Agricoltura

  • Coldiretti contesta pratiche sleali a Lactalis

    «Procederemo a denunciare il gruppo Lactalis per pratiche sleali all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero dell’agricoltura e della sovranità Alimentare per la violazione del contratto sul prezzo del latte» – ha annunciato il presidente nazionale della Coldiretti Ettore Prandini in occasione dell’Assemblea Nazionale della principale Organizzazione Agricola Europea.

    Il decreto legislativo in attuazione della Direttiva Ue sulle pratiche commerciali sleali, fortemente voluto dalla Coldiretti, prevede lo stop a 16 pratiche sleali che vanno dal rispetto dei termini di pagamento (non oltre 30 giorni per i prodotti deperibili) al divieto di modifiche unilaterali dei contratti e di aste on line al doppio ribasso, dalle limitazioni delle vendite sottocosto alla fine dei pagamenti non connessi alle vendite fino ai contratti rigorosamente scritti, ma anche che i prezzi riconosciuti agli agricoltori ed agli allevatori non siano inferiori ai costi di produzione.

    Le pratiche sleali che Coldiretti contesta a Lactalis consistono nell’aver modificato unilateralmente il contratto con gli allevatori fornitori di latte diminuendo i prezzi riconosciuti ed introducendo tra l’altro un nuovo indice collegato tra l’altro alle quotazioni del latte europeo non concordato e fortemente penalizzante per i produttori italiani.

    La multinazionale Lactalis ha acquisito i marchi nazionali Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani, Cadermartori e Nuova Castelli e controlla circa un terzo del mercato nazionale in comparti strategici del settore lattiero caseario.

  • Dall’UE30 milioni di euro all’Italia per sostenere l’agricoltura, la pesca e l’acquacoltura

    La Commissione ha approvato misure di aiuto italiane per circa 30 milioni di € a sostegno di imprese attive nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca e dell’acquacoltura nel contesto della guerra della Russia contro l’Ucraina. Il regime è stato approvato nell’ambito del quadro temporaneo di crisi e transizione per gli aiuti di Stato che la Commissione ha adottato il 9 marzo 2023 per sostenere misure in settori che sono fondamentali ai fini dell’accelerazione della transizione verde e la riduzione della dipendenza dai combustibili. Il nuovo quadro modifica e proroga in parte il quadro temporaneo di crisi adottato il 23 marzo 2022 per permettere agli Stati membri di sostenere l’economia sullo sfondo dell’attuale crisi geopolitica e già modificato il 20 luglio 2022 e il 28 ottobre 2022.

    In base al regime, gli aiuti saranno di importo limitato e avranno la forma di garanzie su prestiti, fino ad un massimo di 250 000 € per beneficiario. Scopo della misura è sostenere il fabbisogno di liquidità dei beneficiari ammissibili, colpiti dall’attuale crisi geopolitica.

    La Commissione ha constatato che il regime italiano rispetta le condizioni stabilite nel quadro temporaneo di crisi e transizione. In particolare, gli aiuti i) non supereranno il massimale di 250 000 € per beneficiari attivi nella produzione primaria nel settore dell’agricoltura, di 300 000 € per beneficiari attivi nei settori della pesca e dell’acquacoltura e di 2 milioni di € per beneficiari operanti in tutti gli altri settori; e ii) saranno concessi entro il 31 dicembre 2023. La Commissione ha concluso che il regime italiano è necessario, adeguato e proporzionato per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro

  • L’Italia apre all’agricoltura biotech

    L’Italia apre all’utilizzo del biotech in agricoltura, ovvero a tecniche di miglioramento genetico che permettono, ad esempio, di rendere frutta e ortaggi più resistenti alla siccità o ai parassiti. Ha avuto il via libera nelle commissioni congiunte Agricoltura e Ambiente del Senato l’emendamento al Dl Siccità che rende possibile la sperimentazione in campo aperto delle Tecniche di evoluzione assistita in agricoltura (Tea). Ad annunciare l’approvazione è il senatore di Fratelli d’Italia Luca De Carlo, primo firmatario dell’emendamento che parla di “una svolta epocale”. Il plauso arriva dal mondo agricolo, così come dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che sottolinea come il via libera, “grazie alla collaborazione di tutti i partiti, pone l’Italia all’avanguardia in Europa”.

