Albania

  • Il merito come criterio

    Il mondo ricompensa più spesso le apparenze del merito, che non il merito vero.
    François de La Rochefoucauld

    Dal 1o luglio e fino al 31 dicembre 2020 la Germania eserciterà il suo diritto di presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Un incarico molto importante questo visto che il Consiglio dell’Unione, insieme con il Parlamento europeo, rappresenta il potere legislativo dell’Unione stessa. La presidenza tedesca del Consiglio avrà come motto “Insieme per la ripresa dell’Europa”. Sono stati resi noti anche gli obiettivi del programma. Non potevano non essere obiettivi legati alla situazione causata sia dalla pandemia del coronavirus che dalle sue conseguenze. La realtà economica rappresenta una seria ed impegnativa sfida da affrontare e vincere. Un programma ambizioso quello del semestre tedesco, presentato l’8 luglio scorso, davanti al Parlamento europeo a Bruxelles, dalla cancelliera Angela Merkel. Il programma prevede un impegno comune e coordinato di tutti gli Stati membri dell’Unione per garantire “una ripresa economica e sociale a lungo termine”. Gli obiettivi posti dal programma, se raggiunti, renderanno possibile che l’Europa [unita] diventi non solo “più solida e innovativa”, ma anche “equa e sostenibile”. E, allo stesso tempo, che diventi “un’Europa della sicurezza e dei valori comuni”. Il che farà “un’Europa forte nel mondo”.

    Presentando il programma della presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione europea, la cancelliera ha dichiarato che “uno dei tre obiettivi della politica estera riguarda i Balcani occidentali”. E quando di parla dei Balcani occidentali si tratta soprattutto di due argomenti importanti. Uno riguarda l’integrazione europea dei paesi balcanici, l’altro, molto importante, la geopolitica, perché la penisola balcanica è diventata un territorio dove stanno aumentando gli interessi della Russia, della Cina, della Turchia e di altri stati. Paesi quelli che hanno già dei legami storici diversi, ognuno per conto proprio, con i paesi balcanici. Si tratta di legami, influenze e ormai anche di investimenti di vario tipo che rappresenterebbero una “minaccia” geostrategica e geopolitica per l’Unione europea. Ragion per cui, durante il vertice di Salonicco (21 giugno 2003), i dirigenti dell’Unione hanno dichiarato pubblicamente che l’integrazione dei paesi balcanici rappresenta un interesse strategico per l’Unione europea. Durante la conferenza di Berlino (28 agosto 2014) è stato presentato quello che ormai viene riconosciuto come il Processo di Berlino per i Balcani occidentali. Si tratta di un’iniziativa tedesca che ha come obiettivo finale l’integrazione dei paesi balcanici nell’Unione europea. Nell’ambito del Processo di Berlino sono stati svolti annualmente, da allora, i vertici di Vienna, di Parigi, di Trieste, di Londra e di Poznan. L’ultimo è stato il vertice di Zagabria, il 6 maggio 2020, in videoconferenza a causa del coronavirus. In tutti quei vertici è stato ribadito che l’integrazione dei paesi balcanici rappresenta un interesse strategico per l’Unione europea. Ma anche che tutti i paesi candidati all’adesione devono adempiere e rispettare i criteri di Copenaghen. Si tratta di quei tre criteri, approvati nel 1993, durante il vertice del Consiglio europeo nella capitale danese. E cioè il criterio politico, il criterio economico e l’adesione agli acquis communautaire. Quello politico rappresenta però una condizione sine qua non per l’adesione. Il che significa che nel paese candidato dovrebbero funzionare le istituzioni per garantire lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo, il rispetto delle minoranze e la loro tutela.

    Ormai la Serbia e il Montenegro stanno affrontando il processo dell’integrazione europea come paesi candidati. Mentre la Macedonia del Nord e l’Albania attendono l’apertura dei negoziati come paesi candidati. I ministri per gli Affari europei, il 24 marzo scorso, hanno deciso tra l’altro, di aprire i negoziati per la Macedonia del Nord e l’Albania in una data da stabilire. Decisione che è stata adottata in seguito, il 26 marzo scorso, anche dai capi di Stato e di governo, durante il vertice del Consiglio europeo. Con una sola, ma molto significativa, differenza però. E cioè che per la Macedonia del Nord il Consiglio non ha posto nessuna condizione per l’apertura dei negoziati, mentre per l’Albania sono state poste ben 15 condizioni. Condizioni che, con qualche modifica non sostanziale, sono state approvate come emendamento, con un voto massiccio e trasversale dal Parlamento europeo, durante la sessione del 18-19 giugno scorso. Si tratta di quelle 15 condizioni sine qua non che, se non adempite tutte insieme, non potranno portare all’apertura della prima Conferenza intergovernativa tra l’Albania e gli Stati membri dell’Unione europea. Condizioni di cui però il primo ministro nega pubblicamente l’esistenza. Il nostro lettore è stato ormai informato di tutto ciò a tempo debito e a più riprese.

    Durante la sopracitata presentazione del programma per il semestre tedesco del Consiglio dell’Unione europea, riferendosi alla politica estera, la cancelliera Merkel ha parlato, tra l’altro, anche delle conferenze dell’apertura dei negoziati per l’adesione nell’Unione europea dei paesi balcanici. Ma per la prima volta però la cancelliera ha lasciato “diplomaticamente” capire che tra l’Albania e la Macedonia del Nord c’è una bella differenza. Ragion per cui ormai si potrebbero dividere i due paesi nel loro percorso europeo. Cosa che da tempo hanno chiesto diversi Stati membri dell’Unione, proprio per non penalizzare la Macedonia. Perché tutte le 15 condizioni poste all’Albania e che hanno a che fare con l’adempimento del criterio politico di Copenaghen non possono essere adempite e rispettate a breve. Ma quella richiesta realistica e ragionevole di dividere la Macedonia del Nord dall’Albania nel loro percorso europeo non è stata approvata però dagli altri paesi durante il vertice del Consiglio europeo del 26 marzo scorso, compresi la Germania e la Francia. Molto probabilmente, in quel caso, è stato “trascurato” il criterio politico di Copenaghen, per delle ragioni geostrategiche e geopolitiche. L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore a tempo debito di quella decisione, sottolineando però anche le conseguenze che potrebbero derivare in Albania, visto l’uso speculativo ed ingannevole della propaganda governativa. Proprio presentando il programma per il semestre tedesco del Consiglio dell’Unione europeo, la cancelliera Merkel ha ribadito l’impegno dell’Unione durante “…i negoziati dell’adesione con la Macedonia del Nord e forse con l’Albania”! Proprio quella parte della frase pronunciata dalla cancelliera, “e forse con l’Albania”, secondo gli analisti e le persone che conoscono bene il “linguaggio diplomaticamente corretto”, rappresenta la vera novità. E cioè che con quell’affermazione la cancelliera ha confermato finalmente la vera, reale e significativa differenza, condivisa anche dagli altri paesi membri, che c’è tra la Macedonia e l’Albania. D’ora in poi perciò non si devono trattare più insieme nel loro percorso europeo.

    Chi scrive queste righe valuta e condivide le 15 condizioni poste all’Albania e approvate il 19 giugno scorso dal Parlamento europeo con un voto massiccio e trasversale. Egli giudica che sono tutte condizioni che rispecchiano il criterio politico di Copenaghen. Ragion per cui  il loro adempimento e rispetto rappresentano delle condizioni sine qua non durante tutto il percorso europeo dell’Albania. Chi scrive queste righe da sempre è stato, è e sarà fermamente convinto che l’unico criterio per l’adesione dell’Albania nell’Unione europea dovrebbe essere soltanto il merito e nient’altro. Per il meglio dell’Albania stessa, ma anche per tutta l’Unione europea. Ogni altro criterio, a lungo termine, creerà soltanto problemi e grattacapi. Perciò bisogna essere molto attenti a non ricompensare le apparenze del merito, ma il merito vero.

  • Similitudini

    …La corruzione è dappertutto, il talento è raro. Perciò, la corruzione è

    l’arma della mediocrità che abbonda, e voi ne sentirete ovunque la punta.

    Honoré de Balzac; da “Papà Goriot”

    Così diceva convinto Vautrin al giovane Eugene de Rastignac. Correva l’anno 1819. In quel tempo tutti e due vivevano a Parigi. Vautrin, ladro e usuraio, era stato condannato ai lavori forzati, ma era evaso appena aveva potuto. Il suo vero nome era Jacques Collin, ma negli ambienti della malavita parigina lo avevano soprannominato ‘Inganna-la-morte’ (Trompe-la-Mort). La polizia lo stava cercando dappertutto, perché era una persona molto pericolosa. Eugene de Rastignac invece, uno dei personaggi non solo del romanzo Papà Goriot, ma anche di molti altri romanzi della Commedia Umana di Balzac, era un giovane di 21 anni, arrivato a Parigi per studiare legge. Lui non sapeva niente di Vautrin. Un giorno Vautrin cercava di spiegare a Rastignac che in questo mondo “non ci sono principi, ma soltanto eventi. Non ci sono leggi, ma soltanto circostanze”. E che “…l’uomo intelligente si adatta agli eventi e alle circostanze per dominarle”. Vautrin consigliava a Rastignac di “non insistere con le proprie convinzioni”, e nel caso servisse, se qualcuno glielo chiedeva, “doveva vendere i suoi principi”. Si, proprio vendere, in cambio di soldi o altro! Vautrin rappresentava a Parigi la “Società dei diecimila”, che era un raggruppamento non di ladri comuni, ma “di ladri di alto livello”. E lui gestiva enormi quantità di denaro per conto della Società. Balzac ci racconta che i soci erano persone che “non si sporcano le mani per delle piccole cose e non si immischiano in affari se non riescono a guadagnare, come minimo, diecimila franchi”. Da buon usuraio qual era, Vautrin vede anche in Rastignac una persona dalla quale poteva approfittare, essendo lui un povero giovane di provincia, ma ambizioso ed arrivista, Vautrin propone a Rastignac un accordo, dal quale poteva avere un guadagno del 20% come commissione. Accordo che non si concluse, anche perché, finalmente, Vautrin viene arrestato dalla polizia.

