Si sa di chi è la colpa
Colui che sorride quando le cose vanno male ha pensato a qualcuno cui dare la colpa.
Arthur Bloch, da “La legge di Murphy”
Era il 1935. In Francia una canzone ha avuto subito un grande successo. Il titolo della canzone era Tout va très bien, madame la marquise (Tutto va molto bene signora marchesa, n.d.a.). Il testo era concepito come un dialogo telefonico tra una marchesa ed il suo maggiordomo. La marchesa, assente da due settimana, chiedeva quali fossero le novità. L’astuto maggiordomo l’assicurava che tutto andava bene. Ma era accaduta anche una disgrazia. E le disgrazie accadute erano più di una. Dopo la prima domanda della marchesa il suo maggiordomo rispose, assicurandola prima che “tutto va molto bene signora marchesa”. Aggiungendo però che c’era una piccola cosa da deplorare: in un incidente “è morta la sua giumenta grigia”. Ma “…a parte ciò, signora la marchesa, tutto va molto bene, tutto va molto bene”. Preoccupata, la marchesa chiedeva come era morta la sua cara giumenta. Il maggiordomo, rassicurandola che tutto andava bene, la informava che la perdita avvenne dopo che la scuderia era andata in fiamme. E poi, in seguito alle sue domande, la marchesa apprendeva un’altra notizia, sempre più grave della precedente. Così la marchesa apprese dell’incendio del suo castello e, alla fine, la morte per suicidio del suo caro marito. Ma sempre e comunque, l’astuto maggiordomo finiva la sua informazione con la solita frase. E cioè che “Tutto va molto bene, tutto va molto bene”. Questa canzone, resa subito popolare nel 1935 in Francia ed altrove, simboleggia perciò uno sdolcinato, maldestro e misero comportamento per nascondere la realtà. La cruda e gravosa realtà.
Ogni volta che viene colpevolizzato e si trova in difficoltà, non assume mai le sue responsabilità. Cerca sempre di incolpare gli altri. E da alcuni anni ormai, lui si trova sempre più spesso in difficoltà. Difficoltà generate dall’abuso del potere e dagli innumerevoli scandali di ogni genere. Scandali che si susseguono e che, non di rado, non lasciano neanche il tempo di prestare la dovuta e necessaria attenzione. Ma ci sono anche altri scandali che si generano e/o si rendono pubblici semplicemente per spostare l’attenzione da un altro, scottante e che coinvolge direttamente e/o indirettamente lui. Lui, il primo ministro albanese, che da più di nove anni abusa clamorosamente della cosa pubblica. In questi ultimi giorni sta suscitando molto scalpore la pubblicazione di quello che viene ormai denominato come lo scandalo dei “voli charter”. Uno scandalo reso noto dopo la pubblicazione, dagli hacker iraniani, di dati riguardanti proprio gli spostamenti del primo ministro albanese all’estero con un “aereo personalizzato” secondo i suoi gusti e bisogni.
Il nostro lettore è stato informato alcune settimane fa di un vasto attacco informatico attuato da parte degli hackers iraniani appartenenti all’organizzazione Homeland Justice (Giustizia per la Patria; n.d.a.). Attacchi avviati, almeno secondo i dati ufficiali, dal luglio scorso. Gli hackers si sono impossessati di moltissimi dati. Si tratta di dati ufficiali, riservati e sensibili in possesso di molte istituzioni governative e statali, compresi anche i servizi segreti e la polizia di Stato. Dati che, per legge, dovevano essere custoditi con la massima garanzia e sicurezza. Ma purtroppo, fatti alla mano, così non è accaduto. Il nostro lettore è stato informato alcune settimane fa che uno degli obiettivi degli hacker iraniani era il tanto sbandierato sistema “e–Albania”, vanto propagandistico del primo ministro. Un servizio on line che usava ed accumulava innumerevoli dati. Un sistema costato diversi milioni, che però non si sa come siano stati spesi e dove siano finiti realmente. Una cosa si sa però: che gli appalti sono stati sempre “vinti” dai soliti “clienti governativi”. L’autore di queste righe informava il nostro lettore che “Si tratta anche di dati molto sensibili e che potrebbero mettere in pericolo anche la sicurezza nazionale. Ma essendo l’Albania uno Stato membro della NATO, la gravità aumenta e si propaga”. Aggiungendo però che, a scandalo accaduto e reso pubblico dagli stessi hacker iraniani, “…il primo ministro, con la solita ed innata sfacciataggine cerca di mentire. A danni fatti, il primo ministro e i suoi, come sempre, hanno cercato di minimizzare tutto e di garantire che niente di serio era successo, che tutti i dati sensibili erano protetti e sicuri”. Il primo ministro dichiarava che “…L’aggressione non ha per niente raggiunto il suo obiettivo, nessuna seria fuga oppure cancellazione di dati” (Sic!). Dichiarazione smentita nell’arco di pochi giorni da lui stesso, con