Africa

  • A processo a Kinshasa la gang che sequestrava chi viaggiava in taxi

    Gli abitanti d Kinshasa, capitale Repubblica Democratica del Congo, hanno paura quando prendono un taxi. E’ appena iniziato, infatti, un processo a 27 persone accusate di aver sequestrato clienti che viaggiavano in taxi proprio nella capitale. Tra gli imputati vi sono quattro poliziotti, sei giovani donne che avrebbero adescato le vittime e altre 17 persone. Alcuni dei malcapitati sono stati derubati e rilasciati, mentre altri sono stati trattenuti senza consenso per giorni fino al pagamento del riscatto.

    A Kinshasa, che è la terza città metropolitana più grande dell’Africa dopo Il Cairo e Lagos, sono almeno 30.000 i taxi registrati.

    La notizia, per le autorità locali, è motivo di particolare preoccupazione poiché il prossimo 28 luglio la città ospiterà i Giochi francofoni, una competizione sportiva e artistica dei paesi francofoni di tutto il mondo.

  • L’Unione Africana verso il G20

    Riceviamo e pubblichiamo u articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi apparso su ‘ItaliaOggi’ il 29 giugno 2023

    Il primo ministro indiano Narendra Modi ha preso l’iniziativa di invitare l’Unione africana (UA) a entrare nel G20. Lo ha fatto contattando al riguardo tutti i governi dei Paesi membri, anche in forza del fatto che nel 2023 l’India ne detiene la presidenza. A tal proposito, si ricordi che il prossimo summit si terrà il 9 settembre a Nuova Delhi. L’India si pone così come leader dei paesi in via di sviluppo e del cosiddetto Global South. Fa anche un passo in avanti nella sua aspirazione di diventare un membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

    Si tratta di una mossa di grande rilevanza rispetto al progressivo e necessario multilateralismo della politica globale, allo spostamento in corso dell’asse geopolitico dal Nord verso il Sud del mondo e al cambiamento delle istituzioni di Bretton Woods. D’altra parte, se è vero che l’Africa è il continente del futuro, è inconcepibile tenerla ai margini, mantenendo nei suoi confronti un atteggiamento di vetusto sapore colonialista.

    È da diversi anni che i governi africani e l’Unione africana, il raggruppamento panafricano che raccoglie ben 55 Stati, operano per questo obiettivo. Nel febbraio di quest’anno il vertice dell’UA ha chiesto di far parte del G20. La proposta era stata presentata da Macky Sall, presidente del Senegal e allora anche dell’UA. Il vertice ha riaffermato «la necessità che l’Africa sia maggiormente coinvolta nei processi decisionali» sui temi della governance globale. Legittimo, opportuno e vera necessità.

    All’ingresso dell’UA nel G20 sarebbero favorevoli 13 membri: Stati Uniti, Cina, Russia, India, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Brasile, Sudafrica, Indonesia, Giappone e Ue. I non convinti e gli ostili sarebbero i restanti 7 paesi: Australia, Canada, Argentina, Messico, Corea del Sud, Arabia Saudita e Turchia. Come si può notare tra i membri c’è già l’Unione europea. L’Unione africana non sarebbe un’eccezione. L’ingresso dell’UA renderebbe il G20 più rappresentativo, inclusivo e, quindi, più influente. Oggi il G20 rappresenta il 65% della popolazione mondiale, domani, con l’Africa, rappresenterebbe l’80% del pianeta. Già rappresenta l’85% del pil globale e il 75% dell’intero commercio mondiale.

    Durante una visita in Africa lo scorso febbraio, anche Janet Yellen, segretario al Tesoro Usa, aveva osservato che le comunità africane sono «sproporzionatamente vulnerabili agli effetti delle sfide globali. Qualsiasi soluzione seria richiede leadership e voci africane». È confermato che sull’agenda dell’incontro di Modi con il presidente Joe Biden c’era anche l’adesione dell’Unione africana al G20. Nel Summit Usa – Africa dello scorso dicembre il presidente americano si era già espresso favorevolmente.

    I vantaggi per l’Africa sono evidenti. Il G20 è profondamente coinvolto nella definizione di soluzioni alle sfide globali come la crescita economica, i cambiamenti climatici, la transizione energetica, lo sviluppo sostenibile, l’onere del debito, l’emancipazione delle donne e l’economia digitale. L’Africa avrebbe finalmente voce in capitolo in tutte le deliberazioni e decisioni.

    I critici all’ammissione dell’Unione africana sostengono che ciò ridurrebbe l’efficacia del G20, mettendo in discussione la capacità dell’Africa di fornire una partecipazione rilevante. Se si prende in considerazione la lista degli attuali membri anche l’argomento, circa eventuali simili richieste da parte di altri continenti, è poco pertinente. D’altra parte oggi l’unico membro africano è il Sud Africa. Il paragone con l’Europa è stridente: con meno della metà della popolazione africana, essa conta 6 membri: Germania, Francia, Italia, Gran Bretagna, Russia e Ue.

