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In attesa di Giustizia: voce dal sen fuggita

All’inizio degli anni ’90 e poco dopo la entrata in vigore del codice di procedura penale un grande penalista milanese, Corso Bovio, uomo di intelligenza fuori dal comune e dotato di uno straordinario senso dell’ironia, soleva conferire un “riconoscimento”: il Sogliolone d’Oro, di cui risultava meritevole – di volta in volta – il G.I.P. più appiattito sulle richieste del P.M..

Il G.I.P., il Giudice della Udienza Preliminare, il Tribunale, non devono e non possono essere una sorta di notaio che certifica e valida pedissequamente le richieste del P.M.: lo dice il buon senso prima ancora che la Costituzione. Tuttavia, quando accade che un giudicante si pronunci diversamente il malcontento è assicurato e in qualche caso assai evidente.

Il Procuratore Capo di Verbania, per esempio, ha commentato l’ordinanza con cui il GIP, dott.ssa Banci Buonamici, non ha convalidato il fermo di due dei tre indagati per la strage della funivia e due li ha scarcerati per mancanza di gravi indizi, disponendo gli arresti domiciliari, invece che il carcere, per il terzo.

La P.M., pur a denti stretti, ha valorizzato l’indipendenza del giudice e dunque la superfluità della separazione delle carriere che ultimamente si è tornata a reclamare a gran voce anche mediante consultazione referendaria. Ma subito dopo non ha nascosto la propria forte “delusione”, confessando che per un po’ non intende più condividere il caffè con la Collega Gip, come era solita fare.

Non può sfuggire il significato di questo moto spontaneo di risentimento: l’indipendenza del GIP, tanto magnificata poco prima contro la necessità della separazione delle carriere, viene disvelata per ciò che implicitamente significa agli occhi di quel magistrato: un atto quasi di inimicizia e comunque tale da rendere inevitabile, almeno “per un po’”, una consuetudine amicale, con buona pace di una condivisa pratica della indipendenza del giudice. Un giudice che, soprattutto in una vicenda di forte esposizione mediatica, contraddice clamorosamente l’ipotesi di accusa, si iscrive tra i “nemici” della Procura (e dunque, si lascia intendere, della Giustizia tout court). In altri termini, la regola che si confida essere rispettata è l’adesione alla ipotesi accusatoria, non fosse altro che – ci si aspettava in questo caso — per tutelare, così dichiara la P.M. Bossi, “l’enorme impegno concentrato in pochi giorni, soprattutto da parte dei Carabinieri”.

Dobbiamo esserle grati per la sua sincerità. Non poteva esserci, al contrario di quanto essa afferma, uno spot più efficace a sostegno della separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante. Appartenere allo stesso ordine, provenire dallo stesso concorso, essere partecipi della stessa associazione, frequentare gli stessi corsi di formazione, avere lo stesso organo di autogoverno, e anche per tali ragioni prendere tutti i giorni il caffè insieme, crea inesorabilmente, e giustamente, un sentimento profondo di solidarietà, di reciproco sostegno e protezione. Atti di autentica indipendenza di pensiero e di giudizio, esternati senza alcun riguardo alla loro ricaduta mediatica ed anche di carriera professionale del Collega, ben oltre Verbania, sono – nella quotidianità della esperienza giudiziaria – eccezionali e fuori da ogni regolarità statistica; ma soprattutto, assumono – in forza di tale eccezionalità – una portata così impattante devastante da legittimare addirittura reazioni di risentimento.

Nell’eterno dibattito sulla separazione delle carriere, chi la contrasta ha sempre tacciato di qualunquismo lo stigmatizzare giudici e pubblici ministeri sempre insieme al bar del Tribunale. Questa voce dal sen fuggita al Procuratore della Repubblica di Verbania rende giustizia a quella allegoria. Anche gli avvocati prendono il caffè (più raramente) o frequentano (ancora più raramente), P.M. o Giudici; ma lo fanno, possono reciprocamente farlo, con un sentimento certo, sereno ed immodificabile di chi fa mestieri irriducibilmente diversi, quando non contrapposti. L’auspicio è che così prima o poi accada anche tra Giudici e PM, appartenendo ad ordini diversi e separati.

Ci sarebbero meno assembramenti alla macchinetta del caffè (che, di questi tempi, costituirebbe un ulteriore vantaggio), e tanti processi giusti in più.

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