Agroalimentare

  • Toghe&Teglie: millefoglie di baccalà e patate viola

    Buongiorno, buongustai abbonati a Il Patto Sociale! Sono Mario Cerutti, avvocato milanese del Gruppo Toghe & Teglie: una mia preparazione è stata prescelta, questa settimana, per offrire anche a voi – oltre che agli amici e colleghi del Gruppo – il suggerimento di una ricetta che può considerarsi tranquillamente come “piatto unico” e devo dire che, oltre ad essere abbastanza insolito, non è affatto complicato da preparare…vedrete!

    Cominciate con un veloce soffritto di aglio e rosmarino tritati fini ed aggiungetevi delle sfoglie di filetto di baccalà dopo averlo ammollato e dissalato; ora sfumate con vino del bianco, aggiungete gradualmente acqua e lasciate cuocere a fuoco moderato per 30 minuti, regolando di sale e badando che l’ultima parte della cottura renda il pesce piuttosto asciutto.

    Nel frattempo pulite e tagliate a foglie sottili anche delle patate viola e – utilizzando dei coppapasta – formate degli strati alternandovi il baccalà.

    Facile fino ad ora, no? … a parte il solito problemino di noi avvochef che andiamo “a occhio” e con le quantità siamo sempre un po’ spannometrici: in questo caso, però, non è difficile orientarsi basandosi sul numero di commensali.

    E’ il momento della cottura finale: infornate i coppapasta con le loro millefoglie a 180 gradi per venti/venticinque minuti e preparatevi a servire con un tocco finale.

    Tenendo l’attenzione sui tempi, preparate il condimento mettendo del formaggio brie tagliato a pezzetti in un pentolino, aggiungete del latte e fatelo fondere fino a ridurre il tutto ad una crema che dovrà essere pronta al momento di servire in tavola perché il “fuso” andrà versato direttamente sulla millefoglie dopo aver impiattato levando i coppapasta.

    E adesso, forza! Tutti ai fornelli e buon appetito.

  • Toghe&Teglie: risotto all’Amarone

    Buongiorno a tutti, sono Marco Treggi, avvocato penalista lucchese con qualche ascendenza trentina. Chiamato questa settimana a rappresentare il Gruppo Toghe&Teglie, di cui faccio parte, ho pensato di farlo proponendo un risotto al vino, un vino che non è toscano: già, perché anche se questa è una terra di abili vigniaioli e feconda quanto a vigneti ho scelto quale base un Amarone…ma il trucco per dare un sapore particolare a questo piatto è il midollo di bue.

    Iniziate, quindi, procurandovi un midollo (non tutti i macellai ce l’hanno, è vero, ma è indispensabile) e fatelo sciogliere con del burro nella padella alta, che poi userete per il risotto, insieme ad un po’ di brodo di carne ed aggiungete in seguito dello scalogno tritato facendolo imbiondire.

    Insomma, niente di straordinario rispetto alla solita base se non fosse proprio per il midollo: vedrete all’assaggio che ne è valsa la pena.

    Quando il soffritto sarà adeguatamente imbiondito versate il riso – io ho utilizzato un vialone nano IGP – ed appena apparirà ben tostato, versate gradualmente l’Amarone (circa mezza bottiglia se state preparando per tre/quattro persone) facendolo sfumare e lasciate cuocere a fuoco dolce il riso aggiungendo gradualmente il brodo.

    Attenzione che rimanga “al dente” ed una volta che il riso avrà raggiunto questo punto di cottura al dente aggiungete burro chiarificato e formaggio vaccino grattato (va benissimo il monte veronese, per restare “in zona” dell’Amarone) per la mantecatura.

    Una girata di pepe profumato al servizio e siete pronti per andare a tavola.

    Buon appetito e…alla prossima!

  • Toghe&Teglie: il calamaro alla algherese

    Buongiorno e buon anno a tutti i lettori di questa rubrica in cui questa settimana esordisco: sono Angela Masala, avvocata lucchese con ascendenze sarde del Gruppo Toghe & Teglie. Quella che vi propongo è una ricetta che non so dire se sia un “copyright” di famiglia ovvero solo della versione che preparava sempre la mia nonna di Alghero. Da qui il nome che le ho dato.

    Procediamo! Procuratevi dei calamari di buone dimensioni (la foto può rendere l’idea), puliteli e tagliate i tentacoli in piccoli pezzi.

    Ora fate rosolare in olio evo aglio tritato in una padella antiaderente, aggiungete un paio di acciughe e fatele sciogliere.

