Albania

  • Tempo di coronavirus, di bugie e d’inganni scandalosi

    Quello che c’è di scandaloso nello scandalo, è che ci vi si abitua.

    Simone de Beauvoir

    Il coronavirus non ha risparmiato neanche l’Albania. Si tratta dei due primi casi registrati, padre e figlio, ritornati alcuni giorni fa da Firenze. Almeno così ha dichiarato ufficialmente il ministero della Sanità ieri, 8 marzo, a notte fonda. E purtroppo non poteva essere diversamente. Era ragionevolmente temuto da alcune settimane e da tanti in Albania. Ma purtroppo i rappresentanti delle istituzioni responsabili hanno dato sempre delle garanzie e hanno assicurato i cittadini. Tutti coloro che pretendevano il contrario e suggerivano delle misure da prendere venivano considerati dal primo ministro e dai suoi, come stupidi allarmisti e pericolosi diffamatori. Mentre invece, se il primo ministro e i suoi rappresentanti delle istituzioni responsabili, avessero fatto almeno riferimento alle esperienze vissute dagli altri paesi che stavano affrontando l’epidemia, nonché alle fasi consecutive della sua evoluzione, dal contagio al periodo dell’incubazione e fino alla manifestazione dei primi sintomi, potevano risparmiare certe dichiarazioni pubbliche. Se essi avessero agito da persone consapevoli e responsabili, come chiedeva e obbligava il caso, avrebbero dovuto cominciare a prendere delle misure concrete e in concomitanza con quanto consigliavano gli specialisti e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Almeno qualche minima misura precauzionale. Ma non lo hanno fatto. Lo dimostra anche il caso dei due primi contagiati. Il loro caso, padre e figlio, ha invece smascherato anche l’ennesima bugia delle istituzioni responsabili, smentendo la dichiarazione pubblica del ministero della Sanità, proprio poche ore dopo essere stata fatta. Secondo quella dichiarazione infatti, tutti e due, padre e figlio, sono stati insieme per alcuni giorni a Firenze. Fatto smentito anche dai dati della polizia di frontiera, come reso pubblico oggi dai media. A Firenze c’è stato soltanto il figlio che, rientrato il 26 febbraio in Albania, ha contagiato in seguito anche il padre. E potrebbe, malauguratamente, aver contagiato anche altre persone. Perché nell’arco dei seguenti giorni dal suo rientro, lui ha contattato molte altre persone, in vari ambienti, ignaro di essere stato, a sua volta, contagiato durante il suo soggiorno a Firenze e/o comunque in Italia. Perché lui è entrato in Italia ed è tornato in Albania in macchina. Attraversando così, tra entrata e uscita, più di mille chilometri nel nord Italia. A titolo di cronaca, coloro che hanno redatto la dichiarazione pubblica del ministero della Sanità, fatta ieri a notte fonda, hanno “sbagliato” anche il punto d’entrata in Albania della persona contagiata il 26 febbraio scorso.

    In tutto il mondo, fino a ieri, erano 106 i paesi dove sono stati verificati i casi di contagio con il coronavirus a livelli diversi. Partendo dalla Cina, la Corea del Sud, l’Iran e l’Italia con i maggiori casi di contagio e, purtroppo, anche di decessi, fino ad altri paesi con un numero ridotto di casi. In tutti quei paesi le istituzioni responsabili, sia a livello centrale, che a quelli locali, si sono seriamente e professionalmente attivati per affrontare tutti i casi, affermati e/o temuti di contagio. Hanno tentato, e lo stanno tuttora facendo, di ridurre al massimo i casi di infezione e di decessi, prendendo delle drastiche misure, a tempo debito, mai o quasi mai effettuate in precedenza, Cercando così, consapevolmente e responsabilmente, di prevenire ed evitare il peggio. Questa si che è una vera responsabilità istituzionale e civile.

    Mentre in Albania il primo ministro, i rappresentanti delle istituzioni responsabili, nonché la sua propaganda governativa e mediatica, hanno sempre dato ai cittadini delle garanzie, assicurando della mancanza di casi del coronavirus. Invece loro tutti, nessuno escluso, hanno l’obbligo istituzionale, civico e morale di non considerare come “garanzia”, nel migliore dei casi, che non era stata evidenziata ufficialmente nessuna persona contagiata. Perché, come la scienza e gli specialisti hanno insegnato durante questi mesi, dal gennaio in poi, il virus, potrebbe aver già contagiato e nel frattempo essere in uno stato d’incubazione. Stato che, secondo l’OMS, potrebbe variare da qualche giorno, fino a due settimane e forse anche di più. Le istituzioni responsabili in Albania, che dovrebbero avere informato/consigliato anche il primo ministro, almeno queste cose le dovevano sapere. Avevano l’obbligo di saperle. Allora viene naturale la domanda: perché hanno osato agire così irresponsabilmente?!

    In Albania, fino a ieri, 8 marzo, il primo ministro, i rappresentanti delle istituzioni responsabili, nonché la sua propaganda governativa e mediatica hanno categoricamente e istituzionalmente negato la presenza del virus. Loro hanno dato tutte le garanzie e hanno assicurato i cittadini della mancanza del virus nel territorio. Un vero e proprio irresponsabile comportamento, una cretinata, un’assurdità logica, un vergognoso tentativo ad ingannare l’opinione pubblica, visto quanto hanno detto e consigliato gli specialisti, sia quegli albanesi, che di altri paesi, italiani compresi. Ogni persona normale, in grado di ragionare con la sua testa, in base ai dati e le informazioni scientifiche divulgate durante queste settimane e rese note dai media in varie lingue, comprese quella albanese, avrebbe capito subito e senza difficoltà l’allarmante realtà in arrivo e, perciò, anche la falsità della propaganda governativa. Ogni persona, con un normale livello d’intelligenza, avrebbe capito subito una semplice cosa. E cioè che anche se una sola persona fosse arrivata in Albania dall’Italia, senza sottoporsi quasi a nessun controllo e a nessuna misura preventiva, e ne sono arrivati a migliaia durante queste settimane, sarebbe stato un potenziale contagiante. Perché avrebbero preso in considerazione quello che ha ignorato il primo ministro e i rappresentanti delle istituzioni responsabili, mentre davano delle garanzie e assicuravano i cittadini. “Ignorando” però, e tra l’altro, anche un “piccolo dettaglio”: la durata del periodo d’incubazione del coronavirus. Non sono state prese neanche le minime misure preventive indispensabili, come è stato già fatto negli altri paesi. Non solo, ma il primo ministro ha additato di nuovo e come sempre i media e gli specialisti, che stavano cercando di sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica dell’imminente pericolo. Basta pensare che soltanto ieri sono stati bloccati, per “motivi operazionali” alcuni voli tra Tirana e le città più colpite del nord Italia! Ormai in Albania la presenza del coronavirus è, purtroppo ed inevitabilmente, una realtà. Lo era già da prima. Almeno, da quello che si è saputo, dal 26 febbraio scorso. Ma da ieri a notte fonda, è confermato anche ufficialmente. Questa è la vera verità che ormai le bugie e gli inganni del primo ministro e della sua propaganda non possono più coprire.

    Chi scrive queste righe da alcuni anni ha continuamente ribadito che in Albania, purtroppo, ogni giorno che passa, si sta consolidando una nuova dittatura. Di tutto ciò e della grave e allarmante realtà albanese ha informato anche il nostro lettore. Egli è convinto che nei regimi totalitari e nelle dittature la verità propagandata, quella voluta dai dittatori, non è, quasi sempre, quella veramente vissuta e sofferta dai cittadini. E anche se potrebbe sembrare non appropriata in una simile situazione, chi scrive queste righe è convinto che il coronavirus non è e non sarà, per gli albanesi, così pericoloso e non recherà tanti danni quanto ha fatto e sta facendo la dittatura restaurata ormai in Albania. Quella dittatura che ha negato anche il pericolo dell’epidemia e ha garantito il contrario. Registrando così un altro e clamoroso scandalo. Diventa obbligatorio perciò non abituarsi con questi scandali, ricordando anche quanto scriveva Simone de Beauvoir. E cioè che quello che c’è di scandaloso nello scandalo è che ci vi si abitua.

  • Scandali clamorosi elevati a livello statale

    … È inevitabile che avvengano scandali, ma guai
    all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!

    Vangelo secondo Matteo; 18/7

    Così diceva Gesù ai sui discepoli. E come in tutte le sue parabole, usava simbolisimi e allegorie. L’evangelista Matteo testimonia che in quel caso Gesù, riferendosi ad un bambino preso vicino a se, ammonisce tutti coloro che gli faranno del male. “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare”. (Vangelo secondo Matteo; 18/1-6)

    Il nostro lettore ha potuto leggere quanto l’autore di queste righe scriveva la settimana scorsa sulle bugie e gli inganni del primo ministro albanese (Bugie scandalose elevate a livello statale). Ebbene, il primo ministro durante la settimana appena passata ha dato di nuovo sfogo al suo vizio di mentire e di ingannare volutamente e come se niente fosse. Lo ha fatto di nuovo da territori stranieri. Dopo gli Stati Uniti, la Germania e Bruxelles, non poteva mancare la Russia. Il primo ministro albanese, il 26 febbraio scorso, è andato a Mosca in visita ufficiale, in veste di presidente di turno dell’OSCE (l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa). Come anche negli Stati Uniti alcune settimane fa. E come negli Stati Uniti con il Segretario di Stato, anche durante la conferenza stampa con il ministro degli Esteri russo ha di nuovo mentito vergognosamente, ma consapevolmente.

