Agroalimentare

  • Toghe&Teglie: i pangoccioli secondo Cristina

    Buongiorno a tutti i lettori, sono Cristina Dianin, avvocata vicentina del Gruppo Toghe & Teglie specializzata in dolci: sono già stata ospite di questa rubrica e anche in questa occasione vi proporrò qualcosa che è ideale per una sostanziosa prima colazione: i pangoccioli. Mio figlio è stato entusiasta. “Come quelli comprati !” Ha urlato…il che dal suo punto di vista è un complimento…dal mio mica tanto…visto che questi son più sani ed il gusto dovrebbe essere migliore. Me lo direte voi chi ha ragione.

    Questi gli ingredienti per venti pezzi:

    300 gr. di farina 00, 200 gr. di manitoba, 150 gr. di lievito madre rinfrescato, 300 gr. di latte fresco intero, 100 gr. di zucchero, 70 gr. di burro, 100 gr. di gocce di cioccolato, 5 gr. di sale, 5 gr. di latte in polvere (facoltativo), i semi di mezzo baccello di vaniglia.

    Mettete nella planetaria il lievito madre a pezzetti e metà del latte a temperatura ambiente. Azionate la planetaria con la “foglia” e fate sciogliere il lievito; unite, poi,  lo zucchero e fatelo sciogliere a sua volta.

    Aggiungete ora il sale, il latte in polvere e i semi del baccello di vaniglia e amalgamate bene.

    Versate tutta la farina nella ciotola della planetaria e sostituite la “foglia” con il gancio ed unite il latte restante un po’ alla volta in modo da consentirne l’assorbimento. Lavorate fino a quando l’impasto sarà incordato.

    A questo punto aggiungete il burro morbido (deve avere la consistenza di una pomata) un po’ alla volta: l’impasto non deve perdere l’incordatura e alla fine della lavorazione dovrà essere staccato dalle pareti ed essere liscio ed elastico.

    Da ultimo, inserite le gocce di cioccolato. Quando saranno distribuite omogeneamente in tutto l’impasto, toglietelo dalla ciotola, trasferitelo sul piano di lavoro e lavorartelo con le mani girandolo e ripiegandolo su se stesso per tre  o quattro volte.

    Per la lievitazione, inserite l’impasto in un contenitore (possibilmente graduato e cilindrico: in tal modo sarà agevole verificare quando l’impasto avrà raddoppiato.

    A lievitazione avvenuta, sgonfiate l’impasto, tagliate dei pezzi da 60 gr. circa ciascuno formando delle palline, tenendo la parte esterna sempre ben tesa. Appoggiatele sul piano di lavoro ed eseguire la “pirlatura” (serve per dare forza all’impasto).

    Disponete, a questo punto i vari pezzi di impasto su una teglia rivestita di carta forno, coprirtele con un nylon o con la pellicola alimentare (per evitare che si asciughino esternamente) e lasciate ulteriormente lievitare fino al raddoppio.

    Siamo alla fine davvero! Pennellate la superficie con un uovo sbattuto con due cucchiai di latte e cuocete in forno preriscaldato a 200° per 15 minuti (se la superficie dovesse colorare troppo, negli ultimi minuti ricoprite con un foglio di alluminio).

    Conservate i pangoccioli chiusi beni un sacchetto per alimenti, ovviamente se ne restano… possono essere congelati.

    Buona estate a tutti!

  • Toghe&Teglie: la genovese di seppie e bottarga

    Buongiorno a tutti, sono Andrea Schietti, avvocato penalista milanese del Gruppo Toghe&Teglie e non nuovo ad apparizioni in questa rubrica.

    Questa settimana vi propongo una ricetta semplicissima sebbene richieda un po’ di tempo per la realizzazione: la genovese di seppie e bottarga.

    La genovese originale, per chi non lo sapesse, è un sugo a base di carne e cipolle che è – in realtà – condimento tipicamente napoletano così chiamato perché nel seicento a Napoli si erano stabiliti moltissimi osti genovesi che usavano preparare questo piatto che poteva essere sia un condimento che una portata a sé stante.