    Quando l’aglio inizia ad imbiondire aggiungete i tentacoli tritati finemente: fateli soffriggere, sfumando con della vernaccia (possibilmente quella di Alghero…) e quando iniziano a cambiare colore aggiungere del pane tagliato a cubetti facendo rosolare l’insieme per qualche minuto.

    Nel frattempo avrete sbattuto del rosso d’uovo (a occhio, uno ogni uno/due calamari): togliete dal fuoco, per evitare di fare una “frittatina” e aggiungetelo al trito di tentacoli insieme a prezzemolo altrettanto tritato, sale e pepe quanto basta.

    Mescolate bene ed inserite il composto all’interno delle sacche dei calamari e poi chiudeteli con dello spago da cucina (io faccio cosi) o con degli stuzzicadenti, cospargeteli con olio di oliva ed infornate a 170-180 gradi per circa 20 minuti.

    Piatto semplice oltre che facile da realizzare ma molto saporito con il pesce che si scioglie in bocca.

    Bon appètit!

  • Toghe&Teglie: il rustin negaa’

    Buone Feste, ormai ci siamo quasi, a tutti i lettori: sono Attilio Cillario, avvocato penalista del Gruppo Toghe & Teglie riconvertitosi, tra l’altro, alla distillazione di pregiati ed italianissimi gin. Niente di abusivo stile Kentucky anni ’20, con storte e alambicchi all’opera in un capanno isolato, sia chiaro, anzi: tutto alla luce del sole con un marchio registrato (Cillario & Marazzi) e rispetto assoluto nell’assolvimento degli oneri tributari collegati al commercio degli spiriti.

    Recentemente, sulla pagina Facebook del nostro Gruppo, ho pubblicato quello che può definirsi un piatto della memoria, milanesissimo, ma di cui si è un po’ persa traccia: non facile da trovare neppure nei ristoranti che vantano proposte di tradizione meneghina. Parliamo del rustin negàa (al plurale rustitt negàa) che tradotto dal dialetto significa arrostino annegato. Vedremo subito perché mentre ve ne illustro la semplicissima preparazione. Quantitativi sempre un po’ spannometrici per quattro rustitt, secondo la nostra tradizione di chef prestati alla avvocatura.

    In una padella di generose dimensioni fate sciogliere a fuoco moderato 60 grammi di burro e pancetta affumicata tagliata a dadini o a sfogliette.

    Quando la pancetta sarà rosolata aggiungete quattro nodini di vitello alti 2/3 cm. e precedentemente infarinati.

    Rosolate, sempre a fuoco moderato, per dieci minuti, poi aggiungete due dl. di vino bianco secco. Ho detto vino! Non velenosi succedanei di misteriosa origine, probabilmente chimica, rivenduti in contenitori di cartone…

    Ora lasciate sfumare il vino a fuoco alto, aggiungete salvia e rosmarino tritati e poi proseguite la cottura nuovamente a fuoco moderato, aggiungendo a poco a poco il brodo (annegando l’arrostino…), per circa 40 minuti, finché non si forma una bella glassa come si vede nella foto.

    Ah, già, il brodo! Mi stavo scordando del brodo in cui annegare i nodini che sarà bene preparare prima anche per evitare di ricorrere ad altre inquietanti miscele già pronte l’uso delle quali, almeno nella mia cucina, prevede il taglio della mano con il primo coltello disponibile.

    L’ideale è quello a base di carne di manzo, gallina, sedano, carote, cipolle e pomodoro: suvvia, non ci vuole una laurea per farlo.

    Dimenticavo: l’accompagnamento perfetto è un rosso corposo, preferibilmente di origine lombarda.

    E adesso…tutti a tavola!

  • Toghe&Teglie: la treccia del confratello

    Buongiorno a tutti i lettori de Il Patto Sociale, sono Duccio Cerfogli, avvocato penalista bolognese e Gran Cerimoniere del Gruppo Toghe & Teglie nonché autorevole membro della Dotta Confraternita del Tortellino e sono al mio esordio in questa rubrica.

    Questa settimana è stata selezionata per voi dall’Accademico del Baccalà Giuseppe Barreca (in Toghe & Teglie non ci facciamo mancare nulla quanto a riconoscimenti culinari) la mia preparazione di un pane molto saporito che può essere messo in tavola anche per accompagnare aperitivi, così come imbottito con formaggi o affettati e consumato per uno spuntino non meno che gustato a colazione con burro e marmellata se non preventivamente farcito.

