In attesa di Giustizia: gratta e… perdi
Negli ultimi giorni Nicola Gratteri, Procuratore Capo di Napoli, si è scatenato emettendo autentiche grida manzoniane con le quali preannuncia che spezzerà le reni all’abusivismo edilizio nei Campi Flegrei facendo radere al suolo le abitazioni illegalmente costruite e disseminerà tutta la provincia di telecamere di sorveglianza: tutto molto giusto, perché, se l’abusivismo edilizio è un fenomeno da contrastare fermamente in territori a rischio, lo è a maggior ragione nelle solfatare in un periodo storico in cui l’attività sismica costituisce un concreto pericolo per l’incolumità della popolazione residente in strutture prive dei necessari standard di sicurezza.
Anche la estensione della rete di videosorveglianza è un’esigenza avvertita in zone ad elevata densità criminale per fronteggiare l’evolversi delle iniziative delinquenziali per le quali non sono più sufficienti gli storici servizi di OCP (Osservazione, Controllo e Pedinamento) delle Forze dell’Ordine i cui ranghi sono inadeguati ad assicurarli attese le aumentate dimensioni della realtà delinquenziale e le molteplici funzioni di istituto già assegnate a Polizia e Carabinieri che sottraggono risorse umane ai pedinamenti che richiedono, oltretutto, notevole attitudine.
Tutto molto giusto, ma la domanda è: ci sono i fondi? Regione Campania e Comune di Napoli ne hanno stanziati proprio per la installazione di telecamere ma non è chiaro se siano destinati ad implementare la rete o a sostituire quelle obsolete o guaste; quanto agli abbattimenti, che ne sarà degli abitanti di quelle case che di un tetto hanno comunque bisogno?
Non bastano gli annunci: servono progettualità, dati concreti, come direbbe un imprenditore avveduto un business plan, altrimenti con le chiacchiere stiamo a zero…e di chiacchiere Gratteri ne riempie i giornali, gli eventi cui partecipa, le trasmissioni televisive cui è invitato ma mai una volta che qualcuno gli chieda conto dei disastri che ha combinato. O che lui ne faccia ammenda.
Chissà, per esempio, come commenterebbe una delle sue ultime intraprese prima di lasciare la Procura di Catanzaro per quella di Napoli: la solita indagine celebrata con squilli di tromba, nel 2021 al momento delle manette per otto persone accusate di associazione a delinquere finalizzata allo smaltimento illecito di rifiuti, investigazioni che coinvolsero anche l’ex vice governatore della Calabria Antonella Stasi ed un gruppo di cui era al vertice con quarant’anni di storia ed oltre quattrocento dipendenti: secondo i P.M., Gratteri in testa, alimentava un impianto di biogas con biomasse di origine vegetale e animale in modo non conforme alla normativa e smaltiva illecitamente i rifiuti conseguendo, tra l’altro, incentivi pubblici non dovuti.
Non bastando le misure cautelari, la GdF sequestrò beni per quasi quindici milioni di euro e l’azienda venne posta sotto amministrazione giudiziaria con al timone il solito commissario giudiziario completamente analfabeta delle capacità gestionali indispensabili per mandare avanti una simile realtà: del resto, abbiamo visto che di business plan Gratteri per primo non se ne intende.
Gratt…e perdi ed è’ storia recentissima, solo l’ultima di troppe: gli imputati, per i quali già il Tribunale della Libertà aveva subito annullato le misure cautelari, sono stati tutti assolti ma l’azienda è stata portata sull’orlo del fallimento, i licenziamenti e l’accumulo di debiti con i fornitori non si contano e rimetterla in sesto non sarà una passeggiata di salute. Per le ingiuste detenzioni esiste la riparazione del danno in termini economici ma per il provocato ed ingiusto dissesto di un’impresa, la perdita di posti di lavoro e di chances, grazie anche alla incapacità di coloro cui è stata affidata, non vi sono rimedi, la legge nulla prevede e chissà se Gratteri definirebbe grottesca una norma a tutela delle imprese di tal senso come ha fatto parlando della recente stretta normativa sull’adozione delle misure restrittive personali che rischia di guastargli il divertimento preferito: di grottesco, per ora, rimane la maschera con cui, in talune Procure, si continuano a celebrare fallimenti investigativi annunciati.