    Durante quella conferenza stampa il primo ministro albanese più degli obiettivi dell’OSCE, che coinvolgono anche la crisi in Crimea, ha parlato del ripristino delle relazioni tra l’Albania e la Russia, interrotte nel 1961. Parlando di “telefonate che non sono state fatte dal tempo di Stalin”, lui ha promesso di impegnarsi in futuro per comunicare direttamente con il ministro russo degli Esteri. Poi, rivolgendosi a lui, gli ha ricordato che nel 2004 “C’è stato un accordo firmato da lei e dall’attuale capo dell’opposizione (albanese; n.d.a.)”. Una vera e propria clamorosa e misera bugia! Forse mosso dal suo subconscio e sotto complesso di “flirtare” con la Russia, ha cercato di passare la colpa per le “trascurate” relazioni bilaterali ai suoi avversari politici. Uno che fa una simile affermazione pubblica in una simile occasione o è fuori di testa e privo di memoria, oppure, volutamente, cerca di ingannare. E colui che lo ha fatto è un noto bugiardo e ingannatore. Colui che ha fatto quella dichiarazione sa benissimo che nel 2004 al governo c’era proprio il suo partito! Lo sa benissimo, perché lui, l’attuale primo ministro albanese, in quel periodo era sindaco della capitale, molto attivo politicamente e con dei chiari obiettivi per il futuro. Perciò non poteva dimenticare quel “piccolo particolare”, diventato subito una grande e vergognosa bugia! E anche uno scandalo clamoroso elevato a livello statale.

    Subito dopo però, il ministro russo ha reagito, ricordando al suo ospite che nel 2004, appena nominato ministro degli Esteri della Russia, ‘aveva fatto un incontro a Tirana ed in seguito avevano firmato un accordo di amicizia e collaborazione con il ministro degli Esteri di quel periodo‘ (del partito diretto adesso dal primo ministro albanese; n.d.a.)”. Accordo non ratificato in seguito dalla parte albanese. Ma il ministro russo degli Esteri, da professionista di razza, ha cautamente corretto l’ospite sul suo “lapsus freudiano”, ricordandogli però che quell’accordo “…esiste, è pronto e noi possiamo renderlo effettivo, in modo da avere chiari i principi delle nostre relazioni”. Come per ricordare al primo ministro albanese, nonostante fosse a Mosca in veste di presidente di turno dell’OSCE, che i rapporti tra la Russia e l’Albania dovrebbero cambiare, migliorare e diventare più stretti. Come al “tempo di Stalin”! Un invito che l’ospite ha colto al volo. Soprattutto in un simile e difficile periodo, quando lui sta cercando di fare un doppio gioco, sia con gli Stati Uniti e l’Unione europea, che con la Russia. Come sta facendo da anni ormai anche il suo amico, il presidente turco Erdogan.

    In più, nel sopracitato articolo della scorsa settimana, l’autore di queste righe informava il nostro lettore di un nuovo scandalo in corso. Scandalo che coinvolgeva il Parlamento albanese e la Commissione di Venezia. Ebbene, dati e fatti alla mano, risulta essere veramente uno scandalo clamoroso. Tutto cominciò il 30 dicembre scorso, quando il presidente del Parlamento, con una lettera, chiedeva ufficialmente sia l’assistenza specializzata, che l’opinione della Commissione di Venezia (Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto), sulla procedura del giuramento dei giudici della Corte Costituzionale davanti al Presidente della Repubblica. Bisogna ricordare e attirare l’attenzione di nuovo del nostro lettore, che la Corte Costituzionale in Albania non funziona da più di due anni! Da sottolineare che, sempre dati e fatti alla mano, sembrerebbe che ci sia una ben ideata e attuata strategia per controllare anche la Corte Costituzionale da parte del primo ministro. Strategia che sta denunciando pubblicamente durante questi giorni il Presidente della Repubblica, dimostrando dei documenti ufficiali che coinvolgono diverse importanti istituzioni in Albania. Tornando allo scandalo in corso, il 30 dicembre scorso il presidente del Parlamento scriveva alla Commissione di Venezia, chiedendo l’opinione su quanto sopracitato e, soprattutto, aspettando un’esplicita risposta, convinto che l’esperienza della Commissione è stata e rimane per l’Albania “molto importante per mettere nel quadro dei migliori standard il funzionamento dello Stato legale”. La Commissione risponde ufficialmente al presidente del Parlamento dopo le festività di fine anno, informandolo dell’arrivo a Tirana dei suoi esperti i prossimi 13 e 14 febbraio. Nel frattempo però sono stati resi pubblici fatti tramite i quali si documentava l’attuazione della strategia del primo ministro per controllare anche la Corte Costituzionale. E siccome gli “strateghi” del primo ministro, consapevoli dell’invalidità giuridica delle loro proposte, temevano che l’opinione della Commissione di Venezia sarebbe stata non gradita e si sono affrettati ad intervenire a modo loro. Hanno radunato frettolosamente il Parlamento in seduta plenaria proprio il 12 febbraio scorso, un giorno prima che arrivassero i rappresentanti della Commissione di Venezia! Durante una seduta notturna hanno approvato degli emendamenti che toglievano al presidente della Repubblica i diritti conferitigli dalla Costituzione riguardo al giuramento dei giudici della Corte Costituzionale. Andando fino al ridicolo e permettendo il giuramento dei giudici semplicemente davanti… ad un notaio! Così facendo hanno ignorato spudoratamente e clamorosamente la richiesta ufficiale fatta alla Commissione di Venezia il 30 dicembre scorso! Hanno, altresì, reso inutile anche la missione dei rappresentanti della Commissione a Tirana. Un clamoroso scandalo istituzionale, ma anche un pericoloso atto quello, che testimonia ulteriormente la cattura delle istituzioni dello Stato da parte del primo ministro e la restaurazione della dittatura in Albania. Per impedire tutto ciò il presidente della Repubblica si è rivolto ai cittadini, chiamandoli oggi (lunedì 2 marzo 2020) ad una manifestazione pacifica in piazza. Il nostro lettore sarà, come sempre, informato in seguito.

    Chi scrive queste righe non può non esprimere rammarico e disdegno riguardo a tutti questi clamorosi scandali in corso in Albania. Egli comunque pensa ed è fiducioso che, prima o poi, saranno guai per coloro che li attuano. Tutti quelli che abusano del potere conferito dai cittadini, rappresentando anche i bambini che sono il futuro, saranno puniti. A loro verrà appesa al collo una macina da mulino e saranno gettati nel profondo del mare. Come diceva San Matteo.

     

  • Bugie scandalose elevate a livello statale

    Il linguaggio politico è concepito in modo da far sembrare vere le bugie.

    George Orwell

    Dicono che il vizio va via con l’ultimo respiro. E sembra essere vero, almeno per quanto riguarda il primo ministro albanese. Le sue bugie, riguardanti la vissuta realtà in Albania, da qualche anno a questa parte, sono talmente tante e clamorose che lo hanno sbugiardato e reso ridicolo. Ma lui continua, perché quello di mentire sembrerebbe essere un suo innato vizio del quale non può farne senza. Soprattutto quando si trova in difficoltà. Soltanto durante i due mesi appena passati lui ha scandalosamente, vergognosamente, spudoratamente, ma consapevolmente, dato pubblicamente sfogo, per l’ennesima volta, al suo vizio. Questa volta però, da territori stranieri. Ha cercato di ingannare di nuovo gli albanesi, mentendo senza scrupolo alcuno e senza batter ciglio. Lo ha fatto dopo aver incontrato il segretario di Stato degli Stati Uniti d’America e la cancelliera tedesca. Lo ha fatto anche da Bruxelles. Perché, succube della sua disperazione, delle sue bugie e dei suoi inganni, cerca almeno di “vendere” come successi soltanto invenzioni ingannevoli della sua spregiudicatezza. Invenzioni che mirano a far credere agli altri, che lui gode di un appoggio internazionale per il suo operato, sia in Albania, che nella regione. Ma le smentite ufficiali alle sue bugie, in lingue straniere, sono state immediate e chiare durante questi due ultimi mesi. Smentite che lo hanno reso di nuovo ridicolo, nonostante lui taccia e faccia finta di niente. Come sempre in casi simili che non sono stati pochi, anzi!

    Quello di mentire e di ingannare sembra essere veramente un vizio del primo ministro albanese. Dal settembre del 2013, quando ha cominciato il suo primo mandato governativo, lui ha mentito. Anzi, lo ha fatto anche prima. Lo ha fatto durante la campagna elettorale, promettendo mari e monti agli albanesi, consapevole però, che erano soltanto promesse per avere il loro appoggio. Una volta avuto il mandato, ha dovuto avere a che fare con la realtà, che non si poteva affrontare con delle belle parole e promesse ingannevoli, ma solo e soltanto con la dovuta responsabilità. Lui però è sfuggito a quelle responsabilità e ha fatto quello che sa fare meglio. Ha mentito e scaricato le sue responsabilità agli altri, cercando “nemici e sabotatori” ovunque, in Albania e sparsi per il mondo. Ormai, dopo più di sei anni che il primo ministro ha avuto l’incarico, dati e fatti accaduti alla mano, risulterebbe che lui non ha governato la cosa pubblica, non ha fatto niente di utile e di buono per i cittadini, non ha mai mantenuto almeno una delle sue promesse. Sempre dati e fatti accaduti alla mano, risulterebbe che il primo ministro albanese, durante questi anni, abbia consapevolmente e clamorosamente abusato del potere conferitogli e abbia deriso e calpestato la fiducia datagli dai cittadini. Dati e fatti accaduti alla mano, risulterebbe che durante questi anni, lui sia stato costretto, nolens volens, ed abbia soltanto cercato di governare gli innumerevoli scandali e i continui abusi con la cosa pubblica, suoi e di tutti coloro che lo circondano e hanno il suo appoggio e che, a loro volta, lo sostengono. Ma anche lo condizionano. Criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti locali e/o internazionali compresi.

