Albania

  • Una decisione che contrasta pienamente con la realtà

    Per quanto sia sbagliato, quando ti torna comodo lo ritieni giusto

    Publilio Siro

    Il nuovo parlamento olandese è stato costituito dopo le elezioni politiche del 15-17 marzo scorso. Elezioni che hanno garantito al primo ministro uscente il suo quarto mandato alla guida di una nuova alleanza governativa con i liberali di centrosinistra e i democristiani. Il 5 giugno scorso il governo olandese ha mandato alla Commissione per gli Affari europei della seconda Camera del Parlamento una richiesta con la quale esprimeva la sua piena convinzione che molte delle condizioni poste dall’Olanda negli anni scorsi all’Albania, nell’ambito del Consiglio europeo, erano state adempiute. Ragion per cui il governo chiedeva alla Commissione di approvare la sua richiesta per poi avere anche l’approvazione del Parlamento stesso per l’apertura della prima conferenza intergovernativa tra l’Albania e l’Unione europea. In seguito, il 16 giugno scorso, la Commissione per gli Affari europei del Parlamento ha approvato la sopracitata richiesta del governo. Quella decisione è stata approvata poi anche dallo stesso Parlamento olandese. Un’approvazione che ha così autorizzato il primo ministro, rappresentante dell’Olanda nel Consiglio europeo, a dare il suo voto positivo durante la riunione del Consiglio prevista per il 24 e il 25 giugno prossimo. L’apertura della prima conferenza intergovernativa tra l’Albania e l’Unione europea sarà uno dei temi che verranno esaminati il 22 giugno, durante la riunione del Consiglio degli Affari generali, composto dai ministri degli Esteri e degli Affari europei degli Stati membri, il cui compito è quello di preparare tutti i materiali da essere trattati durante la riunione del Consiglio europeo. Tra i temi che verranno trattati dal Consiglio degli Affari generali ci sarà anche quello dell’allargamento dell’Unione europea ai Paesi dei Balcani occidentali, Albania compresa. Riferendosi all’approvazione, da parte del Parlamento olandese, dell’apertura della prima conferenza intergovernativa tra l’Albania e l’Unione europea, quello che ha attirato l’attenzione degli opinionisti e degli analisti politici è stato un atteggiamento completamente diverso dell’Olanda nei confronti dell’Albania. Si perché per anni, l’Olanda, insieme con la Francia, la Germania, il Belgio ed altri Paesi membri dell’Unione europea sono stati, giustamente, molto critici ed intransigenti con il governo albanese. L’Olanda è stato tra quei Paesi membri dell’Unione che hanno posto delle condizioni sine qua non all’Albania da essere adempiute, prima di permettere l’apertura dei negoziati per l’adesione all’Unione europea. Condizioni che, invece di essere prese seriamente in considerazione ed esaudite, sono aumentate con il passare degli anni. Condizioni che dal 2016 ad oggi da cinque sono diventate nove e poi quindici nel marzo del 2020! Solo questo fatto, di per sé, dimostra e testimonia la vera e molto preoccupante realtà albanese. Realtà che non solo non è cambiata, ma addirittura è ulteriormente peggiorata anche in questi ultimi mesi. Le elezioni del 25 aprile scorso in Albania ne sono state un’ulteriore e inconfutabile testimonianza. Nel frattempo però, sia il governo che la maggioranza del Parlamento olandese hanno una tutt’altra opinione. Lo ha comunicato ufficialmente subito, il 16 giugno 2021, l’ambasciata olandese in Albania. Nel suo comunicato ufficiale si affermava che “…l’Albania ha fatto progresso nelle questioni prioritarie come la riforma della giustizia e la lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione” (Sic!). Strano, veramente strano, perché per chi conosce la vera realtà vissuta e sofferta in Albania sono proprio quelle le vere piaghe cancerose che stanno divorando quello che è rimasto ancora di sano nella società albanese. Chissà perché allora questa incoerenza e questa incongruenza della classe politica olandese?! Chissà perché allora, in questi ultimi mesi, sia il governo olandese che anche il parlamento del Paese hanno radicalmente cambiato opinione sull’Albania?! Si sa però, e lo hanno confermato i media olandesi, che una delle ragioni di questo radicale cambiamento è geopolitica ed è legata all’aumentata presenza nei Balcani della Russia e della Cina. Una reale preoccupazione questa, che è stata trattata seriamente anche durante gli incontri tra il presidente statunitense e i massimi dirigenti della NATO e dell’Unione europea la scorsa settimana a Bruxelles.

    Tornando alla decisione del Parlamento olandese di non opporsi più al’apertura dei negoziati tra l’Albania e l’Unione europea, l’autore di queste righe sente l’obbligo, nei confronti del nostro lettore, di evidenziare cosa è realmente accaduto, nel corso di questi ultimi anni, con il percorso europeo dell’Albania. Partendo dal giugno 2014, quando il Consiglio europeo ha deciso di dare all’Albania lo status del Paese candidato all’adesione nell’Unione europea. In seguito, la Commissione europea ha raccomandato alle altre istituzioni dell’Unione di decidere su una data per aprire i negoziati. Il Parlamento europeo, tramite una sua risoluzione, nell’aprile 2015, ha appoggiato questa raccomandazione della Commissione. In seguito la stessa Commissione ha proposto il 9 novembre 2016 come la data per avviare i negoziati tra l’Unione e l’Albania. Il 26 novembre 2016 però, la Germania ha posto il suo veto fino al 2018 per l’apertura dei negoziati. Nel frattempo si doveva rispettare ed attuare tutto quanto si prevedeva dai cinque criteri resi noti dalle istituzioni europee. Poi la Germania ha posto ben nove condizioni sine qua non al governo albanese ad essere adempiute, prima dell’apertura dei negoziati. In seguito a quelle nove condizioni sono state aggiunte altre sei dall’Olanda e da altri paesi membri dell’Unione europea. Il 25 marzo 2020 il Consiglio europeo ha deciso che il governo albanese dovrebbe adempiere tutte le quindici condizioni sine qua non per poi avviare la convocazione della prima conferenza intergovernativa con l’Unione europea. Purtroppo, dati e fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, comprese anche le elezioni politiche del 25 aprile scorso, del controllo, condizionamento e la manipolazione di cui il nostro lettore è stato informato a tempo debito, testimoniano il totale fallimento del governo albanese.

    Per quanto riguarda l’Olanda, invece, nell’agosto 2017 le sue istituzioni specializzate hanno proposto il blocco dei visti Schengen per i cittadini albanesi. Le ragioni erano due: la presenza della criminalità organizzata nel loro territorio e l’aumento degli albanesi che chiedevano asilo. Ed erano proprio i richiedenti asilo che arrivavano dall’Albania, che avevano costretto il Parlamento olandese a votare contro l’apertura dei negoziati con l’Albania. Nel 2018 erano anche la preoccupante e diffusa attività su tutto il territorio albanese, della criminalità organizzata e la galoppante corruzione a tutti i livelli, che hanno di nuovo costretto anche il primo ministro olandese, lo stesso attuale, come rappresentante del Paese nel Consiglio europeo, a bloccare di nuovo l’apertura dei negoziati con l’Albania. Poi, un anno dopo, nel 2019, l’Olanda è stata ancora più drastica nei confronti del governo albanese. Sempre ribadendo la pericolosità e la crescente preoccupazione per la criminalità organizzata e la corruzione in Albania, le autorità olandesi hanno depositato presso la Commissione europea la richiesta di bloccare i visti Schengen per tutti i cittadini albanesi. Ed era proprio nel 2019, che l’allora primo ministro olandese, lo stesso attuale, dichiarava convinto, riferendosi alla posizione ufficiale dell’Olanda, che “…Per l’Albania è un chiaro ‘No’”. Alcuni mesi dopo, durante il vertice del Consiglio europeo del 25 marzo 2020, anche lui ha votato contro l’apertura dei negoziati con l’Albania. Insieme con i rappresentanti di altri Paesi membri dell’Unione ha chiesto la concreta e verificata attuazione delle quindici condizioni sine qua non. Non solo ma anche alla fine del 2020, i rappresentanti olandesi, riferendosi alle ripetute raccomandazioni positive ed entusiastiche della Commissione europea per l’Albania, erano ben convinti che “…La conclusione della Commissione europea, secondo la quale quasi tutte le condizioni sono state adempiute, è prematura”! Ed avevano pienamente ragione. Perché il “riformato” sistema di giustizia è ormai pienamente sotto il diretto controllo del primo ministro, come si può facilmente verificare. Perché la criminalità organizzata, talmente radicata e potente su tutto il territorio, in connivenza con il potere politico, ormai è diventata molto attiva e pericolosa anche in altri Paesi europei, Olanda inclusa. Perché ogni giorno che passa la corruzione è diventato un male diffuso e a tutti i livelli in Albania. Perché in Albania il pluripartitismo e certe sembianze democratiche servono semplicemente al primo ministro come facciata, per camuffare la sua restaurata e pericolosa dittatura. Perché in Albania, nonostante l’obbligo ufficialmente preso, non si rispettano, anzi, si calpestano volutamente tutti i tre criteri di Copenaghen, compreso il funzionamento dello Stato di diritto. Ci sarebbero anche tanti altri “perché”. Però “stranamente” il governo e il parlamento olandese, da qualche tempo, hanno cambiato radicalmente opinione. Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe trova del tutto incoerente e incongruente la decisione del parlamento olandese del 16 giugno scorso sull’Albania. Ragion per cui a lui vengono naturali le domande seguenti: cos’è accaduto perché sia il governo che il parlamento olandese hanno cambiato così, di punto in bianco, il loro atteggiamento nei confronti dell’Albania?! Perché una simile decisione, che contrasta pienamente con la vissuta e sofferta realtà albanese?! Forse anche in questo caso potrebbe avere ragione Publilio Siro, il quale già da più di duemila anni fa era convinto che per quanto una cosa possa essere sbagliata, quando ti torna comodo la ritieni giusta. Tutti quelli però, che hanno preso una simile decisione, devono una spiegazione ed una scusa pubblica a tutti i poveri, ma onesti e responsabili cittadini albanesi, i quali stanno soffrendo le vessazioni della camuffata dittatura, la cui propaganda ha sbandierato come successo la decisione olandese.

  • Il doppio gioco di due usurpatori di potere

    Fa sempre il doppio gioco, mente perfino se gli chiedi che ora è; sicché

    di lui non puoi fidarti mai. Mai! Da lui finisci sistematicamente tradito.

    Oriana Fallaci

    Tutti e due si somigliano. Tutti e due sono dei bugiardi, degli impostori ed ingannatori nati. Tutti e due sono degli irresponsabili. Tutti e due, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo alla mano, nolens volens, si sostengono a vicenda. Tutti e due purtroppo, da anni ormai, esercitano dei poteri istituzionali molto importanti in Albania. Tutti e due, a scapito dei cittadini, hanno usurpato e stanno pericolosamente abusando del potere. Tutti e due, come tali, sono anche i diretti responsabili della drammatica, preoccupante, pericolosa e sofferta realtà albanese. Uno è il primo ministro. L’altro è il capo dell’opposizione.

    Il 13 giugno, in Albania, si è concluso il congresso del partito socialista, capeggiato dal primo ministro. Un’ulteriore occasione per lui e per la sua potente propaganda di sfoggiare “successi” e di vantare “modestamente” la dedizione per il popolo. Per l’occasione però il primo ministro si è sentito doppiamente soddisfatto: sia della conclusione del congresso del suo partito sia perché ormai lui si sente più tranquillo. Almeno per qualche tempo, nel caso non ci siano degli inattesi ed incontrollati sviluppi da lui e/o da chi per lui. Grazie anche a quello che ha potuto fare, con “successo” il suo “simile”, il capo dell’opposizione.

