Albania

  • Importanti decisioni da prendere

    Nella vita di qualunque nazione viene sempre il momento
    in cui restano solo due opzioni: arrendersi o combattere.

    Nelson Mandela

    L’Albania viene ufficialmente classificata dalle istituzioni specializzate internazionali come un paese con “una democrazia ibrida”, rimanendo ancora, dal 1991, in un lungo e sofferente periodo di transizione. Ma il peggio è che l’Albania, da alcuni anni, sta tornando inarrestabilmente verso una nuova dittatura. Sono tante le evidenze e i fatti accaduti che lo testimonierebbero. Gli ultimi, il 16 settembre scorso, rendendo omaggio all’ex dittatore comunista durante alcune attività ufficiali.

    In una simile e allarmante situazione, le responsabilità dell’opposizione dovrebbero aumentare di pari passo con l’aumento degli abusi del potere da parte di coloro che governano, con la preoccupante diffusione della corruzione, con la grave e problematica connivenza del potere politico con la criminalità organizzata, con la drammatica realtà causata dalla povertà diffusa ecc.. In una simile e allarmante situazione dovrebbero aumentare le reazioni forti e determinate dell’opposizione per contrastare ed evitare il peggio.

    Ormai è passato oltre un’anno dalla massiccia manifestazione pacifica ad oltranza (18 febbraio – 18 maggio), organizzata dall’opposizione e nota anche come la “Tenda della Libertà”. Durante quei tre mesi di protesta l’opposizione chiedeva garanzie per delle elezioni libere, oneste e democratiche in vista di quelle che si dovevano svolgere il 18 giugno 2017. Come conditio sine qua non l’opposizione chiedeva le dimissioni del primo ministro ed un nuovo governo tecnico che dovevano portare il paese verso le elezioni, non più a giugno ma in autunno 2017 (Patto Sociale n.255; 262). Purtroppo, dopo un lungo e mai trasparente incontro notturno tra il capo dell’opposizione e il primo ministro, loro dichiararono che si era giunti ad un accordo, che non è stato mai reso noto. Un accordo che ha permesso al primo ministro di vincere le elezioni con un risultato inaspettato anche per lui. Ma soprattutto un accordo che ha deluso tutte le aspettative dei manifestanti della “Tenda della Libertà”, deridendo e beffando i loro sacrifici (Patto Sociale n. 268). Il tempo ha dimostrato in seguito, soprattutto con il collasso elettorale dell’opposizione, che la giusta e sacrosanta causa di quella protesta è stata tradita senza rimorsi e senza alcuna convincente spiegazione da parte del capo dell’opposizione durante quell’incontro notturno del 17 maggio 2017 con il primo ministro.

    Da quel momento ad oggi la credibilità del capo dell’opposizione ha raggiunto i più bassi livelli. Soprattutto dopo la clamorosa sconfitta elettorale del giugno 2017 e l’altrattanto chiacchierata e contestata gara interna per l’elezione del capo del partito. In Albania ormai è opinione diffusa che il capo dell’opposizione sia, purtroppo, una persona poco affidabile. Mentre il primo ministro spesso, quando parla di lui, lo considera “un bravo ragazzo”. Chi sa perché?! Ormai in Albania c’è un’opposizione che più passa il tempo e più non convince nessuno, neanche coloro che la rappresentano. Ma essi, ognuno a modo suo e per delle proprie ragioni, cercano di trarre profitti e vantaggi. Così dicono almeno le cattive lingue. Mentre i cittadini patiscono le conseguenze. Una simile opposizione potrebbe servire al primo ministro, ma mai e poi mai all’Albania e agli albanesi. (Patto Sociale n.280; 291; 296; 300 ecc..).

    In una situazione del genere, è tempo di fare alcune domande, riferendosi alle accuse dell’opposizione, e che hanno bisogno di chiare risposte.

    È vero che la criminalità organizzata controlla tutto e tutti in Albania, potere politico compreso, oppure l’opposizione non conosce la realtà? È vero che la massiccia coltivazione della cannabis, diffusa su tutto il territorio, nonché il suo traffico illecito e di altre droghe pesanti, ha il beneplacito ed il supporto delle strutture statali e/o governative, oppure l’opposizione accusa a scopo politico? È vero che negli ultimi anni l’Albania è diventata, anche dai proventi della cannabis, un centro di lavorazione e di smistamento di droghe pesanti, cocaina compresa, verso i paesi europei, oppure l’opposizione sta delirando? È vero che il potere politico, tramite la criminalità organizzata, anche con i miliardi provenienti dalle droghe, condiziona, controlla e decide i risultati elettorali, oppure tutte queste accuse sono delle fandonie dell’opposizione? È vero che la corruzione sta cancrenizzando tutte le strutture e le istituzioni dello Stato e dell’amministrazione pubblica, oppure l’opposizione sta farneticando? È vero che l’Albania è diventato uno dei primi paesi nel mondo e il primo in Europa per il riciclaggio del denaro sporco, oppure l’opposizione e le istituzioni internazionali specializzate non stanno dicendo la verità? È vero che l’Albania è diventato uno tra i primi paesi per il numero di richiedenti asilo nei paesi europei, oppure l’opposizione sta cercando di incupire la realtà? È vero che le ragioni per le quali gli albanesi, soprattutto i giovani, lasciano il paese sono la disperazione, la povertà diffusa e la mancanza di qualsiasi speranza, oppure l’opposizione mente? È vero che la povertà sta aumentando paurosamente e che sta affliggendo sempre più famiglie, oppure l’opposizione accusa il governo ingiustamente? È vero che il sistema dell’istruzione pubblica si sta sgretolando con tutte le gravi conseguenze per il futuro del paese, oppure l’opposizione sta bluffando? È vero che alcuni, pochissimi oligarchi, legati al potere politico con accordi occulti, concepiscono la stipulazione di determinate leggi e/o altri atti normativi ad personam e poi condizionano la loro approvazione, oppure l’opposizione fa delle accuse infondate? È vero che con alcuni atti irresponsabili del primo ministo e di chi per lui si stanno minacciando seriamente gli interessi del paese e l’integrità territoriale dell’Albania, oppure l’opposizione parla a vanvera? È vero che l’incapacità della Corte Costituzionale e della Corte Suprema di svolgere le proprie funzioni è conseguenza diretta di un piano diabolico del primo ministro, oppure l’opposizione sta cercando di creare una tempesta nel bicchiere? È vero che la riforma del sistema della giustizia, sbandierata come un enorme successo dal primo ministro è, in realtà, un totale fallimento, oppure l’opposizione sta calunniando? È vero che ormai tutto il sistema della giustizia è controllato dal primo ministro, oppure l’opposizione sta cercando di ingannare l’opinione pubblica a casa e le istituzioni internazionali? È vero che in Albania si sta restaurando una nuova dittatura, quella in cui il potere politico, la criminalità organizzata e alcuni oligarchi, legati da accordi occulti, controllano e decidono su tutto e tutti, oppure l’opposizione sta facendo una disperata propaganda? Perché se tutto o parte di quelle accuse fossero vere, allora bisogna agire immediatamente. E non con delle parole e promesse non mantenute.

    Chi scrive queste righe è convinto che la situazione in Albania è veramente grave. Tenendo presente la realtà, egli crede fermamente nell’importanza e nell’indispensabilità delle proteste. Perché è convinto che quando il governo viola e calpesta i diritti dei propri cittadini, allora il più sacro diritto e l’indispensabile dovere dei cittadini è la ribellione contro il governo per rovesciarlo.

  • Irritante ipocrisia

    E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago,
    che un ricco entri nel regno dei cieli

    Vangelo secondo Matteo; 19/24

    Era una domenica di due anni fa. Era il 4 settembre 2016 quando in piazza San Pietro a Roma veniva proclamata santa Madre Teresa. Quella domenica, più di centomila persone arrivate da ogni parte del mondo volevano essere presenti alla sua santificazione. Papa Francesco, durante l’omelia, ha sottolineato che “la sua missione nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali permane ai nostri giorni come testimonianza eloquente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri”.

    Il 5 settembre scorso, giorno della sua ricorrenza, la Santa Madre Teresa è stata ricordata in tutto il mondo. Lo hanno fatto in molti, credenti e devoti alla Madre, ma anche tanta gente comune. Madre Teresa, essendo la prima santa albanese, è stata sentitamente ricordata anche in Albania.

    Purtroppo, approfittando dell’occasione, hanno scritto e pronunciato messaggi anche i corrotti politici albanesi, come al solito in questi casi. Cercando di capitalizzare l’opportunità, con le loro parole, quei luridi ipocriti, primo ministro in testa, ma anche tanti altri, hanno invece offeso tutto quello che rappresenta Madre Teresa per l’umanità intera. Proprio loro che, da anni, con il loro consapevole operato, hanno fatto l’opposto di quello che ha sempre fatto Madre Teresa durante tutta la sua vita. Proprio loro, i nuovi ricchi sfondati, che nell’arco di pochi anni da nullatenenti sono diventati  miliardari, hanno profanato, con le parole rivolte alla memoria di Madre Teresa, i suoi principi di vita, i suoi valori interni e il suo operato. Proprio loro, che hanno fatto della corruzione e della connivenza con la criminalità organizzata, la vera ragione e il vero obiettivo della loro vita, hanno cercato di trarre vantaggio da questa ricorrenza. E così facendo hanno rivelato, per l’ennesima volta, il loro vero volto. Quel volto che non possono mai nascondere le parole, la propaganda e neanche i miliardi. Rimanendo sempre quelli che in realtà sono: dei lillipuziani esseri abominevoli, in confronto alla grandezza e la santità di Madre Teresa.