    Con le Tea è possibile inattivare in modo preciso singoli geni. In questo modo, commenta Lollobrigida, “potremo ottenere piante più resistenti a eventi siccitosi e cambiamenti climatici, e con qualità migliorata”. Per questo, “è necessario investirci senza ideologie o pregiudizi, consapevoli che non stiamo parlando di Ogm”. In sostanza, la Tea, afferma il presidente della Copagri Tommaso Battista, “sono fondamentali per raggiungere la rivoluzione green” e “non vanno confuse con i vecchi Ogm transgenici, con i quali hanno ben poco a che vedere, in quanto non fanno altro che accelerare ciò che già avviene in natura, ovvero la selezione delle piante che meglio si adattano a determinati contesti”.

    L’autorizzazione all’unanimità, precisa De Carlo, presidente della Commissione Agricoltura di palazzo Madama, “mi rende orgoglioso: è una svolta epocale, un obbiettivo condiviso da tutti e che ha abbattuto le ideologie per favorire il progresso e la ricerca”. Lo definisce “un momento decisivo” anche Carlo Gaudio, presidente del Consiglio per la ricerca in agricoltura (Crea), “perché le attività di ricerca già svolte nei laboratori dei nostri Centri hanno dimostrato risultati straordinari che ora possiamo mettere alla prova in campo. La ricerca è vitale in agricoltura mai come ora, in uno scenario di cambiamenti climatici, e l’innovazione genetica è indispensabile a garantire la sostenibilità delle produzioni”.

    Parla di “un grande passo avanti” che “mette fine a un lungo periodo di oscurantismo tecnologico”, il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. Le tecniche di evoluzione assistita, precisa, “permetteranno di ridurre l’uso di fitofarmaci e acqua e di garantire cibo per una popolazione mondiale in crescita”. “L’emendamento deve spingere ad ottenere al più presto il via libera alla proposta di regolamento sulle tecniche genomiche a livello comunitario”, sottolinea il presidente di Coldiretti Ettore Prandini. Intanto, conclude il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, “auspichiamo tempi brevi per il percorso attuativo, così da poter mettere le Tea a servizio delle filiere agricole Made in Italy”. “La convergenza di tutti i gruppi parlamentari – per il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio (Lega) – fa ben sperare su una rapida approvazione e consegna al governo una maggiore responsabilità nel finanziare la sperimentazione».

  • Dall’UE un sostegno all’agricoltura da 330 milioni di euro

    La Commissione ha adottato il pacchetto di sostegno eccezionale da 330 milioni di € presentato il 23 giugno 2023. Beneficeranno di questa assistenza finanziaria supplementare gli agricoltori di Italia, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Croazia, Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Slovenia, Finlandia e Svezia. Gli agricoltori bulgari, ungheresi, polacchi, rumeni e slovacchi ricevono un sostegno separato di 100 milioni di euro per fronteggiare gli squilibri del mercato.

    Questo pacchetto di sostegno interviene in un momento in cui gli agricoltori continuano ad affrontare difficoltà, come indicato nella relazione pubblicata dalla Commissione europea sulle prospettive a breve termine per i mercati agricoli dell’UE. Gli agricoltori dell’UE devono ancora far fronte a costi di produzione superiori alla media di lungo periodo, e alcuni prezzi delle materie prime agricole continuano a diminuire, a condizioni meteorologiche diverse e difficili in primavera, il che ha portato a proiezioni delle rese più basse e a una qualità inferiore di diversi prodotti agricoli di base. Allo stesso tempo, sono stati osservati primi segnali di miglioramento. Ad esempio, i fertilizzanti sono diventati più accessibili a causa del calo dei prezzi del gas naturale. Inoltre, sebbene ancora al di sopra del tasso di inflazione generale, l’inflazione alimentare nell’UE comincia a stabilizzarsi.

  • Miglior efficienza della rete idrica per una maggior varietà di frutta e verdura italiana

    Con la risoluzione 64/292 l’Onu ha affermato: «Il diritto all’acqua potabile e sicura e ai servizi igienico-sanitari quale diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani». L’Italia tuttavia ha un sistema di distribuzione che non agevola certo questo diritto, il 60% della rete ha oltre 30 anni, tanto che col Pnrr sono stati stanziati circa 4,3 miliardi per rimetterla in sesto.

