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Ciak, si gira! A scuola!?

Intervista a Steve Della Casa

Critico cinematografico, giornalista e direttore artistico. Steve Della Casa è anche un apprezzatissimo conduttore, da oltre vent’anni, della trasmissione cult di Radio ‘Tre Hollywood Party – Il cinema alla radio’.

Buongiorno Steve. Il tuo amore per il cinema è indubbiamente nato fin da quando eri giovane e le domande che voglio farti riguardano proprio il mondo dei ragazzi.

A vent’anni hai fondato con altri amici cinefili il Movie Club di Torino per poi laurearti in Storia Critica del cinema con Gianni Rondolino. A trenta hai partecipato alla nascita del Torino Film Festival, del quale sei stato direttore per dodici anni. Hai diretto in seguito anche il Roma Fiction Fest e sei stato presidente per sette anni della Film Commission Torino Piemonte. Tra le altre più note collaborazioni cito i festival di Venezia, Locarno, San Sebastián, Taormina. Sei stato, inoltre, autore di monografie su Monicelli, Mattoli, Freda, Bava e Garrel e di diversi altri scritti sul cinema, soprattutto italiano. Insomma, hai fatto tanta esperienza in questo settore e, per il piacere di tanti come me, la stai condividendo con la tua apprezzatissima conduzione radiofonica. Ora, in virtù di questo tuo grande bagaglio culturale, se dovessero un giorno incaricarti di preparare una lista di film da inserire nei programmi didattici ministeriali quali sceglieresti per le scuole elementari?

Sicuramente, proporrei film tratti da qualche importante romanzo, come Moby Dick  o Il Principe e il Povero ad esempio, poi, per esperienza personale, perché l’ho fatto vedere anche a mio figlio quando aveva quell’età, proporrei Roma città aperta. Insomma, credo che mescolerei un po’ di film di ascendenza letteraria (Moby Dick a mio modesto parere credo sia il romanzo più bello mai scritto e anche il film di John Huston non era niente male) e film che stimolino a parlare di una determinata epoca o avvenimento storico.

Perchè un film come “Roma città aperta”?

Perché sono film ben fatti e che ancora hanno un grande impatto su chi li vede. Eppur sono film molto semplici, molto lineari e, forse per questo, anche di facile comprensione e, come detto, utili perchè stimolano a parlare di una certa epoca.

Il luogo comune per cui i bambini devono guardare solo i cartoni animati credo che sia una fuga che gli adulti si sono inventati recentemente. Io, ad esempio, da bambino non guardavo solo cartoni animati. Guardavo anche i film. Questo limitare la visione a solo cartoni animati penso sia un alibi che si sono dati i genitori per evitare di dover fare delle scelte e una scusa per tenere i bambini nella bambagia con il risultato che vi rimangono fino a vent’anni e poi improvvisamente si perdono, diciamo. Io sono dell’idea che tuffarli rapidamente nel mondo reale sia importante. Ovviamente con delle storie che non siano impressionanti o che possano suscitare effetti negativi. Davvero non vedo perché debbano stare solo davanti ai cartoni animati, soprattutto ai nostri giorni quando già a sei anni cominciano a navigare sulla rete dove, ahimé, come tutti ben sappiamo, possono trovare praticamente tutto e tutte quelle cose che a quell’età non dovrebbero proprio vedere.

Mentre per i ragazzi più grandi cosa proporresti? 

Anche per loro credo che la cosa più importante sia collegare i film con i temi che si studiano a scuola, dalla storia, alla letteratura, ad esempio. Bernardo Bertolucci diceva che “il cinema è l’arte delle arti” e proprio per questo credo che quando si usa il cinema in un luogo di insegnamento sia molto importante far capire quanto questo, più di qualsiasi altra singola espressione artistica, abbia potuto raccontare il XX secolo. Senza il cinema, infatti, non si può raccontare a pieno quel secolo. Quale strumento migliore per accompagnare i giovani nel loro percorso di apprendimento? Poi se uno è interessato a fare cinema gli proporrei di vedere altre cose ma questa è una cosa che viene dopo. Non si può chiedere ad un ragazzo di 14 anni di fare il cinefilo.

Tra tutti i film che conosci, quali suggeriresti per stimolare nei ragazzi e negli adulti una riflessione sul tema dell’inclusione sociale? 

Recentemente è morto l’attore afro americano Sidney Poitier e credo che Indovina chi viene a cena sia ancora un film che possa insegnare qualcosa al riguardo. Poi ci sono indubbiamente tanti altri film che potrebbero essere citati. Tra i più recenti, anche Tolo Tolo di Checco Zalone descrive la contemporaneità e quello che sta succedendo in modo chiaro. Certo, con il suo linguaggio paradossale e divertente,  ma capace di stimolare riflessioni importanti.

Una consapevolezza che si sta perdendo in questi anni e che, dal mio punto di vista è abbastanza grave, è che il cinema sia soprattutto qualcosa da fruire insieme agli altri. Io non ho una sala cinematografica da difendere e nemmeno sono proprietario di sale, però credo davvero che pensare che sia la stessa cosa vedere un film a casa propria sul computer piuttosto che sul grande schermo sia sbagliato. C’è differenza. Parliamo, ad esempio, dell’ultimo film di Sorrentino. Se lo vedi in sala ti fa un’impressione se lo vedi sul computer te ne fa un’altra. Ci sono film che sono molto danneggiati dal fatto di essere visti singolarmente su un pc o su un telefonino. Il film nasce come arte per una visione collettiva. Stare in una sala immersi nella visione fa sì che tu apprezzi e segui il film in maniera superiore rispetto a quella che si può fare distrattamente di fronte a un computer mentre magari ti telefona la fidanzata o devi andare a svuotare la lavatrice. Credo che questa consapevolezza debba trasmettersi anche nelle scuole affinché il cinema ritorni ad essere, come detto, un’esperienza collettiva ed un’occasione per arricchire il percorso formativo dei ragazzi. Perché il cinema, e lo ripeto per voler sottolinearne le ragioni, è davvero l’arte che meglio di tutte ha raccontato gli ultimi cento vent’anni della storia dell’umanità.

Grazie Steve e ancora complimenti per il tuo lavoro.

Ti aspettiamo tutte le sere, come sempre volentieri, alle ore 19, su Radio Tre.

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