    Molti, non solo gli scettici, ignorano il potenziale economico dell’Africa, della sua ricchezza mineraria, dell’espansione demografica, dell’integrazione economica attraverso l’African Continental Free Trade Area (AfCFTA) e della crescente influenza negli affari mondiali. L’intera Unione africana oggi è soltanto al nono posto tra le maggiori economie, ma entro la metà di questo secolo coprirà il 25% della popolazione mondiale e, con il suo alto tasso di fertilità, potrebbe fornire circa la metà della forza lavoro del pianeta.

    Gli esperti indiani ritengono opportuno che l’Africa sia inclusa nel G20 proprio durante la presidenza indiana. E, per rispondere a chi è fedele al marchio del G20, essi affermano che il nome può rimanere invariato. C’è già un grande precedente: anche con 134 paesi in via di sviluppo al suo interno, il G77, l’organizzazione intergovernativa delle Nazioni Unite per il disarmo e per un nuovo ordine economico internazionale, non ha cambiato nome. L’Unione europea, se parlasse con una sola voce, potrebbe subito fare la differenza a favore dell’adesione dell’UA al G20. Speriamo che ciò avvenga presto e nell’interesse generale.

    * già sottosegretario all’Economia **economista

  • Ancora una strage degli al Shabaab ma il Kenya è sempre più determinato nella guerra contro il terrorismo islamista

    A coloro che pensavano che il terrorismo islamista si fosse acquietato accontentandosi, come nel caso degli al Shabaab, di continuare a colpire e mietere vittime solo in Somalia, ha violentemente risposto la realtà: nelle ultime ore i terroristi somali, ben noti per le molte stragi ed assassini che hanno compiuto anche in Kenya, hanno nuovamente colpito ed ucciso proprio nella repubblica africana che solo pochi giorni fa aveva siglato un importante accordo con l’Unione Europea.

    Cinque fino ad ora le vittime accertate, sgozzate e decapitate, tutti civili.

    L’efferata violenza è una delle tante che gli al Shabaab hanno compiuto contro un paese che da anni è in prima fila per cercare di supportare il governo somalo e ripristinare l’ordine a Mogadiscio sostenendo la fragile presidenza, eletta nel modo più democratico possibile, in un paese dove ormai, da decenni, il terrorismo è padrone pressoché incontrastato.

    Il governo keniota, nonostante i molti attentati subiti sul suo territorio, non si è tirato indietro continuando a offrire aiuto militare alle istituzioni somale, il Kenya soffre da anni le conseguenze della guerra che i terroristi jihadisti stanno portando in varie parti dell’Africa, ora sotto l’insegna di al Qaeda ora sotto quelle dell’Isis.

    Ricordiamo, perché la memoria a volte non aiuta, alcuni dei più sanguinosi attentati subiti dal Kenya (sparatoria al centro commerciale Westgate settembre 2013; strage all’Università di Garissa il 2 aprile 2015; attacchi di Mombasa il 28 novembre 2002 contro un hotel di proprietà israeliana e un aereo appartenente ad Arkia Airlines).

    Non si deve inoltre dimenticare che in Kenya vi è a Dadaab il più grande campo profughi che vede rifugiati decine di migliaia di somali scappati dalla tragica situazione del loro paese afflitto, oltre che da sanguinosi scontri tra le forze del terrore e le forze governative, da una persistente carestia che rende la popolazione sempre più affamata e disperata.

    Il Kenya, giustamente considerato tra i paesi più evoluti ed affidabili dell’Africa, ha siglato, nei giorni scorsi, un importante accordo di partenariato economico con l’Unione Europea che promuoverà gli scambi di merci e creerà nuove opportunità economiche per le imprese e gli esportatori kenyoti, aprirà il mercato dell’UE ai prodotti kenyoti e incentiverà gli investimenti dell’UE in Kenya. Anche questo ha certamente reso ancora più violenti ed aggressivi gli al Shabaab che vedono nell’accordo un altro importante tassello per rendere il Kenya più forte e l’Africa più libera e stabile anche dal punto di vista economico.

  • UN chief ‘appalled’ by Darfur’s ethnic and sexual violence

    UN chief António Guterres says he is appalled by reports of large-scale violence in the Darfur region of Sudan.

    His spokesperson says Mr Guterres has called on all warring parties to stop fighting and commit to a durable cessation of hostilities.

    “He is highly worried about the increasing ethnic dimension of the violence, as well as by reports of sexual violence,” Stéphane Dujarric said.

    “With nearly nine million people now urgently requiring humanitarian aid and protection in Darfur, he stresses the need for an end to looting and widened access so aid can reach those who most need it.”