altre dichiarazioni. L’autore di queste righe sottolineava che “…Nel frattempo a niente sono servite le misere dichiarazioni del primo ministro. Anzi, sono state tutte delle dichiarazioni subito smentite dalla rapida e spesso incontrollata fuga delle informazioni, basate soprattutto sui rapporti delle istituzioni specializzate internazionali. Compreso anche l’ultimo del FBI (Federal Bureau of Investigation; n.d.a.) e della CISA (The Cybersecurity and Infrastructure Security Agency; n.d.a.) pubblicato il 22 settembre scorso e dedicato interamente ai sopracitati attacchi degli iraniani”. Ma, allo stesso tempo però “…la procura di Tirana ha ordinato a tutti i media e ai giornalisti di non pubblicare nessuna notizia che riguardasse i dati sensibili ormai resi pubblici in rete. Violando così uno dei diritti e dei doveri fondamentali dei media e dei giornalisti: quello di informare il pubblico, rispettando sempre e comunque tutte le regole internazionalmente stabilite dalle convenzioni e dalle decisioni prese della Corte europea per i diritti dell’uomo”. (Preoccupanti attacchi informatici e ingerenze abusive; 26 settembre 2022).
E non poteva essere altrimenti. Si, perché tutte le istituzioni dei sistema “riformato” della giustizia in Albania, fatti accaduti, documentati e denunciati alla mano, prendono ordini direttamente dal primo ministro e/o da chi per lui. Invece di indagare sugli abusi milionari con il sistema dei servizi on line e–Albania, di indagare sul modo con il quale sono stati effettuati gli appalti e sui “vincitori” degli stessi appalti, la procura ha cercato di spostare la colpa e di intimidire i giornalisti e i media non controllati dal primo ministro. Si sa però di chi è la colpa e da chi partono gli ordini anche in questo caso. Perché si tratta di un déjà vu. Il nostro lettore è stato precedentemente informato di un caso simile. Era l’aprile del 2021. Due settimane prima delle elezioni politiche in Albania. L’11 aprile 2021 un media non controllato pubblicò una notizia che ha attirato subito tutta l’attenzione pubblica. Uno scandalo ormai noto come “lo scandalo dei patrocinatori”. L’autore di queste righe informava allora il nostro lettore che i “patrocinatori” erano “…delle persone che dovevano ‘stare vicino’ ad altre persone, molte più persone, non tanto per proteggerle, quanto per sapere tutto di loro, promettendo ‘vantaggi’ se avessero votato per il primo ministro, oppure minacciando loro se il voto a favore non fosse stato dimostrato e verificato”. Ed i “patrocinatori” erano non pochi, bensì 9027. Dai dati pubblicati quell’11 aprile 2021, tenendo presente che l’intera popolazione attualmente residente in Albania non supera 2.800.000 persone, risultava che erano non poco ma “…910.061 le persone ad essere contattate e/o sulle quali i ‘patrocinatori’ dovevano raccogliere ed elaborare tutte le necessarie informazioni. Dati alla mano ormai, la persona più giovane dell’elenco aveva circa 18 anni, mentre quella più anziana circa 99 anni!”. In più, l’autore di queste righe informava il nostro lettore che “…la maggior parte dei ‘patrocinatori’ erano dei dipendenti dell’amministrazione pubblica, sia centrale che locale”. Specificando però che “erano anche dei dipendenti delle istituzioni, per i quali la legge impedisce categoricamente il diretto coinvolgimento in simili attività politiche, come tutti i dipendenti della polizia di Stato, delle strutture dell’esercito e della Guardia repubblicana”. Aggiungendo, convinto, che “…in Albania le leggi, quando serve al potere politico, soprattutto quello del primo ministro, valgono quanto una carta straccia. Per il primo ministro, i suoi stretti collaboratori e la propaganda governativa i ‘patrocinatori’ erano soltanto dei ‘membri del partito che fanno un valoroso lavoro’ (Sic!)”. Ma anche allora le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia in Albania, un altro “vanto” del primo ministro e, purtroppo, anche dei soliti “rappresentanti interazionali”, invece di indagare sulla palese ed inconfutabile violazione delle leggi in vigore in Albania sui dati personali, hanno colpevolizzato ed indagato il media che ha pubblicato lo scandalo (Scenari orwelliani in attesa del 25 aprile, 19 aprile 2021). Il media colpevolizzato ed indagato dalle istituzioni del sistema “riformato” della giustizia, per aver pubblicato lo scandalo dei “patrocinatori” si era rivolto subito alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Con una sua delibera del 22 aprile 2021, quella Corte ha considerato la decisione presa dal tribunale albanese non valida. Anche di questo fatto il nostro lettore è stato informato a tempo debito (Uso scandaloso di dati personali, 31 gennaio 2022).