    La mia proposta, peraltro, non contempla l’uso della carne ma di seppie e bottarga…procediamo!

    Dopo averle pulite e tagliate, fate soffriggere le seppie (non chiedetemi le quantità: da buon cuoco amatoriale vado a occhio, a numero di portate e ad appetito, fate così anche voi) in olio evo aglio e peperoncino, sfumando con vino bianco, aggiungendo sale e pepe q.b., il tutto a fuoco moderato, ed usando preferibilmente una pentola di coccio.

    Dopo circa un quarto d’ora togliete l’aglio e aggiungete delle cipolle tagliate sottili: ideali quelle di Tropea. Salate le cipolle in modo che rilascino la loro acqua e, se necessario, aggiungete ancora poca acqua, coprendo il tutto e facendo pippiare a fuoco basso per circa quaranta minuti.

    Cosa vuol dire pippiare? E’ un termine napoletano che indica quel leggero sobbollore dei sughi che produce piccole bolle in superficie che scoppiettano facendo “pop pop”. Cioè pippiano.

    Trascorso il tempo, togliete il coperchio per far restringere il sugo e andate avanti ancora una ventina di minuti.

    In prossimità della fine cottura mettete a bollire delle orecchiette, scolatele molto al dente e aggiungetele al sugo mescolando bene.

    All’impiattamento spolverate il tutto con trito di prezzemolo fresco e scaglie di bottarga.

    Buon lavoro ai fornelli!

  • Toghe&Teglie: frittata di fiori di zucca

    Bentrovati, lettori appassionati di cucina: sono Luana Petrella, molisana ma trasferita a Bologna e – ovviamente – avvocata del Gruppo Toghe & Teglie.

    Questa settimana tocca a me proporre un ricetta facile e veloce, con ingredienti tipici della stagione, il cui effetto scenico è garantito (basta guardare la foto per farsi un’idea) ed è un piatto che, non meno, appaga il gusto.

    Innanzitutto, procuratevi e lavate delicatamente dei fiori di zucca, apriteli e, dopo aver eliminato con accortezza i pistilli, tamponate l’acqua in eccesso, mettete dell’olio extravergine d’oliva in padella e sul suo fondo “accomodate” i fiori di zucca dal lato esterno, unendoli come per formare un “girotondo”.

    Ora fateli andare a fuoco vivace ponendo chiaramente attenzione che non anneriscano, altrimenti addio effetto scenico e gusto.

    Intanto, sbattete delle uova (la quantità dei fiori varierà a seconda delle uova che intendete impiegare: di solito son un paio a porzione) con parmigiano reggiano non troppo stagionato, dei dadini di provola affumicata e altri fiori di zucca che avrete in precedenza “trifolati”. Aggiungete sale e pepe q.b.

    Quando vedete che i fiori in padella hanno preso colore ed acquisito una certa consistenza è arrivato il momento più importante nella preparazione: versatevi sopra il composto di uova, parmigiano, fiori trifolati e provola con particolare delicatezza: l’attenzione deve essere tale da lasciare integro il “girotondo” creato con i fiori di zucca aperti in padella.

    Lasciate cuocere per qualche minuto a fuoco più moderato, girando il tutto con cura ed aiutandovi con un piatto, in modo da rendere la cottura uniforme e … la frittata è fatta, per davvero!

    Buon appetito e…alla prossima.

     

  • Toghe&Teglie: lo scrigno di Venere

    Buongiorno a tutti i lettori, sono Tiziana D’Orazio avvocata reatina del Gruppo Toghe&Teglie: non lasciatevi ingannare dal titolo, l’argomento della rubrica continua ad essere quello tradizionale e – dunque – tratterà una appetitosa ricetta (molto apprezzata anche da Bruno Barbieri…ma, in fondo, chi se ne frega), e non di parti anatomiche femminili.

    Il piatto non è mio originale e consiste sostanzialmente in tortellini di carne al ragù in crosta.