    Earlier the UN’s head of mission for Sudan, Volker Perthes, said these attacks appeared to have been committed by Arab militia and the paramilitary Rapid Support Forces (RSF).

    “These reports are deeply worrying and, if verified, could amount to crimes against humanity,” he said in a statement.

    Meanwhile, Saudi Arabia has announced it will jointly lead a conference on the humanitarian response to the war in Sudan next week. Saudi Arabia and the US have been trying to mediate in the eight-week conflict between the army and the RSF.

  • ‘Sex for grades’ outlawed by Nigeria’s parliament

    Nigeria’s outgoing parliament has finally passed a bill that aims to prevent the sexual harassment of university students.

    Once it is signed into law by newly elected President Bola Tinubu it will be illegal for lecturers to make any sexual advances towards students.

    Those who do have sexual relationships with their students could face up to 14 years in jail.

    The anti-sexual harassment bill was originally introduced in 2016 but did not pass both houses of parliament.

    It was reintroduced by the senate in 2019 following a BBC investigation that uncovered alleged sexual misconduct by lecturers in Nigeria and Ghana.

    BBC Africa Eye’s Sex for Grades documentary prompted outrage, but the bill was further delayed as the house of representatives wanted some changes – and two parliamentary committees had to come to an agreement on the final wording.

    Outgoing lawmakers are trying to wrap up business before newly elected MPs are sworn in next week.

    A student told BBC news she was happy about the development and hoped President Tinubu would pass it into law soon.

    Earlier in the month, a group of students had issued a statement to express their displeasure that the National Assembly had failed to pass it in time for his predecessor – President Muhammadu Buhari – to assent to it before leaving office.

  • Over 30 women abducted by separatists in Cameroon

    Separatists in Cameroon’s restive north-western region have kidnapped over 30 women and injured an unspecified number of others, officials have said.

    The women were abducted in Big Babanki, a village near the border with Nigeria, for allegedly protesting against a curfew and taxes imposed on them by the separatists.

    “Around 30 women were kidnapped by separatists [on Saturday morning] – we have not found them yet,” an army colonel told the AFP news agency.

    Some local media report that the number of those missing was even higher – up to 50 women.

    Officials said some women were “severely tortured” by the heavily armed rebels, who frequently kidnap civilians, mostly for ransom.

    Separatist leader Capo Daniel told the Associated Press that the women were being punished for allowing themselves to be “manipulated” by Cameroon’s government.

    The military says it has deployed troops to free the women.

    Cameroon has been plagued by fighting since English-speaking separatists launched a rebellion in 2017.

    The conflict has claimed more than 6,000 lives and forced more than a million people to flee their homes, according to the Crisis Group.

  • Why some in SA want to scrap VAT on chicken

    “South Africa is stumbling into a hunger pandemic” and needs to remove VAT on chicken so that families can feed themselves properly, a trade advocacy group has told the BBC’s Newsday programme.

    Francois Baird of the Fair Play Movement has warned that regular load shedding, or power blackouts, in South Africa was also contributing to the problem.

    “The real effect is on the health of the nation,” Mr Baird said, adding that rising inflation and unemployment meant many people could no longer afford to pay for food.

    He said that 27% of children under five were stunted in South Africa because mothers don’t get enough protein while pregnant and this carries on after the children are born, adding that the problem was worse in rural areas.

    “Everything possible must be done also to assist small farmers.”

    He said that reducing the cost of chicken by removing VAT would help address this, as chicken was a major source of protein for many people in South Africa.

    He added that food prices were outpacing people’s salaries, warning that an essential basket of food costs more than the minimum wage per month.

  • L’UE lancia un ponte aereo umanitario per fornire beni di prima necessità in Sudan

    Alla luce delle crescenti esigenze umanitarie dovute al conflitto dilagante in Sudan, l’UE ha lanciato un ponte aereo umanitario per trasportare forniture essenziali da consegnare ai nostri partner impegnati in operazioni umanitarie a Port Sudan. Le 30 tonnellate di articoli essenziali (provviste idriche, servizi igienico-sanitari, attrezzature di accoglienza ecc.), sono state trasportate dai magazzini delle Nazioni Unite a Dubai a Port Sudan. Al loro arrivo, i beni sono stati consegnati all’UNICEF e al Programma alimentare mondiale.

    Il ponte aereo umanitario è organizzato nel quadro della Capacità europea di risposta umanitaria, uno strumento concepito per colmare le lacune in termini di risposta umanitaria ai rischi naturali e alle catastrofi provocate dall’uomo.