    Si perché il 13 giugno, in Albania, si sono svolte anche le elezioni per il capo del partito democratico, il primo partito di opposizione, fondato il 12 dicembre 1990. Elezioni che, purtroppo, dati e fatti accaduti e ad ora evidenziati, risulterebbero essere state pesantemente condizionate, controllate e manipolate dal capo del partito che è anche il capo dell’opposizione e dai suoi fedeli sostenitori. Usando, guarda caso, dei modi simili a quelli con i quali il primo ministro ha “vinto” tutte le elezioni dal 2013. Comprese quelle ultime, del 25 aprile scorso. E si tratta proprio di quel partito, del partito democratico, il quale ha risuscitato le speranze stordite, ha motivato ed ha guidato nel 1990-1991 tutte le massicce proteste degli albanesi contro la più sanguinosa dittatura comunista dell’Europa. Una dittatura che però e purtroppo, dopo trenta anni, si sta consolidando di nuovo in Albania. Ovviamente mascherata, abusando di una facciata di pluripartitismo. Un nuovo e pericoloso regime questo attuale in Albania, come espressione diretta di una preoccupante ed altrettanto pericolosa alleanza del potere politico con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti locali e internazionali. Una nuova e camuffata dittatura, controllata e guidata dai diretti discendenti, biologici e/o spirituali, dei dirigenti della sanguinosa dittatura comunista rovesciata nel 1991, ma mai sradicata definitivamente. Quanto sta accadendo in Albania, da qualche anno, ne è una diretta ed inconfutabile testimonianza. L’autore di queste righe, riferendosi soltanto a tutto quello che è accaduto e sta accadendo realmente, a tutto quello che è stato pubblicamente denunciato, da anni sta informando il nostro lettore di una simile, drammatica, molto preoccupante e pericolosa realtà, non solo per gli albanesi che lo stanno soffrendo sulla loro pelle, ma anche per i Paesi vicini. Italia compresa.

    Dopo l’ennesima sconfitta elettorale dell’opposizione il 25 aprile scorso, il capo del partito democratico, allo stesso tempo anche capo dell’opposizione, ha cercato di giustificare tutto e di non assumere le proprie dirette responsabilità per tutto quello che è accaduto. Soprattutto prima, ma anche il giorno delle elezioni, il 25 aprile scorso. Quella clamorosa e preannunciata sconfitta è stata la quarta in ordine di tempo, non avendo registrato una sola vittoria elettorale da quanto lui ha cominciato a dirigere il partito democratico albanese, nel 2013. Accadeva subito dopo le dimissioni da tutti gli incarichi politici ed istituzionali del suo predecessore, l’ex primo ministro e dirigente storico del partito. Dimissioni irrevocabili, dopo la sconfitta elettorale, sua e del partito, nelle elezioni del giugno 2013. Elezioni vinte dal partito socialista che, da allora, hanno permesso all’attuale primo ministro di governare il Paese. Ebbene, dopo l’ennesima sconfitta elettorale dell’opposizione il 25 aprile scorso, il capo del partito democratico, invece di seguire l’esempio del suo predecessore, non ha mai dato le richieste e, almeno moralmente dovute, dimissioni. Non solo, ma ha fatto di tutto, lui e i suoi fedeli sostenitori, investiti di incarichi istituzionali nel partito, per continuare ad essere il dirigente del partito. Nel frattempo, dati e fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano testimoniano e dimostrano palesemente che lui, in tutti questi anni, più che dirigere il partito, lo ha usurpato, ha goduto ed abusato di tutti i suoi  poteri politici ed istituzionali, facendo diventare il primo partito dell’opposizione albanese, fondato nel dicembre 1990, un partito clientelistico e di gestione familiare.

    Essendo stato rieletto il 22 luglio 2017 come capo del partito, dopo una farsa elettorale, avendo di fronte un solo “candidato”, il mandato del capo del partito democratico albanese sarebbe scaduto il 22 luglio prossimo. Ebbene, lui non solo non ha rispettato quella scadenza per stabilire la data per svolgere le nuove elezioni nel partito, come prevede lo Statuto, ma, addirittura, ha anticipato quella data fissando le elezioni per il 13 giugno 2021. Proprio ieri. In palese violazione delle regole istituzionali ed usufruendo del suo pieno controllo, da usurpatore quale è, degli organi dirigenti del partito. Non solo, ma non ha aspettato neanche le decisioni che dovrà prendere la Commissione Centrale Elettorale sulla validità del risultato delle elezioni del 25 aprile scorso che hanno dato il terzo mandato al primo ministro, il suo “simile”. Denunce che sono state ufficialmente depositate presso quella Commissione, proprio dal partito democratico e ancora senza una decisione definitiva. Il che denuncia, a sua volta, la tanta fretta e la grande angoscia del capo del partito per accorciare al massimo il tempo ed impedire ad altri candidati di poter fare campagna elettorale in tutto il territorio. Anzi, almeno un candidato, ha chiesto ufficialmente addirittura la posticipazione delle elezioni, sia per attendere il verdetto finale della Commissione Centrale Elettorale, che per dare la possibilità agli elettori del partito di assorbire e recuperare le conseguenze della sconfitta del 25 aprile scorso. Ma la decisione era ormai stata presa. Tutto ciò denuncia proprio la grande difficoltà nella quale si è trovato il capo del partito democratico albanese dopo la sua clamorosa e preannunciata sconfitta elettorale del 25 aprile scorso. Una difficoltà quella che deriva dalla totale incapacità, politica e personale, di assumere le proprie responsabilità e di ammettere la sua sconfitta. L’ennesima. Ma evidenzia palesemente anche la sua perfidia e malvagità.

    L’autore di queste righe ha informato sempre, a tempo debito, il nostro lettore della falsità e delle conseguenze del problematico e preoccupante operato del capo del partito democratico albanese, allo stesso tempo anche capo dell’opposizione. Operato che, fatti accaduti alla mano, ha aiutato l’attuale primo ministro a rimanere tale, con tutte le derivate, ben note e sofferte conseguenze per gli onesti e poveri cittadini albanesi. Partendo dalle promesse pubbliche mai mantenute del capo dell’opposizione, fatte durante le proteste nella primavera del 2017 e concluse inaspettatamente e “stranamente” con l’accordo occulto e mai reso minimamente trasparente del 18 maggio 2017 con l’attuale primo ministro. Con tutte le sue conseguenze. Ma anche tutto quello che ha fatto prima ed in seguito. Come, per esempio, la riforma amministrativa (2014), la consegna dei mandati dei deputati dell’opposizione (febbraio 2019), il non giustificato boicottaggio delle elezioni amministrative (giugno 2019), la riforma elettorale con il famigerato accordo del 5 giugno 2020, le cui conseguenze sono state palesemente manifestate durante le elezioni del 25 aprile scorso. Di tutto ciò e di tanto altro ancora l’autore di queste righe ha informato il nostro lettore, cercando di essere sempre ed il più possibile oggettivo nelle sue valutazioni ed in quanto ha scritto (Dall’Albania niente di nuovo, 27 giugno 2017; Giù le maschere, 3 luglio 2017; La scelta tra il bene e il male, 24 luglio 2017, Somiglianze inquietanti, 27 gennaio 2020, ecc, ecc…).

    Tornando alla gara elettorale per il capo del partito democratico albanese svoltasi il 13 giugno, in base alle rivendicazioni e alle denunce fatte, nonché alle testimonianze rese ormai note e alle registrazioni video, se tutto sarà confermato e provato, risulterebbe che quella che si è svolta ieri tutto può essere stata, meno che una gara onesta, libera e credibile. E se così risulterà veramente, sarà l’ennesima dimostrazione e testimonianza della falsità delle dichiarazioni pubbliche del capo del partito democratico albanese, a sua volta anche capo dell’opposizione, della sua pericolosa incapacità e falsità istituzionale, con tutte le derivanti conseguenze. Soprattutto in una simile, ben nota, drammatica e sofferta realtà in Albania.

    Chi scrive queste righe seguirà ed informerà il nostro lettore di tutti gli attesi ed inevitabili sviluppi, dopo le ormai contestate elezioni per il capo del partito democratico albanese. Nel frattempo però egli non può non evidenziare e sottolineare le tante somiglianze caratteriali e di operato tra l’attuale primo ministro albanese e il capo dell’opposizione. Con tutte le pericolose conseguenze. Quanto sta accadendo in queste ultime settimane in Albania sembrerebbe abbia motivato e convinto anche il capo storico del partito democratico albanese, a sua volta ex presidente della Repubblica ed ex primo ministro, a riconsiderare la sua irrevocabile decisione, dopo le dimissioni da tutti gli incarichi politici ed istituzionali il 26 giugno 2013. L’autore di queste righe è convinto che spetta agli onesti e responsabili cittadini albanesi porre fine al pericoloso doppio gioco dei due usurpatori del potere in Albania: uno il primo ministro e l’altro il capo del partito democratico e dell’opposizione. Quelli che, come scriveva Oriana Fallaci, mentono perfino se chiedi loro che ora è. Chi scrive queste righe è convinto che di tutti e due nessuno dovrebbe mai fidarsi. Perché da loro finisci sistematicamente tradito: sicuramente dal “vincitore” capo del partito democratico. Agli albanesi onesti e responsabili la scelta!

  • Irritante manipolazione della realtà

    Siamo tutti impostori in questo mondo, noi tutti

    facciamo finta di essere qualcosa che non siamo.

    Richard Bach

    La saggezza umana, basata su innumerevoli e spesso anche molto sofferte esperienze, in ogni parte del mondo, dalla notte dei tempi ad oggi, considera fondamentale l’uso della parola. In tutti i suoi modi. Lo testimonia, tra l’altro, anche il contenuto delle Sacre Scritture e dei Vangeli. Uno dei dieci comandamenti, l’ottavo, quello che Dio scrisse sulle tavole di pietra in presenza di Mosè sul monte Sinai, ne è una inequivocabile espressione dell’importanza dell’uso della parola. Come ribadisce chiaramente e senza mezzi termini anche Matteo, uno dei quattro evangelisti: “Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio;  poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato” (Bibbia secondo Matteo 12:36-37; n.d.a.).

    Il 3 giugno scorso il presidente degli Stati Uniti d’America, ha firmato un Memorandum sulla sicurezza nazionale. In quel Memorandum si evidenzia la grande importanza della lotta contro la corruzione, come un’interesse fondamentale per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. La firma di questo Memorandum è avvenuta alla vigilia della riunione a Londra dei ministri delle Finanze del Gruppo dei Paesi del G7 (4-5 giugno scorso, n.d.a.). Ma la firma di quel Memorandum avviene anche poco prima dell’incontro del Presidente statunitense con il suo omologo russo a Ginevra, previsto per il 16 giungo prossimo. In quel’importante documento, firmato il 3 giugno scorso dal Presidente statunitense, si ribadisce, tra l’altro, che “…La corruzione minaccia la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, l’equità economica, gli sforzi globali contro la povertà e lo sviluppo, e la democrazia stessa”. Si sottolinea anche che “… prevenendo e contrastando efficacemente la corruzione e dimostrando i vantaggi di un governo trasparente e responsabile, possiamo assicurare un vantaggio fondamentale per gli Stati Uniti e altre democrazie”. In più si evidenzia l’importanza della lotta contro la corruzione, perché “…Combattere la corruzione non è solo buon governo. È autodifesa. È patriottismo ed è essenziale per la conservazione della nostra democrazia e del nostro futuro”. Con la firma di quel Memorandum, il Presidente statunitense ha sancito anche un obiettivo strategico. Nel testo firmato si legge “…La mia amministrazione guiderà gli sforzi per promuovere il buon governo; portare trasparenza negli Stati Uniti e nei sistemi finanziari globali; prevenire e combattere la corruzione in patria e all’estero; e rendere sempre più difficile per gli attori corrotti proteggere le loro attività”.

    Proprio un giorno dopo la firma dal Presidente statunitense del sopracitato Memorandum, e cioè il 4 giugno scorso, il segretario di Stato degli Stati Uniti d’America ha mandato un messaggio ufficiale, da lui firmato, al primo ministro albanese. Con quel messaggio il segretario di Stato ha mandato i suoi migliori auguri al primo ministro e al suo partito per “…il successo elettorale”. E si riferiva, ovviamente, alla vittoria del terzo mandato del primo ministro alle ultime elezioni politiche, svolte in Albania il 25 aprile scorso. In seguito il segretario di Stato ha assicurato il primo ministro albanese, affermando che “…io attendo di lavorare con lei durante il suo terzo mandato come primo ministro, per rafforzare ulteriormente la nostra collaborazione”. E poi proseguiva, garantendo al primo ministro che gli Stati Uniti d’America saranno impegnati e continueranno “…a sostenere l’Albania, mentre lavora per rafforzare lo Stato del diritto, per il miglioramento del rendiconto del governo e per attuare la riforma della giustizia”. Alla fine del suo messaggio ufficiale del 4 giugno scorso per il primo ministro albanese, il segretario di Stato affermava che gli Stati Uniti d’America si confrontano con molti crisi in tutto il globo ed egli è “fiducioso che insieme possiamo alzarsi e compiere queste sfide storiche”. Un messaggio di auguri quello del Segretario di Stato, per la vittoria del terzo mandato da parte del primo ministro albanese durante le elezioni del 25 aprile scorso, che non poteva passare inosservato, anzi!

