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Un ubbidiente sistema “riformato” di [in]giustizia

Servitù è il vero nome di quell’obbedienza che non è virtù.

Lorenzo Milani

Il sistema della giustizia è uno dei pilastri sui quali si fonda uno Stato. Come tale è perciò molto importante per la costituzione di una sana e funzionante democrazia. La storia, dall’antichità ad oggi, ce lo insegna. Un sistema di giustizia che funziona in base alle leggi in vigore rappresenta una garanzia per i cittadini. Così com’è una garanzia anche per lo multidimensionale sviluppo del Paese dove quel sistema è operativo.

Da quando gli esseri umani hanno cominciato a vivere in comunità hanno sentito anche il bisogno di avere delle regole per gestire la loro vita. Regole che si adattavano alle condizioni sociali delle comunità e che, con il passare del tempo, stabilivano i diritti e i doveri di ciascuno nei rapporti con gli altri. Gli esseri umani, in base alle tante diverse e spesso anche sofferte esperienze di vita vissuta, sono diventati consapevoli della necessità di quelle regole. Regole che in seguito sono state anche scritte e tramandate di generazione in generazione. L’insieme di quelle regole era anche l’embrione delle future legislazioni in vari Paesi. E coloro che si erano incaricati di controllate l’applicazione di quelle regole erano anche gli antichi funzionari dei sistemi di giustizia.

Uno dei più noti storici della Grecia antica, Strabone, vissuto circa venti secoli fa, ci ha lasciato, tra l’altro, anche delle preziose informazioni legate alle leggi e a coloro che se ne erano occupati. Uno di essi era Zaleuco di Locri vissuto nel VII secolo a.C.. Strabone considerava addirittura che le leggi stabilite da Zaleuco di Locri, riconosciute anche come il suo Codice o legislazione, sono state le prime leggi scritte ed applicate dagli antichi greci stabiliti nella Magna Grecia. Leggi che, allo stesso tempo, rispecchiavano anche le esperienze delle altre città dell’antica Grecia. In base a dei diversi documenti scritti, risulterebbe che la legislazione di Zaleuco abbia consolidato il buon funzionamento dell’allora sistema giuridico, servendo come base per i secoli a venire. Demostene, noto oratore e politico ateniese, vissuto circa ventitré secoli fa, affermava che parte integrante della legislazione di Zaleuco era anche una legge, secondo la quale “…l’abrogazione o la modifica di una legge poteva essere proposta solo dopo essersi presentati dinnanzi all’assemblea con un laccio al collo che, in caso di rifiuto della proposta, sarebbe diventato strumento di morte per il proponente”. L’esistenza di una simile legge l’avrebbe confermata anche lo storico Polibio, vissuto nel secondo secolo a.c. Secondo documenti a lui riferiti, risulterebbe che Zaleuco di Locri avesse stabilito che “…nel caso in cui, rispetto all’interpretazione di un decreto, magistrato e cittadino presentassero opinioni differenti dovrebbero entrambi presentarsi davanti all’assemblea cittadina, indossando un laccio che sarebbe poi stato stretto attorno al collo di colui la cui interpretazione si sarebbe rivelata errata”. Un rigido obbligo, quello proposto da Zaleuco di Locri, che ideava ed evidenziava l’esigenza della massima responsabilità, sia da parte dei legislatori che proponevano, abrogavano e modificavano le leggi, che dei giudici che interpretavano quelle leggi. Ma anche dei cittadini che pretendevano i loro diritti.

