Achtung, binational babies: Tutelare la psiche togliendo la vita
La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo non ravvisa in questa situazione nessun tipo di violazione
Un bambino viene accoltellato e muore dissanguato in ambiente protetto, cioè proprio nel luogo in cui avrebbe dovuto essere protetto e dove invece è stato condotto a forza e lasciato solo. Per la Corte di Cassazione italiana e anche per la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non ci sono responsabili per la fine violenta di questa vita. L’Ente che ha organizzato tale incontro e la persona che avrebbe dovuto essere presente e tutelare il bambino non hanno, secondo le più alte Corti, nessuna responsabilità nella morte di questo bimbo. Stiamo parlando del caso di Federico Barakat, condotto a forza nella ASL di San Donato Milanese, in provincia di Milano, per incontrare il padre che lo ha ucciso e poi si è suicidato. Il bambino, afferma il medico che ha effettuato l’autopsia, si è difeso da solo, ma è poi morto dissanguato perché lasciato a lungo senza soccorsi, dopo aver ricevuto 37 coltellate.
La madre ha chiesto che i responsabili venissero indicati e condannati. Si tratta di una madre rimasta sola, dopo che il padre era improvvisamente scomparso e che, al suo ritorno, si era rivolta alle istituzioni affinché suo figlio venisse tutelato, a seguito delle numerose minacce ricevute. La risposta delle istituzioni fu la privazione dell’affido del figlio, diritto/dovere conferito ai servizi sociali locali. Ognuno di noi capisce che i servizi sociali avrebbero dovuto tutelare e favorire l’equilibrio psico-fisico del bambino, favorendo anche gli incontri con il padre, se ritenuti positivi per tale equilibrio. Ma mentre molti padri italiani restano esclusi dal contatto con i propri figli per anni, questo padre egiziano (o forse libanese – pare avesse più di una identità) poteva invece incontrare suo figlio, anche se accompagnato da un educatore, in apparente ossequio al principio ormai da molti definito dell’auto-razzismo delle istituzioni italiane: se sei un Italiano all’estero vieni discriminato perché sei straniero, se sei un Italiano in Italia impegnato in un contenzioso con un cittadino di altra nazionalità vieni discriminato perché italiano. La madre, che mai si è ripresa da questa perdita, ha tentato attraverso tutti i gradi di giudizio italiani e la corte europea di dare giustizia a suo figlio. Dalle sentenze emerge invece che per la Corte di Cassazione italiana e per la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo i Servizi Sociali avevano il compito di tutelare la salute psichica del bambino, ma non quella fisica!
Come si può tutelare la salute psichica di un cuoricino che non batte più?
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha infatti stabilito che in questa vicenda non si ravvisa la violazione dell’articolo 2 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’unione Europea che recita: “Ogni individuo ha diritto alla vita. Nessuno può essere condannato alla pena di morte, né giustiziato”. Eppure anche l’articolo seguente, il numero 3 della stessa Carta precisa: “Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica”, ribadendo così l’inscindibilità dell’integrità fisica da quella psichica. La madre, Antonella Penati, ha presentato ricorso alla Grande Camera della Corte di Strasburgo. Si saprà a breve se la Grande Camera si occuperà del ricorso o lo respingerà.
Questa vicenda non riguarda, come si è troppo spesso cercato di far credere, i dissidi fra i genitori. Riguarda invece la banalità del male del modus operandi degli operatori che, eseguendo ognuno l’ordine del diretto superiore e perdendo di vista la situazione complessiva, hanno consegnato un bambino innocente nelle mani avide della morte.
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