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In attesa di Giustizia: arrestateli!

Forse non servivano ulteriori conferme di una esondazione della magistratura dai propri compiti istituzionali perimetrati dal principio costituzionale della separazione dei poteri e dalla guarentigia di indipendenza: potevano bastare, dopo le ragionevoli intuizioni maturate dai primi anni ’90, le confidenze di uno dei componenti del collegio della Cassazione (composto con modalità abnormi in pieno periodo feriale) che confermò, rigettando il ricorso, l’unica condanna di Silvio Berlusconi con la conseguente applicazione della “Legge Severino”, implicando la sua immediata decadenza da parlamentare.

Se mai qualcuno avesse avuto dei dubbi sulle implicazioni, sottostanti alle affermazioni di quel giudice passato nel frattempo a miglior vita ed alla loro genuinità, il libro-intervista firmato da Sallusti e Palamara tra le tante ragioni di inquietudine rassegna il contenuto di una conversazione intercettata in cui, in sostanza, si dice che – seppur con imputazioni azzardate – Salvini va fermato ad ogni costo: la contiguità subalterna ad una parte politica è indiscutibile.

La corrispondenza mail intercorsa tra magistrati, diciamo progressisti per evitare almeno qualche querela, che rappresenta la preoccupazione di trovare un metodo per “fermare” un Presidente del Consiglio senza scheletri nell’armadio segna, peraltro, uno dei momenti più bui della lunga notte della Repubblica.

Il linguaggio impiegato nelle mail, pur correndo sul filo del rasoio, è attento ad evitare l’evidenza di un reato o dell’istigazione a commetterne uno: sono pur sempre magistrati e sanno come esprimersi, un po’ meno si possono definire servitori dello Stato, ma – senza neppure forzare troppo la mano – ce ne sarebbe abbastanza per iscrivere gli autori sul registro delle notizie di reato e approfondire in che modo si stia incitando i propri sodali a porre in essere attività volte a sovvertire l’ordine costituzionale per una volta tanto frutto del voto dei cittadini.

Ce n’è di sicuro abbastanza per promuovere un disciplinare ma è improbabile che lo faccia il Procuratore Generale della Cassazione visto che uno dei più scalmanati è uno dei suoi colleghi di Ufficio; si può sempre confidare nel Ministro della Giustizia che, pare, abbia già interessato il C.S.M.

Sarebbero tutti da arrestare ma non nel senso che intendono le Signorie Loro, tanto affezionate al tintinnare delle manette, ma in quello di arginare l’impunito strapotere di cui si stanno appropriando e nutrendo: se non ora, che l’indice di fiducia della magistratura segna i minimi storici, quando? C’è da temere mai.

Servirebbero una politica diversa, che non si sia indebolita da sola modificando l’articolo 68 della Costituzione dopo averne abusato, e un Ordine Giudiziario che sappia sedere educatamente al tavolo delle istituzioni, stando al suo posto.

Servirebbero dei pubblici funzionari, dunque anche tutti i rappresentanti eletti, che abbiano almeno letto una volta l’articolo 54 prendendo consapevolezza che le loro mansioni vanno svolte con disciplina e onore.

E se qualcuno sembra che sia venuto meno ai propri doveri, si tenga pure lo stipendio purchè sia messo in condizione di non nuocere, se non altro fin quando le sue responsabilità non siano confermate o escluse: e fa specie – ma non poi così tanto – che il C.S.M. garantisca la poltrona a magistrati condannati già in primo grado…un po’ a seconda della corrente di appartenenza, questo è anche vero…mentre un sindaco rischia di essere destituito grazie alla Legge Severino solo perché ha autorizzato un ristorante alla realizzazione di una veranda sospettandosi un retrostante fatto corruttivo e prima ancora che siano concluse le indagini.

Questioni di opportunità suggeriscono che i partecipanti ad una mailing list, chiaramente sovversiva, invece che sedere in Cassazione o in qualche ruolo di prestigio e potere, pur nel rispetto del principio di non colpevolezza, dovrebbero essere spediti velocemente ad ammortare cambiali nella sezione distaccata di Tribunale di Capracotta.

E dire che fu proprio Davigo ad affermare che “i politici che delinquono vanno mandati a casa prima del giudizio definitivo”: perché i magistrati, no, allora, seguendo questo giacobino ragionamento? Non vale anche per costoro l’articolo 54? Forse no, o forse la presunzione di non colpevolezza per costoro è più intensa? E l’A.N.M. si faccia una ragione che l’Ordine Giudiziario non è più in grado di ammantarsi di quella cultura della giurisdizione rispetto alla quale, a troppi magistrati, manca l’alfabeto di base.

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