Nei secoli successivi e soprattutto durante il periodo dell’illuminismo europeo sono stati elaborati nuovi concetti nel campo della giurisprudenza e sono stati stabiliti anche nuovi principi riguardanti le forme dell’organizzazione e del funzionamento dello Stato, in tutte le forme all’epoca conosciute e funzionanti. Principi che stabilivano anche le garanzie del funzionamento normale di una democrazia. Tra i più noti filosofi che hanno trattato ed elaborato i principi del funzionamento della democrazia c’è stato anche Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu, comunemente noto come Montesquieu. Nel 1748, dopo ben quattordici anni di studi e di lavoro, pubblicò un insieme di trentuno libri, raccolti in due volumi ed intitolato De l’esprit des lois (Spirito delle leggi; n.d.a.). Un’opera quella che rappresentava un trattato in cui Montesquieu evidenziava e definiva i tre poteri che dovevano essere divisi ed indipendenti. E si riferiva al potere legislativo, al potere esecutivo e a quello giudiziario. Ovviamente Montesquieu si riferiva all’organizzazione dello Stato dell’epoca in cui viveva. Per lui il potere legislativo “…verrà affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sarà scelto per rappresentare il popolo”. Invece il potere esecutivo “…deve essere nelle mani d’un monarca, perché questa parte del governo, che ha bisogno quasi sempre d’una azione istantanea, è amministrata meglio da uno che da parecchi”. Mentre il potere giudiziario doveva essere “la bouche de la lois” (la bocca della legge; n.d.a.).

Da allora sono passati altri secoli, durante i quali si sono evolute anche le forme dell’organizzazione dello Stato, orientandosi verso la forma democratica che si basava sul principio della separazione dei poteri, elaborato da Montesquieu. Ma, purtroppo, ci sono degli Stati in cui la democrazia non funziona come dovrebbe. E ci sono, in diverse parti del mondo, anche Stati in cui la democrazia è solo una facciata per camuffare una realtà ben diversa. Stati dove non funziona più il principio della separazione dei poteri e dove un autocrate controlla tutto e tutti. Uno dei Paesi dove da circa dieci anni si è restaurata e si sta consolidando una nuova dittatura sui generis è anche l’Albania. E perciò, si tratta di un Paese dove anche il potere giudiziario non è più indipendente dai due altri poteri. Ma per camuffare questa preoccupante realtà, nel 2015, l’attuale primo ministro, durante il suo primo mandato, presentò quella che è stata echeggiata dalla propaganda governativa come una innovatrice riforma del sistema giudiziario. E già dalla prima bozza si capì subito che si trattava di una “riforma” che mirava la messa sotto controllo del sistema della giustizia. Una “riforma” che purtroppo, fatti accaduti, documentati e resi pubblici alla mano, è stata fortemente appoggiata anche dai “rappresentanti internazionali” in Albania. Le cattive lingue, già da allora, dicevano che un simile loro comportamento era dovuto a dei progetti voluti, ideati e poi anche messi in atto da un multimiliardario speculatore di borsa da oltreoceano. Le cattive lingue dicevano e tuttora dicono che un simile comportamento dei “rappresentanti internazionali” in Albania era ed è altresì dovuto a degli ingenti finanziamenti per la “riforma” della giustizia sia da oltreoceano, che dalle istituzioni dell’Unione europea. Finanziamenti che si devono giustificare, mettendo in rilievo “l’utilità della riforma”. Il nostro lettore è stato da allora in poi molto spesso informato di tutto ciò.

Era proprio il 22 luglio 2016 quando tutti i 140 deputati del parlamento albanese, alle ore 1.30 del mattino, in piena unanimità, hanno votato gli emendamenti costituzionali che avrebbero aperto la strada all’attuazione della riforma di giustizia. Da allora sono passati ben otto anni ormai. Ma purtroppo, sempre fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, risulta che il sistema di giustizia è stato messo sotto il controllo del primo ministro. Proprio come era stato voluto da chi ha ideata la “riforma”. Un sistema che nonostante le innumerevoli prove documentate che testimoniano il diretto coinvolgimento del primo ministro, dei suoi stretti familiari e collaboratori in clamorosi scandali milionari, non vede, non sente e non capisce niente. Chissà perché?!

Chi scrive queste righe, fatti alla mano, è convinto che il sistema della giustizia in Albania purtroppo, è solo un ubbidiente sistema “riformato” di [in]giustizia. I massimi rappresentanti delle “riformate” istituzioni di quel sistema sono purtroppo diventati dei servi che seguono solo gli ordini di chi comanda in Albania. Aveva ragione don Lorenzo Milani, servitù è il vero nome di quell’obbedienza che non è virtù. Chissà cosa avrebbe proposto Zaleuco di Locri per coloro che hanno ideato e attuato la “riforma” del sistema albanese di giustizia?! Primo ministro in testa.

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