Elezioni, Niccolò Rinaldi: “Troppa attenzione alle contingenze e scarsa visione d’insieme”
Albert De Bonnet
Già deputato europeo e segretario generale del Gruppo ALDE al PE, con un passato alle Nazioni Unite in cui ha seguito da vicino le vicende dei territori più ‘caldi’ del pianeta, scende in campo alle prossime elezioni del 25 settembre. E il Patto Sociale lo ha intervistato
1) On. Rinaldi, per prima cosa ci dica dove e con chi è candidato.
Sono candidato in quota repubblicana nelle liste del PD in un collegio plurinominale al Senato (Emilia Romagna 1). Non siamo “ospiti” della lista, perché come Repubblicani Europei siamo, con tanto di atto notarile siglato insieme agli altri, co-titolari del simbolo. La presenza nella coalizione di Più Europa o di persone come Carlo Cottarelli rafforza questo ruolo dei laici ed europeisti come noi repubblicani, da sempre attenti ai ceti produttivi del nord del Paese.
2) Qual è la sua esperienza in questa sua prima campagna elettorale per le elezioni nazionali?
Per la prima volta non rincorro le preferenze individuali. Ma lo spettacolo è sempre lo stesso, il paradosso di vedere candidati ed esponenti politici che persuadono gli lettori a votarli non mostrando il loro lato migliore, ma quello peggiore.
3) Cosa intende?
Da valdese sarò forse troppo “protestante”, ma resto di stucco quando sento promesse elettorali che sono palese bugie, magari rimangiate con altre bugie il giorno dopo. Altro non è il dibattito sulla flat tax o quello sul blocco navale del Paese. Oppure vedere leader compiacersi di siglare un’alleanza e rimangiarsela platealmente tre giorni dopo. E altri farsi strada a forza di insulti, di sarcasmi o anche continuando a etichettare gli avversarsi con vecchi stereotipi. Balle, parole date e non mantenute, spregiudicatezza: in troppi pretendono di persuadere così gli italiani.
4) I quali come reagiscono?
Grosso modo si dividono in tre gruppi. Alcuni ragionano e fanno le loro scelte di conseguenza. Altri, peggiori di questi politici, apprezzano l’indecoroso spettacolo e si lasciano incantare. Molti, restano disgustati, e non vanno a votare.
5) Ma come giudica il dibattito elettorale?
Moscio sui territori e acceso, e altrettanto superficiale come sempre, nei salotti televisivi. Votiamo per il governo dei prossimi cinque anni ma ci si occupa solo delle contingenze – costo dell’energia, inflazione, impatto delle sanzioni. A queste cose dobbiamo risposte – che per me sono soprattutto attraverso l’azione dell’Unione Europea. Ma manca una visione d’insieme di sviluppo del Paese, alle prese con una crisi di natalità, crescita delle diseguaglianze, incapacità di attrarre investimenti e una burocrazia spesso mostruosa. Non parlo delle piaghe ataviche, di cui ho già scritto anche sul Patto Scoiale: costo di corruzione, evasione, crimine organizzato, economia sommersa, privilegi per pochi e un assetto istituzionale inadeguato.
6) Cosa intende su questo ultimo punto?
Abbiamo troppi comuni, troppe regioni, troppe province, due rami del parlamento, caso unico al mondo, con un bicameralismo perfetto. Dovremmo tagliare tutto di metà – e in questo sforzo di accorpamento ci sarebbe ancora da fare anche per province o aree metropolitane ancora in cerca di autore. Il mondo corre, le sfide globali sono impietose, e noi pretendiamo di andare avanti attrezzati come cinquant’anni fa. Qualcuno dovrà cominciare a metter mano alla modernizzazione delle nostre istituzioni.
7) Come possiamo restare infornati delle sue iniziative elettorali?
Sulla mia pagina Facebook pubblico un “Diario repubblicano”, ogni giorno. Agenda degli impegni, ma anche riflessioni per mettere in ordine il tanto che accade in una campagna elettorale. E per lasciarne una traccia, perché dopo il voto, comunque sia e come sa bene la mia amica Cristiana Muscardini, l’impegno per il Paese dovrà continuare.