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In attesa di Giustizia: Gotterdammerung

Oddio, un dramma musicale come Il Crepuscolo degli Dei di Wagner è forse accostamento eccessivamente ardito al tema di questa settimana ma la repentina caduta d’immagine di alcune figure – fino al giorno prima quasi idolatrate – risulta fragorosa e munita di una certa drammaticità che non è solo nel destino dei protagonisti bensì quella insita in una società decadente pronta ad entusiasmarsi per un modello di vita sognato e che va ben oltre quello della “famiglia del Mulino Bianco” di Barillana memoria ed altrettanto lesta  ad omologarsi a quella dilagante linea di pensiero manettara e giustizialista da Fatto Quotidiano.

Parliamo, ovviamente, dell’affaire del Pandoro Balocco che sta alimentando un dibattito assorbente su tutti i media risultando doppiamente fuori luogo perché il momento storico rassegna problematiche ben più gravi e meritevoli di continua attenzione e perché  – non inaspettatamente –  si è trasferito il tutto sul piano della rimproverabilità penale scatenando, nei salotti di casa prima ancora che nelle Procure della Repubblica, la caccia a colpevoli, già ritenuti tali, che non possono farla franca.

In quest’ottica deve apprezzarsi la prudenza ed equilibrio con cui si stanno muovendo gli Uffici Inquirenti, sommersi da esposti di vari enti rappresentativi dei consumatori (con questi ultimi sollecitati a presentarne in proprio allegando lo scontrino di acquisto del pandoro della discordia e, in mancanza, ad autocertificarne la pregressa compera), che hanno ritenuto di iscrivere la segnalazione a Modello 45: vale a dire ad aprire indagini conoscitive senza ipotesi di accusa né indagati per fatti che apparentemente non costituiscono reato. Si tratta di un atto dovuto nel vero senso della parola non potendo essere ignorati gli esposti stessi, che suppongono la commissione di una truffa aggravata, destinandoli al cestino.

Per quello che è dato sapere, peraltro, gli estremi del reato di truffa non ci sono: l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, analogamente a quanto può fare il Giurì di Autodisciplina, interviene quando una pubblicità può risultare ingannevole, ma un conto è pubblicità ingannevole che è tale quando si spinge la vendita valorizzando qualità che non sono poi sviluppate ed altra cosa è la truffa che – in un caso simile –  si integrerebbe quando con artifizi e raggiri si induca taluno ad acquistare un pandoro per poi non trovare nulla nella confezione o qualcosa di completamente diverso.

Chi ha comperato il “Pandoro griffato Ferragni” è stato condizionato nella scelta quando già aveva inteso comperare un dolce di quella tipologia, tuttavia orientandosi sulla scorta di una comunicazione fuorviante. La truffa, dunque, a parere di chi scrive, non c’è e non c’è neppure il reato di frode in commercio per configurare il quale è necessaria la vendita di un bene diverso da quello pattuito per origine, provenienza, qualità o quantità…e che la griffatura Chiara Ferragni costituisca una qualità del pandoro è revocabile in dubbio; tra l’altro se l’Authority, che ha avuto a disposizione tutto quanto necessario per la decisione, avesse rilevato indicatori di illeciti penali avrebbe dovuto spontaneamente trasmettere gli atti all’Autorità Giudiziaria…

La verve del difensore si attenua, invece, nei confronti di chi, per conto di Chiara Ferragni, si occupa della comunicazione e non tanto per quella relativa al Pandoro Balocco e le finalità benefiche dell’operazione quanto per il suggerimento del video di scuse che, dal maquillage ai toni usati suona falso come una banconota da due euro.

Colpevole! Certamente il curatore di questa rubrica non è un esperto di marketing, però è tra gli innumerevoli destinatari di quel messaggio, acquirenti o meno del dolce incriminato, e una certa consuetudine con la proposizione di balzane giustificazioni (sia pure in sedi differenti) l’ha maturata: in tutta franchezza quel messaggio è ben lontano dall’essere convincente, anzi, è frutto a sua volta di quella decadenza culturale cui si è alluso all’inizio. L’affaire Balocco presenta in tutte le sue forme quella trasvalutazione di tutti i valori cui si riferisce Nietzsche  nel suo Gotzen-Dammerung, che fa il verso proprio all’opera di Wagner ed il Crepuscolo degli Idoli cui assistiamo è il frutto malato di una moralità da bar sport che diventa strumento di controllo allo scopo di punire, di voler trovare colpevoli a tutti i costi: roba da Piercamillo Davigo che non merita neppure la Ferragni in pigiama penitenziale grigio, quasi penitenziario, se non fosse per il prezzo di listino.

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