    Incominciamo, allora, con la preparazione di un buon ragù alla bolognese, che ha i suoi tempi perché sia una cosa seria, diciamo un po’ più di tre ore, con questi ingredienti pensati per averne, magari un po’ di scorta, dipende dalle dimensioni del vostro scrigno:

    500 gr. di macinato di bovino grosso e 20 gr. di macinato di suino, 250 gr. di passata di pomodoro, 50 gr. di sedano, altrettanti di carote e cipolle dorate, 250 ml. di vino bianco, un cucchiaio di olio di oliva, tre lt. di acqua, 40 gr. di latte intero, sale e pepe q.b.

    In una pentola, preferibilmente di coccio, versate l’olio e le verdure lasciando andare per una decina di minuti a fuoco lento e poi unite le carni facendole rosolare per altrettanto tempo, mescolando di tanto in tanto ed infine sfumando con il vino bianco; quando sarà evaporato aggiungete la passata di pomodoro ed il primo dei tre litri d’acqua con un pizzico di sale. Fiamma medio bassa per un’ora, mescolando periodicamente, e poi aggiungete il secondo litro d’acqua. Dopo un’altra ora ripetete l’operazione con l’ultimo litro d’acqua e a fine cottura aggiungete il latte, regolando di sale pepe; un’ultima mescolata e il ragù è pronto.

    Lo Scrigno di Venere, piatto sconsigliatissimo prima della prova costume – è giusto dirlo – prevede che a questo punto vengano fatti cuocere molto al dente dei tortellini di carne, scolateli, conditeli con ragù e besciamella (se siete esausti, questa siete autorizzati a comprarla già fatta al supermercato);  subito dopo in  uno stampo alto e imburrato mettete  della pasta brisè, bucatela con i rebbi della forchetta ed inserite i tortellini senza schiacciarli. Ricoprite con altra pasta brisè e spennellatela in superficie con il rosso di un uovo.

    Ora infornate a 200 gradi per 20 minuti e finalmente è tutto pronto…avete dovuto prendere un giorno di ferie per preparare questa delizia?  Beh, vedrete, ne vale la pena.

    Buon appetito!

  • Un piano salva ulivi per affrontare le pesanti perdite del comparto a causa del coronavirus

    Crack di 2 miliardi di euro per l’olio di oliva made in Italy. Il coronavirus ha messo in ginocchio il comparto che, a causa della chiusura prolungata e della difficile ripartenza di bar, ristoranti, agriturismi, ha visto ridurre sensibilmente le vendite ed il consumo. A questo si aggiungono anche le difficoltà per le esportazioni e il mancato – o ridottissimo – movimento di turisti che da sempre hanno fatto dell’olio extravergine di oliva il prodotto più acquistato durante le vacanze. E’ quanto emerge da uno studio di Coldiretti presentato durante l’assemblea di Unaprol.

    A pesare sul comparto è stato soprattutto il blocco del canale della ristorazione che rappresenta uno sbocco importante per l’olio Made in Italy, sia in patria che all’estero. Un impatto devastante a livello economico, occupazionale e ambientale per una filiera che conta oltre 400 mila aziende agricole specializzate in Italia ma anche il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa (43 Dop e 4 Igp), con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo.

    Come se non bastasse, le imprese olivicole italiane hanno visto ridurre del 44% i prezzi pagati ai produttori (per un dato simile bisogna risalire al 2014) a causa della circolazione sul mercato mondiale di abbondanti scorte di olio ‘vecchio’ spagnolo, spesso pronto a essere spacciato come italiano a causa della mancanza di trasparenza sul prodotto in commercio, nonostante dal primo luglio 2009 sia obbligatorio indicare per legge l’origine in etichetta come prevede il Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009. Sulle bottiglie di extravergine prodotto con olive straniere in vendita nei supermercati, inoltre, è molto difficile leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” per le dimensioni assai minuscole e per il posizionamento per nulla in vista accentuando così la poca consapevolezza del consumatore.  Il danno economico e di immagine all’Uliveto italiano è molto grave e, se unito alla conseguenze della crisi provocata dal coronavirus, rischia di rovinare gli ottimi risultati, in termini di produzione, ottenuti durante l’ultima campagna olearia in cui sono stati prodotti 365 milioni di litri, con le regioni del Sud dove il raccolto è in qualche caso addirittura triplicato.

