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  • Leonardo e Rheinmetall produrranno strumenti militari insieme

    Al via la joint venture tra Leonardo e Rheinmetall con l’obiettivo di formare un nuovo nucleo europeo per lo sviluppo e la produzione di veicoli militari da combattimento in Europa. Le due società saranno azionisti paritari (50% ciascuno) della nuova società Leonardo Rheinmetall Military Vehicles (Lrmv), che avrà sede legale a Roma e sede operativa a La Spezia. Il perfezionamento degli accordi e la costituzione della società, attese entro il primo trimestre 2025, sono soggetti alle usuali autorizzazioni regolamentari per operazioni di questa natura. Obiettivo primario della joint venture è lo sviluppo industriale e la successiva commercializzazione del nuovo Main Battle Tank italiano e della nuova piattaforma Lynx per il programma Armored Infantry Combat System nell’ambito del programma per i sistemi terrestri dell’Esercito Italiano. È previsto anche lo sviluppo e la produzione di altri veicoli di questa famiglia, come veicoli da recupero, da ingegneria e da posaponti. Entrambi i partner si aspettano inoltre che i loro prodotti congiunti offrano ampie opportunità di vendita sui mercati internazionali. Il Panther KF51 sviluppato da Rheinmetall costituirà la base per il nuovo carro armato che sostituirà l’Ariete nell’esercito italiano.

    Il programma italiano dell’Armored Infantry Combat System prevede l’acquisizione futura di oltre 1.000 sistemi di combattimento corazzati in 16 varianti. Oltre al classico veicolo da combattimento di fanteria, ci saranno versioni antiaeree (Skyranger), da ricognizione e anticarro. Tutti i modelli avranno un design modulare e il veicolo da combattimento di fanteria Rheinmetall Lynx costituirà la base tecnologica. “Un passo significativo verso la creazione di un sistema della difesa europeo basato su piattaforme specializzate condivise. Rheinmetall e Leonardo puntano a sviluppare tecnologie all’avanguardia in grado di competere a livello internazionale”, ha detto Roberto Cingolani, amministratore delegato di Leonardo. Per Cingolani si tratta di uno degli accordi “più importanti mai siglati da Leonardo nella sua storia recente”. La discussione con Rheinmetall “è stata molto chiara sin dall’inizio e l’obiettivo dell’accordo è creare la prossima generazione di macchine digitalizzate per la difesa terrestre. Abbiamo tecnologie complementari, prospettive di mercato molto buone” e questo accordo “apre le porte ad un’esportazione massiccia”, ha precisato.

    La joint venture tra Leonardo e Rheinmetall – ha specificato – “vedrà il 50 per cento detenuto da Leonardo, il dieci per cento dalla divisione italiana di Rheinmetall e il 40 per cento da Rheinmetall non Italy. Sarà una vera joint venture. La governance sarà molto semplice, superleggera”. L’amministratore delegato di Leonardo ha spiegato che la joint venture inizia ufficialmente con la firma di oggi “dato che c’è un lavoro di natura tecnica che va portato avanti molto rapidamente. Nei prossimi mesi verificheremo le questioni più politiche, relative anche all’Antitrust, e quindi la nostra previsione è che, entro il primo trimestre del 2025, tutta questa parte sarà chiusa”. “L’iniziativa – ha sottolineato – ha un significato profondo, perché è la prima grande iniziativa al livello europeo, forse la più grande nella storia di Leonardo, in cui si crea una struttura societarie di questo tipo, una joint venture tra due colossi che pone le basi per il sistema europeo della difesa”. Cingolani ha specificato che la joint venture “parte con vari programmi, il principale dei quali riguarda il rinnovo della flotta delle macchine di terra dell’esercito italiano. Nei prossimi anni ci sono investimenti superiori ai 20 miliardi per rinnovare i sistemi di trasporto di fanteria con macchine multifunzionali, in un momento in cui la guerra è alle porte”.