    Parliamo della treccia di pan brioche di cui vi fornirò quantitativi per realizzarne una che possa soddisfare almeno due o tre commensali, ma fidatevi fino a un certo punto perché anch’io “vado ad occhio”. Regolatevi se fossero in numero maggiore.

    Procuratevi – finché siete in tempo e ne trovate, dato il periodo di semi lock down natalizio – 500 gr. di farina Manitoba, 10 gr. di lievito di birra fresco, 270 ml. di latte intero, un uovo, 10 gr. di zucchero, 10 gr. di sale, 25 gr. di olio evo.

    Ora iniziate impastando la farina con il latte e il lievito aggiungendo solo in seguito – ottenuto un composto consistente – integrerete con uovo (solo il rosso) zucchero, olio e sale e impastate ancora per amalgamare al meglio tutti gli ingredienti.

    Ricavate, a questo punto, un rettangolo di impasto dello spessore di 7/8 mm., dividetelo in tre e ricomponete dando la forma della treccia e fate lievitare il tutto coperto con un panno per un’ora abbondante e comunque fino al raddoppio del volume.

    A scelta, prima di formare la treccia chiudendo i tre rettangoli e – appunto – intrecciandoli è possibile farcirli  con dadini di prosciutto cotto, piuttosto che di pancetta o provola a seconda dei gusti e lasciate lievitare ancora un’altra ora.

    Nel frattempo, avrete portato il forno ventilato alla temperatura di 180 gradi: spennellate di latte la treccia e infornate per 40 minuti.

    Potete ingannare il tempo, mentre cuoce, facendo respirare un buon vino rosso, affettando del salame, preparando del culatello o scheggiando del parmigiano con cui accompagnerete l’assaggio della vostra treccia, possibilmente lasciandone un po’ per l’utilizzo successivo: molto vario, come avete visto…

    Buone feste e buon appetito a tutti!

  • Toghe&Teglie: capesante al vermouth

    Buongiorno, appassionati di cucina! Sono Alessandro Occhionero, avvocato civilista milanese “togategliato”. In vista delle festività natalizie – ammesso che quest’anno si possano chiamare tali – e di cene e cenoni in cui il pesce la fa da padrone il mio suggerimento è di sperimentare queste capesante preparate in una maniera piuttosto originale e che potrete scegliere se servire come entrèe o piatto principale, in questo caso accompagnate da un contorno a scelta.

    Senza attardarci nella indicazione iniziale degli ingredienti, eccola la procedura da seguire: portate ad ebollizione vermouth (considerate 150 ml. per una mezza dozzina di capesante grosse come quelle della foto), fino a farlo ridurre di 1/3.

    Abbassate la fiamma al minimo aggiungendo 30 grammi di scalogno tritato finemente e le capesante, con i loro “coralli”, che avrete in precedenza staccato dalla conchiglia.

    Cottura velocissima, una trentina di secondi per lato  per le capesante che, poi, metterete da parte in una ciotola coprendole con carta da cucina umida.

    Nel frattempo mettete le conchiglie (oppure delle cocotte, se preferite) a scaldare in forno a 160 gradi e mentre queste vanno a temperatura riducete il liquido di cottura rimasto di un terzo su fuoco medio,  unendo in finale due cucchiai di panna densa e togliete dal fuoco.

    Senza preoccuparsi troppo del colesterolo, aggiungete gradualmente 60 grammi di burro fatto a pezzetti mescolando in modo da formare una salsina.

    Non è finita: in un pentolino, su fuoco basso e per pochissimo tempo, mescolate 1/4 della salsa ottenuta con due porri tagliati fini e precedentemente sbollentati per un paio di minuti e poi messi subito in acqua e ghiaccio ad aspettare il loro turno.

    In finale, aggiungete aneto tritato, sale e pepe q.b.: riponete le capesante nelle loro conchiglie (o nelle cocotte) calde e ricoprite con la salsa.

    Un po’ complicato, dite voi? Allora perché non iniziare subito ad esercitarsi e poi scrivete alla redazione de Il Patto Sociale e fatemi sapere!

    Sant’Ambrogio (per i milanesi) e l’Immacolata per tutti si avvicinano e, allora, buone feste ai fornelli!

  • Toghe&Teglie: tubettoni al ragù di polipo

    Buongiorno ai lettori, sono Vittorio Pacchiarotti, avvocato di Genzano e membro appassionato del Gruppo Toghe & Teglie che ho rappresentato insieme ad Ornella Lovello, Alessandra Pietrantoni, Ivan Vaccari e Francesco Palomba nella storica disfida ai fornelli con i magistrati romani…facendoli neri!

