Chi approfitta e chi perde cosa da un accordo?
Quando si dice che si è d’accordo su qualcosa in linea di principio,
significa che non si ha la minima intenzione di metterla in pratica.
Otto von Bismarck
Il 4 settembre scorso, nell’ufficio ovale del presidente degli Stati Uniti d’America a Washington D.C., ha avuto luogo un incontro tra i massimi rappresentanti della Serbia e del Kosovo. Erano presenti l’anfitrione, presidente Trump, il presidente della Serbia e il primo ministro del Kosovo. Erano presenti anche le tre delegazioni rispettive. Un vertice a tre, rimandato però per due volte. Inizialmente era stato previsto per il 27 giugno scorso. Ma prima della partenza per Washington la delegazione del Kosovo ha annunciato che non poteva partecipare più al previsto vertice. La mancata partenza era dovuta al rilascio, il 24 giungo 2020, di un comunicato dell’Ufficio del Procuratore Speciale per il Kosovo. Con quel comunicato si rendeva noto che il Procuratore Speciale aveva presentato dieci capi d’accusa presso le Camere Speciali del Kosovo contro il presidente della Repubblica del Kosovo. Proprio lui che doveva dirigere la delegazione. Poi, in seguito, il vertice a tre a Washington è stato previsto per il 2 settembre scorso. Ma anche quella volta è stato rimandato, per poi essere stato realizzato finalmente, due giorni dopo, il 4 settembre. La persona incaricata dal presidente statunitense per organizzare l’incontro e per preparare il contenuto del previsto accordo aveva, dall’inizio, ribadito che si trattava di un accordo con obiettivi economici. Mentre per quelli politici le delegazioni della Serbia e del Kosovo dovevano negoziare con i rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea.
Nel frattempo i massimi rappresentanti dell’Unione europea non hanno visto di buon occhio lo spostamento a Washington dei negoziati tra la Serbia ed il Kosovo. Ragion per cui, subito dopo il fallimento del vertice a tre del 27 giugno 2020, il presidente francese ha proposto un vertice in videoconferenza. Il 12 luglio scorso da Parigi, lui e la cancelliera tedesca hanno dialogato con il presidente serbo, il primo ministro kosovaro e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza. Un dialogo considerato positivo dagli organizzatori. Per l’occasione il rappresentante dell’Unione europea per il dialogo tra la Serbia ed il Kosovo ha espresso la sua soddisfazione perché, secondo lui, finalmente il dialogo tra la Serbia ed il Kosovo, con la diretta mediazione degli alti rappresentanti dell’Unione europea per la normalizzazione dei rapporti, “è ritornato, dopo 20 mesi, nella giusta via”.
Dopo il sopracitato vertice in videoconferenza le parti hanno ribadito le loro richieste. Il primo ministro del Kosovo ha annunciato le sue cinque. La più importante delle quali era che l’Accordo integrale della Pace tra il Kosovo e la Serbia “doveva portare ad un riconoscimento reciproco” tra i due paesi. Perché per il momento la Serbia considera il Kosovo come una sua regione, parte integrante del suo territorio. Invece il presidente della Serbia, riferendosi al contenuto sostanziale delle richieste del Kosovo, ha dichairato che “… se quello è il perno di tutto ciò che essi [la delegazione del Kosovo] vogliono discutere, allora tutto diventa completamente insensato”.
Il processo di mediazione di un accordo tra la Serbia ed il Kosovo è cominciato a Rambouillet, in Francia, nel lontano febbraio del 1999. Il testo con il contenuto dell’accordo presentato alle parti, che prevedeva un’autonomia sostanziale per il Kosovo, nonché le modalità della presenza dei rappresentanti internazionali, civili e militari ecc., era preparato dagli esperti della NATO (l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord). Dopo tanti, continui e difficili negoziati non si è raggiunto però un accordo. Il 18 marzo 1999 le delegazioni del Kosovo, degli Stati Uniti d’America e del Regno Unito hanno firmato quello che viene riconosciuto come l’Accordo di Rambouillet. Mentre le delegazioni della Serbia e della Russia hanno rifiutato di farlo. Ragion per cui, in seguito, la NATO ha deciso l’intervento militare con bombardamenti aerei contro la Serbia. Il resto è ormai storia nota.