    Duecento anni dopo quegli eventi, maestosamente raccontati da Balzac nel suo romanzo Papà Goriot, le cose si ripetono, generando, tra l’altro, delle similitudini. In ogni parte del mondo, così come in Albania. Guarda caso, l’attuale primo ministro viene chiamato anche il “signor 20%”. Lo hanno soprannominato così dopo le diverse accuse pubbliche, fatte da quando era il sindaco di Tirana. Secondo quelle accuse lui, o chi per lui, chiedeva ai costruttori una commissione del 20% dell’investimento in cambio del permesso per costruire. Durante questi ultimi anni il primo ministro albanese è stato accusato ripetutamente e pubblicamente, documenti alla mano, in albanese e in altre lingue, di molti fatti gravi. Le accuse pubbliche riguardavano e riguardano, tra l’altro, gli stretti legami che lui, e/o chi per lui, ha con la criminalità organizzata. Legami che si basano su un solido supporto reciproco. Una collaborazione quella, che secondo le documentate e ripetute accuse pubbliche, ha permesso al primo ministro i suoi due mandati istituzionali e altre vittorie elettorali. Mentre alla criminalità organizzata ha garantito affari miliardari. Compresi, tra l’altro, la diffusa coltivazione della cannabis su tutto il territorio nazionale e il traffico illecito di stupefacenti. Traffico che continua indisturbato, come dimostrano i fatti resi noti dalle procure dei paesi confinanti, ma soprattutto quelle italiane. Soltanto una settimana fa è stato sequestrato sulle coste italiane un grosso carico di droga proveniente dall’Albania.

    Il primo ministro albanese è stato accusato di aver nascosto delle condanne in altri paesi europei. Accuse fatte, anche quelle, sia in albanese che in altre lingue. Una decina di giorni fa un noto collezionista di icone, durante un’intervista televisiva in prima serata, ha ripetuto la sua accusa. E cioè che l’attuale primo ministro albanese è stato arrestato e condannato in Francia agli inizi degli anni ’90 per traffico di icone rubate! Quella del collezionista, durante l’intervista televisiva una decina di giorni fa, non era soltanto una ripetuta accusa ma, come ha dichiarato lui, era anche una sfida pubblica al primo ministro. Ad oggi però, il primo ministro, che ha denunciato ufficialmente “per calunnia” molte persone, compresi politici, giornalisti e/o redazioni di giornali e altri media in Albania e in altri paesi, non ha detto neanche una sola parola e non ha presentato nessun ricorso “per calunnia” contro il collezionista di icone. E se fossero vere le accuse fatte dal collezionista, ma non solo da lui, sia in albanese che in altre lingue, allora si aggiunge un’altra similitudine tra il primo ministro albanese e Vautrin.

    Le similitudini non finiscono qui però. Sempre in base alle tante denunce e accuse pubbliche, risulterebbe che il primo ministro albanese sia anche il rappresentante istituzionale degli interessi miliardari di certi raggruppamenti occulti locali ed internazionali. Guarda caso, un altra similitudine con Vautrin, che era il rappresentante della sopracitata “Società dei diecimila”, come ci racconta Balzac nel suo romanzo Papà Goriot. Il nostro lettore conosce ormai l’emblematico caso del barbaro e vigliacco abbattimento, notte tempo, il 17 maggio scorso, dell’edificio del Teatro Nazionale, in pieno centro di Tirana. Si tratta proprio del caso per eccellenza che dimostra e testimonia la stretta collaborazione tra il potere politico con la criminalità organizzata e certi clan occulti. Una pericolosa collaborazione che sta alle fondamenta della nuova dittatura sui generis ormai restaurata ed operativa in Albania. L’unica incognita, almeno pubblicamente, è chi comanda in quella “combriccola”. Tutti ormai sanno però, che l’abbattimento del Teatro Nazionale rappresenta un affare criminale miliardario, che parte dal riciclaggio del denaro sporco, proveniente dai traffici illeciti e dalla corruzione ai più alti livelli, per poi continuare con grossi investimenti e introiti garantiti. Per agevolare ed ufficializzare tutto ciò, il primo ministro albanese presentò ed approvò in Parlamento una “legge speciale”, in piena estate del 2018, per passare in grande fretta la proprietà pubblica ad un privato, noto cliente del potere politico. Ormai il riciclaggio del denaro sporco è un’allarmante realtà in Albania. Una realtà che è stata testimoniata, tra l’altro, anche dai due ultimi rapporti annuali del MONEYVAL (Comitato di esperti per la valutazione delle misure contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo; una struttura del Consiglio d’Europa). Dai rapporti si evidenzia che “…la corruzione rappresenta grandi pericoli per il riciclaggio del denaro in Albania”. E che “…l’attuazione della legge, ad oggi, ha avuto una limitata attenzione per combattere la corruzione legata al riciclaggio del denaro”! Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò (Abusi e corruzione anche in tempi di pandemia; 4 maggio 2020). E non poteva essere diversamente, con un simile “rappresentante istituzionale” qual è il primo ministro albanese. Come era anche Vautrin per la sopracitata “Società dei diecimila”. E queste sopracitate sono soltanto alcune delle similitudini tra i due.

    Chi scrive queste righe trova attuale quanto scriveva Balzac nel suo Papà Goriot. E cioè che anche in Albania nel 2020, come in Francia del 1819, la corruzione la trovi dappertutto. Ed è l’arma della mediocrità che abbonda, la cui punta si sente ovunque. L’autore di queste righe è convinto però che, diversamente da quanto accadeva a Parigi nel 1819, dove Vautrin veniva arrestato dal sistema della giustizia, in Albania nel 2020 il sistema della giustizia è controllato personalmente proprio dal primo ministro. Nel 1819 Vautrin consigliava a Rastignac che, se servisse, “doveva vendere i suoi principi”. Mentre il primo ministro albanese, nel caso abbia mai avuto dei principi, ormai li ha già venduti ai richiedenti. Ad un buon prezzo però!

  • Falsari di parola e di verità

    … Io udi’ già dire a Bologna del diavol vizi assai,
    tra ‘quali udi’ ch’elli è bugiardo e padre di menzogna.

    Dante Alighieri; La Divina Commedia; Inferno / XXIII

    Così diceva frate Cataldo a Virgilio, autore del poema epico l’Eneide. Lo racconta Dante nella sua Divina Commedia. Era stato proprio Malacoda, un diavolo inventato da Dante, che aveva ingannato Virgilio, il maestro che si prendeva cura del poeta, suo discepolo, mentre scendevano nell’Inferno. Tutti e due erano arrivati al penultimo cerchio, e cioè all’ottavo. Quello che Dante chiama Malebolge, per via delle bolge in cui erano messi i peccatori. Erano dieci le bolge, cioè le fosse, collegate da scogli scoscesi. In quel cerchio erano ammassati tutti: ruffiani, seduttori, adulatori, maghi, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti, seminatori di discordia, falsari e bugiardi. Virgilio e Dante cercavano di uscire dalla quinta bolgia, per andare alla sesta, perché erano seguiti dai Malebranche, diavoli capitanati da Malacoda. Si accorsero però che la roccia che doveva collegare le due bolge era crollata. Dante ci racconta che crollò a causa del terremoto che seguì la morte di Gesù Cristo. Invece Malacoda aveva assicurato Virgilio che le due bolge erano collegate tra di loro. Dante ci racconta, nel canto XXIII, che il suo maestro, accorgendosi dell’inganno, dice “Mal contava la bisogna/colui che i peccator di qua uncina”. E i peccatori li uncinava proprio Malacoda, che aveva intenzionalmente ingannato Virgilio. Il frate Cataldo, non senza un po’ di sarcasmo e d’ironia, dice allora a Virgilio di quello che aveva saputo. E cioè che “Io udi’ già dire a Bologna / del diavol vizi assai, tra ‘quali udì/ch’elli è bugiardo e padre di menzogna”. Virgilio abbassa la testa, vergognandosi di essere stato così scioccamente ingannato da Malacoda. Perché per capire una cosa così evidente, per capire che Malacoda era bugiardo e, addirittura, il “padre di menzogna”, non bisognava essere dotti, istruiti all’Università di Bologna, dove si insegnava già nel periodo in cui Dante scrisse La Divina Commedia. Dei bugiardi e degli ingannatori, il poeta si riferisce anche nel canto XXX dell’Inferno. In quel canto racconta dei falsari, di tutti i falsari, che soffrivano nella decima bolgia. Tra i quali anche coloro che Dante chiama i falsari di parola, che poi erano proprio i bugiardi. E tutti quei peccatori erano afflitti da deformazioni e malattie atroci e soffrivano proprio le pene dell’inferno.

    Tornando ai giorni nostri, tutti noi dobbiamo fare sempre tesoro anche degli insegnamenti di Dante. Perché si sa, da che mondo è mondo e ovunque sono stati, sono e saranno, diffusi tra la gente, anche i falsari di parola e della verità. E cioè gli ipocriti, gli ingannatori e i bugiardi. Tutti coloro che hanno fatto, stanno facendo e faranno sempre dei danni. Danni che diventano maggiori, e spesso seri e gravi, quando i falsari di parola e della verità sono degli individui che hanno dei poteri decisionali. Perché sono dei danni fatti non solo alle singole persone e a delle piccole comunità, ma anche alle nazioni intere. E che spesso, con il passare del tempo diventano ancora maggiori e con delle conseguenze difficilmente recuperabili. Quanto è accaduto e/o sta accadendo in Albania durante questi ultimi anni, ne rappresenta un’inconfutabile testimonianza. E purtroppo, in Albania, a falsare le parole e la verità, a ingannare e a mentire, non sono soltanto i governanti, i rappresentanti politici e istituzionali locali, ma anche certi rappresentanti delle istituzioni internazionali o di singoli paesi. Lo dimostrerebbero le dichiarazioni fatte in albanese e/o in inglese in queste ultime settimane.

