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In attesa di Giustizia: si salvi chi puo’…nessuno!

Grottesca, inquietante, inaccettabile, la vicenda che ha riguardato un imputato in attesa di giudizio a Milano, emersa per caso come spesso accade a quelle che riguardano “gli ultimi” anzi, gli ultimi degli ultimi il cui destino giudiziario non interessa seriamente a nessuno. Questa volta neppure al suo avvocato che – come si ripete spesso in questa rubrica – dovrebbe essere il custode delle garanzie processuali e il tutore della libertà personale dei propri assistiti, fino a quando non debba essere necessariamente e giustificatamente sacrificata.

Arrestato e condannato a quindici mesi di reclusione, il protagonista della nostra storia viene rimesso in libertà dal Tribunale non rilevandosi esigenze che impongano il permanere della custodia in carcere sino a sentenza definitiva di condanna.

Il difensore, peraltro, fraintende il senso del provvedimento liberatorio e invita il proprio assistito a recarsi subito dai Carabinieri di Rozzano (dove aveva la residenza) per comunicare che era stato posto agli arresti domiciliari.

Presentatosi alla caserma di Rozzano, neppure il militare di servizio legge con attenzione il documento che gli viene mostrato e redige il verbale di sottoposizione agli arresti domiciliari, certificando che da quel momento competevano al Comando Stazione i controlli per il rispetto dei regime di prigionia in casa.

Per una persona che vive da sola, gli arresti domiciliari presentano il problema legato alla possibilità di attendere ad ordinarie ed inderogabili occupazioni come farsi la spesa piuttosto che recarsi in farmacia o dal medico: niente paura, ci pensa l’avvocato…che non ha capito nulla e presenta un’istanza al Tribunale volta ad ottenere l’autorizzazione ad assentarsi due ore al giorno dal luogo di arresto per provvedere alle proprie esigenze di vita. E gli errori, incomprensibili aumentano ma non finiscono qui.

L’istanza, come tutte, passa al visto del Pubblico Ministero che non si accorge che riguarda una persona che dovrebbe essere libera e formula il suo parere.

Poi è il turno del Tribunale: siamo nel periodo feriale, in agosto, e la richiesta viene assegnata ad un Giudice diverso da quello che aveva disposto la liberazione e…nemmeno lui si accorge di nulla e autorizza l’imputato ad uscire di casa per le indispensabili incombenze. Cosa che lo sventurato fa ma sbagliando in due occasioni l’orario: i Carabinieri se ne avvedono e lo denunciano anche per evasione.

L’uomo, che non è uomo di legge ma non del tutto stupido, rileggendo le carte del suo processo di cui dispone legittimamente, inizia a nutrire qualche sospetto e interpella un nuovo avvocato che, finalmente interviene nella maniera corretta ed interrompe la catena di errori (o orrori che dir si voglia) ottenendo che sia riconosciuta l’ovvia – ma non per tutti – circostanza che l’imputato doveva essere libero in attesa di giudizio di appello.

La Giustizia si è fatta un po’ attendere ma alla fine – si fa per dire – ha trionfato. Quanto ci ha messo tra errori e distrazioni di uno e dell’altro? Un annetto, un anno di privazione della libertà che non doveva esserci.

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