    Una tra le tante gravi conseguenze del loro operato è l’evidente drastica polarizzazione sociale in Albania. Da un lato ormai ci sono pochi ricchi sfondati, e cioè dei politici altolocati, alcuni oligarchi e certi criminali camuffati, tutti legati da alleanze e accordi occulti. Mentre dall’altro lato c’è la maggior parte della popolazione, sempre più povera e sofferente. La casta dei ricchi che decide in Albania, ha fatto e sta facendo di tutto, con una prescelta diabolica strategia, per impoverire il popolo e per distruggere dalle fondamenta il sistema dell’istruzione pubblica. Perché loro sanno che un popolo povero e incolto lo puoi condizionare e manipolare con più facilità quando serve. Il 5 settembre scorso sono stati anche questi altolocati politici farabutti che hanno mandato messaggi “di cuore” per ricordare l’opera di Madre Teresa! Una irritante e offensiva ipocrisia allo stato puro!

    Quelli che governano e gestiscono attualmente la cosa pubblica in Albania sono i discendenti politici e biologici di coloro che hanno governato il paese durante la dittatura comunista. Sono i discendenti di coloro che hanno sempre negato a Madre Teresa un visto d’ingresso in Albania per permetterle di stare vicina alla madre e alla sorella, prima che esse chiudessero gli occhi. Sono stati proprio i predecessori politici e biologici degli attuali governanti e gestori dell’Albania che oscuravano e censuravano qualisasi notizia che riguardava Madre Teresa, compresa quella della consegna del Premio Nobel per la Pace (Patto Sociale n.233; 278). Mentre adesso i loro discendenti, quelli che governano e gestiscono tutto in Albania in maniera abusiva, corruttiva e illecita, rendono omaggio alla Santa Madre Teresa. In Albania c’è un detto popolare “Muoia, per poi volerti bene”, esprimendo così, con molta saggezza, l’ipocrisa di certi esseri umani.

    Gli attuali governanti e gestori della cosa pubblica in Albania sono i veri ideatori e attuatori dello stridente e reale contrasto tra il lusso e l’immensa ricchezza, impropriamente e abusivamente generate e che loro possiedono ingiustamente, e la povertà e le sofferenza in cui vive la maggior parte degli albanesi. I casi pubblicamente denunciati e noti sono innumerevoli e aumentano di giorno in giorno.

    Stando alle cose sacre, l’ultima denuncia pubblica a carico del primo ministro, è stata fatta la scorsa settimana da un noto e licenziato collezionista di icone. Parte della sua collezione l’aveva ereditata dal nonno e dal padre, noti collezionisti anch’essi. Erano circa tremilla, tra icone e altri oggetti di valore, e tutto ufficialmente registrato e catalogato. Icone che sono state esposte in diverse mostre e gallerie, sia in Albania che all’estero. Nell’ottobre 2013, neanche un mese dopo che l’attuale primo ministro avesse cominciato ufficialmente il suo mandato, il collezionista veniva arrestato e tutta la sua collezione veniva sequestrata.

    Dopo aver fatto ingiustamente quattro anni di carcere, dopo aver perso la maggior parte della sua preziosissima collezione, dopo aver trovato la sua famiglia distrutta, il collezionista, in misere condizioni e aiutato da alcuni amici, adesso accusa pubblicamente il primo ministro. Lo accusa, nonostante sia stato aggredito fisicamente e abbia ripetutamente ricevuto minacce di morte. Lo ha accusato anche la scorsa settimana, con tanti documenti alla mano. Documenti che dimostrano palesemente la violazione di tutte le procedure e delle leggi in vigore nella Repubblica d’Albania, riferendosi sia all’arresto e alla condanna del collezionista che al sequestro della sua collezione. In più sono stati resi pubblici documenti che dimostrerebbero la “scomparsa” di centinaia di icone e di altri oggetti, parte della collezione. Il valore stimato delle icone “smarrite” ammonterebbe a circa 63 milioni di euro! Bisogna sottolineare che è pubblicamente nota la predilezione del primo ministro per le icone. Da sottolineare anche che di fronte a queste pesanti accuse pubbliche, ad oggi, c’è stato un totale silenzio da parte del primo ministro e/o da chi per lui. Proprio.nessuna risposta e/o altra reazione. Nonostante sia pubblicamente nota la smania del primo ministro di “cinguettare” per qualsiasi cosa. Nel frattempo il collezionista, non avendo trovato giustizia dal “sistema riformato” della giustizia albanese, controllato dal primo ministro, è riuscito a registrare il suo caso presso la Corte europea dei Diritti dell’Uomo a Strasburgo. Che anche Madre Teresa preghi e lo aiuti per trovare finalmente la sua giustizia! Proprio lei che, come ha sottolineato Papa Francesco durante l’omelia per la sua canonizzazione, “…ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini, dinanzi ai crimini della povertà creata da loro stessi!”.

    Chi scrive queste righe ripudia i “nuovi ricchi albanesi” che, con la loro irritante ipocrisia, cercano di “santificarsi” e di “santificare” tutte le loro malefatte e i loro crimini. Ma anche lui è convinto che per quei luridi e abominevoli farabutti non ci sarà mai posto nel Regno dei Cieli. Non lo permetterebbe neanche Madre Teresa.

  • Ormai è già settembre

    L’uomo vuole sempre sperare. Anche quando è convinto di essere disperato.

    Alberto Moravia

    Nel 1969 veniva proiettato un film del regista Sydney Pollack “Non si uccidono così anche i cavalli?” (They shoot horses, don’t they?). Tutto tratto dal romanzo pubblicato nel 1935 dallo scrittore Horace McCoy, titolo compreso. Evocando quanto accadeva in California subito dopo la grande depressione succeduta alla crisi del 1929, il film rimane sempre attuale con le sue allegorie e i suoi messaggi. Tutto si svolge durante una maratona di ballo. Erano gare diffuse in quel periodo. Gare massacranti, alle quali partecipava gente disperata e portata agli estremi fisici e psicologici, dalla schiacciante povertà causata dalla crisi. Coppie di ballerini, create spesso a caso, dovevano gareggiare fino all’esaurimento delle loro forze, in maratone che duravano per tanti giorni, con la sola speranza e l’unico obiettivo: vincere un premio in denaro. Gente di età, formazione e provenienza molto diversa, spinta dalla disperata necessità e speranza di sopravvivenza. Ignara però che dal premio in denaro i vincitori dovevano cedere una cospicua parte all’organizzatore della maratona, che era in realtà il vero vincitore. Quando Gloria, un’aspirante attrice e una delle protagoniste principali del film, viene a sapere questa crudele verità chiede al suo compagno di ballo di spararle, come si farebbe con un cavallo zoppo. Proprio come si fa vedere all’inizio del film; l’uccisione di un cavallo che non serviva più a niente. Un’allegoria su quanto succede quotidianamente, anche adesso, in diverse parti del mondo. Un’allegoria che si riferisce alla predestinata sorte di tutti coloro che si illudono, non essendo in grado e/o non riuscendo a prendere seriamente in considerazione quello che può veramente succedere in una realtà che precipita di male in peggio.

    Un’allegoria che si verifica quotidianamente anche in Albania in questi ultimi anni. Quanto sta succedendo dimostra le sofferenze continue, le umilianti situazioni in cui si trovano, loro malgrado, sempre più persone. Persone che, spinte dalla disperazione, si aggrappano a qualsiasi effimera opportunità per avere qualche soldo in più. Vendendo corpo e anima, vendendo la dignità e annientando ulteriormente le aspettative per un futuro migliore. Futuro che, certo, non lo salva neanche l’indifferenza. Anzi! Tutto in un paese sul quale sta incombendo lo spettro di una crisi multidimensionale. I segnali non mancano e stanno aumentando paurosamente con il tempo. Non a caso sempre più persone stanno scappando dall’Albania verso i paesi europei. Tanti richiedenti asilo che, come numero, sono ai primi posti, insieme con i siriani, gli afgani, gli eritrei ecc.. Sono fatti e cifre che smentiscono ogni e qualsiasi tentativo di propaganda governativa. Attualmente l’Albania sta precipitando in una situazione, che purtroppo ha tante cose in comune con quanto accadeva in America durante la grande depressione, dopo la crisi del 1929.

    Ma quanto sta succedendo in questi ultimi anni in Albania dimostra anche il cinismo, la spietatezza e la crudeltà di coloro che governano, criminalità organizzata compresa. Sì, perché ormai sono stati tanti i fatti accaduti e pubblicamente noti, non solo in Albania, che testimoniano la connivenza del potere politico con la criminalità organizzata. Fino al punto che non si sa chi governa realmente. Anche perché è noto: criminali non sono soltanto quelli che uccidono, trafficano, rubano e violentano. Anzi! I veri criminali sono proprio quelli che concepiscono, organizzano, ordinano e rendono possibile che tutte quelle cose accadano.

