Grazie a Dio gli uomini non possono ancora volare
e sporcare i cieli, così come fanno con la terra!
Henry David Thoreau
Sul pianeta in cui viviamo, da quando fa parte dell’universo, ci sono stati sempre dei materiali che la natura stessa conservava o che scartava. In seguito, milioni di anni dopo, quando l’essere umano è diventato consapevole ed attivo, faceva lo stesso. Poi, con lo sviluppo delle attività e con l’avvio delle industrie, sono diventati sempre di più anche i materiali da scartare o eliminare. E tra quei materiali ci sono anche delle sostanze pericolose e dannose per la salute dell’essere umano, per le altre specie viventi e per l’ambiente che ci circonda e dove si vive. Però le quantità di quei materiali prodotte nei Pesi sviluppati ormai sono tali che si cerca di spostarli in Paesi meno sviluppati, in diverse parti del mondo. Paesi, questi ultimi, dove spesso manca anche la piena consapevolezza dei tanti pericoli, nonché delle tante gravi conseguenze che si devono affrontare. Purtroppo, negli ultimi decenni, non di rado si sono verificati e continuano a verificarsi molti casi di traffici illeciti transfrontalieri di simili rifiuti, pieni di diverse sostanze pericolose e nocive.
L’aumento di simili traffici illeciti rese necessaria anche una comune e consapevole reazione a livello globale. Un obiettivo raggiunto nell’ultimo decenio del secolo scorso dopo lunghe trattative ed il diretto coinvolgimento del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente. Un Programma che rappresenta un’organizzazione internazionale operativa dal 1972 in varie parti del mondo. Il compito del Programma è quello di prendere delle decisioni sulle politiche da attuare e sulle attività da svolgere nell’ambito della protezione dell’ambiente. Ebbene, in seguito ad un serio impegno del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, finalmente è stato elaborato e redatto il testo di una convenzione internazionale sul trattamento dei rifiuti pericolosi. Una convenzione firmata il 22 marzo 1989 a Basilea, in Svizzera. Si tratta della Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento. Una Convenzione che ormai è semplicemente nota come la Convenzione di Basilea e che ha come suo principale obiettivo quello di impedire il trasferimento dei rifiuti pericolosi e dannosi per la salute dai Paesi sviluppati, dove quei rifiuti si producono, ai Paesi in via di sviluppo scelti per depositarli. La Convenzione di Basilea è entrata in vigore il 5 maggio 1992 e da allora è stata ratificata da 189 Paesi.
In seguito all’entrata in vigore della Convenzione di Basilea, nel 1997 è stata costituita la Rete d’Azione di Basilea (Basel Action Network – BAN; n.d.a.) con sede a Seattle negli Stati Uniti d’America. Si tratta di una rete di organizzazioni specializzate che operano in varie parti del mondo per ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti pericolosi, diffondere la consapevolezza sugli impatti ambientali dei rifiuti, nonché promuovere e difendere la sostenibilità ambientale. Gli specialisti di Basel Action Network, per raggiungere questi obiettivi, usano metodi e modi diversi, indagini segrete comprese. Durante la loro ormai lunga attività hanno potuto seguire molti traffici di rifiuti pericolosi in varie parti del pianeta, dalle località di partenza e fino alla destinazione. E grazie alla loro attività si sono evidenziate violazioni delle leggi in vigore e della stessa Convenzione di Basilea, oltre che da Paesi in via di sviluppo, anche da Paesi molto evoluti dell’Europa occidentale. Paesi che sfruttano proprio Paesi poveri e bisognosi, per depositare i loro rifiuti pericolosi.