    L’UE ha già stanziato 200 000 € per il soccorso immediato e l’assistenza di primo soccorso alle popolazioni ferite o esposte a rischi elevati nella capitale, Khartoum, e in altre zone colpite dalle violenze in corso. Inoltre l’UE sostiene la società della Mezzaluna Rossa sudanese nella fornitura dei primi soccorsi, di servizi di evacuazione e di sostegno psicosociale. Questi finanziamenti si aggiungono ai 73 milioni di € già assegnati al Sudan nel 2023 per l’assistenza umanitaria, mentre ulteriori 200 000 € sono stati assegnati alla Mezzaluna rossa egiziana per fornire sostegno ai rifugiati che arrivano in Egitto dal Sudan.

  • Metsola risponde a Muscardini: sì, la Ue deve impegnarsi ancora di più in Africa

    «Sono d’accordo con te che la situazione in alcuni campi profughi è spaventosa». Così la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola risponde il 23 marzo ad una lettera che Cristiana Muscardini le aveva indirizzato il 12 marzo, nella quale segnalava le condizioni spesso disumane dei centri per migranti gestiti in Africa da Unhcr, autorità locali o sorti al di fuori di qualsiasi aiuto istituzionale.

    «La commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Lise) del Parlamento europeo ha inviato numerose missioni ad hoc nei campi profughi anche all’interno dell’Ue. Queste delegazioni hanno assistito in prima persona alle condizioni allarmanti in cui vivono, a volte per anni, i migranti e richiedenti asilo», conferma Roberta Metzola, assicurando che «il Sistema europeo comune di asilo e il Nuovo patto su migrazione e asilo rappresentano una priorità assoluta per il Parlamento europeo. In tale spirito, sono orgogliosa dell’impegno assunto, nei confronti dei nostri cittadini, dal Parlamento, insieme alle cinque Presidenze di turno del Consiglio, di portare a termine la riforma del quadro legislativo in materia di asilo e migrazione prima della fine dell’attuale ciclo politico. Sono fiduciosa che il nuovo Patto porterà soluzioni a molte delle questioni da te sollevate».

    Convenendo con la sollecitazione di Cristiana Muscardini di trovare un accordo tra la Ue e i Paesi africani «per costruire campi profughi organizzati come veri villaggi, con scuole, negozi, luoghi dove le persone possano vivere senza torture e vessazioni», la presidente dell’Eurocamera dichiara: «Dobbiamo fare la nostra parte nell’affrontare la migrazione e tutte le sue componenti, sia nell’Unione europea sia, come tu suggerisci, nei paesi di origine, dove risiedono le cause profonde del fenomeno».

  • Riconoscimento morale a Lampedusa

    Se non ricordo male… nell’anno 2005 e dintorni vi furono molte polemiche con l’Unione europea per i continui sbarchi a Lampedusa e per come, secondo certe forze politiche di sinistra, l’Italia non era sufficientemente attenta ai problemi dell’immigrazione. Anche l’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, aveva ricordato che c’era bisogno di più Europa e di un’Europa che parlasse con una voce sola, almeno per quanto riguardava – e continua a riguardare – il problema dell’immigrazione.

    Non torneremo su quanto abbiamo già detto innumerevoli volte, e cioè che sarebbe stato necessario allora ed è quanto mai necessario ora, da un lato rivedere il trattato di Dublino e dall’altro avere finalmente il coraggio di interventi specifici nei Paesi del Nord Africa nei quali i migranti sono spesso, in campi lager, vittime di abusi, soprusi e preda dei trafficanti di esseri umani.

    La recente crisi economica e politica in Tunisia, con decine e decine di migliaia di persone pronte a sfidare la morte per raggiungere l’Italia, così come l’annosa instabilità politica in Libia, dove anche i miliziani putiniani della Wagner hanno la loro parte di responsabilità, fanno ben comprendere come ogni giorno di più si dovranno affrontare salvataggi e contare le vittime di chi in mare non ha trovato il necessario soccorso.

    Certamente nelle ultime settimane la Commissione europea ha dimostrato maggiori aperture e più concreto interesse ad affrontare con l’Italia quei problemi dell’immigrazione che Paesi come Malta, la Grecia e la stessa Francia non possono o non vogliono condividere. Ma ora c’è bisogno di atti concreti immediati per i quali ancora non vediamo iniziative sufficienti: soltanto nelle ultime ore più di 1.500 migranti sono sbarcati a Lampedusa ed altri 1.500 sono su pescherecci o barchini in balia delle onde (l’Italia sta cercando di salvarli).

    Credo che, mentre attendiamo le soluzioni urgenti che occorrono, sia necessario anche che l’Europa dia un giusto riconoscimento morale a Lampedusa e a tutti gli altri punti di approdo che in questi mesi hanno affrontato l’arrivo di decine di sbarchi. Quella stessa Europa che in parte contestava Lampedusa oggi forse dovrebbe chiedere scusa per i deputati che allora la mettevano sotto accusa.

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