    Dal 1o gennaio fino al 31 dicembre di quest’anno, l’Albania eserciterà la Presidenza dell’OSCE (l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa). A proposito, il primo ministro albanese ha cercato in tutti i modi, sostenuto anche della sua propaganda governativa, di far credere che quella Presidenza fosse un suo personale successo. Anche in quel caso ha mentito vergognosamente. Perché quella Presidenza è stata negoziata dal 2006 e decisa finalmente nel 2013, quando al governo c’erano i suoi avversari politici. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò il 20 gennaio scorso. Il 5 febbraio 2020, il primo ministro albanese, nella veste del presidente di turno dell’OSCE, essendo anche il ministro degli esteri ad interim, ha incontrato il Segretario di Stato statunitense. Incontro dovuto proprio a quell’incarico. Incontro che però, il primo ministro albanese ha cercato di “venderlo” come un importante successo politico e personale, “scordandosi” di chiarire la verità. Dopo l’incontro, il primo ministro ha dichiarato che aveva discusso con il Segretario di Stato sulle sue ultime iniziative politiche in Albania, sull’Accordo regionale denominato come il “Mini-Schengen balcanico” ecc.. Il nostro lettore è stato costantemente informato di queste iniziative, e più specificatamente, sia la scorsa settimana che il 13 gennaio 2020. Ebbene, la portavoce del Segretario di Stato statunitense, poco dopo che il primo ministro albanese avesse mentito spudoratamente e consapevolmente, ha dichiarato chiaramente che durante l’incontro, si era discusso “delle priorità comuni durante la presidenza albanese dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa”! Sempre secondo la sua portavoce, il Segretario di Stato si era congratulato con il primo ministro albanese per “il contributo dell’Albania nella NATO e la presa di posizione contro le attività malefiche dell’Iran”. Si riferiva, soprattutto, ai circa 3200 membri dell’organizzazione MEK (Mojahedin-e Khalq), residenti in Albania da alcuni anni e in dura opposizione con il governo iraniano.

    Il 27 gennaio scorso il primo ministro albanese ha incontrato la cancelliera tedesca. Di nuovo, sia lui personalmente che, in seguito, la sua propaganda governativa, hanno mentito su quanto era stato discusso durante quell’incontro. Ma lui più ci si impegna e più si impantana e si trova in altre difficoltà, cercando di giustificare quanto ha detto precedentemente. E così facendo entra in un inevitabile cerchio vizioso di bugie e di inganni. Dopo il sopracitato incontro con la cancelliera tedesca, il primo ministro albanese ha dichiarato che aveva discusso ed aveva avuto il consenso e l’appoggio della cancelliera riguardo al sopracitato accordo del “Mini-Schengen balcanico”. Subito però è arrivata la smentita dal ministero degli Esteri tedesco. Secondo la dichiarazione ufficiale del ministero, la cancelliera considera la collaborazione regionale nei Balcani come “una priorità del Processo di Berlino”. Processo quello che, sostenendo solo un accordo tra tutti i sei paesi balcanici che stanno affrontando i loro percorsi europei, esclude proprio l’Accordo del “Mini-Schengen balcanico”, sostenuto da Serbia, Albania e Macedonia del nord. Altri inganni e bugie del primo ministro albanese, subito sbugiardate ufficialmente.

    Il primo ministro ha cercato di mentire e manipolare l’opinione pubblica in Albania anche con gli aiuti internazionali per i danni del terremoto di 26 novembre scorso. Lui e la sua propaganda governativa, subito dopo la “Conferenza dei donatori”, organizzata dalla Commissione europea a Bruxelles il 17 febbraio scorso, hanno parlato di aiuti. Ma in seguito, quando la Commissione ha pubblicato le donazioni, si è capito chiaramente che si trattava, nel circa 70% della somma totale (1.15 miliardi di euro), di crediti bancari e non di aiuti. Crediti che aggraverebbero ulteriormente il debito pubblico albanese, già di per se a livelli allarmanti e pericolosi.

    Un altro clamoroso scandalo, corredato di bugie e di inganni, riguarda una richiesta, da parte del Parlamento albanese, alla Commissione di Venezia (Commissione europea per la Democrazia attraverso il Diritto) e reso pubblico due settimane fa. Scandalo tuttora in corso, sul quale il nostro lettore verrà informato in seguito.

    Chi scrive queste righe è convinto che in qualsiasi altro paese normale sarebbe bastato uno solo di questi scandali per far cadere il governo. Ma non in Albania però. Perché lì il linguaggio politico è concepito in modo tale da far sembrare vere le bugie. E soprattutto perché in Albania ormai è stata restaurata una nuova dittatura che ha elevato le bugie e gli inganni ad un livello statale.

  • Stato di polizia come una vissuta realtà

    Quando la verità non è più libera, la libertà non è più reale.
    Le verità della polizia sono le verità di oggi.

    Jacques Prévert

    Sì, purtroppo la costituzione dello Stato di polizia in Albania è ormai una vissuta realtà. Anche ufficialmente. Proprio di uno Stato di polizia si tratta, riferendosi purtroppo alla negativa connotazione, secondo la quale si prevede l’uso massiccio e continuo delle forze di polizia per mettere in atto le decisioni di chi detiene il potere, spesso a scapito dei cittadini. Lo ha annunciato il 31 gennaio scorso la ministra della giustizia, subito dopo che il Consiglio dei ministri aveva approvato un Atto normativo. Con quell’Atto si prevedono massimi poteri decisionali e/o operazionali per il ministro degli Interni e/o per i rappresentanti della polizia di Stato. Diritti che urtano e violano palesemente quanto prevede la Costituzione della Repubblica d’Albania. Non solo, ma con quell’approvazione governativa, la Costituzione è stata violata anche e soprattutto, nelle sue definizioni riguardanti un Atto normativo. Perché un Atto normativo, con il potere della legge, viene approvato solo e soltanto nelle condizioni di “necessità e di urgenza”. Cioè solo e soltanto in quei limitati casi in cui la soluzione della problematica, tramite la procedura normale dell’approvazione della legge, non può garantire la dovuta celerità e l’efficacia necessaria. Non solo ma, vista la particolarità, comunque la Costituzione prevede e sancisce che per il controllo della costituzionalità dei casi in cui si approva un Atto normativo con il potere della legge è sempre la Corte Costituzionale, dietro richiesta, che dovrà fare una approfondita verifica e decidere, caso per caso, se ci siano state delle violazioni della Costituzione stessa. Ma, guarda caso, in Albania la Corte Costituzionale non è funzionante da più di due anni! Il che significa che nessuno può impedire l’attuazione dell’Atto normativo approvato in fretta, il 31 gennaio scorso, dal Consiglio dei ministri.

    La reazione è stata immediata e trasversale. Sia da parte dei costituzionalisti, degli specialisti della giurisprudenza, degli opinionisti e gli analisti, che dai rappresentanti dei partiti politici in opposizione con l’attuale maggioranza governativa. Ha reagito deciso anche il Presidente della Repubblica. Del caso si sono occupati, reagendo, anche i media internazionali. L’opinione pubblica è stata giustamente molto preoccupata, considerando e interpretando l’approvazione dell’Atto normativo come un’ulteriore prova e testimonianza del consolidamento di una nuova dittatura in Albania. Lì, dove la situazione sta diventando sempre più allarmante e grave. L’autore di queste righe da tempo lo sta ribadendo e denunciando questa realtà. Il nostro lettore è stato sempre informato di tutto ciò, con tante testimonianze e dimostrazioni, nonché con le analisi che hanno confermato quanto sta accadendo in Albania.

    L’Atto normativo in questione prevede la confisca dei patrimoni e delle proprietà illecitamente accumulate da parte dei condannati per delle attività criminali, per aver partecipato ad attività terroristiche, a traffici illeciti e altri crimini gravi. Fin qui niente di male, anzi! Ma in Albania esistono ormai diverse leggi appositamente approvate negli anni passati per combattere tutte le attività criminali previste nel sopracitato Atto normativo. Non solo, ma esiste, e dovrebbe essere attuata in tutti i casi che si presentano, anche la legge “anti-mafia”. Legge approvata già dal 2009 e che prevede, tra l’altro, anche la confisca dei patrimoni e delle proprietà illecitamente accumulate dei criminali, giudicate come tali. Allora è inevitabile e viene naturale la domanda: perché l’approvazione di quest’Atto normativo? Perché tutta questa grande fretta, violando la Costituzione della Repubblica? La risposta è legata alla grave situazione in cui si trova il primo ministro albanese, responsabile istituzionalmente, ma anche personalmente, della profonda ed allarmante crisi multidimensionale, in cui versa, da alcuni anni l’Albania. Per intimidire e mettere sotto pressione anche quei pochi procuratori e/o giudici “non controllati e ubbidienti”, il primo ministro, e/o chi per lui, ideò una “crociata punitiva e purificante”. Guai a quei procuratori e/o giudici che, messi alle strette dalla [fallita] riforma del sistema di giustizia, secondo lui, pensavano e agivano con il moto “Acchiappa quello che si può acchiappare”. Il diritto d’autore di questa denominazione, però, spetta esclusivamente al primo ministro. Ma si sa, il sistema della giustizia, dati e fatti alla mano, è sempre più controllato da lui personalmente. Ed era proprio lui, facendo finta di niente, come sempre, che durante la seduta plenaria del Parlamento, il 10 ottobre 2019, rese pubblica la sua “crociata punitiva e purificante”. Ma allora parlava di una legge e non di un Atto normativo. Parlava di procuratori e giudici corrotti e non soltanto di criminali. Chissà perché ha cambiato la “strategia d’approccio”?! Ed aveva tutto il tempo necessario per avviare le procedure parlamentari necessarie per approvare la legge di cui parlava il 10 ottobre 2019. Ma non lo ha fatto. E invece di una legge ha approvato un Atto normativo con il potere della legge che urta e viola palesemente con la Costituzione. Ne avrà avuto le sue buone ragioni!

    Ormai tutti sono convinti che si tratta di un Atto che ignora quanto prevede e sancisce la Costituzione. Si tratta di un Atto che passa al ministro degli Interni e alla polizia di Stato delle competenze legali che hanno, esclusivamente e come prevedono le leggi in vigore, i tribunali e le procure. Si tratta di un Atto che mette sotto il controllo del ministro degli Interni sia il procuratore generale della Repubblica che i dirigenti di altre strutture del sistema di giustizia. Si tratta di un Atto che mette, perciò, tutto e tutti sotto il diretto controllo del ministro degli Interni, cioè del primo ministro. Si tratta di un Atto che però mette a nudo tutta la propaganda del primo ministro e dei suoi, sui “successi” del “riformato” sistema di giustizia e della polizia di Stato nella lotta contro la criminalità organizzata. Si tratta di un Atto che mira anche ad “ingannare” le cancellerie europee e le istituzioni internazionali, quando verrà il momento di decidere sul percorso europeo dell’Albania. Forse tra qualche mese. Ma si tratta di un Atto che testimonia la costituzione di uno Stato di polizia. Dovrebbe diventare una forte e seria ammonizione per tutti la convinzione del noto scrittore e saggista cinese Lin Yutang, vissuto negli Stati Uniti durante il secolo passato. E cioè che “Dove ci sono troppi poliziotti non c’è libertà”!

