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In attesa di Giustizia: niente di nuovo sul fronte occidentale

Le settimane passano, progetti di riforma e disegni di legge si susseguono ma nonostante i buoni propositi,  il settore della Giustizia non sembra risentirne in meglio.

Siano sufficienti, come al solito, un paio di esempi scelti  tra gli ultimi che si potrebbero fare.

Accade innanzitutto – o, forse, sarebbe meglio dire “accadde qualche tempo fa” – a Potenza, in un processo per omicidio ed altri gravi reati, che prima ancora di prendere la parola il difensore si sentisse raccomandare dal Presidente della Corte di Assise di Appello  di non superare la mezz’ora per illustrare le sue ragioni.

Ebbene: la legge prevede che il Presidente diriga la discussione, impedisca ogni divagazione, ripetizione o interruzione ed è prevista a pena di nullità l’osservanza delle disposizioni concernenti l’intervento dell’imputato ed il diritto di difesa.

L’ammonimento, però, in questo caso è stato preventivo e viene, allora, da domandarsi: quale divagazione o quale ripetizione può esservi stata se il difensore non ha neppure aperto bocca? Per non parlare delle interruzioni: queste sì vi sono state ma da parte del Giudice che ad un certo punto ha fatto rilevare che si era già sforato il termine di oltre cinque minuti, anzi quasi dieci e, fatto partire il cronometro, ha intimato di arrivare alle conclusioni in sessanta secondi.

Sentenza poi confermata, ed impugnata con ricorso per Cassazione eccependo – tra gli altri motivi – anche  la violazione del diritto di difesa per l’arbitraria limitazione temporale del suo esercizio. Risultato: rigetto del ricorso ed anche di ciò non vi è da stupirsi se i lettori ricordano quanto trattato su queste colonne poche settimane fa circa il funzionamento della Corte. Siamo ai giorni nostri: è stata da poco depositata la motivazione e l’avvocato zittito sta passando la parola alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Nel frattempo, proprio la Suprema Corte di Cassazione, garante ultimo del rispetto delle regole processuali e della interpretazione della legge, è stata “decapitata” dal Consiglio di Stato che ha annullato le nomine del Primo Presidente e del Presidente Aggiunto perché il C.S.M. non aveva rispettato parametri di valutazione dei candidati previsti da sue stesse circolari interne; per addivenire a questa decisione ci sono voluti un paio d’anni durante i quali abbiamo avuto ai vertici della Magistratura due giudici che probabilmente sono ottime persone ma non avevano i titoli per occupare quei posti.

Ci sarebbero anche altre questioncelle: da quelle legate allo stipendio di circa 8.000€ netti al mese percepito per un ruolo che non poteva essere ricoperto, alla necessità di ricominciare le procedure di valutazione da parte del Consiglio Superiore lasciando – nel frattempo – la Cassazione senza vertici.  Tanto per non farsi mancare nulla, proprio il relatore ed estensore della sentenza era stato promosso alle funzioni di Giudice del Consiglio di Stato da una commissione di cui faceva parte il magistrato oggi vincitore del ricorso. Anche se non obbligatoria, la scelta di astenersi sarebbe stata più prudente e di buon gusto.

Intanto, tra due settimane si inaugurerà l’Anno Giudiziario e siccome è il Primo Presidente della Cassazione a tenere il discorso di apertura, chi andrà al suo posto? Qualcuno che non lo è: un Facente Funzioni o un Presidente delegittimato? E questo in fin dei conti è il minore del problemi; viene, piuttosto, da chiedersi   cosa ci aspetta nel 2022: sarà due volte Natale e festa tutto l’anno come cantava Lucio Dalla?

Difficile a credersi se questi sono gli auspici dei primi di gennaio e piuttosto che a Lucio Dalla sembra più ragionevole richiamarsi a Remarque: nulla di nuovo sul fronte occidentale con l’aggravante della pandemia.   L’attesa di Giustizia è destinata a durare ancora a lungo.

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