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In attesa di Giustizia: una voce fuori dal coro

Alzi la mano chi non si aspettava, su questo numero, un articolo sulla vicenda della Sea Watch e della Capitana Rackete. Invece, no: oggi la voce di questa rubrica è assolutamente fuori dal coro e trattiamo di una vicenda che ha avuto sicuramente attenzione ma non il medesimo clamore mediatico, quella dell’inizio del processo ai vertici della Banca Popolare di Vicenza.

E’ necessaria una premessa: il Presidente del Collegio chiamato a giudicare, Lorenzo Miazzi, ha chiesto di astenersi ed è stato sostituito da altro magistrato; il nostro codice di procedura penale contiene taluni istituti – incompatibilità, astensione e ricusazione – che hanno lo scopo di assicurare l’imparzialità del  Giudice quando vi siano motivi di opportunità o veri e propri impedimenti di diversa natura a che svolga le sue funzioni in un determinato processo o nei confronti di taluni imputati.

Assai meno della tormentata navigazione della Sea Watch, ma anche questa notizia, soprattutto nella zona direttamente interessata, ha avuto clamore alimentando considerazioni di ogni tipo, risvegliando i teorici del complotto e dietrologi di ogni sorta: come spesso avviene i processi penali diventano occasione di scontro e conflitto, anche politico, in cui si contrappongono – dall’una parte e dall’altra – tesi umorali, basate su impressioni, in genere assolutamente atecniche, sovente prive di conoscenza approfondita degli atti e delle regole del processo.

Il processo penale, nonostante la abituale trasposizione in improvvisate tribune televisive non è messinscena  in cui ognuno può dare aria alla bocca esprimendo – senza fondamento – la propria opinione: il processo vive – a tutela di chi vi è sottoposto – di regole ferree e come tali da conoscere.

Dunque, o le si conosce, o forse sarebbe meglio evitare commenti e prese di posizione su singoli processi, tanto più che spesso sono in gioco beni fondamentali: la scelta meditata di un Magistrato di non occuparsi di una certa vicenda giudiziaria deve essere accolta come indice di equilibrio e correttezza senza scatenare l’arena dei tuttologi ad ipotizzare chissà quali scenari volti a preordinare una denegata giustizia.

Un ulteriore spunto critico riguarda le aspettative che i cittadini nutrono rispetto al processo in generale: quest’ultimo non ha la funzione di prevenire i crimini, tutelare le persone offese o rispondere alla fame – spesso insaziabile – di giustizia (o addirittura di vendetta) della collettività ma quello di verificare, nel rispetto di regole prestabilite, se una determinata persona abbia commesso un reato. E, in tal caso, irrogargli la pena prevista dalla legge.

Questo è il perimetro del processo ed al suo interno ci si deve muovere senza travalicarne i confini: fuori da questo perimetro vi è soltanto pericolosa propaganda politica, alimentata da prese di posizione opportunistiche e populistiche, che spesso solleticano il consenso popolare invocando processi sommari e pene esemplari, confondendo l’attesa di giustizia con ansia ed aspettativa di una condanna purchessia.

Benjamin Constant scriveva che per quanto imperfette siano le forme, esse hanno il potere di proteggere: sono le nemiche giurate della tirannide popolare o di altra specie.

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