    Per rilanciare il settore Coldiretti ha elaborato un piano salva ulivi con un pacchetto di misure straordinarie a sostegno delle imprese agricole e frantoi che operano in filiera corta, quelle oggi maggiormente a rischio, con lo sblocco immediato delle risorse già stanziate per l’ammodernamento della filiera olivicola, anche attraverso la semplificazione delle procedure. Servono poi meccanismi di flessibilità per la certificazione delle produzioni di qualità a partire da Dop (Denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione di origine protetta), biologiche e Sqnpi (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata). Una misura importante per l’Uliveto Italia e per la salute dei cittadini l’acquisto di extravergine italiano al 100. Nell’immediato vanno poi assicurati sostegno a fondo perduto per le imprese produttrici di olio totalmente made in Italy per compensare la riduzione delle vendite e un aiuto integrativo per gli oli certificati Dop e Igp in giacenza, sfusi o confezionati non venduti alla data del Dpcm dell’11 marzo.

  • Toghe&Teglie: velvet pancakes

    Buongiorno ai lettori, sono Ivana Anomali, avvocata comasca, e da poche settimane faccio parte del Gruppo Toghe&Teglie: una mia preparazione improvvisata è subito piaciuta molto ed  il curatore di questa rubrica  mi ha chiesto la ricetta per pubblicarla.

    Ho dato il nome Velvet pancakes per la colorazione che assume questo dessert e perché era il colorante alimentare che avevo in dispensa.

    Bisogna innanzitutto preparare i pancakes…non vorrete mica prendere quelli del supermercato, che ad andar bene sono una produzione di fine 2018?

    Dunque, procuratevi: 250 gr. di latte intero, un uovo, 200 gr. di farina 00, un cucchiaino di lievito, colorante alimentare rosso (volendo anche di un altro colore e cambiate nome al dolce…), zucchero q.b.

    Sbattete l’uovo con un po’ di zucchero, aggiungete il latte e setacciate il lievito e la farina dentro il composto.

    Ora amalgamate bene il tutto e aggiungete in finale il colorante per dolci.

    E’ il momento di preparare i pancakes: scaldate l’apposita piastra o, in mancanza, mettete una pentola antiaderente su fuoco moderato e inserite un cucchiaio dell’impasto per volta, girandolo quando il lato è dorato e cotto.

    Preparati i pancakes, o magari anche prima, si passa al ripieno che è una crema di pistacchi.

    Sul tavolo di lavoro avrete disposto: 150 gr. di pistacchi già sgusciati e non salati, 100 gr. di cioccolato bianco, 100 gr. di zucchero, 20 gr. di  burro, 50 ml. di latte intero.

    Per prima cosa fate fondere cioccolato, latte e burro a fuoco lento e preferibilmente in un coccio.

    Intanto che il cioccolato fonde, tritate i pistacchi, senza pellicina, molto finemente e poi amalgamateli con cioccolato fuso.

    Disponete i pancakes a strati di pancake alternandoli con la crema di pistacchi e, se non ne avete abbastanza e desiderate una presentazione più ricca, guarnite a piacere.

    P.S.: anche la crema di pistacchi si trova già fatta ma in molti casi quello che trovate è una sostanza proibita dalla Convenzione di Ginevra.

    Buona colazione a tutti!

  • Dall’UE via libera all’etichettatura d’origine per i salumi Made in Italy

    L’Unione Europea ha finalmente dato il via libera all’etichetta Made in Italy su salami, mortadella, prosciutti e culatello per smascherare l’inganno della carne straniera spacciata per italiana. Ad annunciarlo la Coldiretti che ha fortemente sostenuto il provvedimento dopo la scadenza del cosiddetto termine di “stand still”, periodo di 90 giorni dalla notifica entro il quale la Commissione avrebbe potuto fare opposizione allo schema di decreto nazionale interministeriale (Politiche Agricole, Sviluppo Economico e Salute) che introduce l’indicazione obbligatoria della provenienza per le carni suine trasformate. In questo modo sarà accontentato quel 93% di cittadini che ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti, come rileva l’indagine on line del Ministero delle Politiche agricole, e si darà linfa vitale ai 5mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale. E, dopo tante battaglie, sarà salvo il prestigioso settore della norcineria che in Italia, dalla stalla alla distribuzione, vale 20 miliardi.