    Chi scrive queste righe considera allarmante quanto sta accadendo adesso in Albania. Considera l’approvazione del sopracitato Atto normativo come un’ulteriore espressione di totalitarismo ed un’altra [provocatoria] mossa per consolidare la dittatura in Albania. Egli è convinto che è un dovere civico e patriottico di ogni singolo, responsabile e ancora non indifferente cittadino albanese, di agire attivamente, per impedire l’attuazione delle diaboliche e pericolose “strategie” del primo ministro. Nonostante considera l’Atto come l’ennesima buffonata propagandistica, ideata e diretta da lui per “guadagnare altro tempo prezioso”, egli valuta seriamente e condanna la spregiudicatezza delle sue decisioni e delle sue azioni concrete, nonché la pericolosità della sua concezione sullo Stato e sulla Costituzione. L’Atto normativo ha soltanto messo in evidenza tutto ciò. Ed ha dimostrato che, purtroppo, lo Stato di polizia è una vissuta realtà in Albania. Per impedire che le verità della polizia diventino le verità dominanti, bisogna che tutti gli albanesi responsabili agiscano determinati e senza indugi contro lo Stato di polizia e contro la restaurata dittatura. Chi scrive queste righe non smetterà mai di ricordare e ripetere, a se stesso e agli altri, l’insegnamento di Benjamin Franklin: “Ribellarsi ai tiranni significa obbedire a Dio”!

  • Crescente spopolamento come sciagura nazionale

    Ti verrà addosso una sciagura che non saprai scongiurare;
    ti cadrà sopra una calamità che non potrai evitare.
    Su di te piomberà improvvisa una catastrofe che non prevederai.

    Bibbia; Isaia (47,11)

    Proprio così! Il profeta Isaia affermava che non era lui, ma il Signore, “il nostro redentore che si chiama Signore degli eserciti, il Santo di Israele” che ammoniva la “vergine figlia di Babilonia” e le ordinava: “Scendi e siedi sulla polvere […]. Siedi a terra, senza trono […].Siedi in silenzio e scivola nell’ombra, figlia dei Caldei, perché non sarai più chiamata Signora di regni”. Proprio quella figlia di Babilonia, alla quale il Signore aveva affidato il suo popolo prediletto. Ma la Signora dei Regni non rispettò e non onorò la Sua fiducia. Perciò il Signore, amareggiato e deluso dal suo comportamento, le disse severamente: “…tu non mostrasti loro pietà; perfino sui vecchi facesti gravare il tuo giogo pesante”. Il profeta Isaia affermava anche che ella si illudeva che l’incarico dato dal Signore sarebbe durato per sempre e ne abusava. Ma al Signore non sfugge niente e le disse: “Tu pensavi: Sempre io sarò signora, sempre. Non ti sei mai curata di questi avvenimenti, non hai mai pensato quale sarebbe stata la fine”.

    Un’eloquente allegoria, una significativa e sempre valida lezione questa che ci viene dalle Sacre Scritture. Una lezione anche, e soprattutto, per coloro ai quali è stata data la responsabilità e la fiducia di governare e di prendersi cura di un popolo. A nessuno, in ogni tempo, niente è dato per sempre. Neanche il potere di governare. E men che meno di abusare con quel potere dato. Una significativa lezione che dovrebbe essere un forte e severo ammonimento, anche per coloro che stanno consapevolmente e gravemente abusando del potere politico in Albania. Proprio loro che hanno, o meglio, dovrebbero avere la responsabilità e l’obbligo di gestire, nel miglore dei modi, la cosa pubblica e le sorti del popolo, ma che non lo hanno fatto e continuano a non farlo. Anche a tutti loro spetterà la stessa sorte della “Figlia di Babilonia”.

    Una delle più gravi sciagure che potrebbe colpire l’Albania nei prossimi decenni sarebbe quella legata al continuo e massiccio spopolamento in atto da alcuni anni. Uno spopolamento che più di un fenomeno non ben gestito, risulterebbe essere la conseguenza diretta di una ben ideata strategia. Strategia che non è la prima nel suo genere. Il nostro lettore ha avuto modo di informasi la scorsa settimana, in occasione della commemorazione del “Giorno della Memoria”, che una simile strategia è stata concepita e adottata durante il secolo passato dalla Serbia contro la popolazione albanese del Kosovo. Strategia aggiornata a più riprese e tuttora in atto.

    Tenendo presente tutto quanto è accaduto e sta accadendo durante questi ultimi anni in Albania, la vissuta e sofferta realtà, alcune rivelazioni mediatiche e gli sviluppi socio-politici, diventa non difficile pensare e credere che una simile strategia sia veramente in atto in Albania. Una strategia per lo spopolamento del paese. A questo punto viene naturale la domanda: “Perché, con quali obiettivi e a chi interessa l’attuazione di una simile strategia?”. Le cattive lingue dicono che si tratterebbe di interessi di alcuni raggruppamenti occulti, capeggiati e rappresentati da un certo miliardario speculatore di borse dell’oltreoceano e/o da chi per lui. Sempre le cattive lingue affermano che l’obiettivo della “strategia di spopolamento” dell’Albania sarebbe quello di annientare la memoria storica e di far diventare il territorio dello Stato albanese una specie di “zona franca”. Una “zona franca” nella quale si potrebbero svolgere delle attività illecite, come riciclaggio di denaro sporco proveniente da varie parti del mondo, traffico e/o smistamento di stupefacenti di ogni genere, attività bancarie simili e/o del tipo “off-shore” ecc. Ovviamente tutto con il beneplacito e il diretto coinvolgimento dei massimi rappresentanti politici e non solo, dietro, naturalmente dei cospicui e garantiti guadagni. Naturale, però, verrebbe la domanda: “ma se tutti stanno andando via, dove si troveranno la mano d’opera e coloro che presteranno i dovuti e/o i necessari servizi. E non soltanto servizi riguardanti le attività illecite, ma anche quelli indispensabili/necessari per la vita quotidiana di tutti coloro che rimarranno e vivranno in Albania nei prossimi decenni. Perché di quei servizi si tratta, visto che le attività produttive si stanno chiudendo l’una dopo l’altra e gli investimenti stranieri hanno abbandonato e/o ignorato, durante questi anni, l’Albania. Tranne i miliardari “investimenti” della criminalità organizzata, locale e internazionale. Ma anche a questa naturale e logica domanda c’è la risposta. La mano d’opera a basso costo, arriverebbe da paesi orientali e/o da dove si stanno svolgendo scontri etnici e vere e proprie guerre. Paesi da dove partono, da anni ormai, milioni di profughi verso l’Europa. Non a caso negli ultimi mesi il Parlamento albanese, controllato totalmente dal primo ministro, ha approvato leggi che facilitano sia l’ingresso che la cittadinanza, “per motivi di lavoro”, di mano d’opera straniera. E non a caso adesso si vedono in Albania sempre più persone con tratti somatici diversi da quelli locali. Tutto questo dicono le cattive lingue e, purtroppo, le cattive lingue hanno spesso avuto ragione in Albania durante questi ultimi anni.

    Un significativo e inconfutabile indicatore del funzionamento della “strategia di spopolamento” dell’Albania sarebbe anche il preoccupante incremento, in questi ultimi anni, del numero dei cittadini albanesi richiedenti asilo, spesso famiglie intere, in vari paesi europei. Non solo, ma per numero relativo, sono i primi, lasciando dietro i siriani, gli afgani ecc… Il nostro lettore è stato informato, a tempo debito, di questo allarmante fenomeno sociale e demografico.

    La “strategia di spopolamento” si baserebbe su alcuni pilastri come l’impoverimento sistematico e crescente della popolazione, la delusione della fiducia data, maltrattata e abusata, la perdita della speranza per un futuro migliore, il disinteresse, l’indifferenza e l’apatia per quello che accade e potrebbe accadere. Ma non solo. Per arrivare a tutto ciò, e si è riusciti, la “strategia di spopolamento” prevede, tra l’altro, l’abbandono forzato di quelle poche attività che generano dei guadagni per il sostentamento quotidiano delle famiglie. Attività soprattutto legate all’agricoltura e/o agli allevamenti che coinvolgono e interessano una grande fascia sociale e demografica. Negli ultimi anni, ma soprattutto durante l’anno appena passato, hanno chiuso le attività, a malincuore e buttando via gli investimenti di una vita, molti piccoli proprietari. Anche perché, non avendo sovvenzioni statali e altre agevolazioni, come promesso, non riescono a vincere la concorrenza dei prodotti importati da paesi confinanti.  In più, dal 2013, non sono stati previsti e, perciò non sono stati effettuati, aumenti salariali e delle misere pensioni. Non sono state effettuate neanche le dovute indicizzazioni dei salari e delle pensioni con l’inflazione. Il che ha pesato ancora di più sul potere d’acquisto dei cittadini, di per se ormai compromesso. Sono dati ormai ufficiali che testimoniano questa grave e allarmante situazione. Quanto sopracitato, sono soltanto alcune delle cause che stanno spingendo gli albanesi a lasciare il paese, in seguito all’attuazione continua e attiva della “strategia di spopolamento”. Il nostro lettore sarà di nuovo e come sempre informato dell’attuazione e delle inevitabili conseguenze di questa strategia.

    Chi scrive queste righe è convinto e considera il crescente spopolamento dell’Albania come un fatto veramente allarmante. Lo considera come una vera e propria sciagura che, nei prossimi decenni, la “figlia d’Albania” non riuscirà e non saprà come scongiurare. Sarà una calamità le cui conseguenze non si potranno evitare. Perciò, finché c’è ancora tempo, è doveroso ricordare quanto affermava il profeta Isaia, compresa la condanna del Signore per la “figlia di Babilonia”.

     

  • Drammatiche conseguenze dell’indifferenza

    La pena che i buoni devono scontare per l’indifferenza alla
    cosa pubblica è quella di essere governati da uomini malvagi.