    L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore su come sono state svolte e sul risultato delle elezioni del 25 aprile scorso in Albania. Come ha anche informato il nostro lettore della strategia del primo ministro e dei suoi per avere, costi quel che costi, il suo terzo mandato. Una strategia, quella, ideata e programmata per controllare, condizionare e manipolare il risultato delle elezioni ed attuata con successo. Una strategia, quella, messa in atto con il coinvolgimento diretto e capillare della criminalità organizzata, dall’uso delle ingenti somme di denaro provenienti da attività illecite, dall’abuso di potere, dall’allarmante e ben diffusa corruzione a tutti i livelli e molto altro. Sono delle realtà queste che sono state evidenziate anche da diverse istituzioni specializzate internazionali. L’autore di queste righe, come sempre, anche in questo caso ha cercato di essere più oggettivo possibile, facendo riferimento solo e soltanto a dati, a fatti accaduti e documentanti, nonché a molte denunce pubbliche ed ufficiali che purtroppo ancora attendono di essere trattate dal sistema “riformato” della giustizia in Albania. Il nostro lettore ha potuto essere informato anche di tutto ciò (Avvisaglie di coinvolgimento elettorale della criminalità, 22 marzo 2021; Scenari orwelliani in attesa del 25 aprile, 19 aprile 2021; Dopo il 25 aprile chi si giustifica si autoaccusa, 3 maggio 2021; A che gioco stanno giocando?, 10 maggio 2021).

    Il messaggio ufficiale di auguri del Segretario di Stato statunitense al primo ministro albanese, per la vittoria del suo terzo mandato, soltanto un giorno dopo la firma, da parte del Presidente degli Stati Uniti d’America del Memorandum sulla sicurezza nazionale e sull’importanza della lotta contro la corruzione, per tutti quelli che conoscono la vera realtà vissuta e sofferta in Albania, suscita non poche perplessità e stimola delle inevitabili e naturali domande. Ed avviene proprio due settimane dopo che, lo stesso segretario di Stato, ha dichiarato “persona non desiderata per entrare negli Stati Uniti” l’ex presidente della Repubblica (1992-1997) e l’ex primo ministro albanese (2005-2013). La ragione di questa drastica decisione era basata sugli atti corruttivi dell’ex Presidente che “…hanno minato la democrazia in Albania”. In più, sempre secondo la dichiarazione del segretario di Stato, l’ex presidente della Repubblica “… era coinvolto in atti corruttivi come l’uso improprio dei fondi pubblici, interventi nei processi pubblici”. Anche su questo caso il nostro lettore è stato subito informato (Eclatanti e preoccupanti incoerenze istituzionali; 24 maggio 2021). La dichiarazione dell’ex presidente albanese come una “persona non desiderata per entrare negli Stati Uniti”, tenendo presente la vera e vissuta realtà albanese, è stata considerata e commentata da tanti analisti politici, come un “generoso” sostegno politico offerto al primo ministro albanese, proprio mentre tutto il processo elettorale è stato denunciato ufficialamente dall’opposizione presso la Commissione Centrale Elettorale. La Commissione che ancora non ha finito l’esame di tutte le denunce e non ha espresso la sua ufficiale decisione. Proprio in questo momento, arriva, come una mana santa, il sostegno ufficiale da Oltreoceano per il “successo elettorale” del primo ministro e del suo partito durante le elezioni del 25 aprile scorso! Per chi conosce la realtà albanese, questo è stato anche un “criptato” messaggio per tutti coloro che si devono ufficialmente esprimere sul risultato finale delle elezioni. Commissione Centrale Elettorale compresa. Ma non solo per loro. Anche per le istituzioni del “riformato” sistema della giustizia, nel caso in cui dovrebbero essere coinvolti successivamente, come prevede la legislazione. E non a caso, nel suo messaggio d’auguri, il segretario di Stato si impegna “…a sostenere l’Albania, mentre lavora per rafforzare lo Stato del diritto, per il miglioramento del rendiconto del governo e per attuare la riforma della giustizia”!

    Chi scrive queste righe auspica che qualcuno dicesse al segretario di Stato che se è veramente intenzionato ad aiutare l’Albania e gli albanesi, se vuole veramente che l’Albania diventi un Paese democratico, non è questo proprio il modo giusto. Perché chi scrive queste righe è fermamente convinto, e lo ha ribadito continuamente, che se c’è una persona direttamente e istituzionalmente responsabile per la pericolosa e preoccupante realtà albanese, per la galoppante e ben diffusa corruzione in Albania, quello è proprio il primo ministro. Ma l’autore di queste righe non può facilmente trovare coerenza e far combaciare i contenuti di quanto scrive il segretario di Stato al primo ministro albanese, del sopracitato Memorandum firmato il 3 giugno scorso dal Presidente statunitense, con la vissuta e sofferta realtà albanese. Chi scrive queste righe pensa che per i poveri, però onesti e responsabili cittadini albanesi, ma non solo per loro, tutto ciò, rappresentando un’irritante manipolazione della realtà, offende, allo stesso tempo, anche la loro intelligenza. Perché non tutti sono degli impostori in questo mondo e non tutti fanno finta di essere qualcosa che non sono. Chi scrive queste righe pensa che tutti si devono ricordare dell’ammonimento dell’evangelista Matteo, secondo il quale, per “… ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio”! 

  • Alleanze, irresponsabilità e ipocrisia in sostegno dei dittatori

    I dittatori cavalcano avanti e indietro su tigri da cui non

    possano scendere. E le tigri diventano sempre più affamate.

    Wiston Churchill

    I dittatori non smentiscono mai se stessi. Quanto è accaduto otto giorni fa in Bielorussia ne è un’ulteriore e grave conferma. Era la mattina del 23 maggio scorso quando il pilota del volo Ryanair FR 4978, decollato da Atene e diretto a Vilnius, ha ricevuto un messaggio con il quale le autorità aeroportuali bielorusse notificavano una “potenziale minaccia alla sicurezza a bordo”. La “minaccia” sarebbe stata la presenza, a bordo dell’aereo, di una bomba. Subito dopo, l’aereo civile di linea è stato intercettato da un aereo dell’aeronautica militare bielorussa e costretto ad un atterraggio forzato all’aeroporto di Minsk. Quanto è accaduto dopo e reso pubblicamente noto ha dimostrato e testimoniato la falsità di tutta quella messinscena del regime bielorusso. Una messinscena solo per permettere alle autorità di attuare quanto era stato programmato con cura anticipatamente. Sì, perché si doveva arrestare un oppositore del regime e lo hanno fatto. Le autorità bielorusse, eseguendo gli ordini partiti da lì dove si decide tutto, hanno arrestato Roman Protasevich, un giornalista ventiseienne bielorusso e la sua compagna russa. Proprio così, un giornalista. Perché per i regimi e i dittatori i giornalisti che si oppongono a loro e li denunciano diventano fastidiosi, diventano pericolosi, perciò, diventano nemici da combattere e annientare. Così hanno fatto anche con Roman Protasevich. Lui da tempo è stato costretto a vivere in Polonia, essendo stato co-fondatore ed ex direttore del canale Telegram Nexta, con base in Polonia e colui che attualmente dirige un nuovo media, La Bielorussia del mal di testa, molto seguita dagli oppositori del regime bielorusso di Lukashenko. La misera messinscena del 23 maggio scorso all’aeroporto di Minsk non poteva non essere accompagnata da un “piccolo giallo”. Sì, perché dai 126 passeggeri partiti da Atene, a Vilnius sono arrivati soltanto 121. Cioè, oltre al giornalista e la sua compagna arrestati, mancavano all’appello altri tre, tutti “svaniti”, “evaporati” nell’aeroporto di Minsk. Le cattive lingue hanno parlato subito di agenti dei servizi segreti. Immediatamente dopo l’arresto del giornalista dissidente, la dirigente dell’opposizione bielorussa, costretta, purtroppo, anche lei all’esilio dopo le elezioni del 9 agosto 2020 e le proteste successive in Bielorussia, ha dichiarato che lui “rischia la pena di morte in Bielorussia”. Questo perché, secondo lei, Lukashenko sta trasformando la Bielorussia “…nella Corea del Nord d’Europa; non trasparente, imprevedibile e pericolosa”.

    Nel frattempo sono state immediate le reazioni delle cancellerie occidentali, di quella statunitense e delle istituzioni internazionali, Unione europea e NATO comprese. Lo scandalo del dirottamento forzato dell’aereo è stato considerato un “atto di pirateria” ed un “dirottamento di Stato”. Tutti, oltre a chiedere l’immediata liberazione del giornalista dissidente e della sua compagna, hanno proposto ed attuato anche delle sanzioni contro la Bielorussia e il regime di Aleksander Lukashenko. In attesa del prossimo vertice del Consiglio europeo, per decidere sulle sanzioni nei confronti della Bielorussia, ci sono le reazioni di tutti i massimi rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea. Subito dopo lo scandalo dell’atterraggio forzato dell’aereo e il successivo arresto del giornalista dissidente ha reagito la presidente della Commissione europea. Lei ha dichiarato che “…Serve una risposta molto forte contro questo dirottamento completamente inaccettabile. Lukashenko deve capire che questo atto non può essere senza conseguenze!”. Per poi ribadire che“…il pacchetto economico da 3 miliardi di investimenti pronto ad andare dall’Unione europea in Bielorussia resta congelato finché la Bielorussia non diventerà democratica”. Affermando anche che si stanno discutendo sanzioni dirette contro individui ed entità economiche che finanziano il regime. Mentre il presidente degli Stati Uniti d’America ha condannato duramente l’atterraggio forzato dell’aereo e l’arresto del giornalista dissidente, oppositore del regime di Lukashenko. In più lui ha appoggiato la richiesta di sanzioni economiche dell’Unione europea ad ha affermato di aver chiesto al suo team di studiare opzioni adeguate per i responsabili. Nel frattempo i Paesi membri dell’Unione europea hanno deciso di boicottare gli spazi aerei della Bielorussia. Mentre la compagnia di bandiera francese Air France ha annunciato che non volerà per il momento sulla Bielorussia. La stessa misura ha preso anche la compagnia tedesca Lufthansa, con la sospensione delle proprie attività nello spazio aereo bielorusso. La Russia invece si è schierata contro le cancellerie occidentali e le istituzioni internazionali. Il presidente russo e/o chi per lui ha pubblicamente dichiarato il suo appoggio al presidente Lukashenko, perché gli alleati non si abbandonano in simili difficili momenti, anzi!

    Nel frattempo che tutti i Paesi membri dell’Unione europea hanno adoperato misure su voli e/o divieti di spazi aerei, “stranamente” però, un volo proveniente dalla Bielorussia, è atterrato all’aeroporto internazionale di Tirana nel pomeriggio del 26 maggio scorso. E cioè tre giorni dopo lo scandalo dell’atterraggio forzato e l’arresto del giornalista dissidente nell’aeroporto di Minsk. Un tempo più che sufficiente, quello, per il primo ministro albanese e i suoi “consiglieri’ per decidere da che parte stare. E la scelta è stata fatta! I simili scelgono i propri simili ci insegna la saggezza popolare. Perché chi si somiglia si piglia recita il proverbio. Anche perché lui, il primo ministro albanese, e il presidente bielorusso Lukashenko ne hanno di cose in comune. L’autore di queste righe ha trattato per il nostro lettore questo argomento (Un bue che dovrebbe dire cornuto ad un altro bue, 7 settembre 2020; Inquietanti dimostrazioni dittatoriali, 28 settembre 2020; Un inganno tira l’altro, 5 ottobre 2020). Così come ha trattato anche la “vittoria” elettorale del primo ministro albanese il 25 aprile scorso, molto simile alla “vittoria” elettorale di Lukashenko il 9 agosto 2020. Una “vittoria” quella del primo ministro albanese, che gli ha confermato il suo tanto ambito terzo mandato, mentre Lukashenko, con la “vittoria” elettorale del 9 agosto 2020, vinceva il suo sesto mandato. Chissà se questo potrà essere, però, un obiettivo raggiungibile per il suo “simile”, il primo ministro albanese?! Il quale, nel frattempo si sa, anzi è pubblicamente noto, che ha avuto un altro, forte, concreto e molto importante sostegno elettorale da parte di un altro loro “simile”.  Il primo ministro albanese ha avuto il pieno e dichiarato appoggio del presidente turco Erdogan. Sempre i simili cercano e sostengono i propri simili!

