Detective stories: dipendenti infedeli, permessi per malattia, 104 e congedi per covid
Nonostante il periodo di forte crisi economica, molte aziende si stanno dimostrando particolarmente attente al fenomeno dei dipendenti infedeli ed assenteisti. Oltre ai permessi per malattia, quelli per legge 104 ed i congedi parentali/familiari, il decreto-legge 8 settembre 2020, n. 111 ha introdotto, in favore dei genitori lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato, il congedo Covid-19 per quarantena scolastica dei figli.
Questo congedo consentirà al dipendente di astenersi dal lavoro del tutto o solo per alcuni periodi durante la quarantena del figlio malato, a condizione che si tratti di un figlio convivente e minore di 14 anni.
Per quanto questo sia assolutamente corretto in caso di malattia e/o problematiche reali, data l’impossibilità del datore di lavoro di licenziare un dipendente fino al 21 marzo 2021, è logico pensare che qualcuno possa approfittare di questa situazioni.
Forse questi dipendenti non sanno che in caso di raccolta di prove da parte di una agenzia investigativa che evidenzi un loro comportamento infedele in realtà possono essere ugualmente licenziati, per questo nonostante i vari lockdown e le limitazioni vigenti, il lavoro degli investigatori per contrastare i cosiddetti “furbetti” non si ferma.
Ma quali sono i comportamenti sintomo di una condotta sleale da parte di un dipendente?
- Il dipendente che chiede un congedo parentale può usufruire di 3 giornate al mese di permesso. Spesso l’infedele unisce queste giornate al weekend, per avere più giornate libere a sua disposizione.
- Il dipendente che chiede un congedo parentale, può sfruttare anche solo singole ore a livello giornaliero. Per questo motivo, per una sua comodità, può saltare ad esempio un’ora di lavoro al mattino ed in prossimità dell’uscita.
- Effetto emulativo da parte dei colleghi. Se un dipendente infedele si confida con dei colleghi è possibile che anche questi inizino a richiedere permessi di vario tipo.
- Scarsa presenza di informazioni sui social network circa le proprie routine, o in alcuni casi, la presenza di falsi profili all’interno dei quali vengono postati video e storie del tempo trascorso durante i “permessi”.
- Scarsa partecipazione alla vita aziendale e problemi nei rapporti con i colleghi
Durante lo scorso agosto, una società mi aveva contattato per svolgere alcune verifiche nei confronti di un loro dipendente solito richiedere permessi per malattia, tuttavia, dopo i primi giorni di attività, non erano state notate tracce dell’uomo e della sua famiglia.
Grazie ad una rapida indagine sulle fonti aperte ero riuscito a trovare un profilo Facebook riconducibile al richiesto, ma con un nome differente. All’interno del profilo si potevano notare diverse fotografie recenti dell’uomo, in vacanza in Spagna e con moglie e figli al seguito.
Come se non bastasse i profili Instagram dei figli dell’uomo lo ritraevano nelle storie intento a svolgere attività fisica e sforzi di vario tipo per nulla compatibili con il profilo di una persona malata. Inoltre la presenza di mascherine anti-covid confermava il periodo nel quale erano state scattate le foto.
Identificato l’hotel nel quale l’uomo soggiornava, ho attivato il mio network che in poco tempo è riuscito a raccogliere prove concrete della presenza dell’uomo in Spagna grazie alle quali l’uomo è in seguito stato licenziato.
Case studies classici a parte, è proprio in questo periodo storico che stiamo vivendo, complice lo smart working, che stanno proliferando nuove tipologie di dipendenti infedeli: non più solo agenti commerciali ed informatori scientifici, ma ora anche dipendenti amministrativi, la cui resa può drasticamente diminuire con lo smart-working.
Poco tempo fa il canale YouTube CNET è riuscito a dimostrare come sia relativamente facile ed alla portata di tutti, “truffare” i propri colleghi di lavoro durante lo smart working, preregistrando alcuni propri video e presenziando in video conference zoom senza destare alcun sospetto per circa una settimana.
Che sia questa la nuova era dell’assenteismo digitale?
In ogni caso, non possiamo permetterci di essere impreparati di fronte ad ogni evenienza, ricordandoci sempre che nel mettere in atto questo genere di “frodi” i dipendenti infedeli non colpiscono solo l’azienda per la quale lavorano o il loro datore di lavoro, ma, dato il periodo storico nel quale stiamo vivendo, colpiscono tutta la collettività. Per questo motivo in sede giudiziaria vi è la tendenza a premiare le società che si sono avvalse di controlli da parte di una agenzia investigativa.
Per domande e consigli di natura investigativa e/o di sicurezza, scrivetemi e vi risponderò direttamente su questa rubrica: d.castro@vigilargroup.com