diversi campi di concentramento, riuscì a sopravvivere a tutte le sofferenze disumane. Dopo la liberazione nel 1945, diventò testimone delle oscenità e delle crudeltà causate dalla dittatura. E ovunque andava, Niemöller esprimeva la sua convinzione sul pericolo dovuto all’indifferena e all’apatia della gente e soprattutto delle persone colte di fronte all’avvio dei regimi dittatoriali.

Quella sua ferma convinzione Martin Niemöller la ha pubblicamente espressa, fino alla sua morte nel 1984, in molti paesi del mondo. Una convinzione trasmessa anche tramite versi poetici significativamente eloquenti. Esistono diverse versioni di queste poesie, ma tutte rappresentano la stessa convinzione di Niemöller. Ai giornalisti che gli domandavano delle sue poesie e qual era la versione alla quale fare riferimento egli diceva che avrebbe preferito la versione seguente. Quella che recita così: “Quando i nazisti presero i comunisti/io non dissi nulla/perché non ero comunista./Quando rinchiusero i socialdemocratici/io non dissi nulla/perché non ero socialdemocratico./Quando presero i sindacalisti/io non dissi nulla/perché non ero sindacalista./Poi presero gli ebrei/e io non dissi nulla/perché non ero ebreo./ Poi vennero a prendere me./E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa”.

Sono parole che devono servire da lezione a tutti, in ogni parte del mondo e in qualsiasi periodo. Parole che dovrebbero far riflettere, per poi trarre le dovute conclusioni e agire di conseguenza. Perché, come la storia ci insegna, l’indifferenza e l’apatia, soprattutto in determinati momenti, potrebbero fare veramente male, sia alle singole persone che alle intere società. Perché i regimi totalitari e le dittature, restaurati anche grazie all’indifferenza e all’apatia umana fanno veramente male e causano inaudite e crudeli sofferenze, sia alle singole persone, che alle intere società.

Il reale pericolo che si possano restaurare regimi totalitari e dittatoriali rimane sempre presente. In ogni parte del mondo. Quanto è accaduto negli ultimi decenni lo dimostrerebbe senza ambiguità. Regimi totalitari e dittatoriali che hanno approfittato delle realtà geopolitiche, degli interessi locali e/o internazionali nonché, e non di rado, anche delle strategie sbagliate e non lungimiranti adottate dalle grandi potenze internazionali in determinate aree del mondo. Gli esempi non mancano, anzi! Comprese anche le inevitabili conseguenze.

Ma contro i regimi totalitari in ogni parte del mondo si sono ribellati i cittadini. È accaduto in alcuni paesi del sud-est asiatico. Come è accaduto in seguito anche in diversi paesi africani. Rimangono ancora nella memoria comune le ribellioni note anche come la primavera araba. Si continua a combattere in Siria e in Libia. Ma continuano gli scontri e le proteste anche in Venezuela contro il regime dittatoriale di Maduro. Scontri e proteste iniziate in maniera massiccia dallo scorso gennaio.

Dal febbraio di quest’anno si protesta anche in Albania. Perché in Albania si sta realmente restaurando, fatti e dati alla mano, un nuovo regime totalitario, dopo quello comunista rovesciato nel 1991. Adesso coloro che governano il paese, primo ministro compreso, sono degli eredi biologici e politici di coloro che governavano e gestivano le sorti del paese e delle persone durante la dittatura comunista. Con una novità però. E cioè che adesso in Albania governa un’alleanza della politica con la criminalità organizzata. Lo dimostrerebbero palesemente e senza ombra di dubbio anche le intercettazioni telefoniche pubblicate in queste ultime settimane dal noto quotidiano tedesco Bild. Dalle intercettazioni risulterebbe come rappresentanti di spicco della criminalità organizzata, insieme con ministri, deputati dell’attuale maggioranza, dirigenti locali dell’amministrazione pubblica e alti funzionari della polizia di Stato, gestivano il controllo, il condizionamento e la compravendita dei voti durante le ultime elezioni politiche e in altre gare locali. Fatti molto gravi e penalmente punibili. Ma ad ora niente è accaduto. Anzi, tutti stanno godendo della protezione personale del primo ministro. Il che significa perciò anche del sistema “riformato” della giustizia.

Dal febbraio di quest’anno in Albania, i cittadini stanno protestando contro la diffusa e capillare corruzione che sta divorando tutto. Si protesta contro l’abuso spaventoso e il continuo sperpero del denaro pubblico, con tutte le gravi e derivanti conseguenze. E anche di fronte a questi innumerevoli casi evidenziati e documentati, il sistema “riformato” della giustizia chiude gli occhi e le orecchie. Lo stesso sistema però, diventa molto attivo e agisce subito contro i cittadini che protestano, spesso calpestando e violando le proprie competenze istituzionali e quanto sancito nelle convenzioni internazionali per i diritti umani. Tutto perché il “riformato” sistema della giustizia, fatti alla mano, risulterebbe essere personalmente controllato dal primo ministro. Nel frattempo la Corte Costituzionale e la Corte Suprema non funzionano da più di un anno a questa parte. Ormai non c’è nessuna garanzia per i cittadini e per l’opposizione e tutto dipende dalla “volontà” del primo ministro e dei clan occulti.

In Albania, con un decreto del presidente della Repubblica, erano previste dal novembre scorso le elezioni amministrative per il 30 giugno prossimo. L’opposizione, tenendo presente e denunciando la sopracitata realtà, ha già boicottato le elezioni. Perciò con candidati solo della maggioranza e con qualche “indipendente” quelle del 30 giugno invece di elezioni democratiche dovrebbero essere semplicemente delle votazioni. Come accadeva durante la dittatura comunista. In una simile situazione che si sta aggravando ogni giorno che passa, il 10 giugno scorso il presidente della Repubblica ha firmato un altro decreto con il quale annullava il 30 giugno come data per le elezioni amministrative. Spiegando anche il perché e offrendo tutto il ragionamento costituzionale e legale. L’unica istituzione che secondo la Costituzione, doveva esprimersi in questo caso sarebbe stata la Corte Costituzionale. La quale non funziona più.

Ovviamente dopo questo atto la situazione sta aggravando di giorno in giorno. Il primo ministro ignora pubblicamente il decreto del presidente, pubblicato anche sulla Gazzetta Ufficiale, perciò obbligatorio per tutti. La settimana scorsa lui e i suoi hanno avviato una procedura parlamentare per rimuovere dall’incarico il presidente. In seguito, alcuni giorni fa il presidente ha fatto capire che potrebbe avviare, lui stesso, una procedura per scogliere il parlamento. Rimane tutto da vedere.

Chi scrive queste righe, visto il continuo aggravarsi della crisi in Albania e per evitare il peggio, è convinto dell’importanza della responsabilità istituzionale, civile e personale di tutti durante i prossimi giorni. E se servisse, bisogna reagire con forza e ribellarsi contro il pericolo imminente e reale di ricadere sotto dittatura. E ricordare anche l’ammonimento di Martin Niemöller. Perché con una dittatura restaurata può succedere di tutto a tutti. E non ci sarà più nessuno a dire qualcosa. Agli albanesi la scelta!

Mostra altro

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio