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Meglio perderli che trovarli

Basta una sola persona che ci governa ricattata,

o ricattabile, perché la democrazia sia a rischio.

Tina Anselmi

Forse adesso sono poche le persone che si ricordano dell’ex ministro dell’Informazione di Saddam Hussein nel 2003. Si tratta di Mohamed Said al-Sahaf, un diplomatico che per circa nove anni, fino al 2001, è stato anche il suo ministro degli Esteri. Lui divenne “internazionalmente noto” ma anche “internazionalmente ridicolo” per le sue dichiarazioni, soprattutto nei primi giorni di aprile 2003. Allora, da quasi tre settimane, a partire dal 19 marzo 2003, un contingente composto da trecentomila soldati statunitensi e inglesi aveva cominciato una vasta operazione militare in Iraq, denominata “Iraqi Freedom”. L’obiettivo di quell’operazione era il rovesciamento del regime di Saddam Hussein. La motivazione ufficiale dell’attacco militare era il diretto e multiforme coinvolgimento di Saddam Hussein in sostegno del terrorismo islamico internazionale. Il 9 aprile 2003 le truppe d’attacco entrarono a Bagdad. Rimangono nella memoria collettiva le immagini trasmesse in diretta televisiva e seguite in tutto il mondo di quel 9 aprile. Specialmente quelle dove si vedeva la gigantesca statua del dittatore cadere giù. Un simbolismo molto significativo. Da quel 9 aprile 2003 il regime di Saddam Hussein non c’era più. Ma proprio mentre le truppe alleate avanzavano verso Bagdad, il ministro iracheno dell’Informazione, con diverse sue dichiarazioni televisive, assicurava non solo la resistenza dell’esercito iracheno ma, addirittura, la sconfitta degli alleati occidentali. Proprio due giorni prima della caduta del regime, il ministro dichiarava che le truppe di Saddam “…stavano comodamente vincendo la guerra”. Aggiungendo anche che “… i soldati americani, terrorizzati dai “colleghi” iracheni, si stavano suicidando, impiccandosi ai cancelli delle città”! Mentre l’indomani, e cioè l’8 aprile 2003, lo stesso ministro dichiarava: “…i carri armati statunitensi saranno catturati o bruciati. Gli americani si arrenderanno”! Stranamente a quelle dichiarazioni, all’inizio, credettero non solo parte degli iracheni che non vivevano a Bagdad, ma anche alcuni media dei Paesi arabi vicini. Proprio per quelle sue “invenzioni propagandistiche”, per quelle dichiarazioni totalmente irreali, a Mohamed Said al-Sahaf, ministro dell’Informazione di Saddam Hussein, i media occidentali diedero il soprannome “Ali il comico”. Il nome “Ali”, non essendo propriamente suo, faceva semplicemente riferimento ad un altro ministro di Saddam Hussein. Faceva riferimento al ministro della Difesa, Ali Hassan al-Majid, il quale era stato precedentemente soprannominato “Ali il chimico”. Un nomignolo coniato dopo l’attacco contro la cittadina di Halabja, nel Kurdistan iracheno, durante la guerra Iran-Iraq (1986-1989). In quell’attaco, comandato proprio da Ali Hassan al-Majid e svolto nel 1988, in seguito ad una sua barbara decisione, sono stati usati gas nervini contro gli abitanti della cittadina. Le vittime sono state alcune decine di migliaia. Invece e per fortuna le dichiarazioni irreali di “Ali i comico”, fatte semplicemente per “tenere alto il morale” dei soldati e dei cittadini iracheni, non hanno fatto nessuna vittima. Hanno fatto semplicemente ridere tutti coloro che conoscevano la vera realtà di quei giorni in Iraq.

