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Una protesta pacifica che ha fatto cadere delle maschere

La maschera, quando è portata a lungo, non vuol più staccarsi dal volto

Leone Ginzburg“Imparerai a tue spese che, nel lungo tragitto della vita, incontrerai tante maschere e pochi volti”. Era convinto di ciò che diceva Vitangelo Moscarda, detto Gengè, il personaggio principale del noto romanzo Uno, nessuno e centomila, scritto da Luigi Pirandello, che nel 1934 ha avuto il premio Nobel per la Letteratura. Un romanzo sul quale l’autore ha lavorato e riflettuto per circa quindici anni prima di pubblicarlo nel 1926. Lui stesso lo ha definito come il romanzo della scomposizione della personalità. Ed è proprio Gengé, proprietario benestante di un banco di pegni, il quale, per delle dirette, vissute e tormentate esperienze di vita personale, si convince che l’essere umano, essendo uno, diventa nessuno nella moltitudine sociale, ma per gli altri si disgrega in centomila immagini, esseri differenti l’uno dall’altro. Tutto cominciò un giorno, quando la moglie disse a Gengé, mentre lui si stava guardando allo specchio, che aveva il naso storto. Non essendosi mai accorto e convinto del contrario, da quel momento Gengé cominciò a dubitare di tante cose e le sue ferme convinzioni cominciarono a vacillare. Ragion per cui cominciò a riflettere su tutto e tutti. E riflettendo arrivò alla conclusione che siccome non era stato in grado di accorgersi di un così banale difetto fisico, come il naso storto, allora chissà quanti altri difetti caratteriali, anche importanti, erano però sfuggiti a lui, ma non agli altri. In preda a questi tormenti, Gengé cominciò a cambiare continuamente atteggiamento, tanto che nessuno riconosceva più in lui quella persona agiata che viveva la sua vita tranquilla e beata. Dopo tante sue ossessioni, dopo tante decisioni prese da lui ma non condivise dagli altri, che l’hanno reso pazzo agli occhi dei sui amici, dopo aver subito anche l’abbandono della sua moglie, Gengé si ritira in un ospizio per i poveri, da lui costruito. Ed in quell’ospizio cominciò a vivere come uno dei tanti ospiti, non usando più neanche il suo nome e diventando perciò un nessuno. Ma era proprio così, in quell’ospizio, che finalmente Vitangelo Moscarda, detto Gengè, si sentì libero dalle tante, tantissime maschere con le quali, durante la sua tormentata vita, aveva dovuto aver a che fare.

Affrontarsi con le maschere purtroppo rappresenta una realtà quotidiana in ogni parte del mondo. Anche in Albania. Ma soprattutto durante questi ultimi mesi, quando tutta l’attenzione pubblica e mediatica è stata concentrata sugli sviluppi dentro il partito democratico albanese. Si tratta proprio del primo partito che si è opposto alla dittatura comunista dal dicembre 1990, che ha organizzato e ha guidato tutte le massicce proteste che hanno portato, in seguito, alla caduta di quella spietata e sanguinosa dittatura. Si tratta del maggior partito di quella che dovrebbe essere stata, dal 2013, una vera opposizione contro la nuova dittatura sui generis che si sta consolidando in Albania. Una dittatura che, camuffata da una fasulla parvenza di pluripartitismo, rappresenta una reale pericolosa alleanza tra il potere politico, rappresentato istituzionalmente dal primo ministro, la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti locali ed internazionali. Una dittatura che, purtroppo, ha avuto anche il sostegno “taciturno”, ma non di rado anche pubblico, di alcuni “rappresentanti internazionali” in Albania. Quanto è accaduto e sta accadendo in Afghanistan, soprattutto dal 15 agosto 2021, ne potrebbe rendere l’idea al nostro lettore del “contributo” di quei “rappresentanti”. Un partito, quello democratico in Albania, che non dovrebbe e non potrebbe essere mai proprietà del suo dirigente e di alcuni suoi “fedelissimi”, come purtroppo è diventato, anno dopo anno e partendo dal 2013. Anno in cui, dopo le non revocabili dimissioni del suo capo storico, il dirigente diventò colui che, fino all’11 dicembre scorso, rappresentava ufficialmente il partito democratico. Colui che, fatti accaduti, documentati, verificati e verificabili alla mano, più che il dirigente del partito era diventato da anni, per il modo con il quale esercitava il suo ruolo istituzionale, il suo usurpatore. E sempre dai fatti accaduti, dai dati ufficialmente documentati, emersi e che stanno emergendo anche durante questi ultimi giorni, purtroppo, il partito democratico albanese era diventato una molto rimunerativa impresa familiare del suo usurpatore, avendo, tra l’altro ed in cambio dei servizi resi, anche un “generoso appoggio” da parte delle istituzioni governative. Servizi che, secondo le cattive lingue, erano parte integrante degli “oblighi” che doveva rispettare l’usurpatore del partito democratico albanese. Tra i quali due erano i più importanti e di valore strategico. Sgretolare e rendere inefficienti le strutture del partito per permettere al primo ministro di non avere ostacoli reali nella sua irresponsabile e folle corsa, con tutte le drammatiche e sofferte conseguenze. Ma anche di annientare, oppure, per lo meno, di indebolire lo spirito di protesta dei sostenitori del partito democratico e dei cittadini albanesi. E, come è accaduto da anni, le cattive lingue hanno avuto quasi sempre ragione.