Ebbene, tornando al sopracitato scandalo dei “voli charter” del primo ministro, gli stessi hacker iraniani che hanno messo sotto sopra tutti i sistemi informatici in Albania durante i caldi mesi d’estate, hanno pubblicato una decina di giorni fa anche molti dati presi del sistema TIMS (Total Information Management System – Sistema di gestione totale delle informazioni; n.d.a.), usato dalla polizia albanese. Dati che riguardavano gli spostamenti all’estero del primo ministro. Si tratta di dati che dimostrano e testimoniano, senza equivoci, degli abusi clamorosi milionari del primo ministro con i suoi “voli charter”. In realtà si tratta di un aereo modificato e ristrutturato che viene usato solo da lui. Prima di questo aereo, lui ha usato altri, presi in affitto da diverse compagnie aeree. I dati del sistema TIMS, in possesso degli hacker iraniani, riguardano tutti gli spostamenti con aereo del primo ministro albanese dal 2015 in poi. Ebbene, da questi dati risulta che lui, il primo ministro di uno dei Paesi più poveri d’Europa, ha speso per 137 “voli charter” circa 22 milioni di euro. Non solo ma, dagli stessi dati, risulta che il primo ministro albanese non ha smesso di volare con il suo “aereo personalizzato” neanche durante il periodo della pandemia. Solo nel 2020 ha effettuato 22 voli. Risulta però che alcuni spostamenti all’estero non sono resi pubblici dall’ufficio stampa del primo ministro. Chissà perché?! Si sa però che negli stessi giorni che lui, come testimoniato ormai dal sistema TIMS, non è stato in Albania, i media da lui controllati trasmettevano dei servizi che lo facevano vedere in diverse attività in Albania. Hanno trasmesso perciò dei servizi precedentemente registrati. Cosa aveva allora da nascondere il primo ministro?! Proprio lui che goderebbe anche la facoltà dell’ubiquità, cioè di essere presente allo stesso tempo in più luoghi. Come il Dio e qualche santo! Per lo scandalo dei “voli charter” ormai reso pubblicamente noto, il primo ministro ha subito fatto quello che sempre ha fatto: ha cercato di incolpare gli altri. Ma così facendo ha semplicemente confermato i suoi abusi milionari con quei “voli charter”.
Chi scrive queste righe informerà il nostro lettore, anche in seguito, di questo scandalo tuttora in corso. Così come lo informerà anche di altri scandali, come quello dello “scontro diplomatico” del primo ministro albanese con il governo britannico riguardo gli emigranti clandestini albanesi nel Regno Unito. Uno “scontro” quello anche per spostare l’attenzione dallo scandalo dei “voli”. Ma anche da altri. Si sa però di chi veramente è la colpa e la responsabilità. Ed il primo ministro non può difendersi con simili miseri “trucchi” e messinscene. Chi scrive queste righe, riferendosi a lui, condivide la convinzione di Arthur Bloch, secondo cui colui che sorride quando le cose vanno male ha pensato a qualcuno cui dare la colpa. E si ricorda anche del maggiordomo della marchesa che, nonostante fossero accadute nel frattempo delle cose gravissime, come la morte della giumenta, l’incendio del castello e della scuderia, nonché la morte per suicidio del marito della marchesa, lui, il maggiordomo, diceva sempre “Tutto va molto bene, tutto va molto bene”. Mentre il primo ministro albanese, nonostante la gravosa realtà, afferma che tutto stia andando per il meglio.