International

Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi

Le virtù si perdono nell’interesse come i fiumi si perdono nel mare.

François de La Rochefoucauld

La fine degli anni ’50 del secolo passato è stato un periodo contrassegnato da duri scontri armati a Cuba. Un periodo noto anche come la rivoluzione cubana, durante il quale il movimento marxista, noto come il Movimento del 26 luglio e guidato dai fratelli Fidel e Raul Castro e da Ernesto Che Guevara, cominciò lo scontro armato con il regime di Fulgencio Batista. Un regime quello di Batista, fortemente appoggiato dagli Stati Uniti d’America, visto che a Cuba erano attive diverse loro compagnie multinazionali. Ma anche per contrastare le influenze e la presenza dell’Unione Sovietica nell’isola caraibica. Dopo circa sei anni, finalmente l’8 gennaio 1959, mentre il dittatore Batista nel frattempo era fuggito dall’isola, portando con se anche una grande ricchezza monetaria, i barbudos, i rivoluzionari con la barba, i castristi, entrarono ad Avana. Quello che accadeva in quel periodo a Cuba ha generato non poche preoccupazioni negli Stati Uniti d’America. Si, perché, oltre agli interessi economici e finanziari, dopo aver appoggiato prima Batista, gli Stati Uniti hanno cercato di stabilire buoni rapporti anche con i dirigenti del Movimento del 26 luglio. Anzi, gli statunitensi si stavano preparando ad organizzare un intervento proprio per rovesciare Batista, dopo dei colloqui anche con i castristi. Tutto però rimase solo un progetto non realizzato. Non solo ma, come si dice, oltre la beffa anche l’inganno. Si, perchè i castristi si misero subito sotto l’influenza degli avversari, a scala mondiale, degli Stati Uniti. L’Unione Sovietica allargò le sue aree d’influenza anche ai confini degli Stati Uniti, grazie alla nuova e stabile alleanza con il Movimento del 26 luglio guidato da Fidel Castro.

Era il 2005 quando nelle sale, prima negli Stati Uniti d’America e poi in Europa, uscì il film The Lost City (Città perduta, citato anche come Avana, città perduta; n.d.a.). Era la prima volta che il noto attore di origine cubana, Andy Garcia, faceva anche il regista. Ed aveva scelto di trattare proprio il periodo dal 1958 e fino alla sostituzione della dittatura di Batista con un’altra dittatura, quella marxista di Fidel Castro. Il personaggio principale Fico Fellove, interpretato dallo stesso Andy Garcia, era il proprietario di un locale notturno molto frequentato ad Avana. Lui e i suoi due fratelli erano cresciuti in una nota e stimata famiglia. Ma mentre i due suoi fratelli erano diventati attivisti, uno del Movimento castrista del 26 luglio e l’altro del partito democratico, Fico si oppone alle varie frazioni comuniste dell’opposizione. The Lost City è un film che, con i suoi personaggi e con quello che essi affrontavano in quel periodo, cerca di portare allo spettatore quello che i cubani hanno vissuto sotto le due dittature. Fico Fellove era uno di loro. Nel film The Lost City si intrecciano anche i sentimenti dei personaggi. Il rapporto di Fico con Aurora, vedova di uno dei suoi fratelli, che aveva perso la vita durante la rivoluzione, rappresenta una colonna importante del film, in tutte le sue dimensioni. Si perché loro due si amavano veramente, ma si sentivano liberi di avere e difendere le proprie convinzioni. E Aurora, come il suo defunto marito, era una sostenitrice del Movimento castrista. Fico sente però il peso della nuova dittatura anche nella gestione del suo locale notturno, un’attività non ben vista dal regime castrista. Poi, in seguito alle statalizzazioni delle attività e delle proprietà private, Fico è stato costretto a chiudere il suo locale ed a decidere di emigrare negli Stati Uniti d’America. È stata una decisione dura e molto difficile, dovendo lasciare sia i suoi stimati genitori, la sua Avana e anche Aurora, la donna che amava. Ma non aveva altre scelte. Una volta negli Stati Uniti, Fico cominciò a lavorare in un locale dove faceva tutte le pulizie. E proprio in quel locale è andata a trovarlo Aurora, che era arrivata a New York con la delegazione cubana per partecipare ad un convegno dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Loro due si incontrano e si vede la loro grande sofferenza causata dalla forzata separazione. Ma tutti e due avevano fatto le proprie scelte, che andavano oltre i sentimenti. E in una delle ultime scene del film, prima che Aurora andasse via, alla sua preghiera di ritornare ad Avana, Fico rispose, sofferente ma convinto: “Non posso essere fedele a una causa persa, ma posso esserlo a una città perduta”. Con la “causa persa” intendeva le aspettative deluse dai castristi, perché lui non poteva mai e poi mai appoggiare una nuova dittatura dopo quella di Batista. Mentre ne era convinto che sarebbe stato sempre fedele alla “città perduta”, ad Avana.