    Durante la scorsa sessione del Parlamento europeo del 18 e 19 giugno 2020, c’è stata anche una votazione trasversale e massiccia di un emendamento sulle condizioni poste all’Albania nel suo percorso europeo. Quell’emendamento rappresenta ormai una Raccomandazione per il Consiglio europeo, per la Commissione europea e per l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza. Si tratta di 15 condizioni sine qua non poste all’Albania, come paese candidato all’adesione nell’Unione europea. Condizioni che, se non si adempiono, tutte insieme, non si può arrivare neanche all’apertura della prima Conferenza intergovernativa tra l’Albania e gli Stati membri dell’Unione europea. Il nostro lettore è stato informato la scorsa settimana di tutto ciò. Così come è stato informato anche su una seduta della Commissione per gli Affari Esteri del Parlamento europeo, durante la quale si doveva discutere sulla realtà albanese (Bisogna dire pane al pane e vino al vino, 22 giugno 2020). Ebbene, durante quella seduta della Commissione, il 22 giugno scorso, gli eurodeputati hanno denunciato, fatti e documenti alla mano, quanto è accaduto e/o sta accadendo in questi ultimi anni, esprimendo anche la loro preoccupazione per la gravità della situazione in Albania.

    Durante quella seduta ha parlato anche la direttrice per i Balcani occidentali della Commissione europea. Direttrice che, allo stesso tempo, è anche il capo di una struttura molto importante nell’ambito della [ormai fallita] Riforma della giustizia in Albania. Tanto importate è il ruolo di quella struttura, chiamata Operazione Internazionale di Monitoraggio, che è stata inserita anche negli emendamenti costituzionali approvati all’unanimità dal Parlamento albanese il 22 luglio del 2016. Ebbene, la direttrice per i Balcani occidentali, nel suo intervento durante la sopracitata seduta della Commissione degli Affari esteri del Parlamento europeo, ha detto delle “mezze verità”. Chissà perché?! Ma quanto ha detto la direttrice non era quello che è stato approvato con il voto massiccio e trasversale del Parlamento europeo il 19 giugno scorso sull’Albania. E la direttrice non poteva non sapere, sia quanto è stato approvato che il testo intero della sopracitata Raccomandazione, indirizzata anche alla Commissione europea. Istituzione per la quale lavora la direttrice. Sapere quanto era approvato il 19 giugno scorso dal Parlamento europeo sull’Albania era un obbligo istituzionale per lei. Ignorare ciò sarebbe una trascuratezza dei suoi obblighi. Ma saperlo e far finta di ignorarlo, sarebbe peggio. E guarda caso, proprio quella dichiarazione della direttrice per i Balcani occidentali è stata usata un giorno dopo dal primo ministro albanese come riferimento, in sostegno delle sue bugie. Perché lui sta mentendo pubblicamente, chiaramente, ripetutamente e consapevolmente sulle sopracitate 15 condizioni poste all’Albania. Il che, di per se, è una cosa grave. Questa volta, come falsaria di parola e della verità, insieme con il primo ministro, è stata anche la direttrice per i Balcani occidentali della Commissione europea.

    Chi scrive queste righe è convinto che le gravi conseguenze delle “mezze verità” dette e dei richiesti e/o voluti inganni fatti dai soliti “rappresentanti internazionali”, danneggiano non solo il percorso europeo dell’Albania, ma purtroppo aiutano anche il consolidamento della dittatura nel paese. Il barbaro e vigliacco abbattimento, notte tempo, dell’edificio del Teatro Nazionale il 17 maggio scorso, come ribadito anche durante la sopracitata seduta della Commissione degli Affari esteri del Parlamento europeo, rappresenta e testimonia meglio di qualsiasi altra cosa, proprio la mentalità dittatoriale dei gestori della cosa pubblica in Albania. Ma dimostra anche l’ipocrisia dei “rappresentanti internazionali”. Compresa la direttrice per i Balcani occidentali della Commissione europea. Chi scrive queste righe è convinto che le ripercussioni dell’operato di tutti i falsari di parola e della verità le soffriranno, negli anni a venire, i cittadini albanesi. Ragion per cui essi devono ribellarsi e reagire in tempo e determinati. Mentre i falsari hanno ormai il loro posto già riservato nell’Inferno, nelle bolge dell’ottavo cerchio.

  • Bisogna dire pane al pane e vino al vino

    In ogni cosa è salutare, di tanto in tanto, mettere un punto

    interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato.

    Bertrand Russell

    Erano tante le risoluzioni e gli emendamenti da discutere e poi votare durante la sessione della scorsa settimana (17 – 19 giugno 2020) del Parlamento europeo. La sera tardi del 18 giungo, per appello nominale, si è votato anche un emendamento del gruppo del Partito Popolare europeo sull’Albania. Il testo dell’emendamento era: “Il Parlamento europeo sottolinea le 15 condizioni poste dal Consiglio europeo (il 26 marzo 2020; n.d.a.) che l’Albania deve adempiere prima della convocazione della prima Conferenza intergovernativa con gli Stati membri”. Il risultato è stato: 388 voti a favore, 280 contro e 19 le astensioni. Un risultato ulteriormente rafforzato durante la votazione trasversale nella seduta del 19 giugno scorso, con 532 voti a favore, 70 voti conto e 63 astensioni. Hanno votato a favore, oltre ai deputati del gruppo del Partito Popolare europeo e quegli del gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, anche molti deputati dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici europei e altri. L’emendamento rappresenta ormai una Raccomandazione del Parlamento europeo da essere presa in considerazione dal Consiglio europeo, dalla Commissione europea e dal vicepresidente della Commissione, che è anche l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza.

    Si tratta, con qualche modifica, di quelle 15 condizioni poste all’Albania, come paese candidato all’adesione nell’Unione europea, dai capi di Stato e di governo, durante il vertice del Consiglio europeo del 26 marzo scorso. Ma a differenza della decisione presa dal Consiglio europeo il 26 marzo, quanto sancito dalla Raccomandazione del Parlamento europeo del 19 giugno rappresenta anche una condizione sine qua non nel processo europeo dell’Albania. Perché se non si adempiono, tutte insieme, le 15 condizioni non si può arrivare neanche all’apertura della prima Conferenza intergovernativa tra l’Albania e gli Stati membri dell’Unione europea. Cosa che non era stata esplicitamente chiarita dalla sopracitata delibera del Consiglio europeo. Ma soprattutto, quella Raccomandazione del Parlamento europeo, con un evidente, vasto e trasversale supporto degli eurodeputati, rappresenta un significativo segnale per la Commissione europea e per l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza. Perché dal 2016 ad oggi le raccomandazioni della Commissione europea per il Consiglio europeo e/o per chi di dovere sono state sempre positive, affermando e garantendo i “continui progressi” dell’Albania. Ma soprattutto le raccomandazioni della Commissione europea, dal 2016 ad oggi, non hanno mai contenuto la ben che minima condizione per l’Albania! Un contrasto eclatante quello, non solo con la realtà vissuta quotidianamente in Albania, ma anche con le opinioni ufficialmente espresse dai singoli Stati membri. Opinioni che sono state in seguito tradotte in condizioni e che sono aumentate con il passare degli anni. Da cinque iniziali che erano nel 2016, sono diventate nove e poi, dal 2019 sono diventate quindici! Le stesse 15 condizioni che, con qualche modifica, sono quelle che ormai rappresentano le condizioni sine qua non della sopracitata Raccomandazione votata definitivamente il 19 giugno scorso dal Parlamento europeo. E che, tenendo presente quanto è accaduto in questi ultimi anni in sede europea, non solo con l’Albania, rappresenta un fatto più unico che raro. Il nostro lettore è stato sempre tenuto informato di tutto ciò. Anche con i tre articoli dell’aprile scorso, con i quagli l’autore di queste righe analizzava non solo le continue raccomandazioni “tutto rose e fiori” fatte dalla Commissione europea per l’Albania, in seguito agli “entusiasmanti successi e i continui progressi” raggiunti dal governo. Ma cercava anche di analizzare le decisioni del Consiglio europeo, compresa quella del 26 marzo scorso e, soprattutto, le conseguenze che potevano derivare da quella decisione.

    In Albania il primo ministro e la sua potente e ben funzionante propaganda cerca di ingannare l’opinione pubblica con quanto si decide nelle istituzioni europee per l’Albania. Il primo ministro presenta, ovviamente, come degli “enormi successi”, suoi personali e del suo governo, quanto viene sempre raccomandato dalla Commissione europea. Almeno dal 2016. E, allo stesso tempo, cerca di manipolare il contenuto delle decisioni del Consiglio europeo e di negare l’esistenza delle condizioni poste. Comprese anche quelle del 26 marzo. Lo ha fatto ultimamente, il 9 giugno scorso, durante la riunione del Consiglio nazionale per l’Integrazione europea. Ha parlato a lungo di “successi e di evidenti progressi”. Ma non ha detto neanche una sola parola per le condizioni poste dal Consiglio europeo! E tutto ciò proprio in quella sede, dove si stava parlando del percorso europeo dell’Albania. Purtroppo quelle condizioni non le ha menzionate, durante il suo intervento in quell’occasione, nemmeno il rappresentante della Delegazione europea a Tirana. Invece lui, con le parole che ha detto, ma anche con quelle che doveva dire e non le ha detto, ha sostenuto la “versione dei fatti” del primo ministro, come sempre e come anche i suoi predecessori. Negare tutto quello che non conviene è una delle parole d’ordine del primo ministro albanese. E senza batter ciglio e come se niente fosse, ha avuto la spudoratezza e la faccia tosta di negare l’esistenza di quelle “maledette” condizioni, anche dopo la schiacciante e trasversale votazione della settimana scorsa dal Parlamento europeo della Raccomandazione sull’Albania!

    Si tratta di condizioni che rispecchiano fedelmente la realtà, quotidianamente vissuta e sofferta dai cittadini albanesi. Condizioni che riguardano, tra l’altro, la mancata [e volutamente perduta] lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata. Ma anche la mancanza delle indagini per tutti coloro che hanno condizionato, controllato e manipolato i risultati elettorali. Condizioni che riguardano la riforma fallita del sistema di giustizia, compreso anche il non funzionamento [voluto], da quasi tre anni, sia della Corte Costituzionale, che della Corte Suprema. Dando così la possibilità al primo ministro, che purtroppo controlla ormai quasi tutto, di operare indisturbato. Come un vero dittatore. E lo sta dimostrando ogni giorno che passa, fatti alla mano!

