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In attesa di Giustizia: commenti post partita

Le premesse, c’erano tutte: in un Paese dove si fatica a far votare il 50% degli elettori alle elezioni politiche il raggiungimento del quorum di un referendum costituisce pia illusione e il clamoroso fallimento di quelli sulla giustizia non deve sorprendere né trovare scusanti considerata anche la scarsa informazione in proposito che vi è stata e la tradizionale incomprensibilità dei quesiti.

Così è stato che, traendo spunto dalla lettura dei giornali ed ascoltati i commentatori, in una sola domenica, l’Associazione Nazionale Magistrati  è passata da esercito borbonico in fuga, a terza potenza mondiale, e il suo Presidente da comandante della Costa Concordia a capo della Spectre.

Sul versante opposto, gli avvocati che si erano spesi per la raccolta di firme ed erano stati ammirati  per il loro impegno sono stati scaricati e ritenuti corresponsabili del flop mentre è proprio oggi che andrebbero ringraziati per essersi esposti per le loro idee e aver tentato di fare comunicazione, pur sapendo che alle urne sarebbe stata durissima.

Dunque, viene da pensare che al cittadino medio, tutto sommato, della giustizia interessi poco.

Dipende: un recentissimo fatto grave di cronaca ha scatenato polemiche e dibattiti, soprattutto tra i “leoni da tastiera” che non hanno trovato di meglio che scagliarsi contro il difensore di Martina Patti,  la mamma catanese accusata dell’omicidio della piccola Elena, attaccato in modo violento sui social.

In tal modo risultano affermati  due controprincipi:

1) chi si macchia di delitti terribili come l’omicidio di una creatura innocente non ha il diritto di essere difeso e non ha neppure ad un processo;

2) l’avvocato che decide di assistere una simile persona dimostra affinità con il crimine commesso, mentre dovrebbe prenderne le distanze rifiutandosi di difendere.

Sono attacchi che provengono da soggetti  che culturalmente dimostrano povertà e ignoranza.

I cittadini sanno,  o almeno dovrebbero sapere, che l’avvocato non difende il delitto ma il diritto, il diritto di ognuno ad avere un processo svolto secondo le regole.

Questi commenti, questa violenza verbale, vien da pensare che non siano frutto solo di ignoranza ma anche di rabbia e odio e forse anche di impotenza e frustrazione di fronte a situazioni familiari che maturano ed esplodono in contesti sociali degradati.

Nessuno dei commentatori, tuttavia, focalizza il vero  problema: quello del fallimento dello Stato sociale e della inefficienza – non sarebbe la prima volta – dei servizi territoriali che hanno fatto mancare supporto ad una famiglia che ne era evidentemente bisognosa. Per ora sono tutti concentrati a massacrare la donna mostro, senza fermarsi neppure un attimo a riflettere sul disagio che possa avere alimentato un gesto così innaturale e sulla prevenzione mancata.

La giustizia sembra, allora, essere un interesse a corrente alternata: almeno fino a quando non si incappa nelle sue maglie o non vi è qualche morboso interesse a ficcanasare in vicende di cui si conosce solo l’esteriorità… e dei referendum chissenefrega anche solo di sapere a cosa miravano.

Nel frattempo nei bar tengono banco la nazionale e il calciomercato.

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