Negli anni dopo quell’intervento militare, i negoziati tra i due paesi hanno continuato, sempre con le stesse e insuperabili difficoltà. Nel novembre 2005 ha avuto inizio quello che diventerà il processo per l’indipendenza del Kosovo, nell’ambito di quella che è stata riconosciuta come la Conferenza di Vienna. Dopo una serie di incontri tra le parti, il 2 febbraio 2007 il rappresentante internazionale ha presentato le sue proposte per portare ad un accordo. Quel rappresentante era un noto diplomatico e politico finlandese. Egli è stato presidente della Finlandia dal 1994 al 2000 e anche sottosegretario dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Per il suo continuo e apprezzato impegno per la pace nel mondo, a lui, Martti Ahtisaari, è stato assegnato il premio Nobel per la pace 2008. La Serbia, come sempre, ha rifiutato il riconoscimento del Kosovo come Stato indipendente. Mentre il Kosovo, con il deciso sostegno di tutti i paesi del G7 e di molti altri in seguito, ha dichiarato la sua indipendenza il 17 febbraio 2008.
Un terzo processo di dialoghi tra la Serbia ed il Kosovo, per raggiungere un accordo di pace, è ricominciato nel 2011, con la mediazione dei massimi rappresentanti dell’Unione europea. Si tratta di un processo che continua tutto’ora e che, come sopracitato, è ricominciato il 12 luglio scorso, dopo venti mesi di pausa. Si tratta, però, di un processo che ha avuto degli alti e bassi e che ha rischiato di portare non solo ad un fallimento, ma anche a degli accordi che potevano mettere a repentaglio la sicurezza e la stabilità nei Balcani. Perché, come è stato reso pubblico durante gli ultimi anni, si poteva arrivare, con un consenso non solo dei massimi rappresentanti della Serbia e del Kosovo, ma anche dell’attuale primo ministro albanese, ad un pericoloso processo della ridistribuzione di determinati territori confinanti, a vantaggio della Serbia. Un simile progetto ha visto come un attivo promotore anche l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza dal 2014 al 2019. Durante questo periodo tra la Serbia e il Kosovo sono stati raggiunti degli accordi particolari, che mai sono stati però attuati in seguito. Ragion per cui, la mediazione dell’Unione europea è stata considerata come un fallimento da molti analisti e opinionisti internazionali.
Una situazione quella che ha fatto “scendere in campo” gli Stati Uniti d’America. Ovviamente ci sono anche dei motivi non pubblicamente dichiarati che hanno portato ad una simile decisione. Motivi che, secondo gli analisti, hanno a che fare con l’aumento della presenza russa e cinese nei Balcani. Ma anche motivi che avrebbero a che fare, forse, anche con la campagna in corso per le elezioni presidenziali del prossimo novembre. Sui reali motivi e sui primi e attesi risultati del vertice del 4 settembre scorso a Washington D.C., tra i massimi rappresentanti della Serbia e del Kosovo, alla presenza del presidente statunitense, le opinioni sono diverse e spesso anche ben differenti. Comunque sia, la discesa in campo degli Stati Uniti darà un nuovo impulso dei negoziati e della soluzione finale del problema spinoso tra la Serbia e il Kosovo. Come è stato anche nel 1999 e poi, nel 2007 – 2008. Il primo risultato, comunque, è stato la ripresa dei negoziati con la mediazione dell’Unione europea. Tutto rimane, però, da vedere.
Chi scrive queste righe pensa che quando si tratta di un accordo non ci sono mai né vincitori e né vinti. Altrimenti non si tratterebbe di un accordo, ma bensì di un diktat. Egli auspica che quanto scriveva Bismark, su un accordo in linea di principio, non sia vero sempre. Perché se no, ci si chiederebbe chi approfitta e chi perde cosa dall’accordo del 4 settembre scorso a Washington?