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Proposte europee e un ciarlatano che cerca di approfittare

Purtroppo, i nostri politici sono o incompetenti o corrotti.

Talvolta tutt’e due le cose nello stesso giorno.

Woody Allen

Il 9 maggio scorso, durante la Giornata dell’Europa, nella sede del Parlamento europeo a Strasburgo si è svolta la Conferenza sul futuro dell’Europa. Un’iniziativa questa avviata un anno fa, in seguito ad una proposta proprio del Parlamento europeo. Nell’ambito e come base di questa iniziativa era stata prevista una vasta consultazione con i cittadini di tutti i 27 Paesi membri dell’Unione europea per dare vita ad una democrazia partecipata e per raccogliere suggerimenti e proposte in base alle quali migliorare poi il funzionamento delle istituzioni dell’Unione. Ebbene, il 9 maggio scorso sono state rapportate le raccomandazioni finali, in base alle proposte fatte durante un anno di consultazioni con i cittadini. In seguito poi, saranno le stesse istituzioni dell’Unione europea che dovranno discutere e decidere sull’adozione e l’attuazione o meno delle raccomandazioni. Si tratta di 325 proposte fatte dai cittadini che si annoverano in 49 ambiti diversi. Da quelle proposte risulta che i cittadini europei chiedono un cambiamento dei Trattati comunitari. Cambiamenti che portino ad una maggiore integrazione politica e più democrazia. Il che significa garantire più poteri al Parlamento europeo e, allo stesso tempo, dare più competenze alle altre istituzioni dell’Unione europea, riducendo così il potere decisionale dei singoli Stati membri dell’Unione. Sì, perché una delle più importanti proposte fatte dai cittadini europei era proprio quella di porre fine al diritto di veto, e cioè al voto all’unanimità nelle procedure decisionali dell’Unione europea, il che significa soprattutto del Consiglio europeo.

Nell’aula delle sessioni plenarie del Parlamento europeo il 9 maggio scorso erano presenti 800 cittadini estratti a sorte da tutti i 27 Paesi membri dell’Unione europea, i quali hanno partecipato alla Conferenza sul futuro dell’Europa. Erano presenti anche l’anfitrione della Conferenza, la presidente del Parlamento europeo, il presidente francese, nelle vesti del presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea, la presidente della Commissione europea, nonché altri ospiti e rappresentanti delle istituzioni dell’Unione. La presidente del Parlamento europeo, durante il suo intervento, ha reso nota sia la ragione delle consultazioni con i cittadini, avviate circa un anno fa, sia l’obiettivo della Conferenza sul futuro dell’Europa. Secondo lei “questa Conferenza nasce perché c’è un grande divario tra quello che i cittadini europei si attendono e quello che l’Europa è in grado di offrire loro. Per questo il prossimo passo deve essere una Convenzione: è questa la posizione forte del Parlamento europeo”. Mentre la presidente della Commissione europea, prendendo la parola, ha ribadito che d’ora in poi, spetta alle istituzioni dell’Unione europea “…prendere la via più diretta, utilizzando tutti i limiti di ciò che possiamo fare all’interno dei Trattati e, sì, modificando i Trattati dove è necessario”. Lei ha espresso anche la sua convinzione che “…il voto all’unanimità, in alcune aree chiave della politica europea, semplicemente non ha più senso, se vogliamo essere in grado di muoverci più velocemente”.