    La connivenza tra lo Stato, governo in testa, e la criminalità organizzata in Albania, la testimoniano le enormi quantità di cannabis coltivate sul tutto il territorio e il suo inarrestabile traffico illecito verso le coste italiane e altri paesi europei. Cose del genere non possono mai e poi mai succedere senza il beneplacito politico e l’appoggio delle strutture dello Stato. Quantità che, soltanto l’anno scorso, si valuta abbiano portato introiti miliardari in euro. La testimonia, altresì, l’aumento delle quantità delle droghe pesanti, cocaina compresa, che si smistano dall’Albania verso altri paesi europei. La testimonia il coinvolgimento, ormai evidenziato, di molti alti funzionari della polizia di Stato in una simile attività criminale. Una connivenza testimoniata anche dal fatto che l’ex ministro degli Interni, grazie ad una lunga indagine della procura di Catania, ormai è sotto inchiesta in Albania. Le cattive lingue dicono che se non sia stato ancora arrestato lo deve solo e soltanto alla copertura politica e alla pressione sulla procura che sta indagano. Tutto orchestrato dal primo ministro in persona, dopo alcuni chiari e molto significativi messaggi mafiosi che gli ha mandato l’ex ministro. Una connivenza testimoniata palesemente anche da un altro fatto. E cioè che “stranamente” l’attuale ministro degli Interni (un ex inquisitore durante il regime comunista), colui che è succeduto a quello sopracitato, ha degli scheletri nell’armadio. Suo fratello è stato condannato in Italia per traffico illecito di stupefacenti. Come mai? Ma la connivenza tra il potere politico e la criminalità organizzata la dimostrano anche tanti altri fatti ormai pubblicamente noti. La dimostra, tra l’altro, quanto sta accadendo ultimamente, durante questi mesi, con la recrudescenza delle attività criminali e la “strana” incapacità della polizia di Stato e delle procure ad intervenire. Come succedeva nell’America degli anni’30 del secolo passato con le bande criminali che cercavano di controllare il territorio per lo spaccio delle droghe e altro.

    Anche durante questi mesi estivi non sono mancati altri allarmanti fatti, eloquenti avvisaglie di una situazione grave e molto preoccupante. Proprio perché durante questi mesi estivi c’era il campionato mondiale di calcio e, in generale, con l’attenzione pubblica un po’ assopita, alcune diaboliche menti hanno scelto proprio questo periodo per portare avanti dei progetti corruttivi, in palese contrasto con la Costituzione della Repubblica e le leggi in vigore.

    Oltre all’esempio per eccellenza dell’abuso del potere politico ed istituzionale, e cioè quello del Teatro Nazionale (Patto Sociale n.316), durante questi mesi estivi se ne sono aggiunti altri. Sono stati evidenziati ulteriori casi che testimoniano il [voluto] fallimento della riforma di giustizia e il controllo, da parte del primo ministro, di tutto il sistema. Sono stati denunciati molti appalti pubblici abusivi e corruttivi. Sono stati denunciati altri gravi scandali, tuttora in corso. La criminalità organizzata è stata molto attiva con delle uccisioni mafiose. Una giornalista investigativa è stata minacciata a suon di raffiche di mitra contro l’abitazione. Tutto ciò e altro soltanto durante questi due mesi estivi.

    Nel frattempo l’opposizione ha dichiarato pubblicamente che a settembre cominceranno le proteste inarrestabili, con l’unico obiettivo: la caduta del governo. Chi scrive queste righe auspica che non sia l’ennesima delusione. Sarà tutto da vedere. Forse coloro che dirigono l’opposizione, hanno beneficiato di un lungo periodo di “ritiro spirituale” estivo e porteranno a termine questa azione politica. Sarà anche la loro sfida, con tutte le conseguenze. Si vedrà, ormai è già settembre!

  • Operato abominevole e dannoso

    Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati […] All’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.

    Vangelo secondo Matteo; 23; 27-28

    Il 26 giugno scorso, a Lussemburgo, i ministri degli Esteri dell’Unione europea hanno deciso di non aprire i negoziati con l’Albania, come paese candidato all’adesione nell’Unione europea. La decisione è stata adottata dal Consiglio europeo a Bruxelles due giorni dopo.

    Il 13 luglio scorso a Bruxelles, il Commissario per la Politica di Vicinato e i Negoziati per l’Allargamento Johannes Hahn, a fianco del primo ministro albanese, ha dichiarato che loro due erano convinti che la sopracitata decisione rappresentava “Un grande passo in avanti nel processo dell’integrazione dell’Albania” (Sic!). Il Commissario europeo lo ha ripetuto anche il 17 luglio a Tirana, sempre a fianco del primo ministo albanese. Riferendosi di nuovo alla decisione del 26 giugno, lui ha detto che “L’Albania ha appena ricevuto uno straordinario apprezzamento perché […] il consiglio degli affari generali dell’Unione europea ha apprezzato le riforme attuate in Albania”. Musica per le orecchie del primo ministro al suo fianco. Come se le avesse dette proprio lui quelle parole. E non erano passate neanche tre settimane da quando dagli uffici della Commissione, forse dal suo ufficio, veniva informato, via Twitter, della sopramenzionata decisione del 26 giugno 2018. E cioè che l’Albania “ha bisogno di ulteriore progresso con la riforma della giustizia, la lotta contro la corruzione [e] la criminalità organizzata” (Albania: Further progress on judicial reform, fight against corruption, organized crime needed.#EUenlargement #Enlargement). Mentre il documento ufficiale, pubblicato dopo il vertice dei ministri degli Esteri del 26 giungo, nei paragrafi 45-53 sull’Albania, si riferiava a ben altro (Patto Sociale n.318). Chissà dove ha visto il Commissario questo “grande passo in avanti nel processo di integrazione dell’Albania”. E chissà a quale “straordinario apprezzamento” lui si riferiva. Da sottolineare però, che a Tirana il Commissario ha evitato di incontrare i rappresentanti dell’opposizione. Contrariamente a quanto ha fatto poche ore prima in Macedonia. Avrà avuto le sue buone ragioni, visto che il motivo delle visite era lo stesso; il percorso europeo dei due paesi. Con le sue dichiarazioni, il Commissario per la Politica di Vicinato e i Negoziati per l’Allargamento ha semplicemente dato fiato a quanto è stato costretto a dire il primo ministro, suo malgrado e con tante sofferenze, dopo il 26 giugno. E cioè dopo quella decisione dei ministri delgi Esteri dell’Unione, che ha sgretolato tutte le sue “ottimistiche aspettative” sull’apertura dei negoziati.

    Riferendosi alla vissuta realtà albanese e fino a prova contraria, tutto farebbe pensare ad una ben organizzata campagna propagandistica al sostegno del primo ministro. La stessa impressione hanno fatto anche le dichiarazioni del ministro tedesco per gli Affari europei Michael Roth, rilasciate a Tirana domenica scorsa. Socialdemocratico, cioè dello stesso raggruppamento politico come il primo ministro albanese, lui ha sottolineato tra l’altro, che era venuto a “congratularsi con l’Albania per i successi”. Per poi aggiungere che l’Albania è “sulla strada giusta verso l’adesione, dopo aver avuto dall’Unione europea una raccomandazione positiva”. Anche in questo caso, chissà dove ha visto “i successi” il ministro tedesco e chissà a quale “raccomandazione positiva” si riferiva. Perché basta ricordare a lui che da cinque, le condizioni poste all’Albania dai ministri degli Esteri a Lussemburgo, il 26 giungo scorso, sono diventate tredici e ben articolate e severe. E d’ora in poi non saranno soltanto le istituzioni europee a verificare l’adempimento rigoroso delle suddette condizioni, ma anche delle apposite strutture e i parlamenti dei singoli paesi europei (Patto Sociale n.318). Chissà perché!

    I gravi problemi in Albania sono tanti e allarmanti. Tutti evidenziati anche nelle sopracitate nuove e ormai tredici condizioni. Problemi che riguardano la connivenza della criminalità organizzata con i massimi livelli della politica, la coltivazione e il traffico illecito di stupefacenti, la corruzione diffusa a tutti i livelli ecc. Ma basterebbe riferirsi soltanto a quanto sta accadendo con la riforma del sistema della giustizia in Albania, per capire quanto siano infondate le dichiarazioni “tutto rose e fiori” dei due sopramenzionati alti rappresentanti europei.

    Sbandierata come un successo dal primo ministro e dalla sua ben oleata propaganda governativa e mediatica, la riforma, invece di generare un credibile e autorevole sistema di giustizia, indipendente dalla politica, purtroppo e innevitabilmente, da come è stata concepita e adottata, ha volutamente bloccato il sistema stesso. Attualmente in Albania non funziona più la Corte Costituzionale, mentre la Corte Suprema è al collasso (Patto Sociale n.314). Per non parlare poi, come testimoniato in più occasioni negli ultimi mesi, della ormai controllata Procura della Repubblica da parte del primo ministro. Controllo attuato con la nomina “partigiana” del procuratore generale provvisorio, in palese violazione della Costituzione della Repubblica e delle leggi in vigore. Proprio di quella Costituzione emendata e di quelle leggi approvate nell’ambito della riforma della giustizia. Spesso anche con il “supporto specializzato” dei rappresentanti dell’Unione europea e altri. Che adesso si nascondono, chissà dove, non assumendo le proprie responsabilità. Mentre il danno, anche da loro causato, è grave. Perché l’Albania ormai sta precipitando verso una nuova camuffata dittatura.