In ogni parte del mondo ci sono molte persone che somigliano ad “Ali il comico”. Come ci sono tante altre che, purtroppo, somigliano ad “Ali il chimico”. Anche in Albania. Ci sono due soprattutto, note pubblicamente per le loro ripetute e ridicole bugie, nonché per le loro “invenzioni propagandistiche” e le loro promesse mai mantenute. Una è il primo ministro. L’altra è il dirigente di quello che è rimasto del partito democratico, il primo partito d’opposizione in Albania, costituito nel dicembre 1990. Era quel partito che ha guidato gli albanesi a rovesciare la dittatura comunista. Anche adesso il partito democratico è il maggior partito di quella che dovrebbe essere una determinata e motivata opposizione e che, purtroppo, è diventata semplicemente un’opposizione di facciata e molto comoda per la propaganda del primo ministro. Ma fatti accaduti alla mano, in Albania ci sono anche delle persone che somigliano ad “Ali il chimico”. Alcuni pubblicamente note, come l’ex ministro degli Interni, che dietro gli ordini dell’attuale primo ministro, due anni fa ha usato ripetutamente ed in modo sproporzionato gas chimici nocivi contro cittadini inermi. E non solo contro i cittadini che protestavano, contestando il malgoverno, gli abusi di potere e la galoppante corruzione. Con l’uso dei gas chimici nocivi lo stesso ex ministro degli Interni, sempre anche con il beneplacito del primo ministro, ha ordinato alla polizia di Stato, in più occasioni, di far uscire dalle proprie abitazioni molti cittadini nelle primissime ore del giorno, compresi bambini e persone anziane. Tutto semplicemente perché quelle abitazioni, legalmente possedute, si dovevano demolire e al loro posto i “clienti del governo” dovevano costruire blocchi di edifici in cemento armato, guadagnare ingenti somme di denaro, per poi spartirle con chi aveva permesso tutto ciò. Le cattive lingue dicono che la vera ragione era il riciclaggio del denaro sporco, proveniente dai traffici illeciti e dalla corruzione. E le cattive lingue in Albania quasi sempre dicono la verità. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò a tempo debito.

Colui che dirige quello che è rimasto del partito democratico in Albania, molto somigliante ad “Ali il comico”, è la persona che, dal 2013 ad oggi, ha fatto di quel partito un’impresa famigliare e clientelistica molto rimunerativa. Fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, dal 2013 ad oggi, dimostrano palesemente che lui, purtroppo, è un grande e recidivo bugiardo perdente. Lui ha promesso mari e monti e non ha mantenuto una, ma proprio una delle sue promesse. Come il primo ministro tra l’altro. Sembrano siano due gemelli, caratterialmente parlando. Da grande bugiardo, impostore e ciarlatano, ha sgretolato le strutture del partito e proprio come “Ali il comico”, ogni perdita ha cercato di presentarla come una grande vittoria, rendendosi così miseramente ridicolo.

Colui che dirige quello che è rimasto del partito democratico in Albania, più che un legittimo dirigente, è un usurpatore del suo potere istituzionale. Lo dimostrano palesemente molti fatti accaduti, con tutte le derivanti e molto preoccupanti conseguenze per gli albanesi. Nonostante lui non abbia usato gas chimici nocivi contro di loro, per le gravose e drammatiche conseguenze delle sue scelte e delle cose [non]fatte, avrebbe anche lui delle somigliane con “Ali il chimico”. L’autore di queste righe da anni ormai, ha informato il nostro lettore di tutto ciò, compresi anche i due ultimi, sull’argomento, in ordine di tempo (Il doppio gioco di due usurpatori di potere, 14 giugno 2021; Usurpatori che consolidano i propri poteri, 19 Luglio 2021).