    Il 27 maggio scorso il ministro aggiunto per l’Europa presso il ministero degli Affari esteri in Germania è stato in Albania per una visita ufficiale. Dopo l’incontro ufficiale con il primo ministro albanese tutti e due hanno partecipato ad una conferenza con i rappresentanti dei media. Nessuno aveva dubbi sui contenuti delle dichiarazioni del primo ministro albanese. Soprattutto adesso, dopo la “vittoria” del suo terzo mandato. Ma anche il ministro [tedesco] aggiunto per l’Europa, con le sue dichiarazioni, non ha smentito le aspettative. E neanche se stesso. Si perché, lui è stato sempre “ottimista” per i risultati raggiunti dal governo albanese e convinto dei continui progressi fatti dall’Albania nel suo percorso europeo. Nonostante la realtà vissuta in Albania è stata da anni ben diversa da quella alla quale si riferiva il 27 maggio scorso il ministro tedesco e molto, ma molto preoccupante. Tanto preoccupante che ha costretto lo stesso Bundestag tedesco ad elencare nove condizioni e poi approvare quelle condizioni a fine settembre 2019. Si tratta di condizioni che dovevano essere tutte osservate e rispettate dal governo albanese prima che il rappresentante tedesco al Consiglio europeo, e cioè la cancelliera Merkel, potesse votare a favore della convocazione della prima conferenza intergovernativa tra l’Albania e l’Unione europea, che sarebbe il primo passo, per poi proseguire con tutte le altre procedure previste fino all’adesione definitiva all’Unione europea. A quelle nove condizioni tedesche, sono state aggiunte anche altre sei da altri Paesi membri dell’Unione europea, per diventare così quindici condizioni per l’Albania. A fine giugno 2020 il Parlamento europeo ha approvato quelle quindici condizioni con una risoluzione che ha avuto un largo e trasversale sostegno con 532 voti favorevoli, 70 voti contrari e 63 astensioni. Anche queste verità le dovrebbe aver saputo benissimo il ministro aggiunto per l’Europa presso il ministero degli Affari esteri in Germania, mentre faceva le sue dichiarazioni a fianco del primo ministro albanese e davanti i giornalisti il 27 maggio scorso. Ma le sue dichiarazioni erano “stranamente” tutto rose e fiori. Chissà perché?! Ma nessuno che conosce la realtà vissuta e sofferta in Albania può credere alle affermazioni del ministro tedesco. Perché è impossibile credere che “L’Albania ha esaudito tutte le condizioni per fare un passo avanti nel processo dell’integrazione europea”! Basterebbe prendere quelle quindici condizioni e verificarle una ad una se siano state esaudite veramente o meno! Molto semplice, ma chissà perché il ministro tedesco non lo ha fatto! E chissà perché anche sulle “ragioni” di alcune decisioni prese dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America sull’Albania in questi ultimi mesi. Il nostro lettore è stato informato anche la scorsa settimana su queste “strane” decisioni (Eclatanti e preoccupanti incoerenze istituzionali; 24 maggio 2021).

    Chi scrive queste righe valuta come molto irresponsabile e pericoloso “fermare gli occhi, le orecchie ed il cervello” di fronte a delle eclatanti realtà che testimoniano il consolidamento di un regime in Albania. Come quello di Lukashenko in Bielorussia. Oppure come quello di Erdogan in Turchia. Ma mentre per quei regimi, almeno formalmente, ci sono delle prese di posizione e di sanzioni da parte delle cancellerie occidentali e quella statunitense, nel caso dell’Albania, stranamente, c’è un sostegno al primo ministro. Lui che è, almeno, il rappresentante istituzionale di una nuova dittatura, espressione di una altrettanto pericolosa alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti internazionali. Chi scrive queste righe non si stancherà mai di ripeterlo. Con simili ipocrisie delle cancellerie occidentali si aggravano e si appesantiscono ulteriormente le sofferenze degli albanesi. Sì, perché anche quelle ipocrisie servono da sostegno ai dittatori. Proprio quelli che cavalcano avanti e indietro su tigri da cui non possano scendere. Perché, secondo Wiston Churchill, quelle tigri diventano sempre più affamate.

  • Eclatanti e preoccupanti incoerenze istituzionali

    L’arroganza, la presunzione, il protagonismo, l’invidia:

    questi sono i difetti da cui occorre guardarsi.

    Plutarco

    Il 19 maggio scorso, un’inattesa notizia, arrivata da oltreoceano, ha scombussolato la politica e l’opinione pubblica in Albania. Il Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America ha pubblicato, nel suo account personale Twitter, la dichiarazione come “persona non desiderata per entrare negli Stati Uniti” dell’ex Presidente della Repubblica (1992-1997) e l’ex primo ministro (2005-2013). Con lui anche sua moglie e i due figli. Questa drastica decisione è stata presa perché gli atti corruttivi dell’ex Presidente “…hanno minato la democrazia in Albania”. Il Segretario di Stato ha espresso la sua convinzione che l’ex primo ministro “…. era coinvolto in atti corruttivi come l’uso improprio dei fondi pubblici, interventi nei processi pubblici, compreso l’uso del suo potere a beneficio e all’arricchimento degli alleati politici e dei membri della sua famiglia”. Il Segretario di Stato ha ribadito anche che l’ex primo ministro, con la sua retorica, “…è pronto a difendere se stesso, i membri della sua famiglia e gli alleati politici, a scapito delle indagini indipendenti, degli sforzi anticorruzione e delle misure sulla responsabilità [penale]”.

    Per facilitare la chiave di lettura, il nostro lettore deve sapere che ormai l’ex primo ministro albanese, dichiarato “persona non grata” il 19 maggio scorso, dopo la sua sconfitta elettorale nel 2013 ha dato le dimissioni da ogni responsabilità istituzionale e politica, tranne quella di deputato, della quale ha beneficiato fino al febbraio 2019. Il che vuol dire che lui, da circa otto anni ormai, non gode di nessun “potere corruttivo”. Nel frattempo, nonostante le accuse politiche, nonostante il continuo e assordante accanimento verbale dell’attuale primo ministro e della propaganda governativa e mediatica contro di lui, nessun processo legale, in Albania e/o altrove, ha trattato quelle accuse e, men che meno, ha condannato l’ex primo ministro. Colui che dal 19 maggio scorso è stato dichiarato “persona non grata” per gli Stati Uniti d’America. Bisogna sottolineare che lui è anche il capo storico del partito democratico, il primo partito oppositore alla dittatura comunista, fondato in Albania nel 1990. Mentre l’attuale primo ministro è anche lui, dal 2005, il capo del partito socialista nel quale si “commutò”, nel 1991, il partito comunista albanese, l’unico partito durante la dittatura. Bisogna tenere presente anche che l’attuale primo ministro albanese, conoscendo il suo modo di fare e le immense potenzialità di cui dispone, non avrebbe mai e poi mai risparmiato il suo predecessore e avversario politico.

    Nel frattempo bisogna sottolineare che naturalmente l’Albania, per gli Stati Uniti d’America, non rappresenta un Paese al quale bisogna prestare nessuna attenzione particolare. Questo per diverse ed ovvie ragioni. Perciò, anche nel Dipartimento di Stato, dell’Albania si occupa qualche ufficio “periferico”, il cui compito è quello di procurare, mettere insieme ed elaborare informazioni e materiali che riguardano quello che accade lì, nella regione dei Balcani e che potrebbe “nuocere” agli interessi statunitensi. Oppure degli interessi, sempre nella stessa regione, di qualche “potere occulto” che è sempre in grado di esercitare delle influenzare lobbistiche su determinati uffici e/o funzionari di vari livelli dell’amministrazione statunitense. Nonostante quello che l’Albania rappresenta realmente per gli Stati Uniti d’America, per principio e comunque, nel rispetto e per garantire la credibilità delle istituzioni, dovrebbe essere sempre importante verificare prima l’attendibilità della fonte dalla quale provengono le informazioni e i materiali. Come dovrebbe essere altrettanto importante verificare la veridicità di quelle informazioni e del contenuto di quei materiali che verranno in seguito elaborati. Nel caso in questione, soltanto due giorni dopo che il Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America dichiarava l’ex primo ministro albanese “persona non grata”, proprio dal Dipartimento di Stato sono state rese note anche le fonti dell’informazione e dei materiali che hanno costituito la base della drastica decisione presa. Alla richiesta di un media albanese fatta al Dipartimento di Stato è stata data ufficialmente la risposta che le informazioni e il materiale elaborato sul caso dell’ex primo ministro erano procurati dai media e dalle organizzazioni della società civile in Albania! Ebbene, chi conosce abbastanza la realtà albanese dovrebbe sapere benissimo anche che sia la maggior parte dei media che quelle organizzazioni della società civile da tempo sono controllate e pagate dal governo albanese e/o da chi per lui! Queste palesi verità le dovrebbero sapere anche gli impiegati dei vari uffici dell’ambasciata statunitense in Albania! Proprio quelli che devono procurare e poi preparare le dovute informazioni per i loro superiori negli Stati Uniti. Ma visto quanto è accaduto vengono naturali le domande: come mai l’ambasciatrice statunitense, che rappresenta ed è responsabile di quegli impiegati, sostiene, in fin dei conti, l’operato del primo ministro?! Come mai lei non vede, non sente e non conosce tutto ciò che accade realmente in Albania?! Come mai lei non se ne accorge della galoppante corruzione, del devastante abuso di potere, del diretto coinvolgimento della criminalità nei processi elettorali?! Come anche del coinvolgimento, in palese violazione della legge, della polizia di Stato negli stessi processi! E come mai lei non vede e non se ne accorge neanche del totale e palese fallimento della riforma del sistema di giustizia, che lei ha così tanto a cuore?! Un sistema messo ormai sotto il diretto controllo del primo ministro! Anche quanto è accaduto e denunciato prima, durante e dopo le elezioni del 25 aprile scorso ne rappresenta una inconfutabile testimonianza di tutto ciò! In più, sempre dalla sopracitata risposta del Dipartimento di Stato alla richiesta del media albanese risulta che parte delle informazioni e del materiale elaborato sul caso dell’ex primo ministro albanese dichiarato “persona non grata” dal Segretario di Stato sono state procurate dai rapporti preparati dallo stesso governo albanese! Tutto ciò potrebbe far capire al nostro lettore l’attendibilità delle fonti usate, la veridicità delle informazioni e del materiale raccolto e poi elaborato e la serietà/credibilità della decisione presa dal Dipartimento di Stato e dichiarato dal Segretario di Stato sul suo account personale Twitter il 19 maggio scorso!

    Immediata è stata anche la reazione del diretto interessato, l’ex primo ministro albanese. Con una risposta pubblica al Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America, lui ribadiva il suo rammarico per la decisione presa, considerandola “senza nessuna base concreta”. Lui invitava il Segretario di Stato a “…rendere pubblico ogni fatto e documento che la Sua amministrazione, oppure chiunque al mondo, potesse avere a disposizione, per argomentare la Sua pretesa”. In seguito, come ha dichiarato anche durante una conferenza stampa, l’ex primo ministro ha presentato ricorso, come libero cittadino, accusando di calunnia il Segretario di Stato presso il Tribunale correzionale (Tribunal correctionnel; n.d.a.) di Parigi. Adesso tutto rimane ad essere seguito!

    Bisogna informare il nostro lettore che le sopracitate accuse del Segretario di Stato nei confronti dell’ex primo ministro albanese sono tutt’altro che convincenti. Anche se si fa riferimento al periodo prima del 2013. Sì, perché la stessa persona, nel 2009, quando era il consigliere per la sicurezza nazionale dell’allora vice presidente Biden, ha usato parole ben diverse ed elogiative nei confronti dell’allora primo ministro albanese e adesso da lui accusato e dichiarato persona “non grata”! Sono proprio sue le seguenti parole rivolte nel 2009 al primo ministro, quale rappresentante del governo albanese. L’attuale Segretario di Stato allora diceva: “Io valuto il successo del governo albanese nella lotta contro la criminalità organizzata, la corruzione e le riforme economiche”. E si tratta della stessa persona, l’ex primo ministro albanese, allora elogiato e adesso accusato e dichiarato “non grato” dalla stessa persona, allora consigliere per la sicurezza nazionale del vice presidente Biden e adesso suo Segretario di Stato. Eloquenti contraddizioni quelle del Segretario di Stato, ma anche eclatanti e preoccupanti incoerenze istituzionali. Lui, però, sa certamente anche il perché di simili atteggiamenti pubblici!

    Ma purtroppo quello suo non è l’unico caso con il quale si mette in dubbio la serietà e l’imparzialità delle decisioni prese dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America. L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore di un altro eclatante caso accaduto quattro mesi fa. Allora egli scriveva che “Il 23 febbraio scorso, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America ha conferito un nuovo Premio, quello dei “Campioni Internazionali dell’Anticorruzione”, a dodici personalità scelte che operano nel campo della giustizia in altrettanti Paesi del mondo”. Tra quei dodici premiati c’era anche un giudice albanese. Quel giudice premiato dall’attuale Segretario di Stato è “…una persona molto “chiacchierata” in questi ultimi anni. Non solo perché è un ex inquisitore del regime comunista […].Ma si tratta anche di un “uomo della legge” che, dati e fatti accaduti alla mano, ha continuamente infranto la legge”. (Un vergognoso, offensivo e preoccupante sostegno alla dittatura; 1 marzo 2021).

