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In attesa di Giustizia: il diritto è l’arte di ciò che è buono e giusto

Tradotta dal latino jus est ars boni et aequi, questa espressione denota  l’aspirazione del diritto verso valori morali ed etici che nel diritto romano venivano sintetizzati anche con la locuzione honeste vivere alterum non laedere, suum cuiqe tribuere che troviamo scolpita in bassorilievo anche sul frontone del Palazzo di Giustizia di Milano: proprio uno dei luoghi meno adatti, ma non il solo del tutto inidoneo. La nostra rubrica, dal canto suo, può considerarsi una sorta di galleria degli orrori che settimanalmente avviliscono le esortazioni che provengono dalla saggezza dei latini, talvolta con più di un esempio. Questa volta sono due.

Il primo si ricollega al tema delle inchieste nei confronti della Juventus, già condannata ad una pena illegale in quanto non prevista dall’ordinamento sportivo per il tipo di illecito contestato.

Sul versante della giustizia ordinaria, Ciro Santoriello – che è il P.M. cui è affidata l’indagine “Prisma” relativa alle plusvalenze in cui hanno avuto largo impiego le intercettazioni  –  è diventato  “vittima” proprio della registrazione di un’intervista resa a margine di un convegno del 2019 in cui il magistrato parlava del calcio e delle sue storture bilancistiche. In quella occasione, Santoriello affermò di essere tifosissimo del Napoli aggiungendo che da Pubblico Ministero era contrario ai ladrocini e perciò  antijuventino e di odiare la squadra bianconera. Vabbè…una boutade tra il serio ed il faceto, che appena è riemersa è stata rapidamente strumentalizzata dai trasformisti della informazione decontestualizzandole.

Ciro Santoriello, però, è un P.M. di grande spessore ed esperienza e quelle frasi avrebbe, forse, dovuto evitarsele a prescindere dal fatto che venivano pronunciate dialogando con un avvocato tifoso interista e dalla indisponibilità di una sfera di cristallo in cui leggere che – anni dopo – avrebbe indagato il top management della Juve per falsità nei bilanci. Oggi, una battuta infelice gli si ritorce contro appannando l’immagine di chi, sebbene parte processuale e non giudice, dovrebbe apparire in qualche misura super partes e la cui professionalità deve risultare immune dal sospetto che possa esservi differenza tra un’indagine puntigliosa e l’accanimento.

Senza strepito mediatico, però, in questi ultimi giorni è successo di molto ma molto peggio: abbiamo un avvocato di Roma in ospedale dal 31 di gennaio per essere operato  per un cancro in metastasi, non per farsi la blefaroplastica e sembrare più carino, e abbiamo un’udienza a Genova cui l’avvocato avrebbe dovuto partecipare se non fosse stato ancora ricoverato, in convalescenza per quella sciocchezzuola.

L’avvocato fa spedire ad un Collega amico e fidato il certificato del reparto di chirurgia, affinchè chieda un rinvio per legittimo impedimento, pur senza inviare  una preventiva istanza (comprensibile in quello stato con cui si affronta un cimento simile) ma l‘operazione, la patologia ed il resto, erano sul certificato.

Il Tribunale rigetta la richiesta e procede a sentire dei testimoni con la partecipazione di un avvocato che  poco o nulla sa della causa e – bontà sua – rinvia per la discussione.

Secondo questo sensibilissimo giudicante l’avvocato avrebbe dovuto segnalare il problema  due settimane prima, per  fare le contro-citazioni ed evitare ai testi l’incomodo di presentarsi in tribunale: magari venivano dalla parte opposta della città, forse addirittura da Camogli. Tutto  questo anche se dell’operazione si era avuta certezza nemmeno dieci giorni prima.

Eh! ma erano venuti i testi… e per il tribunale (le minuscole sono tutte volute), un cancro metastatizzato, da solo non basta, nemmeno se documentato. Vergogna, ammesso che sia un turbamento possibile per certi soggetti.

Di fronte ad esempi  come questi – e la rubrica ne offre più di quanti vorrebbe e meno di quanti potrebbe – si affievolisce la speranza di avere un giudice equanime e distaccato, al di sopra delle parti, sensibile solo alla delicatezza del ministero che gli è affidato e sereno di fronte al tormento del giudizio mentre il popolo italiano, quello nel cui nome viene esercitata la giustizia, assiste abbacinato solo dal fascino mediatico di chi si pone come un pubblico vendicatore.

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