    Purtroppo atteggiamenti e dichiarazioni simili a quelle del Commissario per la Politica di Vicinato e i Negoziati per l’Allargamento e del ministro tedesco per gli Affari europei non sono state le uniche negli ultimi anni. Basta pensare e riferirsi alle dichiarazioni pubbliche, sia a Bruxelles che a Tirana, dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Federica Mogherini e, in alcuni occasioni, anche del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Il lettore de “Il Patto Sociale” è stato sempre e a tempo debito informato di tutto ciò.

    Chi scrive queste righe si chiede se certi “europei” riescono a capire veramente la vissuta realtà albanese. Forse non lo capiscono, perché possono non essere informati adeguatamente. O perché possono essere intenzionalmente malinfortati. Comunque sia, la responsabilità è loro. Ma se lo capiscono, allora con il loro operato stanno sacrificando “la piccola Albania” per “determinati altri interessi”. Come è stato fatto anche prima, da un secolo a questa parte. E se così fosse, essi non devono più fare i giusti e gli onesti. Anche perché il loro operato non combacia con i principi dei Padri Fondatori dell’Unione europea. Mentre il danno pesa gravemente sull’Albania. Comunque sia, essi sono e rimangono responsabili, per quello che compete loro.

    Ad ogni modo rimane sempre attuale l’ammonimento di San Matteo: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati. All’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità”.

  • Un buffone non può diventare re

    Chi si aspetta che nel mondo i diavoli vadano in giro con le corna e
    i buffoni coi sonagli, sarà sempre loro preda e il loro zimbello.

    Arthur Schopenhauer

    Il 6 luglio 2018 a Londra, durante la riunione del consiglio dei ministri, la premier britannica Theresa May ha presentato il suo programma della “Linea morbida sulla Brexit”. Programma che era stato pubblicato un giorno prima come “Libro Bianco” (White Paper). Un programma che non poteva essere condiviso e approvato da alcuni importanti membri del suo governo, ben noti come euroscettici.

    Il 9 luglio scorso le agenzie britanniche dell’informazione, e poi tutte le altre, diffondevano due notizie importanti. Di mattina presto veniva pubblicamente confermato che il ministro per la Brexit David Davis aveva rassegnato le sue dimissioni. Nel primo pomeriggio è arrivata l’altra notizia importante, quella delle dimissioni del ministro degli Esteri Boris Johnson. Tutti e due, da tempo, non condividevano il modo con il quale la premier Theresa May voleva trattare i futuri rapporti tra la Gran Bretagna e l’Unione europea.

    Un giorno dopo, e cioè il 10 luglio e sempre a Londra, in una simile scombussolata situazione politica britannica, si è svolto il vertice, ad alto livello, dei rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea e di alcuni Stati dell’Unione, con i rappresentanti dei sei paesi dei Balcani occidentali. Un vertice, nell’ambito di quello che ormai è ufficialmente noto come il Processo di Berlino, per l’allargamento dell’Unione europea con i paesi balcanici. Il momento però, non è stato per niente appropriato. Anche per il semplice fatto che colui il quale doveva dare formalmente il benvenuto agli ospiti, cioè il ministro Johnson, un giorno prima aveva rassegnato le dimissioni. Un fatto, di per se, molto significativo. Sembrava quasi surreale e grottesco parlare di allargamento a Londra. Proprio lì, dove un giorno prima due importanti ministri avevano rassegnato le loro dimissioni perché non credevano più nella bontà dell’Unione europea, nonché nelle sue istituzioni e politiche. Mettendo così in primo piano l’eurosetticismo e offuscando il vero obiettivo del vertice. Il caso ha voluto che si doveva parlare d’allargamento, nell’ambito del Processo di Berlino, proprio nella capitale di uno Stato il quale, a fine marzo 2019, non farà più parte dell’Unione europea, in seguito al referendum del 23 giugno 2016 sulla Brexit. Perché, comunque sia, non si può non pensare ormai che la Gran Bretagna rappresenti più un paese che possa credibilmente sostenere la causa dei Padri Fondatori dell’Unione europea. Sono stati questi significanti simbolismi, che non potevano ispirare per niente ottimismo. Ragion per cui non dovrebbe essere stata sentita bene neanche la premier May, durante il sopracitato vertice, quando dichiarava che “La Gran Bretagna si sta allontanando dall’Unione europea” ma che comunque rispetterà “le responsabilità che ha per i paesi balcanici”.

    Il 13 luglio scorso a Londra è arrivato il presidente statunitense Donald Trump, una visita che non è stata per niente facile e, men che meno, amichevole. Visita durante la quale non sono mancati gli incontri imbarazzanti e le dichiarazioni provocatorie. In un’intervista rilasciata al noto quotidiano britannico “The Sun”, il presidente Trump apprezzava il dimissionario ministro degli Esteri Boris Johnson, convinto che lui “sarebbe un ottimo primo ministro”. Una sfida aperta alla premier May, con la quale si è incontrato in seguito. Ma anche la May non è rimasta a bocca chiusa. Dopo l’incontro con il presidente statunitense, lei, “maliziosamente”, ha rivelato alla BBC: “Mi ha detto che dovrei citare in giudizio l’Unione europea, non negoziare con loro, [ma] denunciarli”.

    Il presidente Trump era arrivato a Londra da Bruxelles, dopo il vertice NATO (11 – 12 luglio). Anche in quel vertice non sono mancate le minacce, le provocazioni e le dichiarazioni “forti”. Alcune delle quali “aggiustate” e “convenzionalmente ammorbidite” in seguito. Come quella del presidente Trump “di uscire dalla NATO” se gli alleati non dovessero rispettare le spese militari richieste dagli Stati Uniti. Secondo l’agenzia Associated Press, Trump avrebbe detto però, in un altro momento, che “gli Alleati della NATO abbiano deciso di aumentare le spese per la difesa oltre i precedenti obiettivi”. Affermazione contraddetta subito dal presidente francese Macron, secondo il quale non c’è stato “nessun accordo sull’aumento delle spese militari”. Per poi arrivare alle posizioni finali degli alleati. Queste sono state soltanto alcune discrepanze e contrarietà verificate e rese pubbliche mentre si svolgeva il vertice NATO a Bruxelles.

    Nello stesso periodo anche il primo ministro albanese, nelle sue vesti istituzionali, era presente in due dei sopracitati vertici. Era presente al vertice di Londra, nell’ambito del Processo di Berlino per l’allargamento dell’Unione europea con i paesi balcanici. Era presente anche al vertice NATO a Bruxelles. Considerando sia il clima in cui sono stati svolti questi vertici, che l’importanza e l’impatto reale sui futuri sviluppi politici e geopolitici nei singoli paesi e a livello internazionale, allora si potrebbe facilmente immaginare la posizione ed il “ruolo” del primo ministro albanese in simili avvenimenti. Sia per il peso dell’Albania nella movimentata schacchiera internazionale, sia per altri, ormai pubblicamente noti motivi, anche a livello internazionale e per niente positivi. Per queste ovvie e comprensibili ragioni il primo ministro albanese si è trovato completamente trascurato da tutti, sia a Londra, che a Bruxelles. Il che per lui rappresenta un’enorme sofferenza. Perché, discreditato ormai in patria, cerca disperatamente “sostegni” internazionali. Non importa come e a quale prezzo. Anche perché le scelte si riducono sempre di più. Mentre la realtà politica e sociale albanese si aggrava ogni giorno che passa, riconoscendo in lui il principale responsabile, con tutte le probabili conseguenze.

    A fatti compiuti, risulterebbe, con ogni probabilità, che l’unico obiettivo della presenza del primo ministro albanese, sia a Londra che a Bruxelles, è stato quello di “strappare” almeno un sorriso e/o, magari, una stretta di mano di quelche “pezzo grosso” internazionale e fissare tutto in qualche fotografia. Poco importava se, così facendo, poteva diventare lo zimbello di tutti. Non a caso, commentando la fotografia ufficiale del sopracitato vertice di Londra, la BBC, con la solita ironia britannica, annotava che “qualcuno aveva dimenticato le scarpe”. Si riferiva alle scarpe da tennis bianche che portava il primo ministro albanese. Poco importava per lui, se per realizzare il suo unico obiettivo, poteva sembrare un mendicante che elemosinava un sorriso, una stretta di mano di passaggio, da immortalare subito in una fotografia. Buffonate del genere si fanno soltanto quando uno si trova in serie difficoltà di sopravvivenza.

    Chi scrive queste righe è convinto che il primo ministro albanese, dopo aver causato tanto male in patria, sta cercando disperatamente di fare il buffone all’estero, per ottenere qualsiasi supporto propagandistico. Egli, condividendo la saggezza popolare, secondo la quale un asino resta sempre un asino anche se lo ricopri d’oro, rimane altresì convinto che un buffone non può diventare re.