    Chi scrive queste righe, anche in questo caso avrebbe avuto bisogno di molto più spazio, per trattare questo argomento. Egli si chiede però quanto ne sappia il Segretario di Stato sull’Albania di oggi. Perché, come diceva alcuni giorni fa un ex ambasciatore italiano in Albania, la realpolitik pratica è particolarmente pericolosa, quando l’ignoranza prevale sulla sapienza. Anche perché, come era convinto Plutarco circa duemila anni fa, l’arroganza, la presunzione, il protagonismo sono tra i difetti da cui occorre guardarsi. Chi scrive queste righe aggiunge anche l’incoerenza.

  • A che gioco stanno giocando?

    Ah, no! – disse er Conijo – Io so’ fratello tanto del Lupo, quanto de l’Agnello

    Trilussa; da Er leone e er conijo

    Il 9 maggio è una data significativa per l’Europa. Partendo dal 1945. Il 7 maggio 1945 a Reims, nel nord della Francia, è stata sottoscritta la resa della Germania alle forze alleate occidentali. Sull’atto ufficiale mancava però la firma del rappresentante sovietico. Ragion per cui, nella notte fonda dell’8 maggio i rappresentanti ufficiali dell’alleanza occidentale e dell’Unione sovietica firmarono a Berlino l’atto finale della capitolazione incondizionata della Wehrmacht. Così, il 9 maggio 1945, in Europa cessarono tutte le ostilità della seconda guerra mondiale. Guerra che finì definitivamente il 2 settembre 1945, con la resa anche del Giappone.

    Domenica 9 maggio è stata celebrata la ricorrenza del giorno dell’Europa. Era proprio il pomeriggio del 9 maggio 1950 quando l’allora ministro degli esteri francese, Robert Schuman, lesse quella che ormai viene riconosciuta come la Dichiarazione Schuman. Quell’importante e storico testo rappresenta il primo documento pubblico che diede inizio all’attuale Unione europea. In quella Dichiarazione era sancito il progetto europeo dei Padri Fondatori per un’Europa unita. Un progetto che prevedeva prima un’unione economica per poi passare ad un’unione politica di tutti i Paesi europei aderenti al progetto. Con quella Dichiarazione si diede inizio al superamento dell’antagonismo storico tra la Francia e la Germania. Ed era una significativa espressione di lungimiranza e di coraggio. Come primo passo di quel progetto ideato dai Padri Fondatori era stata prevista la costituzione di quella che ormai è nota come la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA). Sì, proprio del carbone e dell’accciaio, le due materie prime indispensabili per la costruzione delle armi. Così si prendevano tutte le responsabilità pubbliche ed istituzionali per porre termine alle rivalità e alle guerre tra i Paesi firmatari, prima di tutto tra la Francia e la Germania. La Comunità europea del carbone e dell’acciaio è stata istituita il 18 aprile 1951, con la firma del Trattato di Parigi.

    Il 9 maggio 1993, papa Wojtyla, ormai San Giovanni Paolo II, ha celebrato la Santa messa nella valle dei Templi in Sicilia. Prima della messa aveva incontrato i genitori del giovane giudice Rosario Livatino, ucciso barbaramente dalla mafia il 21 settembre 1990, mentre andava, senza scorta, al lavoro. Livatino aveva denunciato e stava indagando sulla connivenza della mafia con certe frange della politica e dell’economia. Ragion per cui lo hanno assassinato. Papa Wojtyla, quel 9 maggio, dalla valle dei Templi, rivolgendosi ai mafiosi, ha pronunciato delle memorabili parole, ormai note a tutti. Il Santo Padre, perentorio, ha ricordato a tutti che “Dio ha detto una volta: ‘Non uccidere!’. Non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio!”. E poi, rivolgendosi sempre ai mafiosi, ha concluso con un grido uscito dal profondo dell’anima “…Lo dico ai responsabili: Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”. Un messaggio, un ammonimento sempre attuale dal quale dovrebbero trarre insegnamento non solo i mafiosi. Perché quel chiaro e molto significativo messaggio di San Giovanni Paolo II, pronunciato nella valle dei Templi il 9 maggio 1993, è valido anche per tutti coloro che hanno delle responsabilità politiche ed istituzionali e che potrebbero abusare mentre esercitano il potere conferito loro.

    Domenica 9 maggio 2021, il giudice Rosario Livatino è stato proclamato Beato nella cattedrale di Agrigento. L’autore di queste righe considera molto significativa una frase detta dall’ormai Beato Rosario Livatino. Riferendosi all’onestà con la quale tutti devono fare il loro lavoro, egli diceva: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”. Uno schiaffo morale a tutti quegli ipocriti, quei falsi credenti, simili ai farisei delle Sacre Scritture che, come ci insegna la saggezza popolare, predicano bene ma razzolano male. Da quelle parole devono trarre insegnamento tutti!

    Durante questi ultimi giorni anche in Albania, dopo le elezioni politiche del 25 aprile scorso, quanto sta succedendo conferma le preoccupanti aspettative. Il risultato ufficiale delle elezioni ha permesso al primo ministro di continuare a governare da solo e non disturbato. E, nel caso di bisogno, di “beneficiare” anche dei voti “trasversali” di deputati “consenzienti”, come è spesso e purtroppo accaduto anche durante la precedente legislatura. Ormai tutto quello che lui aveva ideato e programmato da tempo riguardo il risultato elettorale, approfittando non poco delle sue pericolose alleanze, lo ha finalmente attuato. Un risultato elettorale, quello del 25 aprile scorso, che, purtroppo, è stato riconosciuto anche dalle cancellerie occidentali, compresa quella italiana, dal Dipartimento di Stato oltreoceano, nonché da alcuni dei massimi rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea. Il primo ministro ha ricevuto ufficialmente anche i loro auguri. Quel risultato però, permetterà, purtroppo, a lui di “gestire” il suo terzo mandato e di consolidare ulteriormente il suo regime totalitario in Albania. Con tutte le gravi, preoccupanti e nefaste conseguenze, non solo per gli albanesi. Subito dopo le elezioni il primo ministro ha dato l’ennesima testimonianza della sua determinazione a controllare tutto e tutti. Lui ha chiesto ai suoi ubbidienti collaboratori di avviare in Parlamento le dovute “procedure accelerate” per la destituzione del presidente della Repubblica. Bisogna sottolineare che quella del Presidente rappresenta l’ultima istituzione che il primo ministro non controlla ancora. E se ci riuscirà nella sua pericolosa ed irresponsabile impresa, allora in Albania verrà definitivamente consolidato il suo regime totalitario, una nuova dittatura sui generis, camuffata di pluripartitismo, come espressione dell’alleanza del potere politico con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti, locali ed internazionali. Alleanza che ha permesso anche la vittoria elettorale il 25 aprile scorso. L’autore di queste righe ha informato di tutto ciò il nostro lettore, sia prima, che durante queste ultime settimane.

    A Firenze, il 6 e il 7 maggio scorso si è svolta la conferenza L’Europa in un mondo che cambia. Una conferenza quella organizzata dall’Istituto universitario europeo di Firenze e dedicata allo stato dell’Unione europea, alla quale hanno partecipato e sono intervenuti diversi dirigenti ed alti rappresentanti di molte note ed importanti istituzioni internazionali. Tra i partecipanti c’era anche il primo ministro albanese. Purtroppo e come al suo solito, ha spudoratamente mentito pubblicamente a tutti i partecipanti della conferenza sulla realtà albanese e non solo. Lui ha anche “minacciato” le istituzioni dell’Unione europea per la “mancata” apertura dei negoziati con l’Albania! E non poteva essere altrimenti. L’unica domanda che viene naturale da fare è: Perché il primo ministro albanese è stato invitato in quella conferenza? Certamente non per presentare ai partecipanti il suo diretto contributo per la restaurazione ed il consolidamento del nuovo regime in Albania in questi ultimi anni. Un regime ulteriormente e pericolosamente consolidato dopo il risultato delle elezioni del 25 aprile scorso. Allora si deve fare un’altra successiva e altrettanto naturale domanda: a chi [e perché] interessa che il primo ministro albanese venga promosso in ambito internazionale per quello che in realtà non è?! A che gioco stanno giocando coloro che lo hanno invitato?! E a che gioco sta giocando anche il vicepresidente del Partito Popolare Europeo e presidente della Commissione degli Affari esteri del Parlamento europeo? Proprio lui, che da anni conosce bene la realtà vissuta e sofferta albanese e che spesso ha additato il primo ministro albanese come diretto responsabile di quella realtà che ha bloccato anche il processo europeo dell’Albania! Lui che non vedeva l’ora che l’opposizione vincesse le elezioni del 25 aprile scorso, per rendere possibile anche il tanto atteso progresso del percorso europeo dell’Albania. Lo ha pubblicamente dichiarato il 21 aprile scorso, durante una lunga videoconferenza con il capo dell’opposizione albanese, soltanto quattro giorni prima delle elezioni! Mentre durante la sopracitata conferenza a Firenze la stessa persona si è congratulata con il primo ministro albanese, augurando a lui successo e riconoscendo così anche il risultato elettorale. Un risultato quello che il capo dell’opposizione sta ormai contestando e minacciando di non riconoscere. Ma per dei ben altri e non attendibili motivi. A quale gioco sta adesso giocando l’alto rappresentante del Parlamento europeo?! La stessa preoccupazione si deve esprimere anche per la dichiarazione ufficiale, rilasciata dopo il vertice dei ministri degli Esteri del G7, riuniti a Londra (3 – 5 maggio 2021). I ministri ribadivano l’importanza delle riforme, il rispetto ed il funzionamento della legge, anche per il trattamento “…della criminalità organizzata, dei finanziamenti illeciti e della corruzione”. Secondo loro quel rispetto e quel funzionamento in Albania sono ormai una realtà (Sic!). Ragion per cui i ministri degli esteri del gruppo G7 hanno dichiarato convinti che appoggiano “l’apertura ufficiale dei negoziati per l’adesione dell’Albania nell’Unione europea.”! Allora di nuovo viene naturale la domanda: a che gioco stanno giocando?!

    Chi scrive queste righe si chiede, tra se e se, cosa potrebbe dire, da lassù, San Giovanni Paolo II su questi atteggiamenti ambigui e irresponsabili di certi “rappresentanti internazionali”?! Anche perché non si uccide soltanto con i proiettili. Anzi! Chi scrive queste righe sa però che cosa pensava il grande poeta Trilussa. Proprio lui che, nelle sue poesie in dialetto romanesco, punzecchiava l’ambiguità, la corruzione dei politici e gli intrallazzi dei potenti. Stigmatizzando e ridicolizzando anche quei “coniji” che “…so’ fratello tanto del Lupo, quanto de l’Agnello”.

  • Dopo il 25 aprile chi si giustifica si autoaccusa

    La disaffezione per la politica è pari solo alla
    sfiducia nei confronti dei politici di professione

    Max Weber

    Così scriveva Max Weber, noto studioso della sociologia politica, nel suo saggio La politica come professione, pubblicato nel luglio 1919 (Titolo originale Politik als Beruf; nella lingua tedesca la parola Beruf significa sia professione che vocazione, n.d.a.). E poi, dopo quella affermazione, specificava che “…agli occhi di molti cittadini sembra quasi che molti, se non tutti, i mali che affliggono la società siano causati da una casta insaziabile e corrotta, sempre pronta a coltivare i propri interessi e largamente orientata all’interesse, alla corruzione e al malaffare”. Con rammarico Weber constatava che la politica non sempre rappresentava “…l’arte suprema e più alta, capace di costruire lo sviluppo, la pace e il benessere”. Max Weber era convinto che per i politici due sono i peccati mortali. Uno è l’assenza di una causa da seguire e da attuare, l’altro è la mancanza di responsabilità. Nel suo sopracitato saggio egli scriveva che “…La vanità, vale a dire il bisogno di porre se stessi in primo piano, nel modo più visibile possibile, induce l’uomo politico nella fortissima tentazione di commettere uno di questi due peccati, se non tutti e due insieme”. In seguito, riferendosi al politico demagogo, affermava che costui “…è costretto a contare sull’effetto; egli si trova perciò continuamente in pericolo, tanto da diventare un mero attore, quanto di prendere con leggerezza la responsabilità per le conseguenze del suo agire e di preoccuparsi solamente dell’impressione che suscita”. Secondo Weber è sempre possibile che si possa avere una organizzazione statale dove il potere venga gestito da quelli che lui chiamava i “politici di professione”. E cioè persone “…senza vocazione, senza le intime qualità carismatiche che per l’appunto fanno un capo’. Egli era convinto ed elencava quelle tre necessarie qualità che fanno diventare una persona un vero ed affidabile uomo politico. Quelle tre qualità, secondo Weber, sono la passione, il senso di responsabilità e la lungimiranza.

