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Una riforma volutamente programmata fallita

L’inganno è nel cuore di chi trama il male.

Dal libro dei proverbi; 12/20

Da migliaia di anni gli esseri umani si sono resi conto e, in seguito, sono diventati consapevoli della necessità di avere delle regole per gestire la loro vita in società. Regole che stabilivano i diritti e i doveri di ciascuno nei rapporti con gli altri. L’insieme di quelle regole, chiamate anche legislazioni e/o codici, hanno cercato di mettere ordine e di far rispettare i concetti del diritto e del dovere, delle libertà e degli obblighi in quelle società. Uno dei primi legislatori della storia si ritiene sia stato Zaleuco di Locri, vissuto nel VII secolo a.c. (Locri Epizefiri, città della Magna Grecia, secondo gli storici è stata l’ultima colonia greca in Calabria, n.d.a.). Da documenti scritti, risulterebbe che Strabone, uno dei più noti storici dell’antichità, considerava addirittura che le leggi stabilite da Zaleuco di Locri, riconosciute anche come il suo Codice o legislazione, sono state le prime leggi scritte ed applicate dagli antichi greci stabiliti nella Magna Grecia. Leggi che rispecchiavano anche le esperienze delle altre città dell’antica Grecia. Riferendosi ai documenti storici, risulterebbe che la legislazione di Zaleuco abbia consolidato il buon funzionamento del sistema giuridico, servendo come base per i secoli a venire. Secondo Demostene, noto oratore e politico ateniese, vissuto nel quarto secolo a.c., parte integrante della legislazione di Zaleuco era anche una legge, secondo la quale “…l’abrogazione o la modificazione di una legge poteva essere proposta solo dopo essersi presentati dinnanzi all’assemblea con un laccio al collo che, in caso di rifiuto della proposta, sarebbe diventato strumento di morte per il proponente”. L’esistenza di questa legge la confermerebbe anche lo storico Polibio, vissuto nel secondo secolo a.c. Secondo documenti storici, che si riferiscono a Polibio, risulterebbe che egli abbia affermato che “… nel caso in cui, rispetto all’interpretazione di un decreto, magistrato e cittadino presentassero opinioni differenti, dovrebbero entrambi presentarsi davanti all’assemblea cittadina, indossando un laccio che sarebbe poi stato stretto attorno al collo di colui la cui interpretazione si sarebbe rivelata errata”. Un obbligo, quello proposto da Zaleuco di Locri, che evidenziava l’esigenza della massima responsabilità, sia dei legislatori che proponevano, abrogavano e modificavano le leggi, che dei giudici che le interpretavano quelle leggi e dei cittadini che pretendevano i loro diritti.

Nel corso dei secoli tutte quelle regole e leggi, proposte ed attuate nell’antichità, ovviamente sono state modificate e adattate alle realtà vissute in varie parti del mondo e secondo la forma dell’organizzazione [statale] delle società. Ma una cosa deve essere riconosciuta a quelle regole e leggi, traendo anche i dovuti insegnamenti. E cioè l’imparzialità nel giudicare il colpevole e nel condannare in base alle responsabilità riconosciute. Secondo alcune testimonianze tramandate da secoli, risulterebbe che anche Zaleuco di Locri si sia tolto un occhio per non far togliere tutti e due al figlio, colto in flagranza mentre stava commettendo adulterio. Perché chi infrangeva le regole doveva essere condannato, chiunque esso fosse! Un ottimo insegnamento per tutti i tempi, anche per questi in cui viviamo!

Insegnamento che purtroppo rimane del tutto ignorato, deriso e inapplicabile in Albania. Perché coloro che infrangono per primi le regole sono proprio quelli che hanno il dovere di rispettarle, compresi legislatori, governanti e giudici. Sono innumerevoli le testimonianze che, senza ombra di dubbio, confermerebbero e dimostrerebbero questa realtà, dati e fatti accaduti quotidianamente e pubblicamente noti alla mano. Sono veramente tanti gli scandali e gli abusi che danneggiano la cosa pubblica, ma che, purtroppo, “sfuggono” all’obbligatoria attenzione delle diverse istituzioni del sistema “riformato” della giustizia in Albania. E non poteva essere altrimenti. Perché gli “strateghi” della riforma del sistema di giustizia avevano ideato proprio una riforma che doveva servire per raggiungere un preciso e ben concepito obiettivo: quello di costituire un sistema “riformato” di giustizia, che doveva ubbidire ai governanti e ai legislatori, a scapito dei cittadini, della comunità e della cosa pubblica. Una “riforma” che doveva permettere al primo ministro di controllare personalmente e/o da chi per lui, tutto il sistema della giustizia, e a tutti i livelli.