    La mia è una cucina semplice ma saporita, spesso a base di pesce e oggi voglio proporre questo piatto per il quale il condimento è tutto ed è molto semplice da realizzare.

    Procuratevi un polipo e fatelo ammorbidire con un filo di olio evo ed acqua nella pentola a pressione per 15 minuti – non c’è niente di peggio di un polipo legnoso -, unendo un trito di prezzemolo fresco, carota e sedano sminuzzati anch’essi ed un poco di peperoncino (questo, poi, dipende da quanto si apprezzi la piccantezza del prodotto finale).

    Come spesso capita nella presentazione di ricette su queste colonne, il quantitativo dei singoli ingredienti è “ad occhio e gusto personale”; non ce ne vorrete, ma noi non pensiamo di essere Cannavacciuolo: siamo molto meglio perché la nostra è una cucina genuina, fatta di porzioni generose che consentono ai commensali di capire cosa stanno mangiando e anche di pronunciare e ricordare il nome del piatto.

    Tornando al polipo, tagliatelo a tocchetti, fate altrettanto con dei pomodori da sugo, unite le componenti del ragù e finite di cuocere il tutto in padella a fuoco moderato.

    Intanto mettete a bollire la pasta. Ideale è un formato grosso, come si vede nella foto: maccheroncini, tubettoni, penne e simili fanno benissimo; scolate ben al dente conservando un po’ di acqua di cottura e mantecate la pasta nel sugo per 2/3 aggiungendo all’impiattamento della bottarga, finemente grattugiata

    Tutto qui ma, vi assicuro,… un piatto da fare e rifare!

  • Toghe&Teglie: zuppa di verze

    Buongiorno ai lettori di questa rubrica, sono Ornella Lovello, avvocata romana del Gruppo Toghe & Teglie e componente del Dream Team Laziale di T&T insieme ad Ivan Vaccari, Francesco Palomba, Alessandra Pietrantoni e Vittorio Pacchiarotti che l’estate scorsa ha sgominato una squadra di magistrati in una gara di cucina: vabbè, non è stato difficile, gli avversari credo che siano stati selezionati con gli stessi criteri che usa il C.S.M. per nominare i capi degli uffici…e dopo quella bellissima esperienza ecco quella gratificante di scrivere per la rubrica ospitata da Il Patto Sociale. Come molti miei colleghi sono un’appassionata ma non una professionista dei fornelli ed, in quanto tale, di questa mia preparazione vi offrirò i dettagli quantitativi degli ingredienti usando lo spannometro.

    Incominciamo: procuratevi delle verze, pomodori pelati, fagioli, olio, sale, pepe e parmigiano, il tutto impiegando, appunto, lo spannometro a seconda di quanta fame o di quanti commensali avete da soddisfare.

    Per prima cosa fate lessare i fagioli e metteteli a parte conservando una parte dell’acqua di cottura; ora dedicatevi alla verza e, dopo averla pulita, tagliatela in quattro parti e poi tagliuzzatene ognuna a striscioline.

    A questo punto fate rosolare nell’olio un paio di pelati, anche loro fatti pezzettini, poi aggiungete la verza, i fagioli, aggiungendo gradualmente la loro acqua, regolando sia di sale che la “liquidità” della zuppa e fate andare a fuoco moderato il tutto fino a cottura ultimata: se usate – è possibile – una pentola a pressione si impiega una manciata di minuti.

    Nel frattempo provvedete ad abbrustolire delle fette di pane che serviranno da completamento e guarnizione del piatto come vedete nella foto.

    Al servizio, direttamente nel piatto aggiungete olio evo e pepe nero e, se piace, anche del parmigiano oppure scorze di parmigiano: queste ultime, a scelta, possono essere fatte ammorbidire aggiungendole durante la cottura.

    Buon appetito!

  • Toghe&Teglie: la caponata di funghi

    Buongiorno ai lettori, sono Saverio La Grua avvocato penalista di Vittoria, il “Senatore” del Gruppo Toghe & Teglie non nuovo ad apparizioni in questa rubrica; questa settimana vi propongo la ricetta di una caponata molto particolare, non quella tradizionale siciliana ma altrettanto saporita: e lo dico senza voler peccare di campanilismo ma…con le materie prime che si trovano nella mia terra i sapori sono sempre garantiti.

    Nella versione realizzata ultimamente ho impiegato 300 grammi di funghi cardoncelli e 200 grammi di champignon per 4 persone.