    È passato ormai poco più di un secolo da quanto Max Weber pubblicò il suo ben noto saggio La politica come professione. Ma le sue idee, le sue convinzioni e le sue definizioni, trattate in quel saggio, rimangono tuttora attuali. Valgono anche per i politici in Albania dove, purtroppo, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo alla mano, la maggior parte dei rappresentanti politici sono una dimostrazione vivente ed attiva di quello che, secondo Weber, un uomo politico non dovrebbe mai essere. Sia quelli della maggioranza governativa che dell’opposizione, partendo dai massimi rappresentanti. E non poteva essere altrimenti, vista la grave e molto preoccupante realtà vissuta e sofferta quotidianamente dai semplici cittadini in Albania. Una realtà quella, espressione diretta delle conseguenze della cattiva gestione delle responsabilità politiche da parte di tutti. Di tutti quelli che, come sopracitato, Max Weber definiva e considerava come “una casta insaziabile e corrotta”. Ma basterebbe riferirsi soltanto a quei due sopracitati “peccati mortali”, come li definiva Weber, cioè all’assenza di una causa e alla mancanza di responsabilità. Egli per causa intendeva quella in servizio e a beneficio dello Stato e della società. Mentre qualunque sia la causa perseguita dal primo ministro albanese durante tutti questi anni mai e poi mai potrebbe essere considerata una causa a beneficio dei cittadini, non si sa invece quale è stata ed è la causa del capo dell’opposizione. Anzi, sembrerebbe che lui non abbia avuto mai una causa vera e propria vista la facilità di passaggio da una ad un’altra [considerata] tale. E nessuna delle sue “cause”, guarda caso, è stata portata a conclusione. Mentre, per quando riguarda l’altro “peccato mortale” dei politici, e cioè la mancanza di responsabilità, in Albania, si sfonda una porta aperta. Ne sono una vivente testimonianza sia il primo ministro, che il capo dell’opposizione. E se proprio per quella mancanza di responsabilità nella gestione della cosa pubblica da parte del primo ministro, come rappresentante istituzionale, la situazione in Albania sta peggiorando di giorno in giorno, per la mancanza di responsabilità da parte dei massimi dirigenti dell’opposizione invece, soprattutto del capo, quale rappresentante istituzionale dell’opposizione stessa, in Albania si sta diffondendo sempre di più la mancanza di speranza per il futuro, l’indifferenza e, addirittura, anche l’apatia dei cittadini. Con tutte le derivate ed allarmanti conseguenze, la più pericolosa e preoccupante delle quali è l’esodo massiccio e continuo degli albanesi, durante questi ultimi anni, lasciando tutto e tutti in patria, per cercare un futuro migliore in altri Paesi, principalmente dell’Unione europea, ma non solo. Un reale e allarmante problema quello, non solo per il futuro dell’Albania, ma anche per molte cancellerie occidentali e/o per le istituzioni dell’Unione europea. L’autore di queste righe ha spesso informato il nostro lettore di questo fenomeno preoccupante per tutti.

    Purtroppo e come si attendeva, il risultato delle elezioni politiche del 25 aprile scorso in Albania ha reso possibile la vittoria di un suo terzo mandato all’attuale primo ministro. Un risultato tale che permette a lui di governare da solo e, in caso di bisogno, di procurare anche tutti i voti necessari in parlamento. Voti di deputati di altri partiti parlamentari in cambio di “benefici”, come purtroppo è stato spesso verificato anche durante le precedenti legislature. Il risultato delle elezioni del 25 aprile scorso ha, purtroppo, ulteriormente consolidato la dittatura sui generis, ormai da alcuni anni restaurata in Albania. Una dittatura camuffata, questa, come espressione diretta della pericolosa alleanza tra il potere politico con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti internazionali. Anche di una simile preoccupante realtà l’autore di queste righe ha, da anni e continuamente, informato il nostro lettore, cercando di essere più oggettivo possibile e riferendosi soltanto a dati e/o fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo e facilmente verificabili.

    Purtroppo anche questa vittoria elettorale del primo ministro, più che un’espressione libera e democratica della volontà dei cittadini è dovuta a diversi preoccupanti e illeciti fattori. È dovuta all’uso improprio e illegale dei mezzi materiali e/o delle risorse umane dell’amministrazione pubblica, sia quella centrale che locale, quest’ultima totalmente controllata dal primo ministro dal giugno 2019. Come anche dalla massiccia e diffusa, sul tutto il territorio, compravendita dei voti. Ma anche ad altri modi con i quali è stato controllato, condizionato e manipolato il risultato finale delle elezioni. L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore durante le ultime settimane su quello che si stava programmando da molto prima per garantire il terzo e molto ambito mandato all’attuale primo ministro albanese (Scenari orwelliani in attesa del 25 aprile; 19 aprile 2021). Lunedì scorso egli affermava che “Chi scrive queste righe è convinto che il primo ministro e i suoi ne hanno fatte di tutti i colori, per garantire il terzo mandato, compresi anche l’uso di centinaia di migliaia di dati personali e protetti dalla legge per scopi elettorali, la compravendita dei voti e il coinvolgimento delle strutture statali e degli alti funzionari delle istituzioni, durante la campagna elettorale” (Il regime che si sta riconfermando dopo il 25 aprile; 27 aprile 2021). In attesa di ulteriori ed annunciate testimonianze documentarie (scritte, audio e/o video), che i dirigenti della perdente opposizione hanno promesso, dopo la loro sconfitta, di pubblicare nei prossimi giorni, è comunque un’opinione diffusa e, spesso, anche una ferma convinzione, che il terzo mandato ottenuto dal primo ministro il 25 aprile scorso si basa su innumerevoli brogli elettorali, su tanti abusi di potere, sulla documentata connivenza con la criminalità organizzata e/o certi raggruppamenti occulti e ben altro. Rimane soltanto che tutto ciò venga testimoniato, documentato e reso pubblico, come hanno promesso i massimi dirigenti dell’opposizione durante tutta la scorsa settimana. Promesse quelle obbligatorie adesso ad essere rispettate ed onorate. Per non ripetere quello che è accaduto sempre e purtroppo durante questi ultimi anni, dal 2017 ad oggi, con le promesse, soprattutto quelle fatte dal capo dell’opposizione. Promesse pubbliche, con tanto di giuramenti solenni che, in seguito, sono state regolarmente e continuamente “dimenticate”. Anche di tutto ciò l’autore di queste righe ha informato il nostro lettore durante tutti questi anni (Habemus pactio, 22 maggio 2017; Dall’Albania niente di nuovo, 27 giugno 2017; Giù le mascchere, 3 luglio2017; La scelta tra il bene e il male, 24 luglio 2017…E molti altri negli anni in seguito).

    Chi scrive queste righe analizzerà, tratterà ed informerà nelle prossime settimane il nostro lettore sugli sviluppi politici in Albania. Egli però è convinto che affrontare e contrastare la restaurata dittatura camuffata in Albania dovrebbe diventare ormai un dovere ed un impegno patriottico. Ma chi scrive queste righe pensa che i dirigenti dell’opposizione, prima di parlare, giustamente, del massacro elettorale da tempo ideato, programmato e finalmente attuato il 25 aprile scorso, dovrebbero chiedere scusa ai loro sostenitori, ma anche agli albanesi. Anzi, sono obbligati, prima di giustificare la clamorosa e l’ennesima sconfitta elettorale, di chiedere scusa per aver dato tutte le garanzie agli albanesi, che avrebbero assicurato il volo libero e democratico. Perché adesso, dopo il 25 aprile, chi si giustifica si autoaccusa. E aumenta così la disaffezione dei cittadini per la politica e la loro sfiducia nei confronti dei politici di professione. Come scriveva Max Weber.

  • Il regime che si sta riconfermando dopo il 25 aprile

    C’è un’azione peggiore che quella di togliere il diritto di voto al cittadino consiste nel togliergli la voglia di votare.

    Robert Sabatier

    Domenica 25 aprile in Albania si sono svolte le elezioni politiche. Circa il 48.2% degli albanesi, quelli che hanno scelto di votare, sono andati alle urne. Diversamente da quanto è successo durante la campagna elettorale, “riscaldata” soprattutto negli ultimi giorni della scorsa settimana, domenica tutto era tranquillo. Sembrava un po’ strano e contrastava con certi avvertimenti e tentativi di suscitare scontri e conflitti. Le elezioni si sono svolte in piena tranquillità e senza nessun incidente elettorale, come è accaduto nelle precedenti elezioni. Fatto questo che è stato confermato da tutti i rappresentanti politici dei partiti principali in gara, dopo la chiusura dei seggi. In più, questi non hanno neanche denunciato alcuna irregolarità elettorale. Ma tutto ciò non significa che il 25 aprile, in Albania, le elezioni siano state libere, imparziali e democratiche. Sì, perché ormai in Albania il controllo, il condizionamento e la manipolazione del voto non avvengono il giorno delle elezioni, anzi, ormai si fa molta attenzione alla “facciata”. Per la propaganda governativa tutto deve sembrare normale e tranquillo quel giorno. Tutto comincia da molte settimane prima, se non addirittura da molti mesi prima e in vari modi, ormai ben noti in Albania. Il primo ministro, sicuro di tutto ciò, durante tutta la campagna elettorale, ma anche prima, in mancanza di una sola promessa fatta pubblicamente e mantenuta in questi otto anni, aveva consapevolmente scelto di fare campagna elettorale con la sua ben nota arroganza verbale, con le sue offese ed insulti coatti. Perché lui e i suoi “strateghi” , non potendo dimostrare uno, soltanto un risultato concreto, non potendo dare una, soltanto una dimostrazione di una promessa mantenuta, avevano basato la campagna anche sui “diversivi verbali”, sulle offese e sugli insulti degli avversari. E purtroppo sembrerebbe che quella “strategia” non abbia “guastato”, permettendo quello che, ad ora, è il risultato elettorale parziale. Si perché sembra che il 26 aprile sera, tenendo presente i dati ufficiali resi pubblici dalla Commissione Centrale Elettorale, dopo lo scrutinio di circa 70% dei seggi, risulterebbe che si stia riconfermando il tanto ambito terzo mandato per il primo ministro. Rimane da vedere se questa tendenza si confermerà anche dopo lo scrutinio dei seggi rimanenti, permettendo così all’attuale primo ministro di ottenere il diritto di costituire il suo nuovo governo il prossimo settembre, come prevedono la Costituzione e le leggi in vigore.

    Lunedì scorso l’autore di queste righe informava il nostro lettore che “Questa che inizia oggi è l’ultima settimana prima delle elezioni. Il primo ministro albanese e tutti i suoi stanno cercando, con tutti i modi e mezzi, di nascondere tutti gli scandali governativi, tutte le promesse fatte e mai mantenute, tutta la gravità della situazione da loro generata e tante altre cose”. E poi aggiungeva, ribadendo che per vincere le elezioni ed il suo terzo mandato, al primo ministro “…Servono i milioni della corruzione, dei traffici illeciti, dell’abuso del potere e dell’orientamento occulto degli interessi per controllare, condizionare e comprare il voto dei cittadini impoveriti, disperati e sofferenti”. Egli, in più, aveva informato il nostro lettore anche dell’ultimo scandalo elettorale, reso noto l’11 aprile scorso. Si, perché l’11 aprile scorso tutti hanno saputo, in Albania ma non solo, che “…Centinaia di migliaia di dati personali e protetti dalla legge sono stati da tempo messi a disposizione e usati, per scopi elettorali, dal partito del primo ministro. Un vero e proprio scandalo, che coinvolge il Partito e le istituzioni governative. Uno scandalo che ha messo alla prova di nuovo anche il sistema “riformato” della giustizia”. E, riferendosi al sistema della giustizia in Albania, egli scriveva anche che quel sistema “…invece di avviare le dovute indagini, previste dalla legge, per evidenziare come sono finiti quei dati riservati e protetti negli uffici del Partito, per uso e abuso elettorale, sta indagando il media che li ha pubblicati, facendo solo il suo dovere, riconosciuto dalla legge”. (Scenari orwelliani in attesa del 25 aprile…; 19 aprile 2021). Tanto era grande quello scandalo del sistema “riformato” della giustizia, personalmente controllato dal primo ministro albanese e/o da chi per lui, che si è attivata subito, dietro la richiesta del media in causa, anche la Corte europea dei Diritti dell’Uomo. Dopo una sua seduta straordinaria del 22 aprile scorso, e cioè soltanto 11 giorni dopo lo scandalo, la Corte ha deliberato proprio contro la decisione della procura albanese, chiedendo ed obbligando il ritiro dell’ordine di sequestro nei confronti del media. Un ordine, quello, chiesto dalla procura e convalidato dal tribunale! Basta soltanto questo per capire come funzionano ormai e purtroppo in Albania le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia!

