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In attesa di Giustizia: scandalo a Brescia

Una cronaca giudiziaria miope e impreparata, se non in mala fede nella spasmodica ricerca della notizia che incrementi ascolti e vendite, ha gridato allo scandalo a causa di una sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise di Brescia con la quale è stato prosciolto per vizio totale di mente un anziano, Antonio Gozzini, accusato dell’omicidio della moglie.

L’ossessione giustizialista di cui è preda questo paese, è stata così alimentata dopo il levarsi di molte ed indignate voci senza che nessuna si sia soffermata a considerare un dato banale: quando viene riconosciuta la incapacità di intendere e di volere si viene prosciolti, semplicemente non si è imputabili.

Da un passaggio della arringa difensiva in favore di Antonio Gozzini in cui si è alluso a una forma di gelosia delirante è stato fantasiosamente distillato il concetto che l’uomo sia stato assolto perché la gelosia è considerata una scriminante e la decisione della Corte bresciana è stata tacciata di un arretramento plurisecolare della giurisprudenza determinando la sgomentata reazione del quarto potere al cospetto dell’ennesimo femminicidio impunito: questa volta a causa di giudici che riportano la loro decisione a una tradizione giuridica simile a quella vigente tra i boscimani che condannava la donna ad una posizione subordinata, prossima alla schiavitù.

Tutto ciò, si badi bene, senza che siano state depositate le motivazioni della sentenza: e per evitare questo starnazzante disaccordo sarebbe stato – viceversa – sufficiente fare governo di semplice buon senso.

Buon senso con cui considerare che è impossibile una persona possa essere stata assolta semplicemente perché ha un delirio di gelosia…salvo che non sia lo stesso giudice meritevole di un accertamento psichiatrico.

Una sentenza di quella natura, infatti, è ovvio che sia stata preceduta da una perizia psichiatrica che ha accertato la incapacità di intendere e di volere dell’imputato, qualunque fosse la natura della patologia. Almeno questo un cronista giudiziario dovrebbe saperlo: ma se ignora basilari fondamenti del processo penale non è del tutto ingiustificata la reazione del cittadino che legge i giornali. In effetti, ci sarebbe da indignarsi ma non per quello che si è verificato, piuttosto per come è stato raccontato.

Si tratta di un problema ormai incistato del nostro sistema: il rapporto tra processo e mass media, la assoluta approssimazione con cui vengono trattate le vicende processuali; e va a finire che non solo note influencers finiscono ingannate intervenendo a sproposito (e la domanda è: perché intervengono, a prescindere?) ma anche il giurista cui è affidata la Guardiania dei Sigilli della Repubblica cade vittima di una informazione largamente imperfetta. Rincorrendo gli umori dell’opinione pubblica (dato a cui siamo ormai rassegnati), l’Onorevole Bonafede preannuncia che manderà gli Ispettori a Brescia…ma perché, perché? In fondo lui è il Ministro della Giustizia, è un avvocato: è, forse, chiedere troppo che prima rifletta sul fatto che – alla base di quella sentenza – potrebbe esservi anche un problema di genetica molecolare, scienza che studia l’influenza del profilo genetico sul comportamento degli individui, di relazione tra sintomi psicopatologici ed alterazioni della attività cerebrale?

Sì, questo sarebbe chiedere troppo ad Alfonso Bonafede ma non lo è che – prima di parlare, di prendere iniziative – si procuri se non la motivazione della sentenza (che ancora non è depositata) una copia della perizia psichiatrica: di questa, come di tutte, per comprendere contenuto e valutazione finale si può tranquillamente saltare tutta la parte illustrativa molto tecnica – destinata ai periti di parte – e passare direttamente a quella con scritto in grassetto  “Conclusioni” che sono sinteticamente redatte a prova di cretino. Dunque, vanno benissimo.

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