    Dopo avere affettato i cardoncelli e gli champignon trifolateli in un tegame con olio, aglio e prezzemolo.

    A parte fate stufare in acqua ed olio due cipolle medie affettate grossolanamente e, separatamente, stufate anche due carote e due coste di sedano tagliati a cubetti, avendo cura di lasciarli un po’ croccanti.

    Versate quindi le verdure stufate nel tegame con i funghi trifolati mantenendo una fiamma moderata e aggiungendo anche una spruzzata di salsa ketchup o, se ne disponete, 2 cucchiai di sugo di pomodoro.

    Dopo avere sciolto un cucchiaio di zucchero in mezzo bicchiere di aceto di vino bianco, versatelo a sua volta nel tegame, facendolo sfumare.

    A questo punto aggiungete un cucchiaio di pinoli, uno di capperi dissalati ed uno di uvetta precedentemente ammollata, facendo proseguire la cottura per circa 10 minuti e verificando che l’agrodolce sia equilibrato.  Regolate di sale e pepe.

    Lasciate raffreddare completamente prima di servire e…buon appetito.

    Alla prossima!

  • Toghe&Teglie: scamone di maiale “al coccio”

    Ben ritrovati, lettori de Il Patto Sociale! Sono Giuseppe Barreca, avvocato calabro-mantovano, l’”Accademico del Baccalà” del Gruppo Toghe & Teglie e sono tornato a scrivere per questa rubrica proponendo una ricetta, obiettivamente non facilissima: ma l’autunno è una stagione perfetta e vale la pena dedicare un po’ di tempo ad un arrosto molto saporito.

    Fatevi preparare dal macellaio uno scamone di maiale di almeno un kilo e mezzo bardato con della pancetta fresca un po’ spessa, legato per bene e riposto dentro la rete così che assuma forma.

    Prima di procedere alla rosolatura in padella siringatelo abbondantemente con del succo di mela e, finita questa operazione spennellate con della moutarde; io ho usato la Colmans e a questo punto, rosolate in padella con olio, una pecca d’aglio, salvia e rosmarino.

    Nel contempo avrete preparato un coccio con un fondo alto un cm di  un amalgama di vino bianco, succo di mela, due cucchiaini di moutarde, sale e pepe q.b..

    Sempre durante la rosolatura (a fuoco moderato) lavate, private del torsolo e tagliate a metà almeno 9-10 piccole mele campanine o annurca.

    Ora adagiate lo scamone ben rosolato dentro al coccio contenente il fondo e tutto intorno disponete le meline, oltre a qualche foglia di salvia, uno/due rametti di rosmarino e una foglia secca di alloro, una buona presa di sale grosso e una generosa spruzzata di olio evo.

    Prima di chiudere il coccio posizionate un sonda termometro per il controllo costante della temperatura “a cuore” che dovrà essere impostata a 66 gradi centigradi, secondo l’insegnamento di Pierdomenico Cariello che nel nostro Gruppo è lo specialista in materia di maiale.

    Ora chiudete il coccio e mettetelo in forno preriscaldato a 125 gradi centigradi e rilassatevi.

    Infatti, prima che sia pronto, cioè prima che raggiunga la temperatura “a cuore” di 66 gradi centigradi, ci vorranno almeno tre ore e nel corso della cottura irrorate un paio di volte con il succo di mela.

    A cottura ultimata, togliete subito dal forno: dovreste avere un risultato così come quello della foto.

    Prima di affettarlo fate riposare l’arrosto su un’apposita griglia, così da non disperdere tutti i succhi al momento del taglio.

    A questo punto recuperate le meline e mettetele da parte in un piatto, prelevate tutto il fondo di cottura e filtratelo con un colino a maglie strette.

    Riponete, dunque,  il liquido in un bicchiere da minipimer assieme a cinque/sei metà delle meline e frullate il tutto; quindi, metterete il composto in un pentolino antiaderente sul fuoco. Se non è abbastanza corposo potrete aggiungere un addensante così da ottenere una salsa con consistenza cremosa.

    Una volta pronta la salsa, aggiungete alla stessa le altre meline aggiustando di sale, pepe a piacere e, perché no, con un goccio d’olio d’oliva.

    A questo punto siete pronti per taglio e impiattamento lasciando che ognuno aggiunga la salsa e le mele a piacere.

    Anche cucinare è un piacere, talvolta comporta attenzione e tempo, ma l’impegno come in questo caso è ripagato dal piacere del palato. Almeno così spero che sarà anche per voi.

    Buon appetito!

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