    Nel pomeriggio di lunedì 26 aprile, la Missione comune degli Osservatori dell’ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human Rights – Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani, come parte integrante dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa; n.d.a.), ha presentato a Tirana il Rapporto preliminare sulle elezioni politiche del 25 aprile. In quel Rapporto, gli osservatori hanno evidenziato, tra l’altro, la compravendita del voto, che poi porta gli albanesi a non avere fiducia del sistema. Gli osservatori hanno fatto riferimento al sopracitato scandalo dell’uso abusivo di centinaia di migliaia di dati personali e protetti dalla legge per scopi elettorali e le sue conseguenze sul risultato elettorale. Nel Rapporto preliminare dell’ODIHR venivano, altresì, evidenziati come fenomeni in violazione delle leggi in vigore, sia il coinvolgimento delle strutture statali e degli alti funzionari delle istituzioni, durante la campagna elettorale, in favore della maggioranza governativa, sia l’influenza in favore del partito del primo ministro, derivata dai cambiamenti fatti negli ultimi mesi prima delle elezioni, alla Costituzione e al Codice elettorale. Queste erano soltanto alcune delle osservazioni presentante nel sopracitato Rapporto preliminare dell’ODIHR.

    In attesa di conoscere il risultato finale delle elezioni, risultato che senz’altro condizionerà gli sviluppi politici nei prossimi anni in Albania, bisogna evidenziare alcuni scontri istituzionali accaduti la scorsa settimana, pochi giorni prima della chiusura della campagna elettorale. Scontri che hanno coinvolto personalmente il presidente della Repubblica e l’ambasciatrice statunitense. Tutto cominciò dopo che il presidente aveva accusato la “strategia” del primo ministro per condizionare, controllare e manipolare il voto dei cittadini, facendo capire che lui approfittava anche dall’appoggio dei “rappresentanti internazionali”. Il presidente aveva di nuovo denunciato il diretto coinvolgimento della criminalità organizzata in tutto ciò, usando, purtroppo, un linguaggio non molto “istituzionale” e minacciando determinate azioni contro tutti quelli che avrebbero reso possibile l’attuazione di una simile e pericolosa “strategia”. La reazione dell’ambasciatrice statunitense, come persona coinvolta, è stata forte ed immediata, tramite le reti social, durante un dibattito televisivo del presidente della Repubblica con i giornalisti in prima serata, venerdì scorso. Secondo fonti mediatiche, risulterebbe che l’ambasciatrice abbia minacciato, a sua volta e direttamente, il presidente della Repubblica di rendere pubblici alcuni “scheletri nell’armadio” dello stesso presidente. Si vedrà cosa accadrà nei prossimi giorni, o comunque nel prossimo futuro, e se lei manterrà la parola. Nel frattempo però, l’ambasciatrice e altri suoi colleghi sono stati presenti e molto attivi il 25 aprile, giorno delle elezioni, in diverse città e in diversi seggi elettorali. Anche il giorno dopo le elezioni, l’ambasciatrice è stata molto attiva, visitando diversi ambienti, sedi delle Commissioni zonali per l’amministrazione elettorale e articolando determinate dichiarazioni ufficiali. Cosa che i suoi colleghi, in diversi altri Paesi del mondo, non hanno mai fatto e neanche avrebbero mai pensato di fare. Anche perché azioni e/o presenze del genere risulterebbero essere in palese violazione con la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, ma in Albania i “rappresentanti internazionali” hanno goduto da anni e tuttora godono dei diritti “speciali”, offerti “generosamente” dai rappresentanti politici locali in cambio, ovviamente, di “appoggi speciali”. Diritti con i quali, non di rado, i “rappresentanti internazionali” hanno abusato, generando, però, non poche problematiche per l’Albania e gli albanesi.

    Chi scrive queste righe è convinto che il primo ministro e i suoi ne hanno fatte di tutti i colori, per garantire il  terzo mandato, compresi anche l’uso di centinaia di migliaia di dati personali e protetti dalla legge per scopi elettorali, la compravendita dei voti e il coinvolgimento delle strutture statali e degli alti funzionari delle istituzioni, durante la campagna elettorale. Come è stato chiaramente evidenziato anche dal Rapporto preliminare dell’ODIHR, reso ormai pubblico. E se, malauguratamente per gli albanesi, risulterà una pericolosa riconferma del regime del primo ministro, restaurato e funzionante ormai in Albania, allora questo dovrà allarmare non solo gli albanesi. Dovrebbe allarmare e preoccupare anche le cancellerie occidentali e le istituzioni dell’Unione europea. Anche perché tutto ciò potrebbe togliere, tra l’altro, anche la voglia dei cittadini di votare. Il che sarebbe, come scriveva Robert Sabatier, peggiore della negazione del diritto del voto agli stessi cittadini. Con tutte le sue derivanti conseguenze!

  • Scenari orwelliani in attesa del 25 aprile

    Noi controlliamo la vita a tutti i suoi livelli.

    George Orwell; da “1984”

    Così scriveva nel 1948 George Orwell nel suo ben noto e molto letto romanzo 1984 (Nineteen Eighty-Four). E con “noi” intendeva il Partito, un raggruppamento occulto ed onnipotente facente capo al Grande Fratello (Big Brother), che controllava tutto e tutti in Oceania. Erano però soltanto i massimi dirigenti politici e istituzionali, i fedelissimi, i quali militavano nel Partito Interno, quelli che contavano, mentre i rappresentanti dei bassi livelli della gerarchia e i dipendenti dell’amministrazione, membri del Partito Esterno, erano messi sotto controllo dal Grande Fratello e/o da chi per lui. Tutto il resto della popolazione veniva chiamata Prolet, ed erano proprio i lavoratori che facevano tutti i lavori pesanti e fastidiosi. “Noi” erano quelli che gestivano il potere in Oceania, la cui capitale era Londra e che comprendeva il Regno Unito, le due Americhe e parte dell’Africa. E proprio per rendere chiaro a tutti, tranne che ai fedelissimi, l’onnipotenza del Partito, in modo da togliere qualsiasi illusione dalle loro teste, George Orwell, scriveva: “Noi controlliamo la vita a tutti i suoi livelli”. Poi continuava, spiegando e specificando che “…Tu ti sei messo in testa che esista qualcosa come una natura umana, che verrebbe talmente oltraggiata da ciò che noi stiamo facendo, da ribellarsi contro di noi. Ma siamo noi a creare la natura umana. Gli uomini sono infinitamente manipolabili”. Il Partito, facendo capo a Grande Fratello, determinato a controllare tutto e tutti, per legge aveva installato ovunque teleschermi, muniti di telecamere. Anche nelle abitazioni. Sempre per legge era proibito spegnare i teleschermi, per nessun motivo e in nessun momento, giorno o notte che fosse. Tutto questo complesso sistema veniva controllato meticolosamente dal Grande Fratello e/o da chi per lui. Si trattava di un sistema che veniva usato per diffondere quello che la propaganda del Partito riteneva necessario, con sola unica concessione quella di abbassare soltanto il volume audio dei teleschermi. Un sistema però che permetteva, in ogni momento, di spiare tutti e di annientare qualsiasi possibilità di vita privata. Con un simile sistema il Partito poteva conoscere sempre tutti i comportamenti, anche quelli nascosti e/o involontari, delle persone osservate. Comportamenti che potevano, in qualche modo, non combaciare con le regole e gli orientamenti del Partito. Tutto quanto scritto da George Orwell nel suo romanzo, prevedendo nel 1948 quello che doveva accadere nel 1984 in Oceania, ossia nel Regno Unito, ma non solo, rimane molto attuale anche adesso in diverse parti del mondo. L’autore di queste righe apprezza quanto ha scritto con lungimiranza George Orwell nel suo 1984, considerandolo, convinto, un libro che deve essere letto per imparare e trarre le dovute conclusioni. Egli ha trattato in precedenza questi argomenti per il nostro lettore (Bugie, arroganza e manipolazioni; 27 luglio 2020).

    Il 25 aprile prossimo, cioè dopo sette giorni, in Albania si svolgeranno le elezioni politiche, ma visto gli sviluppi di questi mesi, nonché quanto è accaduto durante tutti gli ultimi anni con le elezioni, le aspettative non sono per niente buone e rassicuranti. Anzi! Il 25 aprile, sulla carta, i cittadini dovranno votare per eleggere i loro rappresentanti in Parlamento, ma purtroppo in Albania, diversamente da tutti i Paesi normali, dove funzionano le istituzioni e lo Stato di diritto, dove funzionano e si rispettano le regole stabilite in una società democratica, da alcuni anni si sta consolidando e sta funzionando una nuova dittatura, camuffata da apparenze di pluripartitismo. Ragion per cui, con molta probabilità, le elezioni politiche del 25 aprile prossimo non saranno né libere, né imparziali e neanche democratiche. Cioè non saranno delle elezioni come si prevede e si stabilisce dal Documento di Copenaghen, che l’Albania ha ufficialmente adottato. E tutto ciò soltanto perché il primo ministro, pericolosamente e irresponsabilmente, sta cercando di ottenere, a tutti i costi, il suo terzo mandato. Perciò e purtroppo in Albania tutto potrebbe accadere dopo sette giorni, il 25 aprile prossimo e nei giorni successivi!

    Nel giungo 1990 a Copenaghen sono stati riuniti tutti i rappresentanti degli Stati membri della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE; dal gennaio 1995 ha cambiato il suo status istituzionale per diventare l’attuale Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa – OSCE; n.d.a.). Nell’ambito della Conferenza sulla Dimensione Umana della CSCE, in quella riunione è stato approvato all’unanimità quello che ormai è noto come il Documento di Copenaghen, che sancisce ufficialmente anche le normative da adottare dagli Stati membri e gli obblighi istituzionali per garantire elezioni libere, imparziali, democratiche e la segretezza del voto dei cittadini. Nel Documento di Copenaghen è stato sancito che gli Stati partecipanti hanno espresso “…la loro comune determinazione di costruire società democratiche, fondate su libere elezioni e sullo Stato di diritto.”. Nell’articolo 3 del Documento viene riaffermato che per gli Stati “…la democrazia è un elemento inerente dello Stato di diritto. Essi riconoscono l’importanza del pluralismo per quanto riguarda le organizzazioni politiche”. E poi, riferendosi alla “…piena affermazione della dignità inerente alla persona umana e dei diritti uguali e inalienabili di tutti gli uomini”, gli Stati partecipanti hanno sancito, tramite l’articolo 5/1, la necessità di garantire “…libere elezioni, da svolgersi ad intervalli ragionevoli con voto segreto o con procedure equivalenti di libera votazione, in condizioni che assicurino, in pratica, la libera espressione dell’opinione degli elettori nella scelta dei loro rappresentanti”. Ed in seguito, nell’articolo 6 del Documento, si conferma che “Gli Stati partecipanti dichiarano che la volontà del popolo, liberamente e correttamente espressa mediante elezioni periodiche e oneste, costituisce la base dell’autorità e della legittimità di ogni governo”.

    Nella sopracitata riunione della CSCE a Copenaghen, era stata invitata anche una delegazione dell’Albania, come un Paese osservatore. E guarda caso, l’Albania era l’unico Paese europeo che aveva rifiutato di partecipare alla Conferenza costitutiva della CSCE a Helsinki, il 3 luglio 1973. Non solo, ma da allora e fino agli ultimi anni ’80 del secolo passato, la propaganda della dittatura comunista in Albania denunciava la falsità e, addirittura, la pericolosità del operato della CSCE. Soltanto alla fine i dirigenti comunisti albanesi hanno cambiato radicalmente, senza pudore alcuno, il loro atteggiamento nei confronti della CSCE. E poi hanno presentato come un enorme loro successo la partecipazione della delegazione albanese, come osservatore, nella riunione di Copenaghen del giugno 1990. Erano gli ultimi mesi, prima del crollo della dittatura in Albania.

