In attesa di Giustizia: inimicizia con Dio
E’ Natale e siamo – o dovremmo essere – tutti più buoni. Invece no: il Ministro della Giustizia, con la illustrazione della sua agenda per la riforma della giustizia ha portato Travaglio ben oltre lo sbocco di bile, alle soglie del colpo apoplettico.
Allineato perfettamente ai maitre à pensèr pentastellati, delle cui fonti di intelletto si abbevera, ha chiarito in un editoriale la sua contraria opinione con la classica formula che prevede l’odio e l’insulto mescolati al nulla: “non vogliamo credere ad un amico avvocato, secondo il quale il P.M. Carlo Nordio era simpaticamente noto negli ambienti giudiziari veneziani come el Mona. Ma sappiamo che è molto spiritoso. Infatti le sue riforme fanno scompisciare dal ridere”.
Il riferimento era non solo al tema della separazione delle carriere ma anche a quello delle intercettazioni telefoniche sul quale il Guardasigilli ha già iniziato a muoversi lamentandone l’eccessivo impiego ed, in particolare, la diffusione arbitraria e pilotata (spesso di stralci decontestualizzati e perciò insidiosamente equivoci).
Parlando di imbecilli (che è la traduzione dal veneto di “mona” o, almeno, una delle due) Il Direttore de Il Fatto Quotidiano sembra dimenticare che tra i suoi “editori” vi sono personalità dello standing di Toninelli e Bonafede e suggeritori di impiego dei banchi a rotelle, delle primule e dei monopattini per contrastare la diffusione del covid: un esemplare di ognuno dei quali andrebbe esposto in tutti i musei a perenne memento di quanto sia rischioso affidare il potere ad una combriccola di politici improvvisati e cervelli disabitati scelti su una piattaforma online.
Per fortuna, ad elevare il tono del dibattito ci ha pensato uno dei suoi più autorevoli sodali: Piercamillo Davigo.
L’ex P.M. di Mani Pulite – in maniera meno volgare ma comprensibile ha dato dell’ignorante a Carlo Nordio che farebbe uso di parole errate vaghe e strumentali – ospite di una ospitale rete televisiva ha esordito ricordando che la National Security Agency fa molte più intercettazioni delle nostre Procure e per di più non necessita nemmeno di autorizzazione dell’autorità giudiziaria.
Esempio non del tutto calzante ma andiamo oltre: ha in seguito sostenuto che il segreto investigativo tutela le indagini ma non la reputazione degli intercettati. Bene ma non benissimo perché se è vera la prima affermazione la seconda non può costituirne un corollario: in due parole, seppure un’intercettazione sia lecita perché autorizzata nel rispetto dei presupposti di legge non è conseguente il farne impiego con possibile pregiudizio della onorabilità anche di persone estranee all’indagine ovvero coinvolte ma non indagate né tantomeno ancora condannate. A tacer del fatto che ciò costituisce un reato, per quanto quasi mai genetico di avvio di accertamenti giudiziari e ancor meno di sanzioni.
Gli esempi di vittime della propalazione indebita di conversazioni captate con effetti devastanti sono innumerevoli; Nordio in un suo intervento recente in Commissione Giustizia della Camera ne ha ricordati due significativi: quello del Consigliere del Presidente della Repubblica, Loris D’Ambrosio e della Ministra Guidi che tutti ricorderanno. Secondo Davigo la loro tutela risiederebbe nella possibilità di proporre querela per diffamazione: non è neppure così per la verità e sarebbe in ogni caso come evocare la classica chiusura della stalla dopo che i buoi sono scappati.
Siano il lettori di questa rubrica a trarre le conclusioni: una potrebbe essere che se Travaglio e Davigo hanno oltrepassato il confine della crisi di nervi, forse, con le ipotesi di riforma siamo sulla buona strada; l’altra è che l’attuale Ministro della Giustizia sia colpevole di inimicizia con Dio se si è messo dialetticamente e concettualmente in conflitto con una delle divinità pagane di Mani Pulite, nume protettore di Marco Travaglio e della redazione del suo quotidiano.