    Intanto l’agricoltura soffre: l’anno scorso la produzione di grano duro nel Belpaese è arretrata del 7,4% rispetto al 2021 e quella di grano tenero del 9%, mentre per il pomodoro il calo è stato dell’11%. Al terzo posto dietro Grecia e Malta per produzioni agricole che necessitano di acqua, la filiera agricola italiana ha perso oltre 6 miliardi, l’anno scorso, per la diminuita produzione legata ai problemi di approvvigionamento idrico. Il Po, principale fonte idrica del Paese, è sempre più in sofferenza ed anche le opere rese possibili dagli stanziamenti del Pnrr stanno procedendo ad un ritmo che non è quello delle necessità dei produttori. La via dell’efficientamento è già stata intrapresa, come pure quella della selezione delle specie da coltivare in funzione della disponibilità di acqua che si ha, ma chiaramente non tutte le specie vegetali possono essere coltivate con bassi consumi idrici e la varietà dell’offerta di prodotti agricoli passa necessariamente per la disponibilità di acqua anche per le coltivazioni che comportano una più forte idratazione.

  • Presentazione del progetto COMBI MAIS 10.0.

    Si svolgerà martedì 4 aprile, alle ore 10,30, presso l’Associazione Granaria di Milano (Via Cesare Lombroso, 54), la conferenza stampa di presentazione del progetto COMBI MAIS 10.0. Organizzata da INNOVAGRI e Società Agricola FOLLI di Mario e Andrea VIGO, vedrà la presenza, in qualità di relatori, di Mario Vigo, A. Reyneri, L. Bertolani, E. Di Tullio.

  • Aperte le candidature per la seconda edizione dei premi dell’UE per la produzione biologica

    A seguito del successo della prima edizione dei premi dell’UE per la produzione biologica, a partire dal 27 marzo e fino al 14 maggio 2023 saranno aperte le candidature per la seconda edizione. I premi sono rivolti ai diversi attori della catena del valore dell’agricoltura biologica che abbiano sviluppato progetti innovativi, sostenibili e stimolanti che conferiscano un reale valore aggiunto alla produzione e al consumo di alimenti biologici. La cerimonia di premiazione si terrà il 25 settembre a Bruxelles.
    Saranno conferiti otto premi in sette categorie: Miglior agricoltore e migliore agricoltrice biologici, Migliore regione biologica, Migliore città biologica, Migliore biodistretto biologico, Migliore PMI di trasformazione alimentare biologica, Miglior dettagliante di alimenti biologici, Miglior ristorante/servizio di ristorazione biologico. I premi dell’UE per la produzione biologica sono organizzati congiuntamente dalla Commissione europea, dal Comitato economico e sociale europeo, dal Comitato europeo delle regioni, dal COPA-COGECA e da IFOAM Organics Europe, con la partecipazione del Parlamento europeo e del Consiglio alla giuria di premiazione.

  • La Commissione approva l’“Olio Campania” come nuova indicazione geografica protetta

    La Commissione ha approvato l’“Olio Campania” come indicazione geografica protetta (IGP).

    La denominazione “Olio Campania” è riservata all’olio extravergine di oliva ottenuto da olive prodotte esclusivamente in Campania. Il clima della regione, caratterizzato da estati secche e calde, è fortemente vocato all’olivicoltura. Accanto ai fattori ambientali, anche quelli più direttamente legati all’azione dell’uomo, come le tecniche agronomiche e le tecniche estrattive, hanno contribuito alla qualità dell’olio della Campania. La reputazione della denominazione “Olio Campania” poggia sullo stretto e antico legame fra territorio, ulivo, olio e olivicoltura, tuttora emblematico della regione Campania.

    La nuova denominazione sarà aggiunta all’elenco dei 1 617 prodotti agricoli già protetti.

  • In vino (and more in ancient grape varieties) veritas/In vino (e vitigno antico più) veritas

    On March 8, I had the pleasure of interviewing Christine Skandis, an american world expert on rare and unique grape varieties and one of the only six women inducted into the Dionysian Society International, the world’s oldest wine society because of her contributions in educating and preserving native grape varieties worldwide.

    Dear Ms. Skandis, have a nice day. We know that your stay here in Milan is very short so thank you very much for your time and for this exclusive interview. I read from the wine trade press about your recent trip between Italy and Montenegro but before telling us about your new projects, I would like to ask you a little bit about yourself. How did the passion for rare grape varieties come to a business engineer, by the way, as smart as you are?

    So, it is true that I graduated from the University of Michigan where I studied architecture, engineering and economics and shortly thereafter founded a successful company that provides FEA (finite element analysis) simulations for some of the most prominent companies in the United States (listed by Fortune magazine as one of the top 500), however, it is equally true that I was born and raised on a Michigan farm where I was able to develop a deep love for vegetation and its fruits. It is because of this love that over the years I have kept my roots alive and founded Skandis Fine Wines in 2001 with the goal of preserving native grape varieties that produce wines that even the most discerning consumer has sometimes never heard of.