  • Dannoso operato di alcuni rappresentanti

    I diplomatici tradiscono tutto, tranne che le loro emozioni.

    Victor Hugo

    Dopo il crollo della dittatura comunista, il ruolo dei rappresentanti diplomatici e delle istituzioni internazionali è stato determinante e di grande importanza. Positivo, quando hanno contribuito alla costituzione di una nuova società democratica e allo sviluppo del paese, negativo, quando hanno fatto il contrario, servendo determinati interessi personali e di gruppi occulti. E lo hanno fatto. Almeno alcuni di loro. Ma non sempre, come è stato in seguito dimostrato, hanno agito in conformità con le politiche e gli obiettivi degli Stati che rappresentavano. Spesso avrebbero agito a titolo personale, seguendo e obbedendo a degli interessi occulti. Soprattutto durante questi ultimi anni.

    In Albania i rappresentanti diplomatici non sempre hanno rispettato quanto prevede e stabilisce la Convenzione di Vienna. Convenzione entrata in vigore il 18 aprile 1961 che, tra l’altro, sancisce i diritti e/o i doveri che determinano e disciplinano le norme del diritto internazionale e l’operato degli stessi rappresentanti diplomatici. E lo hanno fatto perché essi obbedivano a quanto era stato chiesto loro dalle istituzioni e/o da gruppi d’interesse del paese che rappresentavano. Oppure perché, di loro propria iniziativa, avevano assunto una determinata posizione e svolgevano un altrettanto determinato ruolo. Di certo la ”colpa” non è stata tutta loro. Perché c’è stato sempre anche chi chiedeva, ordinava e ricompensava. Perciò la “colpa” è stata ed è tuttora anche e soprattutto di quelli che hanno chiesto e/o permesso che tutto ciò accadesse.

    Alcuni ambasciatori, in determinate e cruciali occasioni, dovevano agire solo e soltanto secondo i loro obblighi istituzionali. Almeno dovevano informare correttamente le istituzioni che rappresentavano delle problematiche realtà albanesi. Ma non lo hanno fatto. Invece, in altre determinate occasioni, dovevano tacere e non assumere attributi che non spettava loro, sempre secondo i loro obblighi istituzionali, e non lo hanno fatto. Hanno scelto di schierarsi a fianco dei rappresentanti del potere politico, primo ministro in testa. Lo hanno fatto anche quando loro avevano del torto marcio e andavano apertamente contro gli interessi dei cittadini e del paese ospitante. Lo hanno fatto, nonostante avessero avuto sempre tutte le necessarie informazioni sulla vera e vissuta realtà. Ma hanno scelto diversamente, incuranti che con le loro dichiarazioni, atteggiamenti e/o atti pubblici potevano aiutare il male. Lo hanno fatto, altalenandosi tra il ruolo di governatore dell’Albania, a quello di portavoce del primo ministro (Patto Sociale n.254; 283; 284; 288; 290; 292; 293 ecc.). Le cattive lingue sono convinte che tutto ciò sia accaduto solo e soltanto in cambio di cospicui benefici materiali e non solo. E come spesso è successo, le cattive lingue hanno avuto l’occhio lungo, sapendo bene quello che hanno detto.

    Una significativa sintesi dei problematici e spesso dannosi atteggiamenti di certi ambasciatori e altri rappresentanti delle istituzioni internazionali, presenti in Albania è stata fatta il 15 dicembre 2017, durante una trasmissione televisiva in prima serata, dall’attuale ambasciatore dell’OSCE in Albania, dall’ottobre 2016. Egli è un buon conoscitore della realtà albanese, essendo stato anche l’ambasciatore della Germania a Tirana nel periodo 2007 – 2010. Facendo mea culpa, l’ambasciatore ha dichairato, tra l’altro, che “È proprio il caso di una riflessione per la comunità internazionale su quello che è andato male in Albania, nel senso della democrazia, perché c’è una percezione, secondo la quale sembra che quando le cose vanno bene è tutto merito degli stranieri, mentre quando vanno male la responsabilità è delle autorià locali”.

    Un significativo caso è quello legato alla massiccia coltivazione della cannabis su tutto il territorio e il traffico illecito della cannabis e di altre droghe pesanti. Una seria ed attuale preoccupazione per diverse agenzie specializzate, sia in Europa che negli Stati Uniti d’America, ma che è stata costantemente e ostinatamente ignorata e negata dall’ambasciatore statunitense e dalla rappresentante dell’Unione europea. Parlando di questa allarmante realtà, il loro collega dell’OSCE, durante la sopracitata intervista, ha dicharato che “C’è stato un prolungato silenzio, mentre il problema pullulava, finché scoppiò”. Per poi proseguire, chiedendosi “Cosa poteva fare meglio la comunità internazionale? Ho regolarmente riflettuto su questa situazione (della cannabis; n.d.a.). Far sapere chiaramente e dall’inizio i problemi è qualcosa che aiuta tutti.[…] Penso che tutti stiamo cercando di trarre delle conclusioni da quello che è ormai successo”.

    Quanto è accaduto in Albania ultimamente dimostra, evidenze alla mano, che alcuni ambasciatori, con il loro operato, si sono comportati come dei veri governatori dell’Albania.  Oltrepassando e ignorando così anche quanto previsto dalla Convenzione di Vienna. Ovvimanente tutto ciò non poteva succedere senza il beneplacito del potere politico locale. Un caso eclatante è stato quello della riforma del sistema di giustizia. Riforma che, nonostante quanto è stato detto e propagandato dal 2016 ad oggi, sia dal primo ministro che dall’ambasciatore statunitense e da quella dell’Unione europea, in realtà ha attualmente bloccato il sistema stesso. Basta riferirsi soltanto all’incapacità, ormai da alcune settimane, della Corte Costituzionale di deliberare (Patto Sociale n.314). Le conseguenze sono già evidenti e molto serie. Ma il vero e grave problema è che ormai il sistema della giustizia viene controllato dal primo ministro. Gli ultimi allarmanti sviluppi in Albania rappresentano delle ulteriori e serie avvisaglie del ritorno ad un sistema totalitario. Tutto ciò grazie anche all’incondizionato appoggio dei sopramenzionati ambasciatori e di alcuni altri rappresentanti delle istituzioni internazionali, subalterni a loro, che dovevano sostenere tecnicamente la riforma.

    Le allarmanti conseguenze di questa situazione si stanno evidenziando chiaramente anche dallo scandalo, tuttora in corso, del Teatro Nazionale (Patto Sociale n.316). Giovedì scorso il Parlamento, con i soli voti della maggioranza governativa, ha approvato una legge speciale, con procedure d’urgenza, in palese contrasto con quanto prevede la Costituzione e le leggi in vigore nella Repubblica d’Albania. Legge che prevede l’abbattimento del Teatro, il passaggio ad un costruttore privato e la costruzione, al posto del Teatro, di alcuni mostri di cemento armato. Una fonte milionaria di profitti corruttivi per chi lo ha ideato e ormai permesso quella legge anticostituzionale. Ma la Corte Costituzionale non può più deliberare. Chissà se per caso?! Mentre gli ambasciatori continuano a non vedere e non sapere niente.

    Chi scrive queste righe è convinto che anche simili dannosi operati, di certi rappresentanti diplomatici, possano agevolare il ritorno ad un regime totalitario in Albania. Tra poco, a fine mandato, i due sopracitati ambasciatori lasceranno l’Albania. Se ne andranno, ma lasceranno dietro non pochi seri problemi, creati anche da loro stessi. Egli non saprà mai però, se e come hanno tradito anche la loro coscienza. Se ne hanno una.

  • Spudorate menzogne sparse come verità

    Un bugiardo è sempre prodigo di giuramenti

    Pierre Corneille

    Se bisogna usare una sola parola per caratterizzare il modo di governare in Albania dal 2013 in poi, quella parola è la menzogna. Mentire in continuazione è stata una scelta obbligata, nell’incapacità di fare altrimenti. Hanno cominciato con le promesse elettorali più di cinque anni fa, per poi proseguire senza sosta. Sempre consapevoli di quello che facevano. Hanno però trascurato un semplice ma fondamentale fatto, come l’esperienza secolare ci insegna. E cioè che se tutto si fonda sulla bugia, sulle false apparenze, allora si devono inventare sempre delle nuove bugie, per giustificare le precedenti. Così facendo si entra in un circolo vizioso, dal quale non se ne può più uscire. Quello che è successo in Albania durante questi ultimi cinque anni ne è un’eloquente conferma. L’ultima testimonianza, quella di questi giorni, riguarda proprio quanto sta accadendo dopo la decisione dei ministri degli Esteri dell’Unione europea, il 26 giugno scorso a Lussemburgo.

    Oltre alle serie preoccupazioni legate allo spinoso problema dei profughi, i ministri dovevano decidere anche sull’allargamento dell’Unione europea con i paesi balcanici. Nel caso dell’Albania era da decidere se aprire o meno i negoziati, come paese candidato, per l’adesione all’Unione. Una decisione che doveva rispettare le posizioni dei singoli paesi, nonché la vissuta realtà albanese. Posizioni che erano divise e rappresentavano due gruppi diversi. L’Olanda, la Danimarca e la Francia erano convintamente contrari all’apertura dei negoziati. Mentre altri paesi ritenevano che aprendo i negoziati, si poteva controllare meglio la situazione, aiutando a risolvere i problemi. La decisione finale sembra sia stata “un compromesso doloroso e sofferto”, tenendo presenti anche altri problemi intrinseci attuali dell’Unione e dei singoli paesi membri. Germania compresa.