    “All’inizio del mio mandato – ha aggiunto – mi sono esposto dicendo che sarebbe stato molto importante iniziare a pensare a uno spazio europeo della difesa. Forse i finanziamenti non sono ancora quelli necessari, ma c’è la consapevolezza che questo è ormai per noi un dovere come continente. Dobbiamo ragionare in maniera continentale e non nazionale, e speriamo, con queste iniziative, di portarci dietro altri colleghi. Accordarsi, allearsi, rende l’Europa più sicura”. Per quanto riguarda la governance della joint venture, l’amministratore delegato e il presidente “saranno a rotazione, proprio perché vogliamo fare una cosa estremamente equa e sostenibile, basata sulla collaborazione e non sui rapporti di forza. C’è una rosa di nomi, ma c’è un piccolo lavoro da fare, parliamo di 2-3 settimane. Ogni tre anni si ruota, proprio per far capire che stiamo creando una cosa che è geneticamente mischiata e non semplicemente la somma di due aziende che poi fanno una competizione al loro interno. È anche un cambio culturale”, ha concluso Cingolani. “Stiamo creando un nuovo peso massimo nella produzione europea di carri”, ha dichiarato Armin Papperger, Ad di Rheinmetall. “Leonardo e Rheinmetall, due principali fornitori europei di tecnologie per la difesa, uniscono le forze per realizzare progetti ambiziosi. Ci rivolgiamo, in prima istanza, al mercato italiano, ma ci rivolgeremo anche ad altri paesi partner che in futuro avranno bisogno di modernizzare i loro sistemi di combattimento. Rheinmetall possiede le tecnologie perfette per le esigenze dell’Italia”, ha evidenziato. Gli italiani saranno “i primi clienti” della joint venture ma “ci saranno presto altri clienti, sono molto positivo”, ha precisato Papperger.

  • L’Egitto invia consiglieri militari al governo della Somalia

    Prende corpo l’accordo di cooperazione militare siglato ad agosto dai governi di Somalia ed Egitto per l’invio a Mogadiscio di 10mila unità egiziane, da destinare per metà a iniziative bilaterali di difesa, per l’altra alla nuova Missione di supporto e stabilizzazione dell’Unione africana in Somalia (Aussom), che dal primo gennaio 2025 subentrerà alla Missione di transizione dell’Ua in Somalia (Atmis). Secondo quanto scrive il quotidiano “Somali Guardian”, consiglieri militari egiziani sono stati già dispiegati a sostegno di unità dell’esercito somalo presso linee di rifornimento critiche utilizzate dalle truppe etiopi in Somalia – dove sono impegnate nell’ambito della missione Atmis – per ostacolare qualsiasi ulteriore schieramento di truppe prima del loro ritiro, previsto entro il 31 dicembre. L’invio dei primi consiglieri, dunque, anticipa l’imminente arrivo a Mogadiscio del primo contingente vero e proprio che l’Egitto dovrà dispiegare a Mogadiscio entro la scadenza del 31 dicembre. Gli ultimi sviluppi sono destinati ad acuire ulteriormente le tensioni con l’Etiopia, le cui relazioni con il governo di Mogadiscio sono ai ferri corti per via del controverso memorandum d’intesa siglato lo scorso primo gennaio tra le autorità di Addis Abeba e quelle dell’autoproclamata Repubblica del Somaliland.

    L’invio dei militari egiziani in Somalia è stato approvato di recente dal governo somalo e sancito ufficialmente in occasione della recente visita ad Asmara del presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud, che ha partecipato ad un vertice trilaterale con gli omologhi di Egitto ed Eritrea, rispettivamente Abdel Fattah al Sisi e Isaias Afwerki. In quell’occasione, i tre leader hanno inoltre stabilito la nascita di un’alleanza strategica che appare tesa ad arginare l’espansionismo etiope nel Mar Rosso. Nella dichiarazione congiunta diffusa al termine della riunione di Asmara, le tre parti hanno sottolineato “la necessità di rispettare assolutamente la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale dei Paesi della regione e di contrastare le interferenze nei loro affari interni con qualsiasi pretesto o giustificazione”, oltre che di “aderire ai principi e ai pilastri fondamentali del diritto internazionale come base indispensabile per la stabilità e la cooperazione regionale”. Al centro dell’attenzione la sicurezza nel mar Rosso e nello Stretto di Bab el Mandeb, riconosciuto quale “corridoio marittimo vitale”: nel documento i leader hanno “accolto con favore gli sforzi compiuti dall’Eritrea e dall’Egitto per sostenere la stabilità in Somalia e rafforzare le capacità del governo federale somalo”, e hanno espresso parere positivo sull’offerta dell’Egitto “di contribuire con truppe nel quadro degli sforzi di mantenimento della pace in Somalia”.

    I colloqui tra Egitto ed Eritrea sono poi proseguiti in seguito alla visita a sorpresa effettuata ad Asmara dal capo dell’intelligence egiziana Kamal Abbas, molto vicino al presidente Abdel Fattah al Sisi ed accompagnato dal ministro degli Esteri Badr Abdelatty. Gli alti funzionari egiziani, riferisce un comunicato, “hanno anche ascoltato le opinioni del presidente Afwerki sugli sviluppi nel Mar Rosso in merito all’importanza di trovare le circostanze giuste per ripristinare la normale navigazione marittima e il commercio internazionale attraverso lo stretto di Bab el Mandeb”, che collega il Mar Rosso al Mar Arabico. Insieme, i territori di Egitto ed Eritrea coprono circa 5 mila chilometri di costa del Mar Rosso, comprese le coste egiziane dei golfi di Suez e Aqaba, nonché 355 isole sotto la sovranità eritrea. L’Egitto controlla le zone settentrionali del Mar Rosso, compreso il canale di Suez che collega al Mediterraneo, mentre l’Eritrea si trova vicino allo strategico stretto di Bab el Mandeb.