    Can you give some examples referring to Italy?

    If we talk about Italy, I think of fragile grape varieties such as Erbaluce, Aglianico, Negroamaro, Nero di Troia, Falanghina, Malvasia and Bombino-just to name a few. Grape varieties that are in danger of being ripped out of the original vineyards and replaced by other better-known ones such as Chardonnay and Cabernet, for simple market reasons. And it is precisely by creating a trade market for these ancient wines in the United States that I am trying to contribute to their preservation.

    What about your recent trip to Italy? 

    As always in my trips to Italy, there were so many beautiful things to see and so many beautiful people to meet but time is never enough! In your country I visited wineries in three different regions. In Abruzzo and Puglia I was able to catch up with old friends and visit realities unknown to me but very interesting. In Piedmont I was able to see again the small Erbaluce wineries that I have been following carefully for several years now. So, very positive experience, as always, both on a professional and human level. Same thing I could say about my first trip to Montenegro.

    Right. Montenegro. How did the opportunity for this trip come about?

    Nothing happens by chance. Some time ago, in fact, a well-known American but Montenegrin-born entrepreneur, the very kind Mr. Simon Palushaj, learned about my experience and passion for the preservation of indigenous grape varieties and contacted me. Having a strong attachment to his homeland and a deep knowledge of that territory and his estate vineyards, he asked me to visit them firsthand and give him my professional opinion on whether or not he could start a project to promote these wines on the world market. Driven by the heartiness and the interesting proposal, I willingly accepted.

    Were you happy with the experience?

    In a word? Fantastic! Both for the beauty of the natural settings I visited and the extraordinary welcome I was given and both for the uniqueness and quality of the grape varieties I visited. Never would I have thought to find so many native varieties in such a small geographic area. Fantastic!

    Can you describe the value of that discovery?

    Until recently, the wines produced in Montenegro were mainly intended for domestic consumption because they were processed for rustic taste profiles and not very suitable for international consumers. For some time now given the peculiarities of this territory and its grapes a certain interest has arisen. Since Montenegro is part of the southern Balkans, which were not covered by glaciers during the previous glaciation, I was able to see that there is an incredible diversity of completely unexplored plant and animal species, including 63 genotypes of indigenous grape varieties hitherto unknown to science.

    What do you mean by native grape varieties?

    DNA analysis to determine which plant species survived phylloxera also includes the Vranac or Krstač grape varieties.  The red grape variety Vranac is one of the grapes that our international World Class Montenegro Wine Project will present. There are many varieties of Vranac – Vranac from Crmnice is different from Vranac produced in other vineyards, Krstač variants are fantastic and are one of the famous descendants of Zinfandel. Analysis of the genetic diversity of vines in Montenegro places it on the world map of wine regions as a specific and indigenous area with unique wines. The increase in the European repertoire of grape production with indigenous Montenegrin grapes has incredible significance in the field of agriculture and viticulture, as well as designating Montenegro as an interesting wine destination. Unknown to many, Montenegro has a vast number of genetically diverse indigenous grape varieties. Montenegro’s wine regions, from Crmnica to Kuče to Boka Bay and Upper Morinj, are composed of vineyards that are more than 300 years old, including the vineyard of the Monastery of St. Vasilije Ostroški, which was established in 1672.

    In short, thanks to Mr. Palushaj and his love for his land, what seemed like a small project is taking on major dimensions right away.

    Exactly, so much so that the project has been named by me as Montenegrin International World Class Wine and I am sure it will surely bring many new and exciting wines for lovers of this precious and ancient beverage from all over the world.

    Thank you very much Ms. Skandis and see you next time!

    It was a pleasure. Thanks to you.

    L’8 marzo, ho avuto il piacere di intervistare l’americana Christine Skandis, esperta mondiale di vitigni rari e unici e tra le sole sei donne inserite nella Dionysian Society International, la più antica società vinicola del mondo, per il suo contributo nell’educazione e nella conservazione dei vitigni autoctoni a livello mondiale.

