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In attesa di Giustizia: profondo rosso

Ne abbiamo appena parlato ma, sfortunatamente, si deve tornare in argomento: nulla è cambiato a dispetto di promesse e proclami e l’amministrazione della Giustizia si avvia al tracollo finale, sopraffatta anch’essa dalla seconda  ed ampiamente prevista ondata di contagi.

I rimedi e gli interventi annunciati – e non solo nel settore di cui si occupa questa rubrica – quando ci sono  (e non è scontato) nel migliore dei casi sono tardivi e nel peggiore raffazzonati se non entrambe le cose come a proposito della estensione del metodo di celebrazione del processo a distanza la cui disciplina è stata inserita nei decreti “ristori” con una tecnica legislativa bizzarra per la assoluta disomogeneità degli argomenti.

Questa non è, peraltro, una novità assoluta né un primato dell’attuale maggioranza di Governo: anni fa venne modificato il Testo Unico sugli Stupefacenti con un decreto legislativo che conteneva disposizioni sulla celebrazione delle Olimpiadi Invernali di Torino: c’è voluto un po’ ma quella modifica è stata sbriciolata dalla Corte Costituzionale per eccesso di delega creando, tuttavia, una serie di problemi non indifferenti a causa delle decine di migliaia di processi per droga celebrati, nel frattempo e per anni, con una “legge illegale”.

Nessuno, allora, ebbe la decenza di ammettere – scusandosi in qualche modo – la commissione di un errore pacchiano per il c.d. “legislatore”: ma da sempre, quando si tratta di riconoscere i propri  errori, la nostra classe politica ha un comportamento simile (per chi lo ricorda…) a quello di Fonzie di Happy days a cui si attorcigliava la lingua proprio in quel momento cruciale.

Ogni tanto viene anche da chiedersi se – con qualche lodevole eccezione – gli accademici assurti ai sogli della politica nazionale non abbiano conseguito i propri titoli con un concorso in cui sono richiesti i punti fragola dell’Esselunga.

A tacere della tecnica e della topografia normativa, ritornando in maniera più mirata alla soluzione, accettabile a talune condizioni, di celebrare i processi a distanza è appena il caso di dire che ci sono sedi giudiziarie che la primavera scorsa non avevano gli strumenti tecnologici necessari e che non li hanno tutt’ora e non parliamo di scienza missilistica: con buona pace della criticità data dal dover far spostare avvocati, testimoni, periti ed imputati anche da una regione rossa ad un’altra. I rinvii delle udienze sono la conseguenza scontata.

L’On. Bonafede, che al Ministero della Giustizia occupa la scrivania che fu di di Zanardelli, Rocco, Vassalli e Conso (per citarne alcuni che si rivoltano nella tomba), qualche settimana fa aveva annunciato trionfalmente la distribuzione in corso di migliaia e migliaia di computer nuovi che avrebbero consentito a cancellieri e funzionari amministrativi di lavorare da casa con aumento della produttività e riduzione del rischio di contagio.

Interpellato in proposito un Dirigente del Tribunale Penale di Milano ha così risposto: “se crede anche a Babbo Natale, visto il periodo, gli scriva la letterina e veda se, almeno per me, un computer per il collegamento da remoto me lo fa avere…”.

Processi rinviati, Tribunali senza connessione, personale amministrativo a casa a non lavorare, incolpevolmente… cancellerie semi deserte, il vuoto delle aule affidato all’isolato passaggio di un Carabiniere a guardia del nulla: è l’immagine del lock down di una Giustizia in profondo rosso ma, lo può ben spiegare Rocco Casalino – memore dell’esperienza del confessionale del Grande Fratello – anche la solitudine può essere un momento di beatitudine.

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