Nella veste di presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea, alla Conferenza sul futuro dell’Europa è intervenuto anche il presidente francese. Lui, avendo ottenuto dai francesi il suo secondo mandato presidenziale il 24 aprile scorso, ha cominciato il suo intervento proprio ringraziando loro per avergli dato un nuovo mandato anche per “…costruire un’Unione europea più forte e sovrana”. Non sapeva però che dopo alcune settimane gli stessi francesi, nell’ambito delle elezioni legislative del 12 e 19 giugno scorso, non gli avrebbero dato più la necessaria ed ambita maggioranza assoluta per governare. Ragion per cui, non avendo in seguito ottenuto un accordo per una necessaria e stabile alleanza governativa con altri partiti, il 4 luglio scorso il presidente francese ha nominato e decretato un governo allargato di 41 ministri rappresentanti della coalizione Ensemble pour la majorité présidentielle (Insieme per la maggioranza presidenziale; n.d.a.) che lo ha sostenuto durante la sua rielezione. Ebbene, durante il suo intervento alla Conferenza sul futuro dell’Europa, l’appena rieletto presidente francese ha dichiarato di condividere la proposta dei cittadini europei di eliminare il principio dell’unanimità per alcune decisioni europee. Il presidente ha anche chiesto di convocare delle riunioni per prendere delle decisioni non più solo dei capi di Stato e di governo rappresentanti dei 27 Paesi membri dell’Unione europea, ma anche dei massimi rappresentanti dagli altri Paesi europei. Perché secondo il presidente francese “…l’Europa a più velocità esiste già. Non dobbiamo escludere nessuno, ma non dobbiamo neanche lasciare che pochi blocchino tutto”. Guarda caso però, l’attuale presidente francese, dichiarandosi così per il voto a maggioranza qualificata e non più per il voto all’unanimità, si è distanziato dalle decisioni prese, anni fa, da un suo illustre predecessore. Si perché nel 1965 l’allora presidente francese Charles de Gaulle era contrario non solo alla proposta per delle modifiche alla politica agricola comune e al rafforzamento del Parlamento europeo e della Commissione della Comunità Economica Europea di allora. Allora il presidente francese era convintamente e fermamente contrario anche alla proposta per le votazioni a maggioranza qualificata e non più all’unanimità per tutte le decisioni che doveva prendere il Consiglio dei ministri della Comunità. Ragion per cui De Gaulle, il 30 giugno 1965, diede inizio a quella che ormai è nota come la “crisi della sedia vuota”. Con la sua decisione lui causò il blocco delle attività della Comunità Economica Europea. E tutto questo accadeva durante il terzo semestre della presidenza italiana della Comunità.  La ”crisi della sedia vuota” si risolse in seguito, il 29 gennaio 1966, con quello che ormai è noto come il compromesso di Lussemburgo. Un compromesso che, dopo lunghe e dibattute trattative diplomatiche, riconosceva il diritto del veto ad ognuno dei sei Stati membri, nel caso in cui uno Stato membro invocasse il pregiudizio di “propri interessi molto importanti”. Adesso, dopo più di cinquantasei anni, l’attuale presidente francese sostiene convinto proprio il contrario, il voto a maggioranza qualificata e non più quello all’unanimità, come il suo illustre predecessore.

Il 9 maggio scorso, durante la Conferenza sul futuro dell’Europa il presidente francese, nelle vesti del presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea, ha fatto anche una specifica e concreta proposta. Il presidente francese è convinto che la sfida politica da affrontare per tutta l’Europa sarebbe quella di “…creare una comunità politica europea, un’architettura europea nuova che consentirebbe alle nazioni democratiche europee che aderiscono ai nostri valori di trovare un nuovo spazio di cooperazione politica e di sicurezza in materia di energia, trasporti, investimenti, infrastrutture, libera circolazione e giovani”. Questa proposta però “non sostituirà né il Consiglio d’Europa, né l’Osce, né le relazioni transatlantiche”. Riferendosi però ai processi d’adesione all’Unione europea di alcuni Paesi, quelli ormai in corso, o altri che si potrebbero avviare, il presidente francese ha sottolineato che la Comunità politica europea, da lui proposta, non dovrà impedire “le future adesioni all’Unione europea”. Ma la sua proposta non è nuova. Lo aveva proposto, in un altro contesto storico circa trentadue anni fa, come la Confederazione europea, un altro suo predecessore, François Mitterrand. Allora, subito dopo la caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989, la proposta mirava ad avvicinare e tenere uniti all’Europa occidentale tutti i Paesi del blocco comunista dell’Europa dell’Est. Anche l’allora Unione sovietica compresa. Mentre adesso la proposta fatta dall’attuale presidente francese per una Comunità politica europea esclude categoricamente la Federazione russa, costituita dopo lo sgretolamento dell’Unione sovietica nei primissimi anni ’90. Tutto dovuto all’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina, avviata il 24 febbraio scorso. La proposta per la costituzione della Comunità politica europea, oltre a dare una nuova spinta ad una necessaria svolta politica nell’ambito dell’Unione europea, potrebbe facilitare anche il processo dell’adesione all’Unione europea proprio per l’Ucraina.

