Vergognosa, arrogante e sprezzante ipocrisia dittatoriale in azione
Io nacqui a debellar tre mali estremi: tirannide, sofismi, ipocrisia.
Tommaso Campanella; da ‘Delle radici de’ gran mali del mondo’
Con queste parole comincia l’ottava poesia di una raccolta di 89 poesie filosofiche scritte dal frate domenicano Tommaso Campanella circa quattro secoli fa e pubblicata nel 1915. Il frate ha avuto una vita sofferta e travagliata, accusato e processato per cinque volte, per eresia, dall’Inquisizione romana. Nel 1595 dopo il quarto processo subì una prima condanna di due anni di confino in un convento domenicano sul colle Aventino a Roma. Poi, nel 1599 è stato arrestato e messo sotto tortura per affermare di aver ideato e organizzato l’insurrezione contro i governanti spagnoli della Calabria. Dopo il quinto processo e dopo aver molto sofferto, per tanti mesi, durante ed in seguito alle tante crudeli torture, è stato condannato a 27 anni di reclusione, che passò nella prigione di Castel Nuovo a Napoli. Nel 1626, dopo l’intercessione di Papa Urbano VIII presso il re Filippo IV di Spagna, Tommaso Campanella è stato scarcerato e portato a Roma presso il Sant’Uffizio. La sua definitiva liberazione è avvenuta nel 1629. Ma i suoi guai non finirono, nonostante per cinque anni divenne il consigliere del Pontefice per le questioni di astrologia. Nel 1634 una nuova trama lo mise di nuovo di fronte al pericolo di un nuovo arresto e condanna per eresia. Riuscì però ad essere salvato, grazie a degli aiuti dalla Santa Sede e dell’ambasciatore francese. Fuggendo in Francia, fu accolto alla corte di Luigi XIII, avendo anche l’importante appoggio e protezione del ben noto cardinale Richelieu. Visse per cinque altri anni a Parigi nel convento di Saint-Honoré, dove morì nel 1639. Una vita quella sua piena di sofferenze e di privazioni, durante la quale però riuscì a imparare molto, nel bene e soprattutto nel male. Tutte quelle dirette esperienze di vita lo resero una persona con mente aperta e che andava oltre i canoni della Chiesa cattolica del tempo. Le sue tantissime opere ne sono una significativa testimonianza. La maggior parte delle sue opere, il frate domenicano Tommaso Campanella le scrisse durante gli anni della sua prigionia, trattando diversi argomenti naturalistici, filosofici, teologici e letterari. Era proprio in quel periodo che egli scrisse anche le sue poesie filosofiche. Molto significativa, tra le tante altre, anche la poesia Delle radici de’ gran mali del mondo. Una poesia dedicata ai “tre mali estremi”. Tommaso Campanella era convinto che “…tutti i mali del mondo pendono dalla tirannide, falsa possanza, e dalla sofistica, falsa scienza, e dall’ipocrisia, falso amore”. La poesia comincia con la strofa “Io nacqui a debellar tre mali estremi: /tirannide, sofismi, ipocrisia; /ond’or m’accorgo con quanta armonia/Possanza, Senno, Amor m’insegnò Temi” (temi, o themis, secondo la mitologia greca, è la figlia di Urano e di Gea, nonché sposa di Zeus. Per la sua irremovibilità Temi si invocava quando qualcuno doveva prestare un giuramento; n.d.a.). Poi elenca altri mali, ma per l’autore tutti sono minori ai “tre mali estremi”. Perché, come scrive nelle seguenti strofe della sopracitata poesia, “Carestie, guerre, pesti, invidia, inganno,/ingiustizia, lussuria, accidia, sdegno,/tutti a que’ tre gran mali sottostanno,/che nel cieco amor proprio, figlio degno/d’ignoranza, radice e fomento hanno”. E la poesia finisce con l’ultimo verso, che esprime anche il credo del coinvolgimento sociale del frate domenicano, affermando, alla fine della poesia, che “Dunque a diveller l’ignoranza io vegno”. Dunque estirpare, strappare l’ignoranza, dove radicano i “tre mali estremi”, la tirannide, i sofismi, e l’ipocrisia, era una delle missioni civiche di Tommaso Campanella.