    Tenendo presente la drammatica situazione in Albania, come minimo, ormai è tempo di dire chiaramente la verità. Ormai è tempo di dire pane al pane e vino al vino! Ragion per cui quello diventa un obbligo istituzionale e morale, anche per i rappresentanti delle istituzioni europee, nel caso volessero assistere, aiutare e sostenere veramente il percorso europeo dell’Albania.

    Chi scrive queste righe cerca di capire cosa realmente ha convinto la maggior parte dei deputati a votare a favore della sopracitata Raccomandazione del Parlamento europeo. Egli è convinto però, che porre quelle 15 condizioni all’Albania come una barriera da superare in anticipo e in modo convincente, prima di ogni ulteriore passo nelle procedure per l’adesione dell’Albania all’Unione europea, è stata, finalmente, una cosa giusta, dovuta ed indispensabile. Chissà se, tra le tante altre ragioni, ci sia stato anche il barbaro e vigliacco abbattimento, notte tempo, dell’edificio del Teatro Nazionale a Tirana, il 17 maggio scorso?! Fatto che ha avuto una vasta e forte condanna non solo in Albania! E che, guarda caso, proprio oggi, 22 giugno, la Commissione per gli Affari Esteri del Parlamento europeo tratterà anche la realtà albanese e l’osceno abbattimento del Teatro. Teatro che rappresentava una parte integrante dell’eredità culturale europea, come hanno affermato le istituzioni internazionali specializzate! Forse è venuto il tempo di mettere, come cosa salutare, un punto interrogativo a tutto ciò che a lungo si era dato per scontato.

  • Dannosa ipocrisia in azione, come un déjà vu

    Gli ipocriti più miti sono anche i più temibili.

    Le maschere di velluto sono sempre nere.

    Victor Hugo; da “Oceano”

    Ormai sono diventati tutti dei miseri ipocriti. Dopo essere stati, ognuno per conto proprio e per ben noti motivi, arroganti, agguerriti e perentori fino ad una decina di giorni fa, adesso in Albania tutti hanno cambiato maschera e modo di recitare. Il primo ministro, da arrogante, prepotente e cinico qual è, di sua natura, sta cercando di apparire “collaborativo”. I dirigenti dell’opposizione, da perentori nelle loro richieste “non negoziabili” e agguerriti, riferendosi alle “line rosse” da non oltrepassare, ormai “cantano vittoria” per nascondere, invece, una vistosa sconfitta. I soliti “rappresentanti internazionali”, da irremovibili e aspri tutori, dopo aver “messo in riga le parti”, adesso si sono fatti da parte e stanno “rispettando” quanto sancito dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche. Proprio loro, che fino a pochi giorni fa hanno palesemente violato quella Convenzione, mostrando anche le loro “preferenze”. Da non dimenticare, per dovere di cronaca, neanche i ridicoli e insignificanti rappresentanti della “nuova opposizione” parlamentare, che da circa un anno, da quando l’opposizione ha rassegnato i mandati parlamentari, è diventata un “serbatoio di voti” per il primo ministro. Proprio loro adesso hanno alzato la voce, giurando “fedeltà ai principi” e intransigenza di fronte a quanto decidono i “grandi”. Presentando però delle proposte e/o richieste “suggerite amichevolmente” da qualche “rappresentante internazionale”, oppure redatte negli uffici controllati dal primo ministro e i suoi! Tutti sono dei miseri ipocriti però, nessuno escluso. Tutti stanno recitando adesso, dopo la sera del 5 giungo scorso in Albania. Giorno in cui, grazie ai soliti “rappresentanti internazionali”, è stato raggiunto il “consenso” e firmato un documento scritto in inglese per la “grande fretta”: quello dell’Accordo sulla Riforma elettorale. Tutti, però, hanno fatto e stanno facendo finta che l’Albania sia un paese dove quella Riforma consoliderebbe ulteriormente la democrazia (Sic!). Invece ciò che, in realtà, potrebbe consolidare la Riforma elettorale sarebbe la nuova dittatura restaurata ormai in Albania, permettendo un terzo mandato all’attuale primo ministro! Il nostro lettore è stato informato la scorsa settimana (Dittatura sostenuta anche dai ‘rappresentanti internazionali’; 8 giugno 2020).

    L’Albania purtroppo non è un paese democratico. E men che meno un paese economicamente e socialmente prospero ed evoluto, come altri paesi dell’Europa occidentale. Anzi! Ragion per cui non si devono “adottare” e attuare degli approcci fatti in quei paesi. Sarebbe sbagliato e con delle conseguenze negative. L’Albania ha ereditato tutt’altro dal passato. Da quel passato sotto l’impero ottomano prima, per circa cinque secoli, e poi sotto la dittatura comunista, per circa cinque decenni. Da quel passato l’Albania ha ereditato un’evidente arretratezza economica, politica e culturale. Purtroppo questi “segni del passato” si sono fatti sentire e hanno ostacolato i processi della democratizzazione del paese dopo la caduta della dittatura comunista nel 1991. I cinici avrebbero detto, non avendo tutti i torti, che non si potrebbe cancellare così facilmente e in poco tempo il passato! L’Albania, però, ha un vitale bisogno di cambiare, di iniziare un lungo e difficile, ma veritiero, percorso verso una fattibile e funzionante democrazia. E i cittadini hanno il sacrosanto diritto di ambire alla prosperità economica e sociale. Ma, invece, quanto sta accadendo durante questi ultimi anni in Albania va proprio al senso contrario.

    L’autore di queste righe è convinto e lo ribadisce da tempo, dati e fatti accaduti e/o che stanno tuttora accadendo alla mano, che in Albania ormai è stata restaurata una nuova dittatura. Una realtà che viene evidenziata e confermata anche da quanto è stato pubblicato dai rapporti ufficiali delle istituzioni internazionali specializzate. Si tratta di una dittatura sui generis, ma non per questo meno pericolosa, anzi! Perché si tratta di una dittatura camuffata da una facciata di pluralismo e pluripartitismo. Quanto sta accadendo con la Riforma elettorale in queste ultime settimane, all’autore di queste righe ricorda quello che Tancredi diceva allo zio, principe di Salina (Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa). “… Zio, se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”! L’approccio alla Riforma elettorale e tutto quello che è successo fino alla firma dell’Accordo non è stato quello dovuto, anzi! I rappresentanti politici al Consiglio Politico e soprattutto i soliti “rappresentanti internazionali” hanno trattato i negoziati come si fa di solito in commercio, o in altre occasioni simili. Hanno cercato ed ottenuto che le parti “concedessero” qualcosa in cambio di altro. E invece, con la Riforma elettorale, nelle condizioni particolari in cui si trova l’Albania, quell’approccio è stato sbagliato già in partenza. Perciò anche il prodotto finale non poteva essere quello dovuto e necessario per il paese. Nel caso dell’Accordo sulla Riforma elettorale, tenendo presente la drammatica situazione, causata, controllata e gestita da una nuova e pericolosa dittatura, negoziare, o meglio mercanteggiare, come è stato fatto, significherebbe semplicemente ignorare la sostanza e trattare dei dettagli tecnici! Perché i negoziati per quell’Accordo non erano dei negoziati per costituire un’alleanza governativa, o per dividere il potere, il controllo e/o le influenze in un accordo commerciale, oppure imprenditoriale! No! Perché la Riforma elettorale dovrebbe essere tale da garantire, finalmente, delle elezioni libere, oneste e democratiche in Albania. Da garantire elezioni tramite le quali il cittadino possa esprimere liberamente le proprie scelte, senza essere condizionato, minacciato, manipolato ecc.. Proprio come è accaduto durante le ultime elezioni in Albania. Ragion per cui, ogni altro tipo di “compromesso” danneggerebbe l’esito della Riforma.

    Quanto è stato raggiunto con l’Accordo del 5 giugno scorso potrebbe compromettere seriamente e di nuovo anche e soprattutto le elezioni libere, oneste e democratiche in Albania. Purtroppo i dirigenti dell’opposizione, dopo il 5 giugno scorso, si sono di nuovo dimenticati delle tante “condizioni non negoziabili’ e delle “linee rosse” da non essere mai oltrepassate dal primo ministro e/o dai suoi. Si sono di nuovo dimenticati anche delle tante promesse pubbliche fatte ai cittadini, mentre chiedevano proprio il loro appoggio “per rovesciare questo governo corrotto e compromesso”! Ragion per cui adesso però i dirigenti dell’opposizione avrebbero come minimo l’obbligo politico, istituzionale e morale di chiarire tutto. Chiarire perciò se hanno mentito prima, oppure adesso che stanno “cantando vittoria”?! Loro adesso dovrebbero avere anche il coraggio di spiegare ai loro sostenitori e, in generale, ai cittadini, il perché di questo “dietro front”, di questo cambiamento radicale. Ma sembrerebbe che quel necessario e obbligatorio coraggio a loro manca purtroppo. Comunque adesso loro non possono fare i finti tonti e come se fossero caduti dalle nuvole! Un’inutile ipocrisia, perché da tempo ormai, non sono più credibili.

    Chi scrive queste righe è convinto che in nessun paese, da che mondo è mondo, una dittatura possa essere sostituita con il “voto libero”! La storia ci insegna. Perché in nessuna dittatura non si riesce a votare liberamente. Le dittature, da che mondo è mondo, si rovesciano solo e soltanto con le rivolte popolari! Poi, in seguito, l’ordine delle cose si stabilisce con il voto libero, onesto e democratico. Perciò egli la considera una dannosa e pericolosa ipocrisia in azione, quella dei rappresentanti politici e internazionali in Albania, dopo l’Accordo del 5 giugno scorso! Dannosa e pericolosa perché, come scriveva Victor Hugo, gli ipocriti più miti sono anche i più temibili. E le maschere di velluto sono sempre nere. Anche quelle in scena adesso in Albania!

  • Dittatura sostenuta anche dai ‘rappresentanti internazionali’…

    Le azioni dei malvagi non possono sfuggire agli occhi degli uomini.
    Con tutto il suo sforzo la terra non riesce a nasconderle.

