In attesa di Giustizia: cinquanta sfumature di impunità
E’ successo ancora, ed è successo ancora in Toscana: sentenze scritte prima della conclusione di un processo e dopo Lucca ora è toccato a Firenze, episodi gravissimi non isolati né limitati al perimetro di quella regione che, probabilmente, sono solo la punta di un iceberg.
Come in altri casi simili, la scoperta è avvenuta in maniera fortuita da parte di un avvocato che ha chiesto di consultare in aula il fascicolo di ufficio nella stessa aula in cui attendeva di discutere rinvenendo all’interno la decisione già pronta. Il seguito, innescato dall’invito ad astenersi rivolto a giudici con evidenti pregiudizi ha avuto come pendànt una reazione a dire poco scomposta anche dei vertici del Tribunale chiamati a decidere giustificando l’accaduto con una iattante pezza peggiore del buco…anzi con una serie di pezze che denotano spocchia e mancanza di un impulso ancorché tenue a scusarsi e quella incapacità di provare vergogna tipica degli impuniti.
Per una migliore comprensione degli sviluppi si tenga presente che la consultazione di quel fascicolo – mentre i giudici erano in camera di consiglio per altri incombenti – era stata effettuata dopo aver chiesto, come prevede la legge, l’autorizzazione al P.M. presente.
Il successivo, inevitabile, invito ad astenersi rivolto dal difensore al Tribunale ha avuto come seguito necessario l’invio di una relazione scritta dei tre magistrati del Collegio al Primo Presidente del Tribunale cui competeva decidere in proposito e che, in base a quella relazione, ha ritenuto che non risultano violazioni a carico dei giudici ma, piuttosto, scorrettezza dell’avvocato che avrebbe curiosato di soppiatto nel fascicolo sebbene, come detto in precedenza, sia il codice a prevedere che quando il Tribunale non è in aula sia il Pubblico Ministero ad averne la gestione anche sotto il profilo delle autorizzazioni, esattamente come era accaduto. Il livello argomentativo è quello del bue che dice cornuto all’asino e come difesa corporativa da parte di soggetti che dovrebbero conoscere la legge non è decisamente un granché.
La sentenza già scritta, comunque, c’era ed era necessario offrire una spiegazione: e qui il miserevole spettacolo si sposta sui maldestri rappezzi: “era solo una bozza, non era stata ancora firmata, si trattava solo di qualche appunto…” e la peggiore di tutte “potevano cambiare idea”: già, quell’idea che si erano fatti prima ancora delle arringhe e che era stata annotata con tanto di determinazione della pena su un foglio con lo stellone della Repubblica, la dicitura In nome del Popolo Italiano e la data, guarda caso quella della udienza precedente in cui avrebbe dovuto concludersi (ma non si era concluso) il processo.
A fronte di un simile sconcio la Camera Penale di Firenze ha proclamato tre giorni di protesta e sciopero invitando l’Associazione Magistrati a confrontarsi in un’assemblea pubblica ma i suoi rappresentanti hanno evitato anche solo di farsi vedere: forse erano impegnati a scrivere altre sentenze prima della fine dei relativi processi, unti del Signore con capacità divinatorie sul contenuto delle discussioni.
Pagherà qualcuno per tutto ciò? Probabilmente nessuno perché è ben noto quanto sia creativa e di larghe vedute la giustizia disciplinare “domestica” del C.S.M., abilissima nel riconoscere tutte le sfumature dell’impunità: scarsa rilevanza, unicità dell’episodio, eccessivo carico di lavoro, momento difficile in ambito famigliare…Merita, quindi, di essere segnalata come sussulto di dignità la delibera che ha negato la conferma di Fabio De Pasquale come Procuratore Aggiunto a Milano, disattendendo il parere favorevole del Consiglio Giudiziario e di cui si è occupato lo scorso numero di questa rubrica: “risulta dimostrata l’assenza dei pre requisiti di imparzialità ed equilibrio avendo reiteratamente esercitato la giurisdizione in modo non obiettivo né equo, senza rispetto delle parti, senso della misura e moderazione rappresentando un modus operandi consolidato che impediscono la conferma in un ruolo semi direttivo”. Forse il 100% di assoluzioni nei processi che aveva imbastito contro Berlusconi, che sono solo quota parte di uno score imbarazzante per la percentuale di fallimenti investigativi, hanno avuto un peso di cui il Consiglio Giudiziario si era dimenticato.