Da quando, nel dicembre 2015, è stato presentato pubblicamente per la prima volta il contenuto della Riforma del sistema della giustizia, si era capito subito che quella riforma mirava la messa sotto controllo del sistema. Obiettivo che, soltanto sulla carta, prevedeva e garantiva la totale indipendenza istituzionale del sistema della giustizia dalla politica. Allora il primo ministro, la propaganda governativa e molti “opinionisti assoldati” hanno cercato di convincere l’opinione pubblica sulla bontà dell’obiettivo strategico della “Riforma”. A loro si sono uniti, determinati e perentori, i soliti “rappresentanti internazionali”, spesso infrangendo anche quanto previsto dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche. Sono stati proprio quei “rappresentanti internazionali” che hanno dato delle convincenti ragioni e dei solidi argomenti sulla necessità dell’avvio della Riforma del sistema di giustizia in Albania. Loro si sono presentati al pubblico come i credibili garanti di tutto il processo e della bontà della Riforma, una volta approvata e attuata. Poi, nell’arco di pochi anni, si verificò e continua quotidianamente a verificarsi che, purtroppo, tutto era stato ideato, voluto, programmato ed attuato in modo tale da permettere la realizzazione dell’obiettivo posto da prima che la “Riforma” stessa avesse inizio ufficialmente. E cioè di fare una “Riforma” per controllare il sistema, proprio dalla politica, il che significa dal primo ministro e/o da chi per lui, compromettendo seriamente l’indipendenza del sistema della giustizia dagli altri due poteri dello Stato e/o da altre istituzioni. Quanto è accaduto e sta accadendo dal 2016 ad oggi, dati e fatti accaduti e denunciati alla mano, dimostrerebbe proprio questa realtà pericolosa e seriamente preoccupante. Realtà che testimonia la restaurazione e il consolidamento di una nuova dittatura in Albania, gestita da un’alleanza, ormai operativa, tra il potere politico, la criminalità organizzata e certi clan occulti locali ed internazionali.

In una simile pericolosa e preoccupante realtà, il sistema “riformato” di giustizia si è sottomesso ubbidiente agli ordini dei “potenti”. Dimostrando così, palesemente, la realizzazione del vero obiettivo della Riforma”. Sono tante, ma veramente tante le evidenze che testimonierebbero la cattura ed il controllo del sistema di giustizia in Albania. Mentre i “rappresentanti internazionali” continuano a parlare ancora di “successi”! Chissà perché?! Nel frattempo però, da circa tre anni ormai, non funzionano la Corte Costituizionale e la Corte Suprema. Il che significa “mani libere” per tutti coloro che vogliono infrangere le leggi. Proprio quelle leggi approvate e/o modificate da coloro che adesso le ignorano. E si sa benissimo e pubblicamente chi sono.

Chi scrive queste righe è convinto che la “Riforma” della giustizia in Albania è stata volutamente programmata perché fallisse da coloro che gestiscono la cosa pubblica. Di tutto ciò egli ha spesso informato il nostro lettore. E continuerà a farlo, considerando il sistema di giustizia uno dei tre poteri di uno Stato democratico che devono essere realmente indipendenti. Chi scrive queste righe trova molto significativo il contenuto di quella legge di Zaleuco di Locri che prevedeva un laccio al collo dei legislatori che abrogavano e modificavano le leggi. Sarebbe stato un deterrente per tutti coloro che hanno voluto, programmato e attuato il fallimento della Riforma del sistema di giustizia in Albania. Compresi anche i soliti e sempre presenti “rappresentanti internazionali”. Di tutti coloro che hanno l’inganno nel cuore, perché hanno tramato e tramano il male.

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