    William Shakespeare; da “Amleto”

    Chi pensa che le fiabe sono cose solo per i bambini si sbaglia. Perché nelle fiabe è stata impressa la saggezza millenaria dell’umanità da periodi immemorabili. Gli insegnamenti, le allegorie delle fiabe, essendo la riflessione delle esperienze derivate dalla vita vissuta e sofferta dalle diverse civiltà sparse in tutto il mondo, dovrebbero servire da lezione per tutti. Sia per i bambini, che per i grandi. Ed in alcune occasioni, soprattutto per i grandi.

    Uno dei più noti raccontatori di fiabe è stato Esopo. Le sue fiabe, scritte circa ventisette secoli fa, continuano ad affascinare e insegnare ancora, grandi e piccini. Una di quelle è anche la fiaba della montagna che partorì un topolino. Esopo ci racconta che “C’era una volta una montagna che era prossima a partorire”. Sì, perché nel mondo delle fiabe accade di tutto. Ebbene, “…Presa dal dolore, dalla cima della montagna cominciò ad uscire il fumo mentre la terra intorno tremava”. Così raccontava Esopo. E poi continua “…Gli abitanti dei vicini villaggi cominciarono a temere per le loro vite, sicuri che qualcosa di terribile stava per accadere”. Dopo ore di attesa finalmente si sentì una scossa più violenta delle altre e un’enorme nuvola di fumo si alzò davanti agli occhi della gente impaurita. Niente paura però, perché “…Quando la nube si dissolse, spuntò fuori dalle rocce ancora fumanti la testa di un piccolo sorcio. La montagna aveva partorito un topolino!”. Così raccontava Esopo circa ventisette secoli fa.

    Quanto è accaduto in Albania durante la scorsa settimana, non poteva non far ricordare all’autore di queste righe proprio la fiaba della Montagna che partorisce un topolino. Quanto è accaduto la scorsa settimana in Albania era, purtroppo, la cronaca prevista e preannunciata di una farsa, di una commedia messa grossolanamente in scena. I “commedianti” erano i rappresentanti dei partiti politici in quello che è stato chiamato il “Consiglio Politico”. Un Consiglio che doveva negoziare e portare ad un accordo sulla Riforma elettorale. Anche gli “autori, gli sceneggiatori e i registi” della messinscena erano i soliti. Erano il primo ministro, i dirigenti dell’opposizione e, soprattutto, i soliti “rappresentanti internazionali”. E cioè alcuni ambasciatori e rappresentanti delle istituzioni internazionali in Albania. Quelli che però e purtroppo, hanno violato e stanno violando consapevolmente quanto è stato stabilito dalla Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche. Convenzione che, riferendosi alle persone con mandato diplomatico, nell’articolo 41/1 sancisce: “Tutte le persone che godono di privilegi e immunità sono tenute, senza pregiudizio degli stessi, a rispettare le leggi e i regolamenti dello Stato accreditatario. Esse sono anche tenute a non immischiarsi negli affari interni di questo Stato”. Cosa che i soliti “rappresentanti internazionali” in Albania hanno regolarmente ignorato e hanno fatto proprio il contrario. Tutto ciò non doveva e non poteva mai e poi mai accadere senza il beneplacito dei massimi rappresentanti politici locali i quali hanno concesso loro quei “diritti speciali”. In cambio, però, del voluto e concordato sostegno, quando necessario, da parte dei “rappresentanti internazionali”. Sono stati proprio loro però, quelli presenti e i loro precedenti colleghi, che durante questi ultimi anni non hanno visto, non hanno sentito e non hanno capito niente di quello che stava e/o sta accadendo in Albania. Non hanno visto come la coltivazione della cannabis è stata diffusa sul tutto il territorio. Non hanno sentito del traffico illecito degli stupefacenti, che continua tuttora indisturbato. Non hanno sentito neanche del diretto coinvolgimento dei massimi funzionari della polizia di Stato in tutto ciò. Non hanno visto e non hanno capito i clamorosi brogli elettorali che hanno consolidato il potere personale dell’attuale primo ministro. Non hanno visto, durante tutti questi ultimi anni, gli innumerevoli scandali milionari. Scandali che, guarda caso, in questi mesi non sono stati “impauriti” neanche dalla pandemia del coronavirus. Loro non hanno visto e non si sono resi conto della galoppante e ben radicata corruzione che sta barbaramente e avidamente divorando la cosa pubblica in Albania e sta infettando tutto il tessuto sociale. Non hanno capito il voluto e programmato fallimento della Riforma di giustizia con tutte le drammatiche ed allarmanti conseguenze. Compreso il non funzionamento, da più di due anni, della Corte Costituzionale e della Corte Suprema! Non hanno neanche capito che, dati e fatti accaduti e pubblicamente denunciati alla mano, il primo ministro controlla quasi tutti i poteri, pilastri di uno stato democratico. Non hanno visto e non hanno capito perciò, che in Albania ormai è stata consolidata una nuova e sui generis dittatura pericolosa, gestita dal potere politico, in stretta collaborazione con la criminalità organizzata e certi clan occulti locali e internazionali. No, non solo i “rappresentanti internazionali” non hanno visto, non hanno sentito e non hanno capito niente, ma parlano ed elogiano sempre i “grandi successi e gli entusiasmanti progressi” che ha fatto e sta facendo il governo in Albania! Ragion per cui il Consiglio europeo ha unanimemente deliberato, il 26 marzo scorso, per l’apertura dei negoziati dell’adesione dell’Albania all’Unione europea. Proprio quel Consiglio che per anni aveva invece e giustamente rifiutato. Lo hanno fatto però il 26 marzo scorso, mentre nel frattempo la realtà albanese è passata, dati e fatti accaduti alla mano, di male in peggio. Loro sanno anche il perché! I “rappresentanti internazionali non hanno visto, guarda caso, neanche l’assalto paramilitare e il successivo abbattimento talebano, notte tempo, dell’edificio del Teatro Nazionale il 17 maggio scorso, in pieno centro di Tirana! Si è trattato di atti barbari ed osceni, che hanno palesemente e inconfutabilmente evidenziato l’indisturbato funzionamento della dittatura in Albania. E proprio per nascondere quando è accaduto il 17 maggio scorso, inventando una “verità sostitutiva” per spostare ed ingannare la memoria pubblica, come parte integrante di uno “scenario” saggiamente premeditato e messo in atto, hanno “riattivato” i lavori del “Consiglio Politico” per la Riforma elettorale. Proprio come un prestigiatore estrae una lepre dal cappello, ingannando con i trucchi del mestiere gli spettatori.

    Quanto è accaduto la scorsa settimana è stata, tra l’altro, anche l’ennesima dimostrazione dell’irritante arroganza dei soliti “rappresentanti internazionali”. Quanto è accaduto la scorsa settimana però ha dimostrato, per l’ennesima volta, l’eclatante incoerenza e le bugie dei dirigenti dell’opposizione politica in Albania. Proprio loro che avevano “giurato”, a più riprese e in modo perentorio, che non avrebbero mai e poi mai negoziato determinate condizioni, dimenticando tutto alla fine, la sera del 5 giugno scorso hanno concesso la firma dell’Accordo sulla Riforma elettorale. Adesso i dirigenti dell’opposizione “cantano vittoria”, realmente rimasti però con un pugno di mosche in mano! Le conseguenze dell’Accordo le soffriranno i cittadini mentre, vista la vissuta realtà, con ogni probabilità l’Accordo permetterà al primo ministro un terzo mandato.

    Chi scrive queste righe, come spesso è accaduto, avrebbe avuto molte altre cose da trattare e analizzare, ma lo spazio non glielo permette. Egli promette però di riprendere questo argomento nelle prossime settimane, cercando di rendere chiaro e comprensibile, per il nostro lettore, quanto sta accadendo in una dittatura sostenuta anche dai “rappresentanti internazionali”. Nel frattempo però, condivide e adatta quanto scriveva William Shakespeare nella sua tragedia Amleto. E cioè che le azioni dei malvagi non possono sfuggire agli occhi degli uomini. E che neanche con tutto il suo sforzo, la terra non riuscirà a nascondere le azioni di tutti i malvagi in Albania. Di tutti!

  • Dittatura che cerca di guadagnare tempo…

    Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l’individuo per il quale la distinzione tra realtà e finzione, tra vero e falso, non esiste più.

    Hannah Arendt

    La scorsa settimana decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza contro la legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong, discussa al Congresso Nazionale del Popolo cinese. Si tratterebbe di una legge che sancisce l’esercitazione dell’autorità della Repubblica Popolare cinese anche nel territorio di Hong Kong. Secondo quella legge si classificano come reati la sedizione, il separatismo, l’ingerenza straniera e il tradimento. Si prevede, altresì, che le autorità cinesi, dopo aver valutato e giudicato il reato, possano agire per “prevenire, fermare e punire” eventuali atti di secessione, sovversione o terrorismo. L’applicazione di questa legge potrebbe portare, come diretta conseguenza, sia all’apertura di varie agenzie di sicurezza cinesi a Hong Kong, che al dispiegamento di personale cinese responsabile della difesa della sicurezza nazionale sul territorio dell’ex colonia britannica. La nuova legge prevede, inoltre, che l’entrata in vigore non richieda l’approvazione del Parlamento di Hong Kong. Il che ridurrebbe seriamente i diritti acquisiti con l’accordo del 1997, secondo il quale nei rapporti tra la Cina e Hong Kong sarebbe stata applicata la formula “Un paese, due sistemi”. Un accordo quello, che ha garantito a Hong Kong delle vaste e significative libertà, non riconosciute ai cinesi, tra cui la stampa libera e la magistratura indipendente. Sono state immediate anche le reazioni dei media e delle istituzioni internazionali.