    Secondo un’analisi Coldiretti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria le quotazioni dei maiali italiani si sono quasi dimezzate, scendendo a poco più di un euro al chilo, mettendo a rischio le imprese e il Made in Italy che vanta 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia.

    A preoccupare è l’invasione di cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno arrivano nel nostro Paese, soprattutto dal Nord Europa, per essere lavorate ed ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy. Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

    Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita degli animali, “Paese di allevamento degli animali, “Paese di macellazione”. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Se la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o da Paesi extra europei, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

     

  • Toghe&Teglie: spaghetti al nero di seppia, burrata, ricci e bottarga

    Buona estate a tutti i lettori de Il Patto Sociale, sono Francesco Toschi Vespasiani, avvocato civilista fiorentino, naturalmente del Gruppo Toghe & Teglie. Mentre questa settimana i miei amici della sezione laziale saranno impegnati in una originale competizione culinaria con finalità solidaristiche, io cercherò di mettere voi ai fornelli stuzzicandovi con questa ricetta i cui ingredienti sono adattissimi alla stagione: dal titolo avrete già inteso di che si tratta e possiamo passare alla preparazione indicando gli ingredienti mano a mano che si procede al loro impiego.

    Per questo piatto io ho usato degli ottimi spaghetti al nero di seppia già pronti, marca Felicetti di Val di Fiemme, ma si possono usare spaghetti normali “tingendoli” con il nero di seppia che si trova facilmente in pescheria ma anche nei supermercati. Questione di comodità.

    Serve anche della polpa di ricci che, se si trovano freschi è tanto meglio: aumenta solo la laboriosità della preparazione, stando attenti a non pungersi; pure per questo ingrediente è possibile semplificarsi la vita ricorrendo alla conserva: se ne trova di molto buona di origine sarda.

    Allora: prendete la polpa di ricci cruda (o quella in scatola) e fatela sciogliere a fuoco moderato in padella con olio evo sufficiente anche per condire la pasta, nel quale si sarà in precedenza fatto soffriggere – sempre a fuoco lento – dell’aglio che in seguito toglierete.

    Mettete a bollire e scolate la pasta piuttosto al dente per ultimare la cottura nella polpa di riccio saltata, aggiungendo al limite un poca di acqua di cottura (conviene sempre tenerne da parte un po’ quando si cucina la pasta) per ammorbidirla se necessario.

    Mentre gli spaghetti erano sul fuoco avrete grattugiato la bottarga lasciandola da parte in una ciotola e preparato la burrata (che sia freschissima e cremosa perché deve condire la pasta): la raccomandazione è di estrarla dal frigorifero con anticipo affinché non sia gelida, ma a temperatura ambiente o anche leggermente intiepidita in un contenitore posto accanto ai fornelli accesi: così si eviterà di freddare la pasta e il condimento risulterà più omogeneo.

    Tornando agli spaghetti, impiattate direttamente dalla pentola ove erano stati mantecati con la polpa di ricci e aggiungete con un cucchiaio la burrata, spolverando di bottarga a piacimento.

    Tutti a tavola, ora e…alla prossima!

  • Toghe&Teglie: tartare Buenos Aires/Napoli

    Ben ritrovati, appassionati gourmets! Sono Bruno Pescarolo, avvocato milanese ovviamente parte del Gruppo Toghe & Teglie e questa settimana tocca a me proporre un piatto da mettere sulle vostre tavole: ho scelto – perché è piaciuta assai ai miei amici e colleghi – questa tartare di mia ideazione che prende il nome dall’origine di alcuni suoi ingredienti fondamentali: i gamberoni argentini e i taralli napoletani.