Il 6 ottobre scorso a Praga si è tenuto il primo vertice della Comunità politica europea. Erano presenti 43 capi di Stato e di governo dei Paesi europei e i massimi rappresentanti dell’Unione europea. Mancava solo la prima ministra danese, che doveva essere presente alla prima seduta del parlamento a Copenaghen. Dopo la sessione plenaria, si sono svolte due tavole rotonde parallele in cui si sono trattati i temi “Energia, clima e economia” e “Pace e sicurezza”. Alla fine del vertice però non c’è stata nessuna dichiarazione congiunta. Ma nonostante rimangano molte cose da definire su come funzionerà, come sarà ottenuto il finanziamento, come saranno prese le decisioni ecc., la proposta per la costituzione della Comunità politica europea ha avuto vasti consensi. Hanno espresso il loro appoggio, tra gli altri, anche il presidente del Consiglio dell’Unione europea, il cancelliere tedesco, la premier inglese, il primo ministro olandese e, guarda caso, anche il primo ministro albanese. E proprio questi due, il primo ministro olandese ed il suo omologo albanese hanno scritto insieme un articolo esprimendo proprio il loro pieno appoggio alla proposta francese per la Comunità politica europea. Un articolo pubblicato il 5 ottobre scorso, un giorno prima del vertice di Praga. L’articolo comincia con la condanna dell’aggressione russa in Ucraina. In seguito i due autori affermano che la Comunità politica europea dovrebbe essere la sede dove “tutti i Paesi democratici europei debbano discutere le loro preoccupazione e le loro sfide comuni, per trovare le soluzioni”. Ma siccome uno dei autori è il primo ministro albanese, viene naturale la domanda: ma l’Albania è veramente un paese democratico? Perché, fatti accaduti da anni e che stanno tuttora accadendo in Albania alla mano, confermati ed evidenziati anche da note istituzioni internazionali specializzate, risulterebbe proprio il contrario. E cioè che in Albania da anni è stata restaurata e si sta consolidando una nuova dittatura sui generis, come espressione dell’alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti locali e/o internazionali. Di questa realtà è stato, da anni, informato anche il nostro lettore, con la massima e dovuta oggettività da parte dell’autore di queste righe. Il primo ministro olandese ed il primo ministro albanese nel loro comune articolo affermano che “…l’Europa deve dare forma al proprio avvenire ed il solo modo per farlo è di lavorare insieme come membri democratici della famiglia europea”. Che vergognosa ipocrisia da parte del primo ministro albanese! Chissà però perché il primo ministro olandese ha deciso di condividere con lui la scrittura del articolo?!

Chi scrive queste righe, nel frattempo, ricorda un atteggiamento molto diverso del primo ministro olandese nei confronti dell’Albania. Egli crede tuttora che le ragioni per le quali il primo ministro olandese, ma non solo lui, per alcuni anni, ha bloccato con il suo voto nel Consiglio europeo l’apertura dei negoziati dell’Albania come Paese candidato all’adesione nell’Unione europea sono state realistiche, verificate, serie, convincenti e si riferivano tra l’altro, alla connivenza del potere politico con la criminalità organizzata. Il che colpevolizzava, almeno istituzionalmente, anche il primo ministro albanese. Adesso quelle ragioni non solo rimangono attuali, ma sono aumentate. Chissà perché allora la decisione del primo ministro olandese di scrivere un articolo sulla bontà della Comunità politica europea con un ciarlatano, un ingannatore come il primo ministro albanese, che cerca solo di approfittare da ogni opportunità?! Forse aveva ragione Woody Allen quando affermava che purtroppo, i nostri politici sono o incompetenti o corrotti. Talvolta tutt’e due le cose nello stesso giorno.  

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