    Il 25 maggio scorso a Minneapolis, negli Stati Uniti d’America, quattro agenti hanno fermato un cittadino di colore, dopo una segnalazione di un tentato pagamento con denaro contraffatto. Da un filmato amatoriale, subito diffuso in rete, si vedeva e si testimoniava la violenza di uno dei quattro poliziotti contro il cittadino. Lui, per circa nove minuti lo ha bloccato con un ginocchio sul collo, nonostante la persona fermata ripetesse: “Non riesco a respirare”. In seguito il cittadino di colore è morto. Durante tutta la settimana sono continuate le massicce e violente proteste, cominciate il 26 maggio a Minneapolis e Saint Paul, le due città gemelle, sulla riva del Mississipi. Da allora le proteste, spesso anche molto violente, con scontri, distruzioni, con centinaia di arresti e alcuni morti, si sono propagate in molte altre città statunitensi. Tra le persone arrestate anche alcuni giornalisti e cameraman. Le immagini trasmesse in diretta hanno testimoniato quanto accadeva durante la settimana appena passata. Dall’inizio delle proteste a Minneapolis sono stati coinvolti pubblicamente, con le loro dichiarazioni e le misure prese, anche il presidente degli Stati Uniti ed alcuni sindaci. Ne ha approfittato delle proteste anche il candidato del partito democratico per le prossime elezioni presidenziali, come avversario dell’attuale presidente.

    Tutto ciò accadeva durante la scorsa settimana a Hong Kong e negli Stati Uniti. Ma anche nei Balcani non sono mancati gli sviluppi e le novità. Sabato scorso, 30 maggio, i media locali hanno informato che, a metà settimana, è stato fermato il primo ministro di Bosnia ed Erzegovina, insieme con due altre persone. Sempre secondo i media locali, tutti e tre sono stati accusati come persone coinvolte in quello che viene chiamato “L’affare dei respiratori”. Secondo la Procura bosniaca, si tratterebbe di atti corruttivi e abusivi con l’acquisto dalla Cina, per circa 5.3 milioni di euro, di una centinaia di respiratori necessari per affrontare la pandemia. Respiratori che però non potevano essere usati nei reparti del trattamento intensivo. Inoltre, la ditta importatrice dei respiratori era stata ufficialmente registrata come un’impresa per la coltivazione e il trattamento di frutte e verdure! Tutto ciò mentre in Bosnia, dopo le elezioni dell’ottobre scorso, ancora non c’è un accordo politico tra i partiti per costituire il nuovo governo.

    In Albania, durante la settimana appena passata sono continuati gli sforzi del primo ministro, dei suoi subordinati e della propaganda governativa, per spostare ed ingannare l’attenzione dell’opinione pubblica, locale ed internazionale, dalle barbarie accadute il 17 maggio scorso in pieno centro di Tirana. Barbarie, brutalità e violenza che hanno contrassegnato il vandalo abbattimento, notte tempo, dell’edificio del Teatro Nazionale. Il nostro lettore è stato ampiamente informato, di tutto ciò, durante le ultime due settimane. Quanto è accaduto nel pieno centro di Tirana il 17 maggio scorso, prima dell’alba, ha profondamente indignato e sconvolto l’opinione pubblica in Albania, tranne i “sostenitori interessati e/o a pagamento” del primo ministro. Le reazioni di sdegno e di condanna sono state unanimi. Così come sono state unanimi le reazioni e le condanne espresse dai media e dalle istituzioni internazionali. Tutto ciò ha messo di nuovo e per l’ennesima volta in grande difficoltà il primo ministro albanese. Lui che ormai non si potrebbe salvare nemmeno dalle sue vigliacche e perfide misure prese per passare le responsabilità ad altri. Le responsabilità passate al sindaco di Tirana, al ministro degli Interni e ad altri castrati funzionari della polizia di Stato e di altre istituzioni responsabili per l’abbattimento, le palesi violazioni penali e/o amministrative delle leggi in vigore, che hanno portato a tutto ciò, nonché per gli atti osceni e la barbara violenza poliziesca. Il primo ministro è uscito allo scoperto. Tutti sanno che lui, in prima persona, è l’ideatore e il vero responsabile, nonché il “rappresentante istituzionale” dei progetti corruttivi che prevedono la costruzione, al posto dell’edificio del Teatro, di sei grattacieli. Progetti che sono anche criminali, perché, con molta probabilità, quei progetti garantiscono anche il riciclaggio del denaro sporco della criminalità organizzata e della corruzione.

    Quanto è accaduto, notte tempo, quella domenica del 17 maggio è stato, allo stesso tempo, anche la testimonianza per eccellenza della reale restaurazione di una nuova, camuffata, ma non per questo meno pericolosa, dittatura in Albania. Quanto è accaduto notte tempo quel 17 maggio, ha dimostrato e testimoniato anche il totale fallimento della Riforma del sistema della giustizia. Una “Riforma”, volutamente programmata per farla fallire, che è costata, però, centinaia di milioni di euro e di dollari ai cittadini europei e statunitensi. Ragion per cui i soliti “rappresentanti internazionali” in Albania, hanno cercato con insistenza di considerarla come “una storia di successi”! E non a caso, dopo il 17 maggio scorso, il primo ministro sta cercando, a tutti i costi, di cancellare dalla memoria collettiva, locale ed internazionale la verità, la vera verità su quanto è accaduto. Angosciato, disperato e in panico, sta cercando di fabbricare e diffondere una sua “verità sostitutiva” basata su bugie, manipolazioni ed inganni, come al suo solito. Ragion per cui lui e la sua propaganda stanno cercando di spostare l’attenzione di nuovo sulle “riforme”, anche con la complicità dei soliti “rappresentanti internazionali”. Una eloquente testimonianza ne è stata anche quanto è accaduto la scorsa settimana con la “riforma elettorale”! Sono riusciti comunque, per il momento, a placare le sacrosanto proteste che sono seguite per due giorni, dopo quanto è accaduto il 17 maggio scorso. Mentre, nel frattempo, a Hong Kong e negli Stati Uniti si protestava contro le ingiustizie e in difesa dei diritti umani e delle libertà innate. E mentre il sistema di giustizia in Bosnia fermava il primo ministro, accusandolo di corruzione!

    Chi scrive queste righe è convinto che la dittatura in Albania sta cercando di guadagnare tempo, inventando delle “verità sostitutive”. Guai se i cittadini non riescano a capire la distinzione tra la realtà e la finzione, tra il vero e il falso! Perché allora diventeranno, anche senza volerlo e/o capirlo, dei sudditi ideali del regime totalitario. E cioè della dittatura in azione in Albania.

  • Arroganza, abusi e canagliate di una dittatura

    Le più grandi canagliate della storia non sono state commesse
    dalle più grandi canaglie, ma dai vigliacchi e dagli incapaci.

    Georges Bernanos

    Il 17 maggio scorso, prima dell’alba e dopo un assalto delle forze speciali della polizia di Stato, delle giganti ruspe hanno abbattuto l’edificio del Teatro Nazionale nel pieno centro di Tirana. Hanno colpito, hanno offeso e ingiuriato, hanno trascinato con forza e maltrattato fisicamente delle persone inermi e pacifiche che non avevano posto nessuna resistenza. Il nostro lettore è stato informato l’indomani stesso di quell’oscenità accaduta notte tempo nel pieno centro della capitale albanese (I vigliacchi della notte hanno distrutto il Teatro Nazionale, 18 maggio 2020). Si è trattato proprio di un vigliacco atto banditesco, che ha scosso profondamente l’opinione pubblica. Con quell’atto è stato dimostrato pubblicamente che in Albania non esiste più lo Stato di diritto. E non esiste neanche lo Stato legale. In Albania la dittatura ha mostrato tutta la sua brutalità. Quanto è accaduto il 17 maggio scorso è stata un’eloquente dimostrazione e una inconfutabile testimonianza dell’arroganza di una consolidata e funzionante dittatura. Un atto banditesco quello che, dopo essere stato reso noto, ha suscitato immediate e unanime reazioni di condanna anche da parte dei media e delle istituzioni internazionali. Con l’abbattimento notturno dell’edificio del Teatro Nazionale, i barbari hanno abbattuto e seppellito anche la storia legata a quell’edificio. Hanno cancellato definitivamente e come se niente fosse, a colpi di ruspe, dei preziosi Valori storici, artistici, architettonici, urbanistici ed altri. Bisogna sottolineare che Tirana, dichiarata capitale soltanto nel gennaio del 1920, prima era una città costruita, da qualche secolo, secondo i canoni dei centri abitati balcanici. Gli ideatori di quell’atto barbaro hanno annientato, allo stesso tempo, anche un edificio dove sono stati commessi i primi atti della “giustizia popolare” da parte della dittatura comunista contro i loro reali e/o presunti avversari futuri. Perché è stato proprio in quell’edificio che, nel 1945, si sono svolti i primi processi con i quali il nuovo regime ha eliminato fisicamente tutti coloro che la pensavano diversamente. Dando così inizio ad un lunghissimo e molto sofferto periodo di terrore e di estreme privazioni dei diritti e delle libertà umane per gli albanesi. Quel 17 maggio però, insieme con l’edificio del Teatro Nazionale, hanno abbattuto anche un altro edificio, identico come facciata, un suo “gemello”. Tutti e due erano parti integranti di un solo complesso, progettato da un noto architetto italiano dell’epoca e costruito a fine anni ’30 del secolo passato. Un complesso chiamato il Circolo Scanderbeg, in onore dell’eroe nazionale albanese. L’edificio “gemello”, dall’inaugarazione del Circolo nel maggio del 1939, è stato la sede dell’Istituto degli Studi albanesi. In quell’edificio, durante la dittatura, hanno avuto la loro sede diverse istituzioni di studi albanologici ed altri. Tutti e due sono stati brutalmente abbattuti il 17 maggio scorso!