Quei “tre mali estremi” sono ben presenti, purtroppo, da alcuni anni, anche in Albania. La vera, vissuta e sofferta realtà quotidiana ne è una inconfutabile testimonianza. Fatti accaduti e che stanno accadendo, anche in questi ultimissimi giorni alla mano, lo confermano. L’autore di queste righe da anni ormai sta denunciando la pericolosa restaurazione e il preoccupante consolidamento di un nuovo regime, di una tirannide. Il nostro lettore è stato spesso informato dell’attivo funzionamento in Albania di una dittatura sui generis. Una dittatura, camuffata in questi ultimi anni, anche da una necessaria parvenza di pluripartitismo, “garantita” dalla presenza in parlamento di un’opposizione “stampella” del primo ministro. Una dittatura come espressione di una alleanza tra il potere politico rappresentato istituzionalmente dal primo ministro, la criminalità organizzata, non solo locale e certi raggruppamenti occulti locali ed internazionali. La realtà albanese conferma la definizione stessa della dittatura, data dai diversi dizionari, di diverse lingue del mondo. Secondo quelle definizioni si asserisce che “La dittatura può essere una forma autoritaria o totalitaria di governo che, nella sua accezione moderna, accentra il potere in un solo organo, se non addirittura nelle mani del solo dittatore, non limitato da leggi, costituzioni, o altri fattori politici e sociali interni allo Stato”. Ebbene, dati e fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo, anche in queste ultimissime giornate, dati e fatti documentati e denunciati pubblicamente alla mano, dimostrano che in Albania il potere è nelle mani di una sola persona, del primo ministro. Di colui che se ne strafotte delle leggi in vigore e della stessa Costituzione. In Albania i tre poteri, quegli enunciati da Montesquieu, già dal 1748, nel suo libro Spirito delle leggi, e cioè il potere legislativo, quello esecutivo ed il potere giudiziario, sono ormai controllati da una sola persona, dal primo ministro e/o da chi per lui. Nel periodo in cui visse Montesquieu non esisteva quello che adesso viene comunemente considerato come il quarto potere, e cioè i media. Ebbene, il primo ministro albanese controlla la maggior parte dei media, come risultava anche dall’ultimo rapporto ufficiale della nota organizzazione Reporters Sans Frontières (RSF, Reporter Senza Frontiere; n.d.a.). Anzi, la situazione dei media e dei giornalisti in Albania, per il 2021, anno analizzato da RSF e reso pubblico lo scorso 3 maggio, è peggiorato sensibilmente ed è diventato molto preoccupante. Con questa vera, vissuta ma anche e, purtroppo, sofferta realtà si confrontano quotidianamente gli albanesi. E questa realtà è anche la vera ragione per cui centinaia di migliaia di albanesi stanno lasciando il Paese, richiedendo asilo in diversi altri Paesi europei. Con tutte le gravi conseguenze derivanti e non solo demografiche. Secondo i rapporti ufficiali delle istituzioni internazionali specializzate, da alcuni anni risulta che gli albanesi sono tra i primissimi, insieme con i siriani e gli afghani, come richiedenti asilo. Spetta al nostro lettore perciò di trarre le conclusioni!
In quanto ai sofismi, che Tommaso Campanella nella sua poesia Delle radici de’ gran mali del mondo, considera come uno dei “tre mali estremi”, quegli non mancano nei discorsi pubblici e nelle dichiarazioni del primo ministro albanese. Anzi, sono sempre più presenti, visto che lui, nelle sue inevitabili e tantissime “fatiche di Sisifo”, cerca di nascondere gli enormi abusi di potere, la corruzione galoppante e miliardaria, anche in questi tempi difficili, legati prima con la pandemia e adesso, da tre mesi, con la guerra in Ucraina. Ragion per cui il primo ministro fa uso dei suoi vizi innati; mentire ed ingannare come se niente fosse. Perché le bugie e gli inganni sono le uniche speranze che il primo ministro albanese ha per andare avanti. Sono le sue ultime speranze anche per nascondere i legami e la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata locale e/o internazionale. E quando diventa necessario, il primo ministro usa, senza impedimento alcuno, anche l’ipocrisia. E come lui fanno tutti i suoi “fedelissimi leccapiedi”, ministri, deputati e altri ancora. Compresi anche i tanti “opinionisti profumatamente pagati”. E purtroppo, di fronte ad una simile e preoccupante realtà vissuta e sofferta quotidianamente in Albania, il sistema “riformato” della giustizia “non vede, non sente e non capisce niente”. E perciò non reagisce. Sono tante, tantissime le denunce ufficialmente consegnate presso le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia, che da alcuni anni ormai “attendono” di essere “spolverate”. Fatti accaduti e che stanno accadendo, fatti documentati e pubblicamente denunciati alla mano, testimoniano semplicemente ed inconfutabilmente che il primo ministro controlla personalmente e/o tramite chi per lui, anche il sistema “riformato” della giustizia. Così lui controlla personalmente i tre poteri enunciati da Montesquieu ed, in più, anche il quarto potere, i media. Perciò quella che è stata restaurata da alcuni anni in Albania, se non è una dittatura, una tirannide, allora cos’è?!