    Gentilissima sig.ra Skandis, buona giornata. Sappiamo che la sua permanenza qui a Milano è molto breve per cui la ringrazio moltissimo per il tempo che mi dedicherà e per questa intervista in esclusiva. Ho letto dalla stampa di settore la notizia di questo suo recente viaggio tra l’Italia e il Montenegro ma prima di raccontarci dei suoi nuovi progetti, vorrei chiederle un po’ di lei. Com’è nata la passione per i vitigni rari ad un’imprenditrice ingegnera, tra l’altro molto in gamba, come lei?

    Dunque, è vero che ho studiato architettura, ingegneria ed economia all’Università del Michigan e poco tempo dopo ho fondato un’azienda di successo che fornisce simulazioni FEA (di analisi degli elementi finiti) per alcune delle società più importanti degli Stati Uniti (inserite dalla rivista Fortune tra le prime 500), tuttavia, è altrettanto vero che sono nata e cresciuta in una fattoria del Michigan dove ho potuto sviluppare un profondo amore per la vegetazione e i suoi frutti. È grazie a questo amore che negli anni ho mantenuto vive le mie radici e ho fondato nel 2001 (?) la Skandis Fine Wines con l’obiettivo di preservare i vitigni autoctoni che producono vini di cui il consumatore anche più attento a volte non ha mai sentito parlare.

    Può fare qualche esempio riferito all’Italia?

    Se parliamo dell’Italia, penso a vitigni fragili come l’Erbaluce, l’Aglianico, il Negroamaro, il Nero di Troia, la Falanghina, la Malvasia e il Bombino – solo per citarne alcuni. Vitigni che rischiano di essere strappati dai vigneti originali e sostituiti da altri più noti come lo Chardonnay e il Cabernet, per semplici ragioni di mercato. Ed è proprio creando un mercato per questi vini antichi negli Stati Uniti che cerco di contribuire alla loro salvaguardia.

    Veniamo al suo recente viaggio in Italia. Cosa ha piacere di raccontarci?

    Come sempre nei miei viaggi in Italia, ci sono state tante cose bellissime da vedere e tante bellissime persone da incontrare ma poco, pochissimo tempo! Nel vostro Paese ho visitato cantine in tre regioni differenti. In Abruzzo e in Puglia ho potuto ritrovare vecchi amici e visitare realtà a me sconosciute ma molto interessanti. In Piemonte ho potuto rivedere le piccole aziende di produzione dell’Erbaluce che seguo con attenzione ormai da diversi anni. Quindi, esperienza, come sempre, molto positiva sia sul piano professionale che umano. Stessa cosa potrei dire del mio primo viaggio in Montenegro.

    Giusto. Il Montenegro. Com’è nata l’opportunità di questo suo viaggio?

    Nulla succede a caso. Qualche tempo fa, infatti, un noto imprenditore americano, ma nato in Montenegro, il gentilissimo signor Simon Palushaj, è venuto a conoscenza della mia esperienza e della mia passione per la conservazione dei vitigni autoctoni e mi ha contattato. Avendo un forte attaccamento per la sua terra di origine ed una profonda conoscenza di quel territorio e dei suoi vigneti di proprietà, mi ha chiesto di visitarli in prima persona e di dargli un mio parere professionale sulla possibilità o meno di poter avviare un progetto di promozione sul mercato mondiale di questi vini. Spinta dalla curiosità e dall’interessante proposta, ho accettato di buon grado.

    È stata contenta di questa esperienza?

    Potrei dire, entusiasta. Sia per la bellezza dei contesti naturali visitati e la straordinaria accoglienza riservatami e sia per l’unicità e la qualità dei vitigni visitati. Mai avrei pensato di trovare tante varietà autoctone in una così piccola area geografia. Fantastico!

    Può descriverci il valore di tale scoperta?

    Fino a poco tempo fa, i vini prodotti in Montenegro erano destinati principalmente al consumo interno perché lavorati per profili gustativi rustici e poco adatti ai consumatori internazionali. Da qualche tempo viste le peculiarità di questo territorio e delle sue uve è nato un certo interesse. Poiché il Montenegro fa parte dei Balcani meridionali, che non erano coperti dai ghiacciai durante la precedente glaciazione, ho potuto constatare che esiste un’incredibile diversità di specie vegetali e animali completamente inesplorate, tra cui 63 genotipi di vitigni autoctono finora sconosciuti alla scienza.

    Cosa intente per vitigni autoctoni?