    La resistenza e la protesta quotidiana dei semplici e consapevoli cittadini e degli attivisti dell’Alleanza per la Difesa del Teatro per circa 27 mesi andava oltre la difesa dell’edificio stesso. Una protesta quella, unica nel suo genere non solo in Albania, è stata prima di tutto, una protesta contro la Dittatura. Perché, dopo i tanti inquietanti ed allarmanti segnali e dopo tutto quanto è realmente accaduto durante questi ultimi anni, cresceva anche la consapevolezza dei cittadini a reagire determinati contro, per impedire il peggio. Perché, con il passare del tempo, diventava sempre più evidente che in Albania si stava consolidando una nuova dittatura sui generis. Una dittatura gestita dal primo ministro, il quale, dati e fatti realmente accaduti, documentati e denunciati, risulterebbe essere il “rappresentate ufficiale” di un’Alleanza occulta che raggruppa il potere politico, la criminalità organizzata e certi famigerati clan internazionali. Si tratta di una dittatura insidiosa e pericolosa perché viene camuffata da un “pluralismo e pluripartitismo” di facciata che il primo ministro e la sua ben organizzata e radicata propaganda l’hanno fatto promuovere, in Albania e all’estero, soprattutto presso alcune istituzioni e/o alti rappresentanti dell’Unione europea, come una “democrazia in continuo sviluppo” e una “storia di successo del funzionamento dello Stato”. Proprio contro quella insidiosa e pericolosa dittatura che si stava paurosamente consolidando in Albania, i cittadini e gli attivisti consapevoli hanno quotidianamente resistito e protestato dal febbraio 2018 e fino al 17 maggio 2020, in quella piazzetta a fianco dell’edificio del Teatro Nazionale a Tirana. Invece il barbaro assalto e l’abbattimento di quell’edificio, notte tempo, miravano, oltre al raggiungimento di altri futuri obiettivi abusivi, corruttivi e criminali, anche di attutire e di annientare quella resistenza e quella protesta che stava smascherando la falsità della propaganda governativa e stava gridando delle scomodissime verità. Adesso, dopo le oscenità del 17 maggio scorso, per tutti i cittadini che ripudiano la dittatura è tempo di dire, di gridare proprio le vere verità. Le verità su tutto ciò che è accaduto e che sta accadendo. Ma è anche il tempo in cui ognuno deve prendere le proprie responsabilità e agire di conseguenza! Prima di ogni altra cosa, adesso in Albania si dovrà trovare una soluzione fattibile per uscire da questa allarmante realtà. Ormai è diventato indispensabile e vitale, è diventato obiettivo unico, affrontare e sconfiggere la dittatura!

    Dal 17 maggio e durante tutta la settimana scorsa, dopo aver abbattuto l’edificio del Teatro Nazionale, il primo ministro e la propaganda governativa, trovatisi in grandi difficoltà, stanno cercando in tutti i modi, di “ammortizzare l’effetto” di quel barbaro assalto e dell’abbattimento dell’edificio. Stanno cercando di ingannare di nuovo, e come al solito, l’opinione pubblica. Stanno cercando di inventare, di sana pianta, e di diffondere un’altra verità, una “verità sostitutiva” a quella reale. Il primo ministro, seguito dal sindaco della capitale, dal ministro degli Interni e da altri succubi e vigliacchi funzionari delle istituzioni governative e statali, polizia di Stato compresa, stanno mentendo per coprire e negare tutte quelle oscenità che hanno fatto. In loro supporto si sono schierati anche i soliti analisti e opinionisti a pagamento e a servizio diretto del primo ministro. Loro tutti, primo ministro in testa, stanno facendo l’impossibile, in modo che le loro bugie, la loro “verità sostitutiva” fabbricata in fretta e furia possano annientare e cancellare dalla memoria collettiva quanto è accaduto nelle prime ore del 17 maggio in pienissimo centro di Tirana. Purtroppo in tutta questa gigantesca operazione ingannatrice sono stati coinvolti anche i soliti “rappresentanti internazionali”. Proprio quelli che adesso stanno parlando di nuovo delle “riforme”, diffondendo anche delle insinuazioni speculative e cospirative per “sconvolgere e disorientare” l’opinione pubblica. Proprio loro che non hanno detto una sola parola sulle oscenità accadute, notte tempo, il 17 maggio scorso. Anzi, una di loro, l’ambasciatrice statunitense, quel giorno ha “postato” dei fiori tramite le reti social! Proprio quei “rappresentanti internazionali”, che intervengono per delle futili cose e che non hanno fatto della discrezione e della riservatezza istituzionale il loro modo di svolgere il mandato, hanno taciuto di fronte all’arroganza, agli abusi e alle canagliate di una dittatura dal 17 maggio ad oggi!

    Chi scrive queste righe considera il primo ministro e i suoi leccapiedi, nonostante le apparenze, dei miseri vigliacchi e incapaci. Lo hanno dimostrato in diverse occasioni, pubblicamente note. Ma sembrano forti perché si servono degli strumenti della dittatura, sistema di giustizia e polizia di Stato compresi. Egli non smetterà mai di ripetere quanto ha detto Bejnamin Franklin. E cioè che ribellarsi ai tiranni significa obbedire a Dio! Anche contro i tiranni in Albania!

  • I vigliacchi della notte hanno distrutto il Teatro Nazionale

    La luce è venuta al mondo, ma gli uomini hanno amato più
    le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie.

    Dal Vangelo secondo Giovanni; 3,19

    I vigliacchi, che temono e odiano la luce, scelgono sempre le tenebre per le loro opere malvagie. Lo testimonia anche l’evangelista Giovanni nel terzo capito del suo Vangelo. Racconta di Nicodèmo, un noto fariseo e uno dei capi dei giudei, che incontra Gesù e gli chiede di spiegargli diverse cose che non riusciva a capire. Gesù risponde a Nicodèmo, dando delle risposte semplici, ma facili da capire. E ribadisce che, nonostante la bontà del Creatore, “…la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male odia la luce e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate (Gv. 3/19-20)”. Papa Francesco, il 22 aprile scorso, durante l’omelia della messa a Santa Marta, riprendendo questo passaggio della Bibbia, ha detto: ”C’è gente […] che non può vivere nella luce perché è abituata alle tenebre. La luce la abbaglia, è incapace di vedere. Sono dei pipistrelli umani, soltanto sanno muoversi nella notte […]. E tanti scandali umani, tante corruzioni ci segnalano questo. I corrotti non sanno cosa sia la luce…”.

    L’edificio del Teatro Nazionale in Albania è stato classificato da Europa Nostra come uno dei sette oggetti più a rischio in Europa e, perciò, da essere seriamente protetto. Da sottolineare che Europa Nostra è una federazione paneuropea specializzata per il patrimonio culturale in Europa. Ed è anche collaboratrice ufficiale dell’UNESCO, nonché di altre istituzioni dell’Unione europea. Secondo la sua valutazione espressa ufficialmente nel marzo scorso, l’edificio del Teatro Nazionale in Albania rappresenta un “…esempio straordinario dell’architettura moderna italiana degli anni ’30 (del secolo passato; n.d.a.), che è [anche] uno dei più spiccati centri culturali del paese”. Ebbene, da ieri, domenica 17 maggio, prima dell’alba, l’edificio del Teatro Nazionale a Tirana non esiste più. Lo hanno demolito, lo hanno distrutto in fretta e furia, dopo un barbaro e vigliacco assalto notturno di ingenti forze speciali della polizia di Stato ed altre strutture paramilitari. È stata veramente una barbarie, una malvagia opera ideata, programmata e messa in atto finalmente dagli individui delle tenebre. Partendo dal primo ministro e dal sindaco della capitale. Barbari, come i famigerati militanti fanatici dell’ISIS che, dal 2015 e fino al 2017, hanno distrutto moltissime preziose opere d’arte dell’antica città di Palmira, in Siria. E che avevano minato e fatto saltare in aria tra l’altro, anche il santuario di Baal-Shamin e la cella del tempio di Bell. Con la sola differenza però, che hanno usato delle giganti ruspe, invece che della dinamite. Anche perché l’edificio del Teatro Nazionale era in pienissimo centro di Tirana e circondato da vari ministeri. Barbari anche come i talebani che agli inizi degli anni 2000 hanno distrutto molti oggetti ed opere d’arte della cultura millenaria indo-greca, sia in Pakistan che in Afghanistan. Una cultura che va dal V secolo a.C. al II secolo d.C. e che rappresentava delle figure religiose nelle quali si mescolavano la tradizione indiana in vesti tipiche della cultura greca. Fra queste le prime rappresentazioni del Buddha in forma umana che assume i connotati delle divinità greche e, in particolare, del Dio Apollo. Ma almeno i talebani e i fanatici militanti dell’ISIS agivano “nel nome di Allah”. Invece i barbari che ieri a Tirana, notte tempo, hanno vigliaccamente distrutto l’edificio del Teatro Nazionale sono stati motivati semplicemente da loschi affari corruttivi, in connivenza con la criminalità organizzata, per riciclare miliardi ed investirli poi in edilizia. Perché, come il nostro lettore è stato informato da precedenti articoli, l’unico e vero motivo che ha spinto l’attuale primo ministro a distruggere l’edificio del Teatro Nazionale era proprio quello. Un’idea fissa e un progetto reso pubblico dal 1998, da quando lui era ministro della Cultura! Si, proprio così. Un ministro della Cultura che voleva distruggere il Teatro Nazionale per costruire dei grattacieli! Le cattive lingue dicono però che possa trattarsi anche di uno scandalo milionario da coprire. Uno scandalo che risale a circa venti anni fa, firmato proprio dall’allora ministro della Cultura. Scandalo che si poteva coprire solo e soltanto con la distruzione dell’edificio, perché “l’imbroglio” si basava proprio sulla manipolazione delle superfici. Chissà se le cattive lingue hanno ragione?! Ma in Albania spesso hanno azzeccato però. Comunque sia, documenti e fatti accaduti alla mano, la distruzione di quell’edificio è stata sempre motivata da ingenti e continui guadagni finanziari. L’autore di queste righe, riferendosi a questo, scriveva nel giugno 2018, che “Siamo davanti, perciò, ad un affare speculativo edilizio che comporterebbe profitti finanziari elevatissimi”. Dei profitti derivati dal “riciclaggio di denaro sporco proveniente dai traffici illeciti, aumentati paurosamente in questi ultimi anni (Il tempo è dei farabutti ma….; 18 giugno 2018)”. Nello stesso articolo chi scrive queste righe metteva in evidenza anche i tanti riconosciuti e indiscussi valori culturali, storici ed emotivi dell’edificio del Teatro Nazionale. Egli scriveva allora: “Bisogna sottolineare che il Teatro Nazionale non è semplicemente un edificio e basta. Il Teatro Nazionale rappresenta la storia della nascita e dell’evoluzione di tutte le arti sceniche in Albania. Quell’edificio, progettato da noti architetti italiani a fine anni ’30 del secolo passato, dal 1945 in poi è stato la culla di tutte le scuole artistiche albanesi. Lì hanno debuttato l’orchestra filarmonica, il circo e il teatrino delle marionette. Il Teatro rappresenta, però, anche un importante aspetto umano, spirituale ed emozionale, non solo per gli attori e altri che hanno lavorato lì, ma per tante altre persone di diverse generazioni. Il Teatro è parte integrante della storia della capitale, dichiarata come tale soltanto nel 1920. Perciò abbattendo quell’edificio, si abbattono, si distruggono e si perdono per sempre tutti questi valori. Semplicemente per far guadagnare miliardi ad alcuni farabutti”.