    Ma nonostante le divergenze, i ministri degli Esteri dell’Unione sembra siano stati concordi sul fatto che l’Albania non abbia esaudito ancora le condizioni preposte dalle istituzioni europee. Alla fine, la decisione per l’Albania non è stata quella tanto ambita e sbandierata dal primo ministro albanese, e cioè non è stata decisa l’apertura immediata e senza condizioni dei negoziati. Non è stata prestabilita neanche una data concreta. E comunque non si deciderà prima del Consiglio europeo del dicembre 2019 e soltanto dopo attente verifiche dell’adempimento di tutte le condizioni poste. Ma adesso le condizioni non sono più cinque come prima, ma bensì tredici! Anche questo fatto è, di per se, molto significativo. Con un primo comunicato ufficiale via Twitter è stato reso noto che l’Albania “ha bisogno di ulteriore progresso con la riforma della giustizia, la lotta contro la corruzione, [e] la criminalità organizzata” (Albania: Further progress on judicial reform, fight against corruption, organized crime needed.#EUenlargement #Enlargement).

    Chissà come si sono sentiti anche alcuni alti rappresentanti della Commissione europea. Proprio quelli che, non avendo constatato quanto sopra, gioivano il 17 aprile scorso, insieme con il primo ministro albanese. Perché avevano raccomandato al Consiglio europeo “l’apertura immediata e senza condizioni” dei negoziati con l’Albania!

    Nel documento ufficiale reso pubblico dopo la riunione del 26 giugno scorso dei ministri degli Esteri dell’Unione, i paragrafi 45–54 riguardavano l’Albania. Oltre a quanto sopracitato, è stato stabilito anche che “La decisione per l’apertura dei negoziati con l’Albania verrà sottoposta [anche] alle procedure parlamentarie nazionali”. Cioè alla votazione nei parlamenti dei singoli paesi dell’Unione. Una novità questa, mai adottata prima, come espressione della gravità della situazione. Soltanto dopo il parere positivo dei parlamenti nazionali e dopo l’approvazione del Consiglio europeo, secondo il sopracitato documento ufficiale “si proseguirà con una prima conferenza intergovernativa, a seconda dei progressi attuati”. Progressi che riguarderanno, d’ora in poi, l’adempimento di tredici condizioni, invece di cinque. Sono delle condizioni dettagliate, che riguardano la lotta contro la corruzione, la criminalità organizzata, la coltivazione e il traffico illecito delle droghe. Ci sono addirittura sette condizioni sulla riforma della giustizia, nonché condizioni sullo Stato del diritto e sulla riforma elettorale.

    In realtà, durante il vertice del Consiglio europeo a Bruxelles (28–29 giungo scorso), non è stato discusso l’allargamento dell’Unione, come lo dimostrava anche l’agenda pubblicata sul sito ufficiale. Perciò, in questo caso, sono state semplicemente adottate le decisioni prese dai ministri degli Esteri dell’Unione a Lussemburgo, il 26 giugno 2018.

    Decisioni che hanno messo in grande imbarazzo il primo ministro albanese. Proprio lui che aveva considerato l’apertura immediata e senza nessuna condizione dei negoziati una cosa fatta. E come suo solito, anche in questo caso, ha scelto di mentire, di manipolare la verità. Lui e la sua ben organizzata propaganda, arrampicandosi sugli specchi, hanno cercato, e lo stanno facendo tuttora, di “ammorbidire” l’effetto della decisione presa il 26 giugno scorso a Lussemburgo. Il primo ministro e i suoi stanno tentando adesso di far passare come un successo proprio il contrario di quello che sostenevano fortemente fino ad alcuni giorni fa. Bel coraggio e bella faccia tosta! Aveva ragione Corneille: un bugiardo è sempre prodigo di giuramenti.

    Adesso stanno cercando di manipolare la verità, seguendo due line propagandistiche parallele. La prima, leggendo e commentando diversamente quanto è stato scritto nel sopracitato documento ufficiale. La seconda, cercando di dare la colpa agli altri, “nemici interni e stranieri”, per aver condizionato la decisione presa. E cioè la decisione contraria a quella ambita e desiderata fortemente dal primo ministro albanese. Ma sono talmente disorientati e in difficoltà che non si preoccupano, o non riescono a capire la palese contraddizione logica tra le loro dichiarazioni. Perché o la decisione dei ministri degli Esteri dell’Unione “è stata un successo”, come sostiene il primo ministro, oppure quella decisione “è un fallimento per il governo albanese”, causata da “interventi minatori”. O l’una o l’altra. Ma non tutte e due insieme. Nel frattempo non hanno smentito le aspettative neanche le dichiarazioni di certi ambasciatori in Albania, da tempo sostenitori, e spesso anche portavoce, del primo ministro. La saggezza umana ci insegna però, che è molto difficile per un colpevole ammettere la sua colpa.

    Chi scrive queste righe è stato sempre convinto che non si potevano e, soprattutto, non si dovevano aprire adesso, in queste condizioni, i negoziati per l’Albania come paese candidato all’adesione nell’Unione europea. Il lettore de “Il Patto Sociale” ne è testimone. Egli è altresì convinto che l’attuale governo albanese non potrà mai esaudire le nuove, aumentate e molto severe condizioni poste il 26 giugno scorso a Lussemburgo dai ministri degli Esteri dell’Unione europea. L’adesione, quando sarà, dovrà essere soltanto per meriti e per nient’altro! Non si potrà mai aderire nell’Unione con delle spudorate menzogne sparse come verità.

  • In attesa della decisione del Consiglio europeo

    È in ballo anche la casa tua, se brucia la casa del vicino

    Orazio

    Tra il 28 e il 29 giugno, durante il vertice dei capi di Stato e di governo dei Paesi dell’Unione europea, si deciderà, tra l’altro, anche sull’Albania. Il Consiglio europeo valuterà le raccomandazioni della Commissione europea, dell’aprile scorso, sull’apertura dei negoziati dell’Albania come Paese candidato all’adesione nell’Unione europea. Con ogni probabilità la decisione non sarà quella che sta cercando di avere il primo ministro albanese, costi quel che costi. Lui è consapevole che in gioco potrebbe esserci, questa volta, il suo futuro politico e non solo. Perciò è pronto a dare tutto e tutti per avere una decisione positiva dal Consiglio europeo. Ma le probabilità che questo accada sono tutt’altro che ottimistiche.

    Si sapeva già delle opinioni critiche e refrattarie della Francia, dell’Olanda, della Danimarca e della Germania, ma durante la scorsa settimana si è passati dalle opinioni ai fatti compiuti.

    Il Parlamento olandese, in grande maggioranza, ha votato il 21 giugno scorso contro l’apertura dei negoziati per l’Albania. La ragione di una simile decisione, è che “L’Albania non ha esaudito le cinque condizioni (poste da alcuni anni dalle istituzioni europee; n,d,a,)”. Inoltre, i rappresentanti olandesi sono convinti che “Non ci sono dati esatti sulla criminalità organizzata” e “Ci sono problemi con i dati della lotta contro la corruzione”. Il ministro degli Esteri olandese ha dichiarato per il quotidiano “De Telegraaf” di avere “serie preoccupazioni legate alla lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata”.

    La Francia è tra i Paesi contrari all’apertura dei negoziati con l’Albania. Secondo autorevoli media internazionali, il presidente Macron è convinto che la questione dell’allargamento dell’Unione europea non debba essere per niente discusso prima delle elezioni europee del 2019. Oltre ai problemi creati dall’Albania e che preoccupano l’Olanda e altri Paesi europei, la Francia sta affrontando anche un flusso continuo di richiedenti asilo albanesi. Una realtà che non ha potuto cambiarla neanche il ministro francese degli Interni, con i suoi diretti interventi ufficiali.

    Della stessa linea sembrerebbe essere anche la Germania. Ma, forse, con un’impostazione diversa. E cioè dell’appertura dei negoziati, ma con delle condizioni aumentate e senza una data precisa. Da fonti mediatiche e diplomatiche, risulterebbe che il Bundestag tedesco abbia deciso di imporrere all’Albania, oltre alle cinque ormai note condizioni, anche altre, divise in due fasi. E questa volta tutto sotto un severo controllo, non solo dalla Commissione europea, ma anche dalle stesse istituzioni tedesche. E quando il Bundestag sarà convinto che l’Albania abbia rispettato tutte le nuove condizioni poste, soltanto allora deciderà di proseguire con la verifica dell’adempimento delle altre cinque condizioni, per poi esprimersi sull’apertura dei negoziati. Questa decisione del Bundestag, con ogni probabilità e senza cambiamenti dell’ultima ora, verrà espressa dalla cancelliera Merkel durante il sopracitato Consiglio europeo. Un’inedita scelta, questa tedesca per l’Albania, mai addoperata per un altro Paese che aspirava ad aderire all’Unione europea.