Essere costretti a lasciare la propria famiglia, i propri cari e quel poco che si possiede, a lasciare la città, il paese dove sei nato e hai vissuto, dove hai amici e persone care, non è per niente facile. Anzi, è un dramma umano. Ma anche vivere sotto il giogo delle dittature è molto difficile e anche insopportabile. Ragion per cui milioni di persone, in diverse parti del mondo, sono stati, sono e saranno sempre costretti a lasciare tutto e scappare. Scappare spesso verso un paese del tutto sconosciuto, verso l’incognito. Scappare con la speranza, ma non con la certezza, anzi, di trovare quello che manca in patria. Partendo da quelle poche ma basilari cose, come il diritto di vivere libero, il diritto della libertà di espressione dei propri pensieri e delle proprie convinzioni, il diritto del lavoro, che dà alla persona, oltre ai mezzi di sostenimento, anche la dignità. Lasciare tutto perché si perde anche quel minimo di speranza di avere una vita migliore in patria.

È proprio quello che spinge milioni di persone ad emigrare. Dalla notte dei tempi e in ogni parte del mondo. Ma in questi ultimi decenni, della sofferenza umana, dei profughi, ci sono anche coloro che ne approfittano. Ci sono varie organizzazioni della criminalità organizzata e dei clan occulti, che spesso si presentano come organizzazioni di beneficenza, che sfruttano quella sofferenza per guadagnare miliardi. Organizzazioni che collaborano e si coordinano tra loro e che in alcuni paesi godono anche delle coperture statali.

Quanto sta accadendo da molti anni ormai con i profughi che scappano dalle guerre nei loro paesi natali, dagli sfruttamenti di vario genere, ne è una palese testimonianza. Quanto sta accadendo da anni ormai con i profughi provenienti da vari Paesi in Africa ed in Asia, dalla Siria, dall’Iraq, dall’Afghanistan ed altri ancora dimostra la crudeltà e la spietatezza degli sfruttatori. Ma dimostra anche l’ipocrisia dei “grandi del mondo” che, come dice il proverbio, predicano bene ma razzolano male. Un’ipocrisia quella, fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, dimostrata e verificata in diverse occasioni, che delude, offende  e deteriora la situazione. Quanto sta accadendo da molti anni ormai con  i grandi flussi dei profughi che scappano ne dimostra perciò anche la gravità e la pericolosità del comportamento indegno dei “grandi del mondo”. Ma purtroppo alcuni di loro hanno fatto dell’ipocrisia e della demagogia un ben esercitato mestiere. Chissà perché?!

Da alcuni anni ormai, e soprattutto dopo il periodo noto come la primavera araba, i flussi migratori sono aumentati sensibilmente. E le ragioni sono ovvie. Guerre e conflitti armati. Sono stati non pochi i Paesi coinvolti, soprattutto tra il 2010 e 2011. Paesi del nord Africa, ma anche altri Paesi africani e del Golfo Persico. Un flusso che continua massiccio anche attualmente. Anzi adesso molto più intenso e ben provocato dagli sfruttatori. Si tratta di profughi disperati, uomini, donne e bambini, che dietro pagamenti che sono ormai stabiliti, sia come somme che come modi di attuazione, dietro garanzie che obbligano. Profughi che partono soprattutto dalle coste libiche, tunisine, siriane, ma non solo, con delle piccole e fatiscenti imbarcazioni. Profughi che non di rado partono ma purtroppo non riescono ad arrivare a destinazione. Sono migliaia coloro, compresi donne e bambini, spesso anche non accompagnati, che hanno perso la vita durante quei pericolosi attraversamenti. Basta fare riferimento a quanto è purtroppo accaduto ripetutamente sia nelle coste italiane di Lampedusa che in quelle calabresi e siciliane. Una vera e propria, una continua tragedia umana. Una tragedia, di fronte alla quale non si sta trovando ancora una soluzione istituzionale, accettabile, duratura, che rispetta le convenzioni internazionali dei diriti dell’uomo e degli emigrati. Una soluzione che impedisce lo sfruttamento delle persone e che garantisce la loro dignità. Purtroppo quanto sta accadendo da anni con il grave problema dei profughi e dei richiedenti asilo, testimonia ancora anche l’incapacità delle istituzioni internazionali comprese quelle dell’Unione europea, nonché dei massimi rappresentanti dei singoli Stati occidentali a coordirarsi, concordarsi e prendere finalmente le giuste e durature decisioni. Per poi anche rispettare le decisioni prese.