    Socrate

    Il 27 gennaio scorso è stato ricordato e onorato il “Giorno della Memoria”. Un giorno prima, durante l’Angelus, Papa Francesco, riferendosi alle barbarie nei lager nazisti ammoniva dicendo che “Davanti a questa immane tragedia, a questa atrocità, non è ammissibile l’indifferenza ed è doverosa la memoria”.

    Il “Giorno della Memoria” si celebra ogni 27 gennaio. Una data simbolica, perché il 27 gennaio 1945 sono stati liberati coloro che erano rimasti nel campo di concentramento di Auschwitz. Così è stato deciso il 1º novembre 2005, con la Risoluzione 60/7, durante la 42ª riunione plenaria dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Un “Giorno della Memoria” per commemorare le vittime dell’Olocausto. Si ricorda per non dimenticare il genocidio di tutti coloro che i nazisti consideravano come indesiderabili e inferiori per motivi razziali e politici. Ebrei per primi. Si ricorda per non essere indifferenti di fronte alle barbarie causate dalle dittature.

    La strategia di sterminio dei nazisti è stata basata su dei concetti razzisti e antisemiti formulati già alcune decine di anni prima, nel 19o secolo. Una strategia pubblicamente espressa per la prima volta da Hitler nel suo libro “La mia battaglia” (Main Kampf). Strategia riconosciuta anche come la Shoah (tempesta devastante), facendo cinicamente riferimento alle Sacre Scritture. La lugubre strategia di sterminio si ufficializzò nel 1935, con le Leggi di Norimberga ed era costituita da determinate e ben concepite fasi progressive. Fasi che cominciavano con delle severe, restrittive e proibitive politiche e misure economiche contro gli ebrei. Poi si è proseguito con una fase di estrema emarginazione sociale, simbolicamente rappresentata dalla “Notte dei cristalli”, tra l’8 e il 9 novembre 1938, quando furono bruciate le sinagoghe e saccheggiati i negozi degli ebrei in Germania. In seguito, i nazisti hanno messo in atto la fase più atroce e disumana della strategia. Fase sancita con le decisioni prese dai massimi rappresentanti nazisti durante la Conferenza di Wannsee nel gennaio 1942. Decisioni che prevedevano lo sterminio massiccio degli ebrei in tutti i territori controllati dai nazisti. Quello che è accaduto in quel periodo è stato una vera e propria tragedia per milioni di ebrei e non solo. Quello che è accaduto allora non si deve mai dimenticare. Anche perché non accada di nuovo!

    Purtroppo la storia ci testimonia e ci insegna, come sempre, che simili strategie sono state attuate e/o sono in atto in varie parti del mondo. Anche nei Balcani. Magari non più con dei campi di concentramento, come quelli dei nazisti, ma comunque con tante gravi conseguenze, comprese barbarie, massacri collettivi e altre oscenità. La strategia serba contro la popolazione albanese nei territori del Kosovo e non solo, è una di quelle. Una strategia ideata nel 1844, sancita e codificata dal memorandum del ministro serbo degli affari interni dell’epoca. Una strategia che prevedeva l’allargamento dei territori serbi ai territori abitati storicamente dagli albanesi, usando tutti i mezzi possibili e necessari. Quella strategia prevedeva che la Serbia si doveva attivare ed agire di conseguenza: “…dall’edificio dello Stato turco (Impero ottomano; n.d.a.) togliere pietra dopo pietra e appropriarsi di quello che si può da questo buon materiale e sopra le buone e vecchie fondamenta dell’antico impero serbo […] costituire il nuovo Stato della Serbia”. Una strategia che è stata in seguito rielaborata diverse volte durante il secolo passato e che, dagli sviluppi degli ultimi due decenni, sembrerebbe essere sempre attiva per la Serbia. Uno degli strateghi serbi, un professore universitario e poi, dopo la Seconda Guerra Mondiale anche ministro e direttore del’Istituto della balcanologia, in un documento pubblicato nel 1945, ribadiva che la colonizzazione dei territori abitati dagli albanesi “…dev’essere l’unico elemento costante dei governi serbi. Tutto può dividere i serbi tra di loro, ma mai e poi mai il comportamento contro gli albanesi”! Era lo stesso stratega che, già nel 1937, suggeriva la “soluzione finale”. Soluzione che prevedeva anche l’uso della violenza e i massacri per raggiungere l’obiettivo strategico. Deve essere sottolineata, però, la somiglianza di questa tesi con quanto è stato deciso durante la Conferenza di Wannsee nel gennaio 1942 (sopracitato)! Ma lui suggeriva che, prima di arrivare alla “soluzione finale”, si doveva tentare la “soluzione finanziaria”, grazie alla quale si potevano raggiungere gli obiettivi strategici, evitando così la “soluzione finale”. Con la “soluzione finanziaria” lo stratega intendeva “supporti finanziari” al governo albanese, in cambio della sistemazione degli albanesi trasferiti in territorio albanese. O, se necessario, accordarsi con il governo turco che aveva bisogno di mano d’opera, di mandare in Turchia gli albanesi, tenendo presente anche la loro religione musulmana. In quel periodo si sono verificati spostamenti massicci degli albanesi dal Kosovo, sia verso l’Albania, che verso la Turchia. La sopracitata strategia serba prevedeva anche diverse altre modalità come l’impoverimento continuo della popolazione albanese, impedimenti all’istruzione per gli albanesi, l’applicazione di tasse e imposte diverse e pesanti, la provocazione di scontri locali, per motivi religiosi, di proprietà e altro, l’allontanamento “volontario” in altri paesi per trovare mezzi di sostentamento ecc.. E se tutto questo non avesse dato i risultati attesi, si doveva effettuare “l’allontanamento forzato” degli albanesi dai loro territori. Territori che in quel periodo, e cioè negli anni ’30 del secolo passato, si trovavano nel Regno della Serbia. Lo stratega serbo non si preoccupava più di tanto dell’impatto internazionale che avrebbe avuto in quel periodo “l’allontanamento forzato” degli albanesi. Perché, secondo lui “…dal momento che la Germania può allontanare decine di migliaia di ebrei e la Russia (l’Unione Sovietica; n.d.a.) può trasferire milioni di uomini da un continente all’altro, l’allontanamento di qualche centinaia di migliaia di albanesi non porterà allo scoppio della guerra mondiale.”! Una strategia quella serba, ideata nel 1844, elaborata e aggiornata di continuo, rimane attiva, anche se adesso viene camuffata dietro degli “Attraenti progetti regionali”, di cui il nostro lettore è stato informato anche il 13 gennaio scorso.

    Da alcuni anni però, dati e fatti accaduti, e che accadono di continuo, alla mano, sembrerebbe che ci sia un “progetto” che prevederebbe anche l’allontanamento dei cittadini albanesi dalla madre patria. Lo dimostrano i numeri sempre più allarmanti di questi ultimi anni dei richiedenti asilo albanesi in diversi paesi europei e non solo. E guarda caso, sembrerebbe che il governo albanese, dal 2013 in poi, abbia adottato una strategia che porti a tutto ciò. Una strategia che si basa, anch’essa, sull’impoverimento crescente della popolazione, sull’indebolimento e la decadenza del sistema dell’istruzione, sull’annientamento della speranza e della fiducia per un futuro migliore in patria. Nel frattempo in Albania si sta restaurando una nuova dittatura. Potrebbe significare qualcosa tutto ciò?!

    Chi scrive queste righe tratterà in seguito, per il nostro lettore, questo allarmante fenomeno. Egli è convinto che l’indifferenza può generare altre conseguenze drammatiche. Com’è accaduto nel passato e sta accadendo tuttora in varie parti del mondo. L’indifferenza è una preziosa alleata dei regimi totalitari e delle dittature. Mentre le conseguenze le subiscono i popoli. Era convinto Socrate che la pena che i buoni devono scontare per l’indifferenza alla cosa pubblica, è quella di essere governati da uomini malvagi.

  • Somiglianze inquietanti

    Per me odioso, come le porte dell’Ade, è l’uomo che
    occulta una cosa nel suo seno e ne dice un’altra.

    Omero

    In Albania durante questi ultimi anni, la cosa pubblica e gli interessi dei cittadini sono gestiti, purtroppo, da politici irresponsabili, incapaci, ipocriti, bugiardi e ingannatori. Loro sono alleati con il “mondo di mezzo”, un “regno sotterraneo”, quello, dove convivono e collaborano la criminalità organizzata con certi clan occulti, locali e internazionali. Quanto è accaduto durante questi ultimi anni, nonché le innumerevoli accuse e denunce pubbliche mai smentite dai diretti interessati, lo dimostrerebbe senza ombra di dubbio una simile e allarmante realtà. Ormai è convinzione diffusa che la strategia dell’attuale primo ministro, per accedere e mantenere il potere, non solo quello politico, si basa, tra l’altro, anche sulla collaborazione e la connivenza proprio con quel “regno sotterraneo”. “Unirsi con tutti i mascalzoni e le carogne” per garantire la vittoria è diventato uno slogan elettorale, nonché la base di una strategia che l’attuale primo ministro ha pubblicamente adottato durante la campagna elettorale del 2013. Ma tutto ciò, come si sa e come la storia millenaria ci insegna, ha anche un prezzo da pagare. Un prezzo che, dati e fatti accaduti alla mano, si sta pagando e si pagherà al “regno sotterraneo”. Il che sembrerebbe possa aver condizionato e continua a condizionare spesso le scelte e le decisioni del primo ministro. Lo dimostrerebbe anche il fatto, rapportato dalle istituzioni internazionali specializzate, che in Albania attualmente l’unico investitore “serio” è proprio la criminalità organizzata che investe, prima di tutto, per riciclare il denaro sporco proveniente da diverse attività illecite. Non solo, ma “i mascalzoni e le carogne”, provenienti dal “regno sotterraneo”, sono diventati ormai anche sindaci e deputati. Sono tanti i casi evidenziati. Per rendere meglio la strategia messa in atto dal primo ministro, basta riferirsi agli scandali legati al passato criminale di alcuni dei sindaci, ad ora cinque, “usciti vincenti” dalle votazioni moniste del 30 giugno 2019. Votazioni, sulle tante problematiche e violazioni costituzionali e legali delle quali il nostro lettore è stato informato a tempo debito. Anche quando di fronte non ha rivali, le scelte del primo ministro vanno sempre a queste tipologie di persone. Chissà perché?! Un caso molto significativo e rappresentativo della “strategia vincente” del primo ministro è quello del sindaco della capitale che, tra l’altro, ormai sta diventando paurosamente anche una città invivibile. Lui risulta essere il modello per eccellenza del bugiardo, dell’ingannatore, dell’imbroglione, ma anche dell’arrogante che, fatti pubblicamente noti alla mano, sembrerebbe, sia anche il modello di colui che serve ubbidiente, ma anche ne approfitta dall’alleanza con il “regno sotterraneo”.