    Al centro delle tensioni tra Somalia ed Etiopia c’è la firma del controverso memorandum d’intesa siglato lo scorso primo gennaio tra il governo etiope e le autorità dell’autoproclamata Repubblica del Somaliland, in base al quale Addis Abeba otterrebbe un accesso al Mar Rosso tramite il porto di Berbera, in cambio del riconoscimento dell’indipendenza dello Stato separatista. Il memorandum, come prevedibile, non è stato riconosciuto dalla Somalia, che lo considera una minaccia alla propria sovranità territoriale. Le tensioni tra Mogadiscio e Addis Abeba sono cresciute nelle ultime settimane e hanno raggiunto l’apice alla fine di settembre, quando il presidente Mohamud ha accusato l’esercito etiope di aver sequestrato aeroporti strategici nella regione somala di Ghedo – dove le truppe etiopi sono schierate nell’ambito della missione Atmis – e di aver iniziato ad armare le milizie dei clan in tutto il Paese, a causa delle tensioni derivanti dal memorandum.

    In un’intervista concessa all’edizione in arabo di “Al Jazeera”, Mohamud ha denunciato che l’Etiopia ha assunto il controllo totale della regione di Ghedo, dove continua ad armare le milizie dei clan per indebolire l’autorità del governo somalo. Interrogato sul memorandum d’intesa tra Etiopia e Somaliland, Mohamud ha ribadito che Addis Abeba non mira soltanto ad ottenere un accesso al Mar Rosso ma sta cercando di annettere parti del territorio somalo. “L’Etiopia non vuole solo un porto; mira a stabilire un potere militare nel Mar Rosso, il che è completamente inaccettabile”, ha dichiarato il presidente somalo, per il quale l’Etiopia punta soprattutto a stabilire una base navale per assicurarsi il dominio marittimo della zona. Nelle scorse settimane l’Etiopia ha schierato veicoli blindati e centinaia di uomini al confine con la Somalia, in seguito con il sequestro di alcuni aeroporti chiave nella regione somala di Ghedo, tra cui quelli di Luq, Dolow e Bardere, nel tentativo di impedire il possibile trasporto aereo di truppe egiziane nella zona. La mossa è arrivata in risposta all’arrivo a Mogadiscio dei primi militari egiziani che saranno dispiegati negli Stati regionali di Hirshabelle, del Sudovest e di Galmudug, nell’ambito di un accordo di cooperazione militare siglato ad agosto dai governi di Somalia ed Egitto.

    Da tempo ai ferri corti con l’Etiopia per via del complicato dossier della Grande diga della Rinascita etiope (Gerd), già dall’inizio del 2023 l’Egitto è un attore chiave per la sicurezza in Somalia, contribuendo all’addestramento delle reclute dell’esercito somalo e alla fornitura di armi e munizioni e alla cura di soldati somali feriti negli ospedali militari egiziani. Sempre lo scorso anno, inoltre, Mogadiscio e Il Cairo hanno avviato colloqui per una più stretta cooperazione strategica, e da tempo circolano indiscrezioni di stampa – finora mai confermate – secondo cui Mogadiscio starebbe pensando di concedere all’Egitto una base militare nel centro-sud del Paese. A riavvicinare le posizioni di Egitto e Somalia, oltre alla comune minaccia etiope, è stato anche il disgelo nelle relazioni tra Il Cairo e lo storico alleato di Mogadiscio: la Turchia. Un disgelo che è stato sancito dalla recente visita effettuata ad Ankara dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi (la prima dal 2014). Una visita che ha indicato in modo chiaro e inequivocabile la rinnovata vicinanza tra i due Paesi dopo gli anni di gelo vissuti a partire dal 2013 a causa di posizioni divergenti sull’islam politico, ma anche su questioni geopolitiche regionali. Negli anni successivi al 2013, esattamente nel 2021, il disgelo fra il Qatar – principale punto di riferimento della Fratellanza musulmana – e il blocco di Paesi del Golfo formato da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrein, insieme all’Egitto, ha infatti aperto nuovi spiragli alle relazioni fra Il Cairo e Ankara.

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