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Nuovo governo in Tunisia, al movimento Ennahda sette dicasteri

Dopo mesi di negoziati le forze politiche tunisine hanno raggiunto un accordo per dare vita ad un governo evitando così elezioni anticipate. Il 26 febbraio, al termine di un dibattito di oltre 14 ore, l’Assemblea dei rappresentanti del popolo (Arp) ha votato la fiducia al governo guidato da Elyes Fakhfakh (che ha prestato giuramento il giorno successivo, presso il Palazzo di Cartagine) con 129 voti favorevoli, 77 contrari e una astensione su 207 deputati presenti. Il 47enne Fakhfakh, ottavo primo ministro del Paese dopo la deposizione, nel 2011, dell’ex presidente Zine el Abidine Ben Ali, si trova a guidare una coalizione nella quale Ennahda risulta avere una maggiore importanza che nel precedente esecutivo guidato da Youssef Chahed, con tutte le conseguenze del caso sul posizionamento regionale del paese che ha visto appena pochi giorni fa la visita dell’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al Thani. Il grande escluso dalla partita è il partito di opposizione Qalb Tounes, del discusso imprenditore e filantropo Nabil Karoui (sconfitto al ballottaggio delle ultime elezioni presidenziali), la cui presenza era stata richiesta proprio dal nuovo premier. L’obiettivo era quello di condividere con la seconda forza politica del parlamento la responsabilità di appoggiare un governo chiamato a compiere scelte anche impopolari in materia di politica economica. Anche Ennahda sarebbe stata favorevole ad includere Qalb Tounes all’interno dell’esecutivo, soprattutto per condividere su tutto lo spettro politico le responsabilità di eventuali scelte impopolari in ambito economico.

Nel nuovo esecutivo ad Ennahda sono stati assegnait sette dicasteri: ai Trasporti va Anouar Maarouf, alle Collettività locali Lofti Zitoun, all’Agricoltura Oussama Kheriji, all’Equipaggiamento Moncef Selliti, alla Salute Abdellatif Makki, all’Insegnamento superiore Slim Choura, alla Gioventù e Sport Ahmed Gaaloul. Altri due ministri indipendenti del governo Fakhfakh, inoltre, sono considerati molto vicini a Ennahda: si tratta del ministro dell’Interno Hichem Mechichi e di quello delle Tecnologie Mohamed Fadhel Kraiem. Diversi osservatori rilevano però che la compagine governative presenta molte contraddizioni a livello ideologico. E i funzionari eletti di Ennahda, pur avendo votato a favore di questo governo, non hanno smesso di criticare la sua composizione.

Nel suo discorso ai deputati, Fakhfakh ha annunciato “sette priorità economiche e sociali”: lotta al contrabbando e agli speculatori; incentivi alle aziende attive nei settori strategici, agli investitori e agli esportatori; contrasto dell’evasione fiscale e stretta sullo sperpero di denaro pubblico; controllo del debito e uso dei fondi internazionali per investimenti; difesa del dinaro tunisino e controllo dell’inflazione; valorizzazione dei fosfati e del bacino minerario del sud; protezione delle categorie dei lavoratori più vulnerabili. Il programma di governo, secondo Fakhfakh, “coinvolge tutte le categorie sociali, specialmente in questo momento che i tunisini aspettano l’inizio di una ripresa economica. La principale priorità del premier incaricato ha indicato come priorità numero uno la lotta al contrabbando e agli speculatori, “in particolare per quanto riguarda i prodotti sovvenzionati”. Un colpo, questo, ai commercianti che sfruttano i prodotti alimentari incentivati dallo Stato per accumulare guadagni illeciti durate il mese del digiuno del Ramadan. Fakhfakh ha chiarito che il governo lavorerà, nello stesso contesto, “per garantire i diritti economici previsti dalla costituzione, invece di presentare aiuti ciclici”. Quanto alla seconda priorità, il premier si è impegnato a fornire un sostegno urgente alle società che costituiscono l’ossatura dell’economia tunisina, nonché a sostenere investitori e esportatori attraverso incentivi, semplificazione delle procure amministrative e snellimento della burocrazia. “La Tunisia non può compiere progressi con un tasso di investimento del 18 per cento”, ha commentato il premier. La terza priorità consiste nella lotta “chiara, rapida, forte e dissuasiva” contro la corruzione, avviando la creazione di una “cultura della sostenibilità” contro lo sperpero dei fondi pubblici. “Non c’è spazio nel governo – ha detto Fakhfakh – per lo spreco di denaro pubblico, la frode negli appalti pubblici, il favoritismo e la corruzione”.

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