    L’attuazione della “strategia vincente” del primo ministro, nonché la totale irresponsabilità nella gestione della cosa pubblica e l’incapacità di molti funzionari governativi, statali e/o locali, a tutti i livelli, hanno causato e stanno causando la preoccupante e quotidianamente vissuta realtà albanese. Tutto ciò genera, tra l’altro, povertà, malessere, disperazione diffusa tra gli albanesi. Fino al punto di spingerli a lasciare il paese. Ovviamente non sono soltanto gli albanesi che lasciano il paese per una vita migliore. Si tratta di un fenomeno noto e vecchio quanto il mondo. Ma quello che sta accadendo da alcuni anni con i cittadini albanesi è veramente allarmante. Le cifre paurose e preoccupanti lo dimostrerebbero senza ombra di dubbio e il nostro lettore è stato sempre informato. Ma il fenomeno dell’abbandono del paese, una delle piaghe sociali più gravi, con diverse e allarmanti ripercussioni a medio e lungo termine, non sarebbe stato mai a questi preoccupanti livelli se, dall’altra parte, si fosse generata la speranza e la fiducia che le cose sarebbero cominciate a cambiare per il meglio nel futuro. Agli albanesi, purtroppo, manca questa speranza e questa fiducia. Naturalmente e istituzionalmente, il diretto responsabile della grave situazione creata in Albania è il governo e chi lo dirige. Perché il governo e chi lo dirige hanno l’obbligo istituzionale e morale di gestire nel migliore dei modi la cosa pubblica e tanto altro. Tutto ciò annienta la speranza e la fiducia. In simili condizioni, la responsabilità di creare speranza e generare fiducia spetta all’opposizione. Almeno questo accade e/o dovrebbe accadere in tutti i paesi democratici, o che mirano a diventare tali. Come l’Albania.

    Purtroppo l’opposizione, con il suo operato, fatti alla mano, ha deluso la fiducia e ha affievolito molto la speranza per un futuro migliore in patria. Soprattutto dal 2017 ad oggi. Un fenomeno che si era verificato anche prima. Ma un accordo, quello del 18 maggio 2017, quanto meno ce lo si aspettava, tra il primo ministro e il capo dell opposizione ha annientato tutto. Un accordo mai reso trasparente e arrivato come fulmine al ciel sereno. Un accordo dopo tre mesi di continue, pacifiche e massicce proteste dei cittadini contro il malgoverno e altro. Proteste che stavano vistosamente aumentando l’attenzione, il supporto e il consenso del pubblico. Un accordo dopo tante forti e ben articolate dichiarazioni pubbliche che consideravano le dimissioni del primo ministro, la costituzioni di un nuovo governo tecnico per preparare nuove elezioni libere, oneste e democratiche come condizioni non negoziabili. Un accordo che ha permesso però al primo ministro di avere facilmente un secondo mandato un mese dopo, in seguito alle elezioni sempre controllate da lui e/o da chi per lui. Soprattutto dalla criminalità organizzata.

    L’anno appena passato ha visto di nuovo i dirigenti dell’opposizione a chiamare i cittadini in piazza. Di nuovo per le stesse cose, con le stesse richieste non negoziabili come nel 2017. E di nuovo i cittadini hanno risposto numerosi, partecipando alle dieci proteste massicce a Tirana. Poi con l’estate tutto è stato “scordato” come se niente fosse e messo nel dimenticatoio. Nessuna spiegazione. Però, per “pulire la coscienza”, i dirigenti dell’opposizione hanno promesso nuove proteste a settembre. Promesse non mantenute per l’ennesima volta e come sempre. Ma loro continuavano a “giurare” la loro determinazione a non scendere a patti con il primo ministro. Anche se “stranamente” alcune delle richieste non negoziabili, come le dimissioni del primo ministro, non si sentivano più nelle loro dichiarazioni pubbliche. Anzi, lasciavano capire che potevano vincere le elezioni anche con questo primo ministro al governo. Noncuranti però delle loro bugie e di tante incoerenze logiche e programmatiche. I cittadini hanno preso di nuovo nota.

    Quest’anno è iniziato con nuovi sviluppi. Il 14 gennaio scorso, “stranamente” e di nuovo quanto meno ce lo si aspettava, il rappresentante del primo ministro, una da lui controllata, insieme con quelli dell’opposizione, si sono riuniti per avviare il processo della riforma elettorale. Altre promesse pubbliche ignorate da parte dei dirigenti dell’opposizione e altre “giustificazioni” per presentare tutto “come un successo”! Sembra che stiano mentendo e ingannando di nuovo e come al solito. Mentre i cittadini sono stati di nuovo delusi e offesi. Ragion per cui non sperano e non hanno più fiducia nelle promesse fatte e pensano soltanto di lasciare il paese. Come i tanti prima di loro.

    Chi scrive queste righe pensa che bisogna ribellarsi contro la dittatura. Pensa anche che ci sono tante somiglianze inquietanti tra quanto è accaduto in Albania in questi ultimi anni e quello che sta accadendo. Somigliano i casi, le persone coinvolte e , purtroppo, anche le conseguenze. E sono soltanto alcune di tante altre somiglianze inquietanti. Ormai anche questa è una convinzione sempre più diffusa in Albania. Quanto è accaduto e sta accadendo in Albania conferma quanto pensava Omero. E cioè che è odioso l’uomo che occulta una cosa nel suo seno e ne dice un’altra.

  • Una presidenza del tutto inappropriata

    Tutti commettono errori. È per questo che c’è una gomma per ogni matita.
    Proverbio giapponese

    Una delle più importanti istituzioni internazionali attualmente è anche l’OSCE (l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa). Come tale è stata costituita il 1o agosto 1975. All’inizio si chiamava CSCE (Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa). Tutto è stato sancito dall’“Atto finale di Helsinki”. Era un periodo difficile, quello della “Guerra fredda”. Il compito dell’allora CSCE non era per niente facile, nonostante si stesse verificando quello che viene riconosciuto come il “periodo della distensione” tra i due blocchi. La CSCE doveva, tra l’altro, facilitare quel processo, il dialogo e i negoziati, per prevenire i conflitti tra i paesi, nonché promuovere e sostenere, ovunque si presentasse il caso, i processi democratici. Perché in quel periodo e fino al crollo del muro di Berlino, il 9 novembre 1989, i cittadini dei Paesi del blocco comunista soffrivano sotto i regimi totalitari. L’Organizzazione prese ufficialmente il nome attuale il 1o gennaio 1995, dopo il vertice dei capi di Stato e di governo, tenuto a Budapest il 6 dicembre 1994. Il documento che sanciva il cambiamento era la Dichiarazione del Vertice di Budapest “Verso una vera partnership in una nuova era”. Attualmente l’Organizzazione comprende 57 Paesi dell’Europa, dell’America del Nord e dell’Asia.

    Lo scopo e gli obiettivi istituzionali dell’OSCE sono diversi. Nata per garantire la pace e la sicurezza in Europa, non solo per impedire conflitti armati ma anche per la difesa dei diritti dell’uomo, l’OSCE è presente e attiva con le sue strutture e/o rappresentanti affinché tutto ciò sia attuato realmente. L’Organizzazione interviene lì dove serve, per garantire il buon governo, lo “Stato di diritto” e i processi democratici in corso. Tramite le sue strutture e/o rappresentanti l’OSCE sostiene, assiste e certifica i processi elettorali in vari paesi e dietro richiesta ufficiale delle istituzioni responsabili degli stessi paesi. L’OSCE è attiva e interviene per garantire la libertà di informazione, in tutte le sue forme ovunque tale libertà venga minacciata, calpestata e, peggio ancora, negata. Questi sono alcuni degli obblighi istituzionali dell’OSCE. Per seguire al meglio e attuare tutti questi obblighi, l’OSCE dispone di diverse strutture e organi decisionali, come il Consiglio permanente, il Segretariato, l’Ufficio per i controlli elettorali ecc. Ogni anno si organizza un Consiglio ministeriale e si svolgono vertici dei capi di Stato e di governo dei Paesi membri per evidenziare e definire le priorità dell’attività. Una delle più importanti istituzioni dell’OSCE è la sua Presidenza, che viene esercitata ogni anno da uno Stato membro. Il ministro degli Esteri del Paese che ha la Presidenza del turno assume l’incarico di Presidente. Come tale collabora con la Presidenza precedente e quella successiva nell’ambito della cosiddetta Troika dell’Osce.

    Quest’anno, a partire dal 1o gennaio, l’Albania, diventato dal 19 giugno 1991 un Paese membro dell’Organizzazione, avrà l’incarico ufficiale di esercitare la Presidenza dell’OSCE. Il processo della presentazione della candidatura per un così importante incarico istituzionale è cominciato molti anni prima, agli inizi degli anni 2000. Nel 2006 ha ufficialmente presentato la candidatura ed in seguito è stato deciso che la presidenza dell’OSCE sarebbe andata all’Albania nel 2014. Nel 2013 però, anno elettorale per il Paese, su richiesta ufficiale dell’Albania, è stata decisa la posticipazione della data di quell’incarico. Ragion per cui la Presidenza dell’OSCE per l’Albania è stata negoziata e decisa per il 2020.