Di tutti i “tre mali estremi” secondo Tommaso Campanella, il frate domenicano, e cioè della tirannide, dei sofismi e dell’ipocrisia è stata data una diretta e palese testimonianza durante questi ultimissimi giorni in Albania. L’occasione era l’elezione, in Parlamento, del nuovo presidente della Repubblica. Dopo il “fallimento programmato” delle tre precedenti sessioni, per mancanza di “consenso” tra la maggioranza governativa e l’opposizione “stampella” e, perciò per mancanza dei 3/5 dei voti, l’elezione è diventata sicura durante la sessione prevista per sabato scorso, 4 giugno. Un’elezione basata sul nome risultato dalle “proposte chiuse in una busta” dei deputati della maggioranza. Una scelta “affidata” dal primo ministro ai suoi ubbidienti deputati. Ma che in realtà la scelta era esclusivamente quella sua. E non poteva essere diversamente. L’incognita riguardava solo il nome. Ma l’identikit della candidatura era ben chiaramente disegnato. E prima di tutto doveva avere la fiducia del primo ministro e doveva ubbidire a lui. Anche perché sono delle “sfide” da affrontare nel prossimo futuro. Il caso ha voluto però, che durante la scorsa settimana, alla fine della quale si doveva eleggere il nuovo presidente della Repubblica, un altro presidente, quello che ha esercitato il massimo incarico istituzionale dal 2012 fino al 2017, è stato seppellito. Mentre sempre durante la scorsa settimana l’attuale presidente, in carica fino al 24 luglio prossimo, non era in Albania, ma in una visita ufficiale in Turchia. Cosa che ha poi generato anche delle discussioni giuridiche, riguardo alla validità di un suo indispensabile decreto firmato proprio in Turchia sabato scorso. Lo stesso giorno in cui poi, nel pomeriggio, è stato eletto in Parlamento il suo successore. Decreto che doveva liberare il candidato dall’incarico ufficiale che aveva avuto fino a venerdì scorso; incarico dal quale è stato dimesso. Un obbligo costituzionale quello, visto che il candidato, ormai il nuovo presidente della Repubblica dalla sera del sabato scorso, era il capo dello Stato maggiore dell’esercito.
L’elezione del nuovo presidente della Repubblica ha generato molte polemiche di vario genere. Sono state tante le discussioni giuridiche sulla validità del sopracitato decreto presidenziale. Sono state tante anche le discussioni giuridiche sulla regolarità delle procedure che hanno portato alla votazione in Parlamento del nuovo presidente. A proposito, nella sessione di sabato scorso erano presenti in aula 83 deputati dai 140 tali. Hanno votato per il nuovo presidente 78, mentre 4 sono stati contrari. C’è stata anche un’astensione. Il primo ministro, sulla carta, aveva sicuri 74 voti dei suoi deputati e 3 altri del suo alleato. Un voto è arrivato dall’opposizione “stampella”. Le cattive lingue stanno parlando e dicendo tante cose durante questi ultimissimi giorni sull’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Ma anche di lui stesso, di certi suoi “problemi” con la giustizia e del “appoggio” arrivato per la sue selezione e elezione da oltreoceano. Hanno parlato del “linguaggio del corpo” che, secondo gli specialisti, fanno del nuovo presidente una persona molto riconoscente al primo ministro e che, perciò, potrebbe essergli anche molto ubbidiente.
Chi scrive queste righe è convinto che durante questi ultimi giorni si è fatto uso di tanti sofismi e di tanta ipocrisia. Anzi è stata evidenziata proprio una vergognosa e sprezzante ipocrisia della dittatura, o tirannide, in azione. Ragion per cui diventa molto significativo, diventa un messaggio, il primo verso della poesia Delle radici de’ gran mali del mondo di Tommaso Campanella. E cioè che “Io nacqui a debellar tre mali estremi: tirannide, sofismi, ipocrisia”. Un obbligo ed un dovere morale, civico e patriottico quello, per tutti gli albanesi onesti.