Ma oltre ai Paesi del nord Africa, del medio e vicino Oriente, del Golfo Persico e dell’Asia, negli ultimi anni si sta verificando anche un vistoso e preoccupante aumento del numero di coloro che scappano dall’Albania. Un fenomeno quello, ripreso dopo molti anni, soprattutto dal 2015 in poi. Un fenomeno ripreso, purtroppo, in un modo veramente allarmante. Il nostro lettore è stato spesso informato di questa vera, vissuta e veramente sofferta realtà (Accade in Albania, 7 settembre 2015; Crescente spopolamento come sciagura nazionale, 10 febbraio 2020; Un nuovo e più preoccupante esodo, 16 marzo 2021; Similitudini tra l’Afghanistan e l’Albania, 30 agosto 2021; ecc…). Esattamente un anno fa, riferendosi proprio ai tanti albanesi che, con il pericolo di perdere la propria vita, cercavano di arrivare nel Regno Unito, l’autore di queste righe scriveva: “…dai dati risulta che durante i primi sei mesi di quest’anno nel Regno Unito sono arrivati 2165 albanesi, 2066 afghani, 1723 iraniani, 1573 iracheni, 1041 siriani, 850 eritrei, 460 sudanesi, 305 egiziani, 279 vietnamiti e 198 kuwaitiani. I numeri parlano da soli e meglio di qualsiasi commento!” (Scontri diplomatici e governativi sui migranti; 14 novembre 2022).

Lunedì scorso, il 6 novembre, a Roma è stato firmato, dai rispettivi primi ministri, un accordo tra l’Italia e l’Albania. Secondo quell’accordo l’Italia potrà beneficiare dei territori in Albania per organizzare e gestire due campi dove arriveranno circa 36.000 profughi all’anno per almeno cinque anni! Profughi di quelli che l’Italia non vuole e/o può tenere. Si tratta di quei profughi che le massime autorità italiane, soprattutto il primo ministro, non sono state in grado di distribuire negli altri Paesi membri dell’Unione europea. Profughi che l’Italia non ha potuto, nonostante un accordo firmato recentemente con la Tunisia, fermare ad arrivare nelle coste italiane. Ma per fortuna il primo ministro italiano ha un “caro amico” in Albania, il primo ministro albanese. Lui ha firmato subito il sopracitato accordo. Lui, un irresponsabile autocrate ha accettato la proposta. Mentre l’omologa italiana ha potuto, almeno sulla carta, curare gli interessi del suo Paese. Durante tutta questa settimana ci sono state molte reazioni critiche all’accordo sia in Italia che in Albania. Si tratta di reazioni che si riferiscono alla violazione delle convenzioni internazionali e alle normative dell’Unione europea. Ma ci sono finalmente evidenziate anche l’irresponsabilità e l’inafidabilità del primo ministro albanese. Una tra tante altre, fatta venerdì scorso da un noto comico italiano, durante un suo programma televisivo, “Fratelli di Crozza”. Farebbe bene il primo ministro italiano a trovare e vedere quel programma. Potrebbe servire a lei per conoscere, se ancora non lo sa, chi è veramente il suo “caro amico”, il primo ministro albanese. Prima che se ne deludesse.

Chi scrive queste righe continuerà a seguire questo argomento ed informare il nostro lettore già dalla prossima settimana. Egli, nel suo piccolo, rispetta ovviamente i diritti dei profughi, ma anche quanto è previsto dalle convenzioni internazionali. Ma egli pensa che gli interessi non devono mai costringere, chicchessia,  ad ignorare le proprie virtù, ovviamente se ne ha tali. Non si deve mai permettere che, come scriveva François de La Rochefoucauld, le virtù si perdono nell’interesse come i fiumi si perdono nel mare.

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