Giovedì scorso l’usurpatore di quello che è rimasto del partito democratico albanese, da misero impostore, ma anche da persona ricattabile, ricattata e sottomessa agli “ordini” detti e scritti in inglese, ha superato se stesso. In palese e clamorosa violazione dello Statuto del partito, ignorando anche le strutture dirigenziali, i cui membri sono stati ultimamente da lui selezionati e nominati, da solo nel suo ufficio, ha reso pubblica una sua personale decisione, sottolineando lui stesso che era tale. Ha, infatti, “deciso” di espellere dal gruppo parlamentare il capo storico del partito democratico, allo stesso tempo ex presidente della repubblica ed ex primo ministro. Lo ha fatto, da vigliacco, da misero ipocrita, bugiardo ed impostore qual è, all’ultimo momento, proprio la sera di giovedì scorso e poche ore prima che cominciasse, nella mattinata del giorno seguente, la prima sessione della decima legislazione del Parlamento. Una forzata e ordinata decisione, presa da una persona che, come dicono in tanti in Albania, è sotto pressione, perché è ricattata e ricattabile.

Tutto cominciò il 19 maggio scorso, quando il Segretario di Stato statunitense dichiarò come persona “non grata” il capo storico del partito democratico albanese. Una decisione che suscitò molte reazioni in Albania. Sia per la sua fondatezza, che per la sua “imparzialità”. Il diretto interessato, subito dopo, ha presentato ricorso, come libero cittadino, accusando di calunnia il Segretario di Stato presso il Tribunale correzionale (Tribunal correctionnel; n.d.a.) di Parigi (Eclatanti e preoccupanti incoerenze istituzionali; 24 maggio 2021). La sera di giovedì scorso, l’usurpatore del partito democratico albanese, con un aspetto turbato e lugubre, riferendosi all’espulsione del capo storico del partito dal suo gruppo parlamentare, ha detto: “…Ho deciso che fino alla conclusione del trattamento della richiesta legale per fare trasparenza e fino alla definitiva decisione giudiziaria, il sig. Berisha (cognome del capo storico del partito; n.d.a.) non sarà membro del gruppo parlamentare del partito democratico”. Con quella decisione personale, che con molta probabilità è stata presa dietro una ripetuta pressione e dietro ricatto in lingua inglese, l’usurpatore ha violato quanto prevede e sancisce lo Statuto del partito. Lui, da laureato in giurisprudenza, ha violato anche uno dei principi base della stessa giurisprudenza; il principio della presunzione di innocenza. Principio, secondo il quale nessuno si può e si deve considerare colpevole sino a che non sia provato il contrario. Ma a lui, all’usurpatore del partito, poco importa. Basta che lui sia “in regola”, ubbidendo a coloro che lo tengono sotto pressione ricattandolo. Soprattutto a quelli che parlano e scrivono in inglese. Loro e lui sanno anche il perché! Nel frattempo è stata immediata e determinata la reazione del capo storico del partito. Ma non solo la sua. Sono state tantissime, in questi giorni, le reazioni della base del partito, nonché quelle di molti analisti ed opinionisti. Tutti condannano la “personale” decisione, letta giovedì scorso, con un aspetto turbato e lugubre, dall’usurpatore del partito democratico albanese.

Chi scrive queste righe anche in questo caso, avrebbe avuto tanti altri argomenti da trattare e da analizzare oggettivamente per il nostro lettore. Cosa che farà nelle prossime settimane. Egli però pensa che, con molta probabilità, quello che sta accadendo in questi giorni in Albania potrebbe rappresentare un nuovo ed auspicabile inizio. Non solo per il partito democratico, ma, essendo quel partito un importante asset nazionale, anche per gli albanesi in generale e la costituzione, finalmente, di una vera democrazia in Albania. Rovesciando così la dittatura sui generis, ormai in azione e con tutte le drammatiche conseguenze per gli albanesi. Mentre persone come l’usurpatore del partito democratico ed il suo simile, il primo ministro Albanese, meglio, ma veramente meglio, perderli che trovarli. Per il bene di tutti. Perché, come diceva Tina Anselmi, basta una sola persona che ci governa ricattata, o ricattabile, perché la democrazia sia a rischio.

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