    Nel frattempo, domenica scorsa, il presidente della Commissione europea ha convocato a Bruxelles una riunione informale dei massimi rappresentanti, di soltanto 16, tra i 28 Paesi membri attuali dell’Unione. Il tema delle discussioni è stato quello dei profughi provenienti dalla Siria e da altri Paesi dell’Africa e del Medio Oriente. Le discussioni continueranno anche durante il vertice del Consiglio europeo, il 28 e il 29 giugno prossimo. Si tratta di una questione spinosa e che deve trovare, quanto prima, una soluzione convincente e di lunga durata. Soluzione che, ovviamente, dovrebbe tenere presente sia il rispetto dei diritti umani dei profughi che i diritti e gli obblighi prestabiliti dei Paesi membri dell’Unione sui profughi.

    Da alcune settimane in Albania si sta parlando di un progetto per aprire dei campi profughi sul territorio. La reazione dell’opinione pubblica è stata immediata e refrattaria. All’inizio si era parlato di una richiesta fatta dal cancelliere austriaco al primo ministro albanese, durante un loro incontro ufficiale a Vienna. Poi, in seguito, si era detto che la stessa richiesta era stata fatta anche dalla Germania. Del progetto aveva parlato il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Secondo la rivista tedesca “Der Spiegel” lui condivide e appoggia il progetto dell’apertura dei centri per i profughi in Albania. Per la rivista, l’Unione europea potrebbe fare in Albania quello che l’Australia ha fatto per i profughi nell’Isola Papua Nuova Guinea. Secondo “Der Spiegel”, un simile progetto potrebbe risolvere anche i forti contrasti tra la cancelliera Merkel e il suo ministro degli Interni. Contrasti che riguardano proprio i profughi.

    Ma sembra che la verità sulla paternità della richiesta di aprire, sul territorio albanese, dei centri per i profughi, sia ben diversa. Lo ha rivelato, il 23 giugno scorso, un esponente del partiro della Merkel, durante un’intervista per l’agenzia tedesca “Deutsche Welle”. Secondo il deputato la proposta è stata fatta proprio dal governo albanese!

    Durante tutto questo periodo in cui si sta parlando di questo progetto, il primo ministro albanese ha costantemente negato tutto. Lo ha fatto anche un giorno dopo la sopracitata notizia riportata dalla “Deutsche Welle”, considerandola una “Fake news”. Ma chi conosce il modo di agire del primo ministro, per il quale mentire è normalità, sa che la verità potrebbe essere proprio quella riportata della ”Deutsche Welle”. Non a caso, alcuni giorni fa, il sottosegretario albanese degli Interni ha dichiarato per la television tedesca ZDF, che “L’Albania ha delle capacità di accogliere fino a 600.000 profughi”. Da sottolineare che l’Albania ha meno di 3 milioni di abitanti! Perciò è ovvio che l’Albania non può raccogliere i rifugiati che non possono mantenere i Paesi dell’Unione europea. Per varie, ben note e fondate ragioni.

    Nel frattempo l’Albania, da alcuni anni, è tra i primi Paesi per il numero dei richiedenti asilo nei Paesi europei. Lo sanno bene in Francia e altrove. Perciò l’Albania non potrà mai e poi mai dare, di punto in bianco, delle garanzie per gestire i profughi. Si tratta semplicemente di un altro, l’ennesimo, inganno del primo ministro con il solo scopo di mantenere il potere. Perciò attenzione! Come mai si può affidare all’Albania il compito di aprire e gestire i campi dei profughi? Ci sarebbero anche tante altre cose da analizzare, ma lo spazio non lo permette.

    Comunque, chi scrive queste righe pensa che l’apertura dei campi profughi in Albania, in cambio di “qualche favore” per il primo ministro, in grosse difficoltà, possa danneggiare sia l’Albania, che gli stessi Paesi europei. L’Italia per prima. Perché, con ogni probabilità, i traffici dei clandestini riprenderanno di nuovo, e con più vigore, tra le coste albanesi e quelle italiane. Come accadeva venti anni fa. Perciò non trattare l’Albania come se fosse la pattumiera dell’Europa. Perché, come scriveva Orazio, è in ballo anche la casa tua, se brucia la casa del vicino.

  • Il tempo è dei farabutti ma….

    Il teatro resiste come un divino anacronismo

    Orson Welles

    La scorsa settimana in Albania è stata resa pubblicamente nota la decisione di passare in Parlamento una legge speciale, solo con i voti della maggioranza governativa. Legge che permetterebbe l’attuazione di un progetto di speculazione edilizia in pieno centro a Tirana. Si tratterebbe di un’idea fissa dell’attuale primo ministro, espressa pubblicamente e tentata da quanto lui era ministro della Cultura, nel 1998 e in seguito, ma sempre contestata e bloccata. Adesso, da primo ministro, ci sta provando di nuovo, con più arroganza e determinazione.

    Si tratta di un progetto che prevede la demolizione del Teatro Nazionale e dell’appropriazione illecita dell’area pubblica circostante, per poi costruire alcune altissime torri di cemento armato in pienissimo centro della capitale.Siamo davanti, perciò, ad un affare speculativo edilizio che comporterebbe profitti finanziari elevatissimi. Le cattive lingue parlano di riciclaggio di denaro sporco proveniente dai traffici illeciti, aumentati paurosamente in questi ultimi anni. E forse le cattive lingue possono aver ragione, come è accaduto spesso ultimamente in Albania. Lo confermerebbero anche diversi e autorevoli rapporti di altrettante istituzioni specializzate internazionali, che elencano l’Albania tra i primi Paesi nel mondo per riciclaggio del denaro sporco. Lo rivelava anche un’indagine della nota agenzia Euronews nel dicembre scorso, dalla qualle risultava che l’Albania era al primo posto in Europa!

    Tornando al sopracitato progetto, dopo i precedenti fallimenti per attuare la sua diabolica idea, questa volta il primo ministro ha scelto un altro percorso. Per essere sicuro nella sua impresa e scavalcare i tanti palesi e insormontabili ostacoli legali, lui ha trovato la soluzione della legge speciale. Proprio di quel tipo di leggi che, come prevede la Costituzione, si adoperano soltanto in casi eccezionali, come conflitti armati, invasioni e altre determinate e previste emergenze. L’Albania non è in guerra con nessun altro Paese. Avrebbe dovuto, invece, dichiarare guerra a tanti mali interni che lo stanno divorando. Ma non lo ha fatto, anzi! In Albania non si sta affrontando alcuna emergenza, dovuta a cause naturali e/o di altro genere. Si stanno evidenziando però e purtoppo, da alcuni anni, altri tipi di emergenze e nessuno sta muovendo un dito per arginarle. Si tratta della diffusione capilare della corruzione, della paurosa crescita delle attività della criminalità organizzata, del continuo impoverimento reale della popolazione, del problematico aumento del numero dei richiedenti asilo all’estero ecc. In una simile e grave situazione, si propone però una legge speciale per la demolizione del Teatro Nazionale e per passare tutta l’area ad un privato prescelto dal primo ministro per costruire dei grattacieli in pieno centro della capitale. I guadagni, secondo i calcoli resi pubblici dagli specialisti, sarebbero enormi. Molti giuristi e opinionisti sono convinti che si tratta di una proposta di legge del tutto anticostituzionale, totalmente clientelistica e corruttiva. In più, una simile proposta potrebbe rappresentare un pericolosissimo precedente. Anche perché l’approvazione in tutta fretta e l’uso delle leggi speciali, nell’attuale realtà albanese significano semplicemente legalizzare, cioè tutelare legalmente, la galoppante e capillare corruzione governativa, ormai ben nota anche internazionalmente. In questo modo si garantisce l’incolumità penale di tutti coloro che, d’ora in poi, si possono appropriare ingiustamente e clientelisticamente delle proprietà pubbliche, sormontando ogni precedente ostacolo costituzionale e legale.

    Di fronte ad una simile ed allarmante situazione, i primi a reagire sono stati i diretti interessati, cioè gli artisti. Tutto iniziò quattro mesi fa, quando è stata resa pubblica la diabolica intenzione di demolire il Teatro Nazionale. Allora non si sapeva ancora tutto ciò che si sa adesso. Ma quello bastava e avanzava per avviare una nuova e legitima battaglia. La battaglia tra gli artisti e il primo ministro pittore, affiancato, come facciata, dai suoi sottomessi sostenitori; il ministro della cultura, il sindaco della capitale e altri “crumiri” dalla comunità artistica. Infatti questa battaglia è, in sintesi, parte integrante della vera battaglia, che si sta svolgendo dal 2013 in Albania, e cioè la sacrosanta battaglia per la difesa della democrazia e dello Stato legale, contro la corruzione e la criminalità organizzata.

    La misera scusa del primo ministro e dei suoi ubbedienti sostenitori pubblici è la mancanza dei fondi pubblici per finanziare la ricostruzione dell’edificio del Teatro Nazionale. Misera e ridicola scusa, perché durante questi ultimi anni sono stati ricostruiti molti edifici pubblici, anche se, spesso, non si presentava il bisogno. Ci è voluto, però, poco tempo per evidenziare che si trattava semplicemente di una grande speculazione edilizia e finanziaria, mai trasparente e con molti ben fondati sospetti di abusi finanziari con il denaro pubblico. Sono stati buttati in aria milioni per decorazioni, palme esotiche comprese, marcite poco dopo essere state piantate. Ma non sono stati mai trovati, volutamente, dei modesti finanziamenti pubblici, per ricostruire l’edificio del Teatro Nazionale. E neanche per costruire delle nuove sale, perché ormai Tirana ha bisogno non di uno, ma di diversi teatri, sparsi in diversi luoghi della capitale.