Ma questa drammatica situazione nel partito democratico albanese cominciò a cambiare con la nascita del Movimento per la ricostituzione del partito. Un Movimento capeggiato dal capo storico del partito, allo stesso tempo ex presidente della Repubblica (1992-1997) ed ex primo ministro (2005-2013), che ha motivato di nuovo la base del partito. Un movimento che è diventato sempre più ampio e che ha attirato tutta l’attenzione pubblica e mediatica, mettendo in serie e vistose difficoltà anche l’usurpatore del partito. Ma non solo lui. Perché insieme con lui ha cominciato a preoccuparsi seriamente anche il suo “benefattore”, il primo ministro albanese. Ne è una significativa testimonianza il coinvolgimento, dietro ben precisi “orientamenti” partiti dalle “stanze del potere”, dei media controllati direttamente dal primo ministro e/o da chi per lui. Una sempre più ampia schiera di analisti e di opinionisti a pagamento, gestiti dalla propaganda governativa, che fino a poco tempo fa ridicolizzavano l’usurpartore del partito democratico, adesso fanno i suoi avvocati difensori. In una simile realtà e in pieno rispetto dello Statuto del partito, la maggioranza assoluta dei delegati eletti del congresso ha convocato l’11 dicembre scorso, per la prima volta in assoluto in Albania, il Congresso straordinario del partito ed ha approvato quasi all’unanimità alcuni emendamenti dello Statuto. Il congresso, con i diritti riconosciuti dallo Statuto, ha altresì esonerato l’usurpatore da tutti i suoi incarichi dirigenziali. Ed insieme con lui anche i rappresentanti non eletti, come prevede e sancisce lo Statuto, ma selezionati e nominati dall’usurpatore nelle strutture dirigenziali del partito. Dall’11 dicembre 2021 e fino al 22 marzo 2022, ha assunto tutte le funzioni istituzionali, sempre dietro una decisione presa dai delegati del Congresso, una Commissione transitoria per la ricostituzione del partito democratico albanese. La decisione relativa all’esonero dell’usurpatore è stata in seguito riconfermata da un referendum aperto a tutti gli iscritti e svolto il 18 dicembre scorso. Durante questi ultimi mesi in Albania sia l’usurpatore del partito che alcuni suoi “fedelissimi” sono stati costretti a cambiare maschera. Il nostro lettore è stato informato continuamente di tutto ciò, soprattutto durante questi due ultimi mesi (Il doppio gioco di due usurpatori di potere, 14 giugno 2021; Usurpatori che consolidano i propri poteri, 19 Luglio 2021; Meglio perderli che trovarli, 13 settembre 2021; Agli imbroglioni quello che si meritano, 1 novembre 2021; Un misero e solitario perdente ed un crescente movimento in corso, 22 novembre 2021; Il vizio esce con l’ultimo respiro, 13 dicembre 2021; Importanti decisioni, vergognose manipolazioni e una protesta, 20 dicembre 2021).