    Ecco gli ingredienti per due persone:

    600/800 gr. di gamberoni argentini decongelati in precedenza, olio evo q.b,. una zesta di  limone biologico grattugiato, sale rosa q.b., pepe bianco macinato al momento e erba cipollina q.b., due taralli piccoli.

    Ho pensato e poi sperimentato una variante delle varie tartare di mare, estremamente estiva e gustosa, perfetta per i pranzi al mare, magari in barca o, perché no, su una terrazza, accompagnata da un bicchiere di vino bianco gelato.

    Preparazione:

    Sciacquare accuratamente i gamberoni già decongelati e provvedere alla pulitura degli stessi uno ad uno, prima rimuovendo la testa, poi il carapace, quindi sviscerandoli praticando una piccola incisione nel dorso ed asportando tutto il filetto contenente l’intestino. Appena terminata l’operazione di pulitura, tagliare a coltello ogni coda di gamberone in pezzi della misura di 1 cm massimo e riporre il ricavato in una bacinella. Condire quindi con olio evo, sale rosa e pepe bianco macinato al momento a piacere, quindi aggiungere la buccia grattugiata di un limone intero biologico, precedentemente pulito anch’esso accuratamente e, infine, due o tre fili d’erba cipollina, tritati finemente.

    Ora mescolare il tutto con un cucchiaio fino a che tutti gli ingredienti ed i loro i sapori saranno amalgamati alla perfezione quindi, aiutandosi con un coppa pasta, impiattare compattando leggermente la tartare ottenuta con l’aiuto di un cucchiaio.

    Come tocco finale, sbriciolare semplicemente un tarallo nel pugno della mano e cospargere la tartare con la sua polvere. Questo è un tocco finale semplice ma che dona un piacevole contrasto di croccantezza: Buenos Aires e Napoli portano una magia di gusto in tavola.

    Buon appetito e buona estate a tutti!

  • Toghe&Teglie: la caponata di mele

    Buongiorno ai lettori, mi presento: sono Grazia Ignatti, avvocata che esercita a Mantova ma di origine palermitana, del Gruppo Toghe & Teglie del quale faccio parte da non molto tempo ma già prescelta per rappresentarlo in questa rubrica. Lo faccio con una punta di emozione ma anche con il piacere di proporre un piatto che costituisce, lo avrete intuito dal titolo, la originale e un po’ curiosa variazione di una ricetta tipicamente siciliana: la caponata.

    La caponata, se vi ponete l’attenzione, pur essendo un piatto da considerare “salato” ha, invece, un sapore agrodolce molto particolare, si potrebbe dire unico: dunque non stupitevi del cambio effettuato sull’ingrediente di base: mele al posto delle melanzane. Le prime non sono particolarmente dolci, certo non come un melone o un fico, le seconde non sono insipide come le cucuzze (zucchine, per voi del Norde) ma neppure dal sapore forte come le cime di rapa.

    Il procedimento di preparazione non è dissimile da quello della caponata di melenzane, quindi tutti gli ingredienti vanno rigorosamente soffritti separatamente. E sono questi:

    le mele, io scelgo e suggerisco quelle verdi perché rimangono croccanti.

    E poi: cipolle bianche, olive verdi, del cuore di sedano, capperi. mandorle, uva sultanina.

    Dopo che avrete soffritto mele, cipolla, olive e cuore di sedano – ogni ingrediente tagliato a tocchetti, ovviamente e le olive, magari, denocciolate e divise a metà –  con olio evo, aggiustate di sale e unite gli ingredienti  in una grande padella  facendo sfumare a fuoco moderato con un’emulsione agrodolce ottenuta mescolando aceto bianco e un po’ di zucchero.

    Completate queste operazioni, ed al momento di servire,  aggiungete l’ uva sultanina che precedentemente avrete fatta rinvenire in un po’ di marsala, le mandorle tostate e i capperi, a loro volta, se necessario, fatti dissalare.

    Curiosi di provare? Spero di avere suscitato interesse e gola…

    Alla prossima!

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