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In attesa di Giustizia: la solitudine dell’avvocato

Non è più il momento per parlare di processi: agosto e le ferie giudiziarie incombono ed un’attività giudiziaria già agonizzante quando è a pieno regime tende a fermarsi quasi del tutto; e non è nemmeno il periodo ideale per discutere di riforme: grazie alla miope visione politica del Signor Tentenna (cit. Matteo Renzi) già autoproclamatosi “Avvocato degli Italiani” il Governo – e con esso la Ministra Cartabia – è in crisi.

A volersi fare due risate si potrebbe commentare l’indiscrezione secondo la quale Fofò Bonafede, indimenticato clown pentastellato assurto al soglio di Guardasigilli, intenderebbe candidarsi per arricchire con il suo sottile (molto sottile, praticamente impalpabile) sapere giuridico il Consiglio Superiore della Magistratura il cui rinnovo è imminente: operazione che, se non altro, gli garantirebbe un posticino al sole, dignitosamente retribuito, per altri quattro anni, diversamente reso più problematico da una nuova candidatura con il Movimento Polvere di Stelle alle prossime elezioni politiche.

E dire che proprio lui, inflessibile fustigatore di ogni malcostume nostrano e censore autorevole dei cacciatori di poltrone era stato autore di una (spernacchiata) proposta di legge che prevedeva il divieto tassativo per parlamentari e membri di governo di accedere a Palazzo dei Marescialli: una sorta di cortocircuito che, in fondo, non deve stupire considerate le recenti  prodezze del suo ondivago mentore e  leader politico.

Questa settimana in verità non c’è proprio nulla da ridere, soprattutto se si annota che la notizia che ha maggiormente interessato la cronaca giudiziaria sembra essere quella del suicidio di un avvocato, gettatosi nel vuoto da una finestra del Tribunale di Milano.

Un fatto drammatico, una scelta, per l’uomo, anche emblematica quella di togliersi la vita nel luogo che avrebbe dovuto garantirgli lavoro e sopravvivenza: un uomo che ha lasciato un biglietto tratteggiando in poche righe la sua disperazione per problemi economici e famigliari ed avrebbe meritato un rispettoso silenzio.

Invece no, i cronisti si sono affannati in una ignobile gara a chi scopriva per primo quali fossero i trascorsi professionali di questo sventurato, la sua storia, i suoi problemi buttandoli tutto in pasto a morbosi lettori con aggiornamenti continui delle testate on line. E ancora se ne parla a giorni di distanza.

Chiedere rispetto per una morte così tragica non sembra eccessivo: se proprio si voleva approfondire l’argomento perché non si è pensato alla solitudine di quest’uomo che non ha saputo trovare conforto ed aiuto in alcun affetto e che probabilmente ha sofferto senza nemmeno la consapevolezza di soffrire per la mancanza di condivisione dei suoi affanni. Che sono quelli di molti avvocati, sempre costretti a confrontarsi – oltre che con le preoccupazioni personali, sovente messe in secondo piano – con le miserie, le ansie, i dolori grandi e piccoli dei propri assistiti, osservando la regola del segreto e così introiettando, in perfetta solitudine, una massa di negatività che difficilmente viene metabolizzata ma sedimenta nell’animo.

Qui, su queste colonne non ci sarà dunque alcuno spazio se non per quella pietas che non richiede commenti ed una critica asperrima verso coloro che non la sanno praticare in nome dell’attrattività che solo il gossip sa generare e con essa un maggior numero di copie vendute.

A quei cronisti possiamo solo suggerire di non riflettere su queste considerazioni, se mai le leggeranno,  evitando di guardarsi dentro se hanno paura del vuoto.

Ti sia lieve la terra, infelice Collega.

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