    L’analisi del DNA per determinare quali specie di piante sono sopravvissute alla fillossera include anche i vitigni Vranac o Krstač.  Il vitigno rosso Vranac è una delle uve che il nostro progetto internazionale World Class Montenegro Wine Project presenterà. Esistono molte varietà di Vranac – il Vranac di Crmnice è diverso dal Vranac prodotto in altri vigneti, le varianti di Krstač sono fantastiche e sono uno dei famosi discendenti dello Zinfandel. L’analisi della diversità genetica della vite in Montenegro lo colloca sulla mappa mondiale delle regioni vinicole come un’area specifica e autoctona con vini unici. L’aumento del repertorio europeo della produzione di uva con uve autoctone montenegrine ha un significato incredibile nel campo dell’agricoltura e della viticoltura, oltre a designare il Montenegro come un’interessante destinazione vinicola. Sconosciuto a molti, il Montenegro possiede un vasto numero di vitigni autoctoni geneticamente diversi. Le regioni vinicole del Montenegro, da Crmnica a Kuče, alla Baia di Boka e all’Alto Morinj, sono composte da vigneti che hanno più di 300 anni, tra cui il vigneto del Monastero di San Vasilije Ostroški, nato nel 1672.

    Insomma grazie al signor Palushaj e all’amore per la sua terra quello che sembrava un piccolo progetto sta prendendo dimensioni fin da subito importanti.

    Esattamente, tanto che il progetto è stato da me denominato Montenegrin International World Class Wine e sono certa che porterà sicuramente molti nuovi ed entusiasmanti vini per gli amanti di questa preziosa e antica bevanda di tutto il mondo.

     Sig.ra Skandis, grazie e alla prossima!

    Grazie a voi.

  • I cinghiali provocano danni all’agricoltura per 120 milioni

    Luci puntate sull’invasione dei cinghiali in Italia che in sette anni hanno provocato danni all’agricoltura per quasi 120 milioni di euro, con una media di 17 milioni l’anno, per un totale di oltre 105 mila eventi. A tracciare il primo bilancio su scala nazionale 2015-2021 è stato l’Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in un’indagine condotta grazie alle informazioni di Regioni e Aree protette e comunicata ai ministri di Ambiente e Agricoltura.

    Abruzzo e Piemonte le regioni più colpite, con 18 e 17 milioni di euro di danni, seguite da Toscana, Campania e Lazio con 10 milioni. Secondo l’indagine presentata in un convegno organizzato da Confagricoltura e Ente Produttori Selvaggina (Eps), il 36% degli importi totali (circa 30 milioni di euro) per danni è riferito alle aree protette nazionali e regionali, i restanti 89 milioni ad aree non protette.

    In Italia ci sono 1,5 milioni di esemplari, una proliferazione contro cui si sono messe in campo campagne di selezione cresciute del 45%. L’Ispra segnala, infatti, che gli abbattimenti sono stati circa 300 mila l’anno (di cui 257 mila in caccia ordinaria e 42 mila in interventi di controllo faunistico); in particolare il 30% dei contenimenti totali è stato effettuato in Toscana.

    «Serve un cambio di passo, un nuovo modello che tenga assieme gli interessi delle imprese agricole e la tutela ambientale», fa sapere il presidente di Confagri Massimiliano Giansanti, senza dimenticare che «la non adeguata gestione di alcune specie selvatiche ha un forte impatto sulle attività economiche, a partire dalla diffusione della Peste suina africana, spettro della suinicoltura nazionale».

    A un anno dal primo caso accertato a Ovada (Al) Cia-Confederazione italiana agricoltori fa sapere che il problema resta irrisolto. «Ci vuole l’esercito per abbattere i cinghiali – chiede il presidente di Cia Piemonte e Valle d’Aosta Gabriele Carenini – chiediamo che ci sia un commissario straordinario alla Figliuolo con pieni poteri, come durante il Covid, per intervenire». Nella zona rossa di diffusione del virus che comprende parte dei territori delle province di Alessandria, Savona e Genova in 1 anno sono stati abbattuti 444 cinghiali, a fronte di un numero totale sottostimato per Cia, di oltre 104 mila in Piemonte e tra 35 e 56 mila in Liguria. Occorre lavorare con urgenza sul Piano straordinario nazionale anti-cinghiale, incalza ancora Cia, plaudendo la modifica della legge 157/92 nella manovra. Questo mentre l’Organizzazione internazionale protezione animali fa sapere che caccia e selezione non sono la soluzione ma la causa della proliferazione. Un’emergenza sentita da tutti, visto che un’indagine della Coldiretti ricorda che per il 69% degli italiani i cinghiali sono troppi e per il 58% sono una minaccia.

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