    Tenendo però presente la vissuta realtà albanese degli ultimi anni, un simile e così importante incarico istituzionale risulta essere veramente del tutto inappropriato. Perché la galoppante corruzione, ormai evidenziata e rapportata anche dalle istituzioni internazionali specializzate, sta generando danni enormi, materiali e morali. Perché da più di un anno il paese si trova ad affrontare una delle più gravi crisi istituzionali della sua storia, crisi che si sta aggravando ogni giorno che passa. Perché ormai in Albania, dati e fatti alla mano, la cosa pubblica viene gestita e depredata da una preoccupante e pericolosa “strana alleanza” tra i massimi rappresentanti della politica attiva con la criminalità organizzata e certi raggruppamenti occulti internazionali. Perché in Albania, ogni anno che passa, diventano sempre più numerose, serie e allarmanti le constatazioni sul controllo, condizionamento, brogli e manipolazioni dei risultati elettorali da parte delle strutture governative e statali. Constatazioni fatte e rapportate dai rappresentanti e/o osservatori dell’ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human Right) che assiste tutti gli Stati membri dell’OSCE durante i processi elettorali. Da evidenziare soprattutto il Rapporto finale dell’ODIHR per le votazioni amministrative moniste del 30 giugno 2019! Votazioni alle quali i vertici del Congresso delle Autorità Locali e Regionali del Consiglio d’Europa non hanno voluto mandare una delegazione per assistere alle votazioni. La ragione era per causa “delle continue insicurezze legate all’organizzazione delle elezioni amministrative del 30 giugno in Albania e dei possibili rischi per la sicurezza in diverse zone”! Perché in Albania, durante l’ultima seduta del 2019, il Parlamento ha approvato una legge per censurare i media e la libera espressione, ideata e voluta dal primo ministro, forse anche ispirato da quello che sta accadendo in Turchia e in Russia con i media non controllati. Perché in Albania il sistema della giustizia è ormai controllato personalmente dal primo ministro e/o da chi per lui. Tutto ciò grazie anche alla “riforma del sistema” del primo ministro fortemente sostenuta dalla sua propaganda governativa e, purtroppo, anche da certi “rappresentanti internazionali”. I risultati e le prospettive sono ormai evidenti e allarmanti allo stesso tempo. Perché ormai in Albania è stata restaurata una nuova e pericolosa dittatura, che usa come facciata un ridicolo e fatiscente pluralismo politico. Perché in Albania i diritti dell’uomo si calpestano e si violano di continuo e non esiste più per i cittadini la garanzia legale delle istituzioni. Per queste e per tante altre evidenziate ragioni, la Presidenza albanese dell’OSCE per tutto il 2020 è del tutto inappropriata.

    Chi scrive queste righe, anche questa volta, avrebbe avuto bisogno di molto più spazio per  ribadire, analizzare e commentare tante altre cose e rendere meglio l’idea della situazione e per trasmettere, con la dovuta responsabilità, al nostro lettore quello che realmente sta accadendo in Albania. Ma anche quello appena scritto basta per rendersi conto. Chi scrive queste righe è convinto che il governo albanese e i suoi rappresentanti ufficiali non sono in grado e perciò, non possono garantire l’osservanza e l’adempimento di tutti gli obiettivi istituzionali dell’OSCE. Una simile situazione imbarazzante si poteva e si doveva evitare. Si poteva e si doveva negoziare e stabilire un’altra data per la Presidenza albanese dell’OSCE. E così facendo si poteva aiutare realmente e concretamente anche la stessa Albania. Perché no, si poteva e si doveva chiedere all’Albania l’adempimento di determinate richieste, come delle conditio sine qua non, con le quali si poteva garantire, finalmente, l’avvio dei processi veramente democratici. Bastava adottare le condizioni in vigore, poste dal Consiglio europeo, per l’avanzamento dei negoziati dell’adesione dell’Albania nell’Unione europea. O, almeno parte di quelle condizioni. Che poi rappresentano anche gli obiettivi e le ragioni di essere della stessa OSCE. Ma tutti possono commettere errori. Anche le istituzioni, compresa l’OSCE. È per questo che c’è una gomma per ogni matita.

  • Accordo ingannevole e pericoloso

    L’uomo troppo compiacente che accorda tutto

    per tutto avere, è ruinato dalla propria facilità.

    Confucio

    Durante gli ultimi mesi dell’anno appena passato si sono pubblicamente incontrati per tre volte il presidente della Serbia, il primo ministro della Macedonia del Nord ed il primo ministro dell’Albania. La prima volta il 10 ottobre in Serbia, a Novi Sad. La seconda il 10 novembre ad Ohrid e la terza volta il 21 dicembre a Tirana. La ragione, almeno quella resa nota ufficialmente, è stata la presentazione di una nuova iniziativa per costituire “L’area economica comune dei Balcani occidentali”. Lo hanno denominato l’accordo del “Mini-Schengen balcanico”. E non a caso hanno evocato sia l’Accordo (14 giugno 1985) che la Convezione (19 giugno 1990) di Schengen, essendo degli Atti con i quali si sanciva l’eliminazione dei controlli alle frontiere interne tra i Paesi firmatari e l’introduzione della libertà di circolazione per tutti i cittadini degli stessi Paesi. Ma, a differenza dell’Accordo e della Convenzione di Schengen, i cui contenuti sono stati resi noti nei minimi dettagli, del “Mini-Schengen balcanico”, promosso pubblicamente durante gli ultimi mesi dell’anno appena passato, si sa poco o nulla. Ragion per cui, conoscendo anche i promotori dell’iniziativa, almeno alcuni di loro, si dovrebbe essere molto attenti e guardinghi. Perché si sa, non tutto quello che luccica è oro, anzi!

    Per capire meglio i [presunti] veri obiettivi strategici della proposta bisogna riferirsi alla storia, che sempre ci insegna. Subito dopo la Prima Guerra Mondiale, la costituzione di nuovi Stati nei Balcani e la definizione delle frontiere tra di loro sono stati oggetto di lunghe e spesso molto dibattute discussioni internazionali. Comprese anche le intricate trattative che si svolgevano in quel periodo a Versailles. In quel periodo, dopo il dissolvimento dell’Impero Austro-Ungarico, cominciò il processo della costituzione del Regno della Jugoslavia. È stato un lungo processo, che cominciò nel 1918 e finì nel 1929. Il regno ebbe però una breve vita, fino al 1941. Ma la storia ci insegna che i serbi non hanno mai smesso di pensare, progettare e volere di nuovo una simile struttura statale. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, si costituì la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Comprendeva la Serbia, la Slovenia, la Croazia, la Macedonia, il Montenegro e la Bosnia ed Erzegovina. Quella repubblica si disintegrò poi, dal 1992. Ma subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, Tito, con il compiacimento dei vertici del partito comunista albanese, stava attuando l’inserimento anche dell’Albania come settima repubblica della federazione Jugoslava. Anche in quel periodo tra i due paesi ci sono stati degli accordi comuni, compresi quegli per eliminare le barriere doganali e per unificare la moneta. Tutto fallì nel 1948, quando l’Albania entrò pienamente sotto il controllo dell’Unione Sovietica.

    Adesso il presidente della Serbia sta promuovendo di nuovo un accordo: quello sopracitato del “Mini-Schengen balcanico”. Bisogna sottolineare di nuovo che, ad oggi, non è stato reso noto il vero contenuto dell’accordo. Si parla però di libera circolazione dei cittadini e delle merci, del capitale e altro. Da sottolineare anche che attualmente sono in vigore diversi accordi bilaterali tra i paesi balcanici, tranne in certi casi con la Serbia, come quello che permette il libero passaggio di frontiera, con soltanto la carta d’identità. Volutamente si rendono noti soltanto questi diritti, simili a quelli previsti anche dall’Accordo e dalla Convenzione di Schengen, adottati in seguito dall’Unione europea. Secondo molti noti analisti e opinionisti si tratta soltanto di una copertura propagandistica. Perché in realtà tutto fa pensare ad altro. Ed il tempo, noto per essere gentiluomo, prima o poi lo dimostrerà.

    Il presidente serbo, che è stato ministro dell’Informazione di Slobodan Milošević, non è la prima volta che presenta questa iniziativa. Lo ha fatto da primo ministro a Parigi nel 2016, presentando ufficialmente il suo progetto, che prevedeva la costituzione di “un’area economica comune dei Balcani occidentali”. In quell’occasione l’attuale presidente serbo legava quel progetto con la possibilità di distaccare i paesi balcanici dalla sfera d’influenza dell’Unione europea. Lui dichiarava allora che “L’Unione europea non è l’unico fattore coesivo che possa unire i Balcani. Noi (gli Stati dei Balcani occidentali; n.d.a.) lo dobbiamo fare da soli. Abbiamo bisogno di prenderci cura di noi stessi. Ecco perché ho fatto appello ai dirigenti dei paesi della regione di focalizzarsi su noi stessi”! Per rendere meglio l’idea bisogna sottolineare che il concetto dei “Balcani occidentali” è stato proposto per la prima volta agli inizi degli anni 2000, da alcuni alti rappresentanti della diplomazia francese in sede dell’Unione europea. Secondo quel concetto, l’area comprende geograficamente la Serbia, la Macedonia del Nord, il Montenegro, la Bosnia ed Erzegovina, il Kosovo e l’Albania. Quando è stato presentato comprendeva anche la Croazia che, dal 2013, ha pienamente aderito nell’Unione europea.

    Il vero significato del progetto della Serbia, nonché il suo obiettivo strategico, presentato come “l’Accordo di mini-Schengen“, si capisce meglio se si fa riferimento ad un’altra dichiarazione pubblica fatta dall’attuale presidente della Serbia. Questa volta durante un’intervista rilasciata ad un noto media statunitense, il 6 aprile 2018, proprio quattro giorni dopo essere diventato, il 2 aprile 2018, da primo ministro, il presidente della Serbia. Il giornalista gli domandava se con il suo piano per un mercato comune balcanico egli stesse cercando di ricostituire la Jugoslavia. Lui gli rispondeva, senza batter ciglio, che [infatti] “È la vecchia Jugoslavia più l’Albania”! Ed era più di un anno prima della promozione pubblica del sopracitato accordo! Da parte delle istituzioni albanesi nessuna reazione ufficiale. Né politica e neanche diplomatica. Come mai?!