    Proprio quell’edificio è stato abbattuto ieri, prima dell’alba, dopo un assalto militare di centinaia di agenti armati delle truppe speciali, della polizia di Stato ed altri. Un assalto come se di fronte ci fossero stati dei pericolosi terroristi! Hanno però assalito e brutalmente aggredito quei pochi attivisti pacifici dell’Alleanza per la Difesa del Teatro che, da luglio 2019 e fino a ieri, si organizzavano a turni per essere presenti lì, temendo proprio quello che poi è accaduto. Le fotografie e i video che hanno fissato quel banditesco assalto di ieri, il barbaro trattamento degli attivisti dell’Alleanza per la Difesa del Teatro e l’immediato abbattimento dell’edificio sono e saranno una preziosa testimonianza di tutte quelle oscenità, messe in atto dallo Stato contro i Valori culturali, storici ed artistici, nonché contro degli attivisti inermi e pacifici. E tutto ciò in piena e ben evidenziata violazione delle leggi e delle procedure in vigore. Quanto è accaduto e quello che ha “giustificato” l’assalto e la demolizione, compresi gli ideatori e tutte le persone coinvolte, verrà un giorno giudicato. Ma non però, dall’attuale sistema “riformato” di giustizia, totalmente e personalmente controllato dal primo ministro. Intanto oggi pomeriggio, alle 16.30, l’Alleanza per la Difesa del Teatro ha convocato i cittadini ad unirsi con loro in una massiccia protesta pacifica. Che sia anche l’inizio di una vera e indispensabile svolta politica in Albania!

    Chi scrive queste righe promette al nostro lettore di informarlo di tutti gli inevitabili ed attesi sviluppi, dopo che i vigliacchi della notte hanno distrutto ieri il Teatro Nazionale. Perché è noto che i corrotti, i pipistrelli umani, non sanno cosa sia la luce. Perciò agiscono solo di notte!

  • Due pesi e due misure

    Doppio peso e doppia misura, sono due cose che il Signore aborrisce

    Da “Proverbi di Salomone; 20/10”

    Sì, il Signore aborrisce, detesta tutti coloro che volutamente usano criteri diversi per valutare simili situazioni. Lo conferma quanto è stato scritto nel Libro dei Proverbi di Salomone (Pv. 20/10): “Pondus et pondus, mensura et mensura, utrumque abominabile apud Deum”. Lo stesso messaggio biblico si conferma anche nel Libro del Deuteronomio (Dt. 25; 13-15): “Non avrai nel tuo sacchetto due pesi diversi, uno grande e uno piccolo. Non avrai in casa due tipi di efa (l’unità ebraica di misura; n.d.a.), una grande e una piccola. Terrai un peso completo e giusto, terrai un’efa completa e giusta, perché tu possa avere lunga vita nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà, poiché chiunque commette tali cose, chiunque commette ingiustizia è in abominio a Signore”.

    In questo periodo di pandemia, sono tante e spesso inattese, le serie ed urgenti problematiche da affrontare e risolvere, problematiche, con le quali si stanno confrontando i governi e le istituzioni specializzate in tutto il mondo. In questo periodo sono state prese delle decisioni difficili. Sono state attuate anche molte misure insolite e restrittive, che hanno coinvolto centinaia di milioni di cittadini in tutti i continenti. Misure che spesso, riferendosi al rispetto delle libertà e dei diritti umani in alcuni paesi, sono al limite dell’intollerabile. E si tratta proprio di quelle libertà e di quei diritti previsti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti umani e dalla Convenzione europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali. Diritti e libertà sancite anche dalle Costituzioni dei singoli paesi. Tranne nelle dittature.

    Il Consiglio d’Europa, riferendosi a quanto è accaduto e sta accadendo in molti paesi europei in questo periodo di pandemia, il 7 aprile scorso ha pubblicato un Documento informativo intitolato “Il rispetto della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti dell’uomo, nell’ambito della crisi sanitaria del COVID-19”. L’obiettivo di questo documento è quello di informare ed istruire le istituzioni che hanno potere decisionale in tutti i paesi membri del Consiglio d’Europa, per meglio affrontare la crisi. Ma, allo stesso tempo, di non violare neanche i principi base della democrazia, dello Stato di diritto e di rispettare i diritti innati e fondamentali dell’uomo. E non a caso. Perché durante questi ultimi mesi, sono state verificate delle tendenze totalitaristiche da parte di alcuni dirigenti anche in determinati paesi europei. Preoccupato da questi sviluppi, il Consiglio d’Europa ribadisce che “La principale sfida sociale, politica e legale con la quale si affronteranno i nostri Stati membri, sarà la loro capacità di rispondere con efficacia a questa crisi, garantendo, allo stesso tempo, che le misure che verranno prese non violino […] i valori fondamentali dell’Europa riguardo la democrazia, lo Stato di diritto e i diritti dell’uomo”. Ma per evitare ed impedire ogni tipo di abuso con il potere conferito, si avverte che “Ai governi non si deve dare ‘carta bianca’ dai parlamenti, per prendere qualsiasi tipo di misura”. Ogni competenza che i parlamenti delegano ai governi deve solo e soltanto “abbassare il pericolo dell’abuso da parte dei governi”. Il sopracitato documento, tra l’altro, considera come molto importante la libertà dei media, ragion per cui si ribadisce che i governi. “…hanno il dovere di garantire, durante tutto lo stato dell’emergenza, la libertà dei media ad aver accesso alle informazioni ufficiali”. E anche che i governi “…non devono usare le misure dell’emergenza per chiudere la bocca ai giornalisti critici, oppure agli oppositori politici”.

    Il 30 marzo scorso, il Parlamento ungherese ha approvato una legge dando pieni poteri al primo ministro per combattere il coronavirus. In base a quella legge a lui sono stati conferiti poteri straordinari senza limiti di tempo. Diritti e poteri che permettono al primo ministro di chiudere anche il Parlamento e/o di cambiare o sospendere leggi esistenti. Il Parlamento ungherese ha dato così “carta Bianca” al primo ministro, il quale potrà ormai e fino a quando deciderà lui, governare liberamente per decreto, da solo e senza essere impedito da nessuno!

    Sono state diverse e immediate le reazioni da parte delle massime autorità dell’Unione europea e di altre istituzioni internazionali. Reazioni che esprimevano la massima preoccupazione per quella decisione del parlamento ungherese e per le probabili conseguenze. All’inizio di marzo il Consiglio Europeo aveva programmato un richiamo per l’Ungheria, avvertendo che non avrebbe tollerato un “indefinito e incontrollato stato di emergenza che non garantisce i principi base della democrazia”. Mentre il Consiglio d’Europa ha avvisato che “uno stato d’urgenza indefinito e incontrollato non può garantire il rispetto dei principi fondamentali della democrazia”.

    L’8 aprile scorso la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha ordinato alla Polonia di sospendere immediatamente l’attività della Camera Disciplinare, accogliendo la richiesta della Commissione europea. La Camera era stata costituita nel 2017 per trattare i casi disciplinari contro i giudici. Ma secondo la Commissione europea, tramite la Camera Disciplinare il governo polacco poteva controllare la magistratura, parte del sistema della giustizia. Il che, secondo la Commissione europea, potrebbe mettere in pericolo l’indipendenza del potere giuridico in Polonia.

    Le reazioni delle massime autorità dell’Unione europea, nel caso dell’Ungheria, e la delibera della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nel caso della Polonia, esprimono la preoccupazione reale delle strutture dell’Unione europea, riferendosi alla violazione delle libertà e dei diritti previsti. Cosa che non è successa, però e purtroppo, nel caso dell’Albania. È vero che l’Albania non è un paese membro dell’Unione, ma dal 1995 l’Albania è membro del Consiglio d’Europa. Poi, il 26 marzo scorso, il Consiglio europeo ha deciso però l’apertura dei negoziati per l’adesione all’Unione europea! Il nostro lettore, durante tutte queste settimane, è stato informato di questa decisione e di tutte le sue preoccupanti conseguenze. Così com’è stato informato spesso, e a tempo debito, della galoppante e ben radicata corruzione a tutti i livelli, della connivenza dei massimi rappresentanti politici e/o istituzionali con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti internazionali, nonché dell’abuso continuo del potere conferito, a scapito dei cittadini e della cosa pubblica, anche in questo periodo di pandemia. In Albania, dati e fatti accaduti e pubblicamente denunciati alla mano, il primo ministro controlla personalmente, oltre al potere esecutivo e quello legislativo, anche il potere giudiziario. Soprattutto in questi mesi. La riforma del sistema di giustizia e l’operato della Commissione Indipendente di Qualifica, una struttura simile alla Camera Disciplinare polacca, sono una “storia di successo” per i massimi rappresentanti della Commissione europea. Invece, sempre dati e fatti accaduti pubblicamente denunciati alla mano, purtroppo si tratta di una riforma volutamente fallita. Lo testimonia, tra l’altro e soprattutto, il non funzionamento, da più di due anni, della Corte Costituzionale, con tutte le gravi e derivate conseguenze.

    A chi scrive queste righe, lo spazio non gli permette di presentare al nostro lettore tanti altri argomenti che dimostrerebbero, nel caso dell’Albania, l’operato con due pesi e due misure da parte dei massimi rappresentanti dell’Unione europea. Egli è comunque convinto che purtroppo in Albania sta accadendo proprio quello che teme il Consiglio d’Europa. Essendo però altrettanto convinto che tutto ciò accade anche grazie al modo di operare con due pesi e due misure delle istituzioni europee. E l’Albania ne rappresenta un caso molto significativo ed eloquente. A tutti ricorda però che usare doppio peso e doppia misura sono due cose che il Signore aborrisce.

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