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In attesa di Giustizia: Delitto e castigo

Sarà vero che in questo Paese non ci sono innocenti ma solo colpevoli che la fanno franca? Per una risposta attendibile, passato il tempo necessario per svolgere le indagini e magari celebrare un processo, bisognerà rivolgersi proprio a chi alimentò quella preoccupazione: Piercamillo Davigo.

Il riferimento è alla vicenda dei verbali secretati di interrogatori del plurindagato avvocato Amara in cui si parla di una presunta loggia coperta denominata “Ungheria” con il compito – stile P2 – di condizionare apparati dello Stato.

L’ex P.M. di Mani Pulite, come si ricorderà, ricevette quei verbali quando era componente del C.S.M. dal Sostituto Procuratore di Milano Paolo Storari il quale, lamentando immobilismo investigativo da parte dei vertici della Procura, richiedeva non si comprende bene quale genere di soccorso; un carteggio che il primo non avrebbe potuto avere ed il secondo non avrebbe dovuto trasmettere: non a Davigo di sicuro. Eppure parliamo di uomini i cui genitori hanno fatto tanti sacrifici per farli studiare.

Ma tant’è: con buona pace del segreto istruttorio e del rispetto delle procedure quegli atti si sono diffusi come le figurine dei calciatori della Editrice Panini; dopo Davigo entrarono nella disponibilità della sua segretaria, poi di alcune redazioni di quotidiani ed in ultimo – scambiati nella discreta penombra della tromba delle scale del Consiglio Superiore – persino nelle mani del raffinato giurista a cinque stelle posto alla Presidenza della Commissione Parlamentare Antimafia. Insomma, di chiunque tranne che dei possibili destinatari istituzionali.

C’è voluto un po’ ma infine Piercamillo Davigo è stato iscritto nel registro degli indagati per rivelazione di segreti di ufficio dove già compare il nominativo di Storari il quale nel frattempo ha sperimentato, dall’altra parte della scrivania cui è abituato, la piacevolezza di un interrogatorio di quattro ore.

Sarà interessante vedere come andrà a finire, se alla compagnia si aggiungeranno altri nomi più o meno illustri, se verrà contestato (e ci starebbe tutto) anche il più grave reato di ricettazione, se vi sarà un processo e, chissà, delle condanne.

Rispettosi della presunzione di innocenza, non azzardiamo valutazioni circa rimproverabilità del comportamento e colpe dei coinvolti in una storia, peraltro, dai contorni quantomeno ambigui: tuttavia è possibile trarre subito una prima conclusione riferita a Piercamillo Davigo.

Questa è una vicenda in cui, colpevoli o innocenti, nessuna la farà franca: certamente non Davigo che sconterà comunque una punizione anche se verrà assolto, un trattamento che ha il sapore del feroce contrappasso. Dovrà, infatti, nominare un difensore, sarà quindi costretto a frequentare un avvocato, ad affidarsi a lui – spregevole appartenente alla disprezzatissima genia degli azzeccagarbugli – persino a ringraziarlo e financo a pagarlo (questo forse: i magistrati hanno spesso la manina corta).

Delitto e castigo anche se innocente: novello Raskolnikov, Piercamillo per sentirsi un po’ più a suo agio potrebbe forse scegliere di farsi difendere dal noto docente del nulla applicato al diritto autoproclamatosi avvocato degli italiani o persino da Don Fofò Bonafede: ma non è così stupido, si rivolgerà ad altri e berrà l’amaro calice fino in fondo, espierà una pena che sarà per lui così dolorosa, disumana, da suggerire di rivolgersi alla Corte dei Diritti dell’Uomo…ma Davigo non lo farà mai, sopporterà stoicamente una volta ma non una di più la vicinanza di un avvocato.

Passi il delitto (che, seppur commesso, lui che è assistito dal dogma della infallibilità non ammetterà mai) ma, in fondo, anche al castigo c’è un limite e persino l’inflessibile Piercamillo Davigo potrebbe questa volta percepirne, soggettivamente, un eccesso di rigore.

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