Esattamente quattro mesi fa, il 4 luglio 2024, dal porto di Durazzo in Albania sono partite due navi con un carico di circa 2800 tonnellate di rifiuti pericolosi. Ma per più di un mese nessuno, tranne i diretti interessati, non sapeva niente di quel trasporto illecito. Di quel traffico era stato informato però il direttore esecutivo del Basel Action Network. Lui stesso, all’inizio dello scorso agosto ha reso noto quanto era accaduto. Durante un’intervista rilasciata il 21 agosto scorso per una televisione albanese non controllata dal primo ministro, lui ha affermato che il 15 luglio scorso era arrivata una lettera che informava di un carico di rifiuti partiti dal porto di Durazzo in Albania. “Sono dei rifiuti pericolosi. Colui che ci ha scritto aveva ragione”, ha dichiarato l’intervistato. Aggiungendo che “…Siamo stati informati che il carico era uscito dal porto [di Durazzo] ed era diretto in Thailandia. Abbiamo subito contattato il governo albanese e ci hanno detto che non avevano nessuna informazione…. Da quel momento le autorità albanesi non ha risposto alle nostre domande”. Il direttore esecutivo del Basel Action Network ha altresì affermato, durante alla sopracitata intervista, che un altro carico di rifiuti pericolosi era arrivato in Cina all’inizio di quest’anno. “Vogliamo capire chi sono i produttori e gli esportatori, se [i rifiuti] arrivano dall’Europa oppure dall’Albania”, ha aggiunto lui durante l’intervista.
Il direttore esecutivo del Basel Action Network aveva informato anche i rappresentanti dell’OLAF (Office européen de lutte anti-fraude – l’Ufficio europeo per la lotta antifrode; n.d.a.). Si tratta di un organismo indipendente all’interno della Commissione Europea costituito il 28 aprile 1999. Il suo obiettivo istituzionale allora era quello di evidenziare e combattere “le frodi, la corruzione e qualsiasi attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità europea”. Da allora però sono aumentati i compiti istituzionali di OLAF. E tra loro ci sono anche le indagini dei traffici illeciti che potrebbero coinvolgere i Paesi membri dell’Unione europea e i Paesi candidati all’adesione all’Unione, come l’Albania. Ad un media statunitense che si stava informando di questo trasporto, l’ufficio per l’informazione dell’OLAF ha risposto: “Noi non siamo in grado di dare dei dettagli legati ai casi che OLAF può trattare, perché si devono proteggere i dati di ogni inchiesta in corso e dei possibili processi giudiziari che possono seguire”.
Il carico dei rifiuti pericolosi partito il 4 luglio dal porto albanese di Durazzo era destinato ad arrivare nel porto Laem Chabang, della provincia Chon Buri di Thailandia. Il Dipartimento degli Affari industriali di Thailandia, contattato sempre dal direttore esecutivo del Basel Action Network, ha risposto che “…le rispettive agenzie governative non sono state informate e non hanno dato il loro consenso per simili carichi [di rifiuti pericolosi]. … Noi stiamo coordinando e monitorando tutto per impedire questo traffico illecito”. Nel frattempo, dopo che si è saputo del traffico dei rifiuti pericolosi, le autorità albanesi, colte in flagranza di reato, sono state molto confuse e si contraddicevano a vicenda. Hanno però ribadito che non avrebbero permesso che quel carico potesse rientrare in Albania. Ma così non è stato. Quel carico di circa 2800 tonnellate di rifiuti pericolosi è ritornato il 28 ottobre scorso nel porto di Durazzo con una nave che tuttora sta a circa un chilometro di distanza e senza essere ancorata nelle banchine. Il direttore esecutivo del Basel Action Network ha chiesto alle autorità albanesi di aprire i container in presenza di osservatori indipendenti e di fare le analisi dei rifiuti in diversi laboratori certificati. Le autorità albanesi, nel frattempo, cercano di fare lo struzzo e di non assumere le loro responsabilità. Responsabilità che derivano anche dalla Convenzione di Basilea che l’Albania ha ratificato. Mentre le cattive lingue affermano convinte che quel traffico, come anche molti altri, che da alcuni anni ormai si svolgono tranquillamente, non si possono fare senza il beneplacito dei più alti livelli del potere politico.
Chi scrive queste righe condivide la convinzione delle cattive lingue su quel preoccupante traffico di rifiuti pericolosi. E parafrasando il noto scrittore e filosofo Henry David Thoreau, si potrebbe dire che grazie a Dio il primo ministro albanese e i suoi stretti collaboratori, criminalità organizzata compresa, non possono ancora volare e sporcare i cieli, così come fanno con la terra!