In pieno rispetto dei suoi diritti istituzionali, riconosciuti dallo Statuto del partito, la Commissione transitoria per la ricostituzione del partito democratico albanese ha inviato ufficialmente una lettera all’usurpatore del partito, con la quale lo informava delle decisioni prese dal Congresso del partito e confermate anche dal referendum. Con la stessa lettera chiedeva a lui di rispettare la volontà della grande maggioranza degli iscritti del partito e, perciò, di fare, entro il 5 gennaio scorso, le dovute e previste consegne istituzionali. L’usurpatore del partito però, non solo non ha rispettato il verdetto del Congresso e del referendum, ma ha ordinato di cominciare, in fretta, a blindare la sede del partito. Sì, di blindare la sede, nel vero senso della parola, mettendo nuove porte di ferro a tutti gli ingressi dietro quelle esistenti che servivano semplicemente come facciata. Ha oscurato anche tutte le finestre. Per non permettere a nessuno di entrare e di vedere quello che accadeva dentro la sede. Non permettere neanche di vedere che dentro la sede si erano radunate alcune decine di criminali evidenziati e ben noti anche alla polizia di Stato. Il compito a loro affidato era quello di impedire, con l’uso della forza e di altri mezzi, l’ingresso nella sede dei membri della Commissione transitoria per la ricostituzione del partito e degli iscritti. E, allo stesso tempo, sia l’usurpatore, che alcuni suoi “fedelissimi” hanno “indurito” anche il tono della voce, durante le poche dichiarazioni registrate o in diretta. Facendo così cadere altre loro maschere. Nel frattempo e visto quanto stava accadendo, la Commissione transitoria per la ricostituzione del partito ha invitato tutti gli iscritti a svolgere una protesta pacifica sabato scorso, 8 gennaio, presso la sede.

Ebbene quello che è accaduto sabato scorso ha messo a nudo non solo il vero volto di tutti coloro che continuano ad usurpare la sede del partito democratico, ma anche il “rapporto di reciproco sostegno” tra il primo ministro e l’usurpatore del partito democratico. Altre maschere sono cadute. Nella mattinata di sabato scorso migliaia di iscritti del partito si sono radunati davanti alla sede. Un raduno pacifico dei veri azionisti del partito che chiedevano semplicemente venisse rispettato il loro sacrosanto diritto di entrare a casa propria. Purtroppo dall’interno della sede hanno risposto con dei gas lacrimogeni. Uso del tutto vietato dalla legge in vigore. Ma non solo; ad un determinato momento davanti alla sede sono stati schierati reparti delle forze scelte della polizia di Stato che hanno cominciato ad aggredire e spingere i protestanti pacifici. Invece di entrare nella sede ed arrestare coloro che facevano uso del gas in palese violazione della legge, hanno cominciato ad aggredire i manifestanti! Così come, invece di entrare nella sede del partito e fare i dovuti controlli previsti dalla legge, dopo che la Commissione transitoria per la ricostituzione del partito aveva ufficialmente depositato la denuncia per la presenza di criminali armati dentro la sede, la polizia di Stato non ha fatto niente, violando clamorosamente la legge in vigore. Ma, allo stesso tempo, hanno dimostrato da chi prendevano gli ordini. In più, per compiere fino in fondo quello che era stato loro ordinato, hanno fatto un uso sproporzionato e criminale di gas lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo, ferendo molti manifestanti pacifici, di spray a peperoncino di forte concentrazione e di cannoni d’acqua. Dopo aver finalmente allontanato i manifestanti dalla sede del partito, li hanno inseguiti, usando sempre in modo vistosamente sproporzionato i gas nocivi e l’acqua. Dopo avere “liberato” la sede dai manifestanti pacifici, le truppe scelte della polizia di Stato sono rimaste ancora per alcune altre ore intorno alla sede del partito democratico albanese. Nel frattempo hanno approfittato sia il ministro degli Interni, fedelissimo del primo ministro, che l’usurpatore del partito e alcuni suoi fedelissimi, per elogiare il “comportamento esemplare” della polizia di Stato. Ma anche per “incolpare i manifestanti aggressivi e criminali” di aver distrutto tutto! Cercando di colpevolizzare una protesta pacifica che ha fatto cadere delle maschere, tante maschere.

Chi scrive queste righe seguirà ed informerà il nostro lettore di tutti gli attesi sviluppi nel partito democratico albanese. Anche perché ci saranno altre proteste massicce e pacifiche ad oltranza. Proteste che faranno cadere altre maschere le quali, parafrasando Leone Ginzburg, essendo portate a lungo, non vogliono più staccarsi dal volto.

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