    Tornando ai sopracitati tre vertici per promuovere l’iniziativa serba del “Mini-Schengen balcanico”, bisogna sottolineare che l’iniziativa ha soltanto il supporto della Serbia, dell’Albania e della Macedonia del Nord. Gli altri paesi lo hanno contestato come programma. Soprattutto in Kosovo e per ben noti motivi. Per quanto riguarda l’Albania, risulterebbe che, ad oggi, nessuna consultazione istituzionale sull’argomento sia stata fatta. Tutto è stato gestito personalmente dal primo ministro, senza la ben che minima trasparenza. Non solo, ma lui ha avuto due palesemente opposti atteggiamenti e comportamenti, riguardo alla non partecipazione dei rappresentanti del Kosovo. Durante il vertice di Novi Sad, il primo ministro albanese dichiarava che non avrebbe partecipato ai seguenti vertici se non fossero presenti anche i rappresentanti del Kosovo. Mentre appena due mesi dopo, durante il vertice di Tirana, ha tuonato contro la non presenza di quei rappresentanti, offendendoli e ingiuriandoli con un volgare linguaggio. Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe, se lo spazio glielo avesse permesso, avrebbe avuto molti altri argomenti da trattare e commentare su questo Accordo, che lo considera ingannevole e molto pericoloso. Soprattutto se si tiene presente quanto sta accadendo negli ultimi tempi nel mondo. Egli crede, tra l’altro, che il progetto del ritorno alla ex Jugoslavia, oltre alla Serbia, possa interessare molto alla Russia, ma anche ad altri paesi orientali. Chi scrive queste righe considera grave l’idea di abbandonare i processi europei in corso per i paesi balcanici, nonostante quei processi siano stati volutamente bloccati da certi corrotti e irresponsabili politici balcanici. Quelli che, comunque, saranno ruinati dalla propria facilità di accordare tutto, come pensava Confucio.

     

  • Il posto dei birbanti è la prigione

    A torto od a ragione, il luogo dei birbanti è la prigione.
    Jean de La Fontaine

    Così finisce la fiaba di Jean de La Fontaine “Il lupo e la volpe davanti al tribunale della scimmia”. Una delle sue tantissime fiabe che sempre insegna, a bambini e ad adulti. Il lupo e la volpe, si sa, non è che vanno molto d’amore e d’accordo tra di loro. Anzi! Ma tutti e due cercano di ingannare l’un l’altro e poi trarre vantaggio. Così accadeva anche con il lupo e la volpe della fiaba. Il lupo accusò la volpe perché secondo lui l’aveva derubato. Nessuno lo sa se il lupo avesse ragione oppure lo facesse apposta per incolparla e condannarla. Ma comunque sia, il lupo riuscì a trascinarla in tribunale. E la volpe, che protestava e gridava contro la falsa accusa del lupo, doveva vedersela e rispettare, volente o nolente, la decisione del giudice, una saggia scimmia. Un giudice che era “vecchio del mestiere”, come affermava La Fontaine. Il caso era assai complicato e la scimmia ebbe non poca difficoltà a districarlo. Ma alla fine diede il suo giudizio proverbiale. “Basta, risponde loro, o false o vere, pagate entrambi e che la sia finita!”. Una ragionevole decisione quella del giudice, conoscendoli bene tutti e due. E, da impeccabile professionista, diede anche il suo ragionamento. “Tu, lupo, paga, perché fai figura d’accusatore bugiardo, e tu, perché sei ladra di natura”. E, nel cuor suo, la scimmia era convinta di non avere sbagliato, nonostante la difficoltà del caso. Era convinta perché, secondo lei, “A torto od a ragione, il luogo dei birbanti è la prigione”. Questo ci racconta La Fontaine nella sua fiaba “Il lupo e la volpe davanti al tribunale della scimmia”.

    Chi scrive queste righe è convinto che le fiabe, con le loro storie e i saggi insegnamenti, devono essere raccontate non solo ai bambini, ma devono essere lette e rilette anche dagli adulti. Poi, il periodo appena passato, quello delle Feste di fine anno, tra l’altro, ci induce a rivivere il mondo delle fiabe e imparare.
    E’ il giorno dell’Epifania, una tra le più importanti ricorrenze del cristianesimo. E con l’Epifania si chiudono anche le Festività del Natale e del Capodanno. Un noto detto popolare recita “L’Epifania tutte le feste porta via”. Secondo la tradizione, soprattutto quella tramandata in Italia, una donna anziana, la Befana, volando su una scopa, entra nelle case nella notte tra il 5 e il 6 gennaio. I bambini, sapendo di quella visita, appendono prima di dormire le calze sul camino o vicino ad una finestra e attendono ansiosi di vedere cosa avrà messo dentro la Befana. Quelli che sono comportati bene durante l’anno appena passato troveranno nelle calze caramelle, frutta secca, dolciumi o giocattoli. Mentre, purtroppo, per quei bambini che si sono comportati male la Befana metterà nelle calze pezzi di carbone e spicchi d’aglio.
    Questa è la tradizione. Però, tenendo presente la vissuta attualità, oltre alla constatazione che l’Epifania porta via tutte le feste, si potrebbe pregare e auspicare che l’Epifania, soprattutto, porti via il Male. Ovunque nel mondo, perché ce ne sta e come! E anche in Albania, dove il Male sta divorando tutto e tutti, causando danni enormi, materiali e morali. Gli albanesi ormai si trovano nelle condizioni estreme e tali che non dovrebbero lasciar più scampo che ad una scelta. O si devono rassegnare e abituarsi al Male, oppure ribellarsi e non restare ad attendere, mano nella mano, che gli altri pensino e si prendano cura di loro. Anche perché la storia ci insegna, come sempre, che gli altri, quelli ben intenzionati e in buona fede, quelli che vengono in amicizia, possono soltanto aiutare. E ricordarsi che l’indifferenza e l’apatia aiutano il Male, facilitandogli l’opera. E anche in questo caso la storia ci insegna. L’autore di queste righe, il 24 giugno 2019 scriveva per il nostro lettore l’articolo “L’importanza dei prossimi giorni per evitare il peggio”. In quell’articolo egli faceva riferimento anche a Martin Niemöller, un noto teologo e pastore protestante tedesco. Niemöller è stato arrestato dai nazisti nel 1937 per la sua attività contro il regime. Sopravvissuto alle barbarie dei campi di concentramento, egli, fino alla fine, divenne testimone convinto delle oscenità e delle crudeltà causate dalla dittatura. Ovunque andava, Niemöller esprimeva la sua convinzione sul pericolo dovuto all’indifferenza e all’apatia della gente comune e soprattutto delle persone colte di fronte all’avvio dei regimi dittatoriali. Convinzione quella sua, maestosamente espressa dai versi seguenti: “Quando i nazisti presero i comunisti,/ io non dissi nulla/ perché non ero comunista./ Quando rinchiusero i socialdemocratici/ io non dissi nulla/ perché non ero socialdemocratico./ Quando presero i sindacalisti,/ io non dissi nulla/ perché non ero sindacalista./ Poi presero gli ebrei/ e io non dissi nulla/ perché non ero ebreo./ Poi vennero a prendere me./ E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa”.

    L’autore di queste righe, riferendosi alla grave e multidimensionale crisi in cui si trovava allora l’Albania, chiudeva il sopracitato articolo scrivendo che “se servisse, bisogna reagire con forza e ribellarsi contro il pericolo imminente e reale di ricadere sotto dittatura. […] perché con una dittatura restaurata può succedere di tutto a tutti. E non ci sarà più nessuno a dire qualcosa. Agli albanesi la scelta!”.
    Purtroppo adesso, dopo che sono passati più di sei mesi da allora, il paese si trova sempre più sotto il giogo di una nuova, sofisticata e pericolosa dittatura. Una dittatura controllata e gestita dai massimi livelli della politica attiva, in connivenza con certi raggruppamenti occulti internazionali e con la criminalità organizzata. Una realtà vissuta quotidianamente dagli albanesi, che neanche la potente e ben organizzata propaganda governativa non riesce più a camuffare e nascondere. Perché si arrivasse ad una simile e drammatica situazione, purtroppo, hanno “contribuito” paradossalmente, ma non per ciò inevitabilmente, anche l’indifferenza e l’apatia degli stessi sofferenti cittadini. Ma ha contribuito, e non poco, anche la “strana e l’inspiegabile passività” dell’opposizione politica, che sta deludendo e offendendo, ogni giorno che passa, la fiducia data dai cittadini.
    Un’ulteriore testimonianza sulla gravità della situazione in Albania è anche l’approvazione, il 19 dicembre scorso, da un Parlamento controllato pienamente e personalmente dal primo ministro, di una legge contro la libera espressione. Una legge con la quale il primo ministro sta cercando di soffocare tutte le opinioni che lo smascherano e lo additano per quello che realmente e veramente è: un autocrate, un ipocrita, un bugiardo, un incallito manipolatore, un irresponsabile che sta abusando con il potere, una persona che fa di tutto per mantenere la sua poltrona. L’approvazione di quella legge rappresenta un ulteriore e significativo passo indietro, verso quella nuova, sofisticata e pericolosa dittatura. Ma non è il solo, anzi! Perché nel frattempo e per la prima volta dopo il crollo della dittatura comunista, il 30 giugno scorso si sono svolte delle votazioni amministrative moniste, che non hanno avuto niente in comune con le elezioni democratiche, libere e pluraliste. E queste sono soltanto alcune testimonianze del ritorno alla dittatura. Di tutto ciò il nostro lettore è stato a tempo debito informato.
    Ragion per cui chi scrive queste righe è convinto che prima che sia veramente tardi, gli albanesi dovrebbero fare proprio l’importante messaggio di Martin Niemöller e agire. Ormai, per loro, due sono le scelte: sottomettersi alla nuova dittatura oppure ribellarsi, tutti insieme, e vincere finalmente il Male. E far sì che finalmente la giusta ed imparziale giustizia sia veramente fatta per tutti. Perché in Albania sono tanti quegli simili al lupo e alla volpe della fiaba di La Fontaine. E far sì che il posto dei birbanti sia la prigione!

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