    Questa che inizia oggi è l’ultima settimana prima delle elezioni. Il primo ministro albanese e tutti i suoi stanno cercando, con tutti i modi e mezzi, di nascondere tutti gli scandali governativi, tutte le promesse fatte e mai mantenute, tutta la gravità della situazione da loro generata e tante altre cose. Il primo ministro albanese, non avendo niente da presentare, ha scelto di attaccare, con un linguaggio arrogante, coatto e offensivo, i suoi avversari. Ma quello è soltanto quanto viene fatto pubblicamente. Perché il primo ministro e i suoi “strateghi” elettorali sono convinti che per avere il terzo mandato serva ben altro. Servono i milioni della corruzione, dei traffici illeciti, dell’abuso del potere e dell’orientamento occulto degli interessi per controllare, condizionare e comprare il voto dei cittadini impoveriti, disperati e sofferenti. Serve sapere con esattezza cosa pensano e di cosa hanno bisogno. Serve attivare tutti i modi, i mezzi e le risorse umane a disposizione per conoscere le preferenze e i comportamenti dei cittadini e poi agire di conseguenza. Proprio come la continua sorveglianza dei cittadini, con dei teleschermi muniti di telecamere ed installati nelle abitazioni, descritta da George Orwell nel suo romanzo 1984. Servono anche molte, moltissime persone che possano spiare i pensieri e i comportamenti degli albanesi, molto prima del giorno delle elezioni. Per poi permettere all’articolato e potente sistema, messo in azione dal primo ministro e dai suoi, di fare il resto. Lo ha dimostrato, senza ombra di dubbio, anche quanto è stato reso pubblico l’11 aprile scorso da un media in Albania. Centinaia di migliaia di dati personali e protetti dalla legge, sono stati da tempo messi a disposizione e usati, per scopi elettorali, dal partito del primo ministro. Un vero e proprio scandalo, che coinvolge il Partito e le istituzioni governative. Uno scandalo che ha messo alla prova di nuovo anche il sistema “riformato” della giustizia. Sistema che, invece di avviare le dovute indagini, previste dalla legge, per evidenziare come sono finiti quei dati riservati e protetti negli uffici del Partito, per uso e abuso elettorale, sta indagando il media che li ha pubblicati, facendo solo il suo dovere, riconosciuto dalla legge.

    Chi scrive queste righe è convinto che quanto sta accadendo in Albania, in attesa delle elezioni del 25 aprile prossimo, sono degli scenari orwelliani, ideati e messi in atto dagli “strateghi” del primo ministro, fiancheggiati e consigliati anche dalle frange dei famigerati servizi segreti della dittatura comunista, tuttora attivi in Albania. Il primo ministro e i suoi se ne strafottono di tutto ciò, basta che si possa avere il terzo mandato. Se ne strafottono anche delle leggi in vigore e del Documento di Copenaghen, sulle elezioni libere, imparziali e democratiche! Perché il primo ministro è pericolosamente e irresponsabilmente convito che lui, rappresentante dei “noi” del suo raggruppamento occulto ed onnipotente, controlla la vita degli albanesi a tutti i suoi livelli! Il 25 aprile prossimo ne sarà un’altra sfida, sua e degli albanesi. Come anche le conseguenze.

  • Il simbolismo della sedia e i nuovi dittatori

    C’è un limite, oltre il quale la pazienza cessa di essere una virtù.

    Edmund Burke

    Martedì scorso, 6 aprile 2021, ad Ankara si è svolto un vertice, ai massimi livelli, tra l’Unione europea e la Turchia. L’Unione era rappresentata dal presidente del Consiglio Charles Michel e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, mentre la Turchia dal presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan. Durante quel vertice si dovevano trattare, tra l’altro, anche delle importanti questioni che da tempo preoccupano le istituzioni dell’Unione europea, come quelle dei diritti umani e dell’assistenza, in territorio turco, dei rifugiati provenienti dal nord Africa e da altri Paesi. Il vertice però cominciò subito con quello che è stato definito come un “incidente diplomatico”, ossia l’incidente della “sedia mancante” o della “sedia negata”. Chissà se si è trattato realmente di una disattenzione, di una svista casuale, da parte degli addetti del protocollo ufficiale dei padroni di casa, oppure di un voluto e premeditato “avvertimento”? Ma il protocollo ufficiale turco è noto per la sua stretta osservanza delle regole. Allora perché, a quale scopo, quella “poltrona mancante” per la presidente della Commissione europea?! Ormai sono di dominio pubblico le immagini di tutto quello che è accaduto. Si vedono il presidente del Consiglio europeo ed il presidente turco accomodarsi nelle soltanto due poltrone, con dietro le rispettive bandiere. Si vede, però, anche la presidente della Commissione europea, l’unica donna partecipante al vertice, che, non trovando la sua di poltrona, guarda per alcuni secondi gli altri, poi fa un gesto con la mano destra e sembra sentirsi un suo “ehm” di disappunto e di imbarazzo. In seguito lei viene “sistemata” di fianco, su un divano, di fronte al ministro degli Esteri turco, il quale, però, ha uno status inferiore dal punto di vista del protocollo diplomatico. E’ vero che per il protocollo dell’Unione europea, riferendosi alle più alte cariche istituzionali, nell’ambito delle rappresentanze internazionali, il presidente del Consiglio europeo precede il presidente della Commissione, ma è altrettanto vero però, che in tutti i casi precedenti, recentemente accaduti, nei quali i due alti rappresentanti dell’Unione europea sono stati presenti insieme, durante degli incontri internazionali con delle massime autorità nazionali, a loro è stato riservato sempre lo stesso trattamento protocollare, come lo testimoniano anche alcune fotografie, pubblicate dai media dopo l’incidente della “sedia mancante”. Sono fotografie scattate nel 2015, nell’ambito di un vertice dei Paesi del G20, sempre in Turchia e sempre tra l’attuale presidente turco e gli allora presidenti del Consiglio e della Commissione europea. Ebbene, tutti e tre erano seduti nelle loro poltrone, posizionate equidistanti tra di loro. Chissà perché allora quella “disattenzione”, quella “svista protocollare”, il 6 aprile scorso, durante il vertice, ai massimi livelli di rappresentanza, tra l’Unione europea e la Turchia?! E guarda caso, era un vertice durante il quale si doveva trattare anche la recente uscita della Turchia, il 21 marzo 2021, dalla Convenzione di Istanbul, il cui obiettivo è quello di prevenire la violenza contro le donne. Un’uscita quella, molto criticata dalle istituzioni dell’Unione europea. Una “strana coincidenza” però, perché quella Convenzione del Consiglio d’Europa è stata aperta alla firma dei Paesi membri proprio ad Istanbul, nel maggio 2011. Chissà se anche quell’atteggiamento “disattento” del protocollo turco, nei confronti della presidente della Commissione europea, aveva a che fare con quella Convenzione?! Si sa, però, che il presidente turco aveva espresso, anche in precedenza, la sua opinione discriminatoria sulle donne. Ormai è di dominio pubblico la sua opinione, espressa pubblicamente nel 2016 sulle donne; per lui esse sono “prima di tutto delle madri”!

    Dopo il sopracitato incidente diplomatico, sono state diverse le reazioni degli alti rappresentanti delle istituzioni e delle cancellerie europee. E’ stata molto significativa quella, fatta l’8 aprile scorso, dal presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi. “Non condivido assolutamente Erdogan” ha detto Draghi, il quale era “….dispiaciuto moltissimo per l’umiliazione che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dovuto subire “. E poi, riferendosi al presidente turco, ha detto che si tratta di dittatori che bisogna chiamarli “per quello che sono”.

    Il simbolismo della sedia non è stato usato soltanto il 6 aprile scorso, durante il vertice tra L’Unione europea e la Turchia. Quel simbolismo è ormai noto e usato anche prima, ovviamente in ben altri contesti. Lo ha usato nel 1965 il presidente francese Charles de Gaulle. Allora la Commissione della Comunità economica europea aveva avanzato la proposta della costituzione di un mercato agricolo comune e sovranazionale, controllato e finanziato indipendentemente dai Paesi membri. La Commissione aveva proposto anche altre modifiche, che secondo i promotori, dovevano portare ad un rafforzamento, sia del Parlamento europeo che della Commissione stessa. Un’altra proposta, che allora non andava a genio ai rappresentanti della Francia, era la votazione non più all’unanimità, per delle decisioni del Consiglio dei ministri dei Paesi membri della Comunità, bensì la votazione a maggioranza qualificata. Si trattava di proposte che miravano a garantire l’integrazione europea dai Paesi membri e il superamento del carattere nazionale nelle decisioni prese dal Consiglio. Ma tutto ciò non era condiviso dal presidente francese De Gaulle. Per esprimere pubblicamente il suo dissenso e la sua contrarietà usò il simbolismo della sedia. Sì, proprio così. A partire dal 30 giugno 1965 lui decise di lasciare la “sedia vuota”, durante tutte le riunioni della Comunità. Quella sedia rimase “vuota” fino al 29 gennaio 1966 quando tutti gli Stati membri della Comunità firmarono quello che è noto come il compromesso di Lussemburgo. Con quel compromesso veniva confermato il voto all’unanimità quando uno Stato membro riteneva compromesso un suo particolare interesse considerato di grande importanza. Con la firma del compromesso di Lussemburgo finì anche la cosiddetta “crisi della sedia vuota”.

    Il simbolismo della sedia ha suscitato anche la fantasia degli artisti. Ne è una nota espressione la “sedia rotta”, chiamata anche la “sedia a tre gambe”, a Ginevra. Si tratta di una scultura di legno di grandi dimensioni che, messa nella piazza di fronte al Palazzo delle Nazioni, attira sempre l’attenzione dei passanti. La scultura è dedicata alle vittime delle mine antiuomo. E proprio la mancanza di una gamba della sedia simboleggia le gravi conseguenze dell’uso di quelle mine e, più in generale, anche le vittime di guerra. Ovviamente, non sono solo questi i casi in cui viene usato il simbolismo della sedia, ma, riferendosi a quelli sopracitati, si sa il perché della “sedia vuota” usata dal presidente de Gaulle. Si sa benissimo anche il significato del simbolismo della “sedia rotta” a Ginevra. Rimane da sapere il perché della sedia rifiutata alla presidente della Commissione europea, durante il vertice tra l’Unione europea e la Turchia il 6 aprile scorso.

    Nel frattempo in Albania continua la campagna elettorale per le elezioni politiche del 25 aprile prossimo. Il primo ministro sta sfoggiando tutto il suo arsenale degli insulti e delle offese coatte per i suoi avversari. In questa campagna lui sta beneficiando molto anche del dichiarato sostegno del suo “carissimo amico”, il presidente turco, che ha dichiarato di aver garantito fondi per la costruzione di un ospedale e di 522 unità abitative nelle zone colpite dai terremoti del 2019, prima del 25 aprile. Di tutto ciò il nostro lettore è stato ormai informato (Diabolici demagoghi, disposti a tutto per il potere; 18 gennaio 2021). Il presidente turco ha recentemente agevolato anche l’arrivo in Albania di una certa limitata quantità di vaccini cinesi, sempre come sostegno elettorale per il suo “caro amico” albanese. Il presidente turco è stato vicino al primo ministro albanese anche la scorsa settimana, in un periodo di bisogno. Sì, perché la scorsa settimana i controllori di volo dell’unico aeroporto internazionale in Albania, dopo che per quasi un anno le loro richieste sono state ignorate da chi di dovere, usando le clausole previste dalla legge, non si sono presentati al lavoro. Il che ha messo in difficoltà e in agitazione il primo ministro, anche perché si stavano evidenziando, in piena campagna elettorale, degli scandali finanziari del governo. Allora, per sormontare quella imbarazzante situazione, dalla Turchia sono arrivati alcuni crumiri, per sostituire i loro colleghi albanesi. Gli “amici” servono per questo e ben altro.

    Chi scrive queste righe, anche in questo caso, avrebbe avuto bisogno di molto più spazio, per trattare quest’ultimo argomento, nonché le gravi conseguenze dell’operato dei nuovi dittatori. Sia in Turchia che in Albania. Ma lo farà prossimamente. Nel frattempo però, egli è convinto che anche in Albania si potrebbe trattare il simbolismo della sedia. Si potrebbe trattare più che di un simbolismo; si potrebbe trattare la realtà della sedia, anzi, delle sedie impropriamente occupate, delle sedie istituzionali usurpate da persone irresponsabili e pericolose. Come in primo ministro, ma non solo. In Albania è ormai di dominio pubblico la realtà delle sedie occupate e/o usurpate e delle persone attaccate alle sedie istituzionali di qualsiasi tipo e appartenenza. Un simbolismo sui generis quello della sedia in Albania. Ed una realtà molto preoccupante e pericolosa quella dei nuovi dittatori! Dittatori che bisogna considerarli “per quello che sono”! Di fronte a simili realtà, per tutte le persone responsabili, sia in Albania, che nell’Unione europea e nelle cancellerie occidentali, dovrebbe essere un limite, oltre il quale la pazienza cesserebbe di essere una virtù.

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