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In attesa di Giustizia: anche per Giulio Regeni la giustizia può attendere

La Corte d’Assise di Roma ha impiegato sette ore di camera di consiglio per prendere una decisione per la quale bastavano sette minuti: il processo per l’omicidio di Giulio Regeni non può iniziare e ritorna nelle mani del Giudice dell’Udienza Preliminare.

Cosa è successo? C’era un handicap insuperabile circa la regolarità delle notifiche con l’avviso ai quattro imputati di fissazione della udienza preliminare, poi tenutasi nella loro assenza e nella quale è stato disposto il rinvio a giudizio.

Vero è che notificare ritualmente una citazione del Tribunale di Roma ad agenti dei servizi segreti egiziani non è impresa facilissima (ma neppure impossibile) che – infatti – non è riuscita ma la soluzione adottata dal G.U.P., senza nascondersi dietro ad eufemismi, è una bestialità tale che imporrebbe di ri- sottoporre questo magistrato all’esame di procedura penale prima di fargli mettere nuovamente piede in un’aula. E, come  vedremo, non è neppure  del tutto nuova alle cronache.

Il Giudice ha ritenuto di superare l’empasse procedurale sostenendo che “la copertura mediatica ha fatto divenire il processo un fatto notorio” dal che, pertanto, si può dedurre gli imputati fossero sicuramente a conoscenza del procedimento nei loro confronti, della data, del luogo destinati alla celebrazione, dell’Autorità che procede nei loro confronti, dei diritti che la legge italiana riserva loro: motivazione evidentemente inappropriata dal momento che la “copertura mediatica” non è tra i parametri presi in considerazione dal codice. A tacer del fatto che non si può essere sicuri che tra le letture preferite dagli 007 egiziani vi siano quotidiani e settimanali italiani, la visione dei nostri telegiornali, di Chi l’ha visto e Quarto Grado  e – aspetto non secondario – la comprensione della lingua: tanto è vero che la legge prevede che all’imputato straniero gli atti siano notificati con traduzione nella sua lingua madre.

Al peggio non c’è limite e soluzioni diverse da uno strafalcione giuridico da guinness dei primati erano praticabili ma non è il caso di ammorbare i lettori con la illustrazione in dettaglio di tecnicismi.

Dunque, bastavano davvero sette minuti per decidere: cosa avrà mai discusso la Corte per sette ore? Come salvare il collega da una figuraccia, cosa inventarsi per proseguire evitando l’immaginabile sdegno dell’opinione pubblica? Missioni impossibili entrambe anche alla luce di un precedente cui si è accennato…

Accadde ai tempi di “Mani Pulite”, ovviamente, in quella camera di tortura delle garanzie che era la Sede Giudiziaria di Milano: problema più o meno analogo, legato ad una mancata notifica a Cesare Previti, in allora Ministro della Giustizia. Il G.U.P., determinato ad andare avanti a tutti i costi, in quel caso rilevò che vi fosse una nullità ma “innocua” perché di quel processo parlavano tutti i giornali e pertanto Cesare Previti ne era sicuramente informato. Inutile dire che, oltre che essere un ossimoro, la “nullità innocua” è un concetto sconosciuto al codice.

La questione, che poteva essere subito risolta anche perché Previti, diversamente dagli egiziani, era facilmente raggiungibile da una nuova citazione valida, si trascinò per anni e per tre gradi di giudizio: Tribunale e Corte d’Appello di Milano sposarono la tesi del G.U.P. mentre la Cassazione fece (giustamente) a coriandoli le ordinanze che sostenevano la tesi della nullità innocua facendo ricominciare tutto da capo con il risultato di far maturare la prescrizione. Una prescrizione evitabile con il solo ricorso alla rinnovazione di un atto che l’ufficiale giudiziario non avrebbe avuto nessuna difficoltà a consegnare – ove tutto fosse mancato – al Corpo di Guardia del Ministero della Difesa, perdendo solo qualche settimana invece che alcuni anni.

La storia si ripete tristemente perché dalla storia (oltre che dallo studio del codice) non si è imparato nulla. Giustizia per Giulio Regeni si legge in manifesti affissi un po’ dovunque; ma anche per lui l’attesa sembra destinata a durare a  lungo:  tanto per cominciare quanto serve a far ripassare a qualcuno le facili e basilari  norme che regolano le citazioni a giudizio.

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