    Bisogna sottolineare che il Teatro Nazionale non è semplicemente un edificio e basta. Il Teatro Nazionale rappresenta la storia della nascita e dell’evoluzione di tutte le arti sceniche in Albania. Quell’edificio, progettato da noti architetti italiani a fine anni ’30 del secolo passato, dal 1945 in poi è stata la culla di tutte le scuole artistiche albanesi. Lì hanno debuttato l’orchestra filarmonica, il circo e il teatrino delle marionette. Il Teatro rappresenta, però, anche un importante aspetto umano, spirituale ed emozionale, non solo per gli attori e altri che hanno lavorato lì, ma per tante altre persone di diverse generazioni. Il Teatro è parte integrante della storia della capitale, dichiarata come tale soltanto nel 1920. Perciò abbattendo quell’edificio, si abbattono, si distrugono e si perdono per sempre tutti questi valori. Semplicemente per far guadagnare miliardi ad alcunti farabutti.

    Da venerdì scorso, gli artisti, appoggiati da cittadini consapevoli, si radunano ogni sera per protestare contro il progetto del primo ministro, che mira alla demolizione del Teatro Nazionale e alla costruzione, al suo posto, di mostri di cemento armato in pieno centro della capitale.

    Chi scrive queste righe è convinto che anche la scelta del tempo non è stata casuale. Il campionato mondiale di calcio attira l’attenzione del pubblico. L’estate è alle porte, ma soprattutto con la sopracitata legge speciale non si può contestare più presso la Corte Costituzionale, perché da qualche settimana è incapace di deliberare. Il primo ministro ha ormai le mani libere per realizzare il suo diabolico piano.

    Nel frattempo vibrano in aria, fanno riflettere ed emozionano le parole di uno tra i più noti attori albanesi viventi, durante uno dei raduni di protesta pacifica degli artisti. “Il tempo è dei farabutti, ma l’Albania è degli albanesi!”.

  • Dove si va di questo passo?

    L’illegalità è come una piovra che non si vede: sta nascosta, sommersa,
    ma con i suoi tentacoli afferra e avvelena, inquinando e facendo tanto male.

    Papa Francesco

    Il 26 agosto 1789, in Francia, veniva approvata dall’Assemblea Nazionale Costituente la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino. L’articolo 16 della Dichiarazione sanciva che “Ogni società, in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri stabilita, non ha una costituzione”.

    Il principio base di ogni democrazia costituzionale, secondo il barone di Montesquieu, è la separazione dei poteri. Lo aveva trattato nel suo libro “Lo spirito delle leggi” già nel 1748. Secondo Montesquieu, le tre funzioni fondamentali dello Stato, e cioè la funzione legislativa, quella esecutiva e la funzione giuridica, debbono essere affidate a delle istituzioni diverse. Istituzioni che si devono rapportare ognuna con le altre, basandosi sulla reciproca indipendenza. Montesquieu era convinto che solo così si poteva evitare qualsiasi minaccia alla libertà.

    Il 4 giugno scorso la Corte dei Conti albanese (la sua esatta nominazione è l’Alto Controllo dello Stato; n.d.a.) ha presentato la sua strategia per il periodo 2018 – 2022. Durante quell’attività era presente anche il presidente del Parlamento. Lui, purtroppo, rappresenta nel migliore dei modi anche la continuità del regime comunista nell’attuale governo e maggioranza parlamentare. Essendo stato l’ultimo ministro degli Interni durante la dittatura, lui sembrerebbe abbia anche molti scheletri nell’armadio (Patto Sociale n.278). Ultimamente hanno attirato l’attenzione alcune strane esortazioni e dichiarazioni pubbliche. Le sue non nascoste e pubblicamente espresse nostalgie per il regime comunista, il modo in cui conduce e gestisce le plenarie, le accuse all’Olanda sulle droghe, sono soltanto alcune.

    L’ultima, il 4 giugno scorso, durante la sopracitata attività della Corte dei Conti. Il presidente del Parlamento ha dichiarato la sua convinzione, secondo la quale “Il Parlamento […] realizzerà la verifica dei conti finanziari della Corte dei Conti e farà tutto in pubblico’. Aggiungendo poi che “in questo modo risolveremmo il dilemma ‘chi vigila i guardiani’ e garantiremmo la Costituzione, la legge e i cittadini che la Corte dei Conti sia, a sua volta, un’istituzione da loro controllata”! Perché secondo il presidente del Parlamento, e riferendosi all’attività della Corte dei Conti “nessuno è perfetto […] Il governare del popolo, con il popolo e per il popolo si garantisce, prima di tutto, tramite il controllo parlamentare e la verifica finanziaria della sua attività”!

    Il presidente del Parlamento ha dimostrato così, pubblicamente, di avere un grave e intrinseco problema. Lui, impregnato della mentalità della dittatura comunista, non riconosce il principio base di ogni democrazia costituzionale, formulato da Montesquieu, e cioè quello della separazione dei poteri e dell’indipendenza delle istituzioni rappresentative. Il contenuto di queste dichiarazioni urta palesemente con quanto prevede la stessa Costituzione albanese. Il suo articolo 162, riferendosi alla Corte dei Conti, non lascia spazio a nessun equivoco. L’articolo sancisce che “La Corte dei Conti è la più alta istituzione del controllo economico e finanziario [dello Stato]. Essa si sottomette soltanto alla Costituzione e alle leggi”. Il che significa che il Parlamento, secondo la Costituzione, non ha nessun potere di controllo e/o di qualsiasi altro tipo sulla Corte dei Conti, che si sottopone, a sua volta, soltanto alle leggi che ne derivano dalla Costituzione. Sempre dalla Costituzione si sanciscono anche le istituzioni che controllano e vegliano sul rispetto delle leggi. Di certo il Parlamento non ha però nessun obbligo e/o diritto istituzionale di vegliare sul rispetto, da parte di altre istituzioni indipendenti, delle leggi deliberate del Parlamento, rappresentante soltanto del potere legislativo. E basta! La Costituzione prevede e sancisce anche quali siano le istituzioni indipendenti nella Repubblica d’Albania. E per la Costituzione, essere indipendente significa chiaramente che tali istituzioni non debbano avere nessuna dipendenza dagli altri due poteri (esecutivo e giuridico) e neanche dal potere politico. Perché la Costituzione non prevede, in nessun suo articolo, che la Corte dei Conti si possa “sottomettere alla volontà della maggioranza governativa”. Volontà espressa, con le sue sopramenzionate dichiarazioni, dal presidente del Parlamento, quale rappresentante di quella maggioranza. Da sottolineare che, da alcuni anni, nei rapporti ufficiali della Corte dei Conti sono stati evidenziati molti scandali e abusi clamorosi in vari ministeri e/o istituzioni statali e dell’amministrazione pubblica. Valida ragione, perciò, per “mettere sotto controllo” anche la Corte dei Conti. Su “Il Patto Sociale” della scorsa settimana (n.314) l’autore di queste righe trattava l’incapacità, da qualche settimana, della Corte Costituzionale albanese di deliberare. Nel frattempo anche la Corte Suprema si trova bloccata nella sua attività. Adesso si tenta di “mettere sotto controllo” anche la Corte dei Conti. Dove si va di questo passo?!

    Durante la scorsa settimana è stato denunciato un altro fatto grave. Si tratta dell’accordo tra l’Albania e la Grecia per il confine marino. Un accordo del tutto non trasparente, da parte delle autorità albanesi (Patto Sociale n. 297; 301). La gravità di questo scandalo la svela e la conferma anche una dichiarazione del ministro greco della Difesa del 6 giugno scorso. Lui affermava che la Grecia sta vivendo un “…importante momento storico della storia della nazione”. Lui è altresì convinto che “molto presto” allargheranno le loro acque territoriali, [avranno] “il riconoscimento delle aree economiche esclusive, lo sfruttamento delle risorse sottomarine e il Paese entrerà in una nuova epoca”. Se risultasse tutto vero, per le autorità albanesi si tratterebbe addirittura d’un atto di alto tradimento, come previsto e definito dalla Costituzione e dalle leggi in vigore.

    Sempre durante la scorsa settimana il primo ministro bulgaro, in visita a Tirana, ha dichiarato che “in Albania verrà aperto un Centro di Coordinamento per i combattenti dell’ISIS che rientranno”. Si tratterebbe di un progetto di cui si sta parlando nelle cancellerie europee, come ha fatto sapere anche il noto quotidiano francese “Le Monde”. La reazione pubblica in Albania è stata immediata, mentre manca, come sempre in questi casi, la trasparenza da chi di dovere. Lo scandalo è tuttora in corso e ormai nessuno può fare lo struzzo.

    Chi scrive queste righe, la scorsa settimana, dalle pagine de “Il Patto Sociale” si domandava: “Nel malaugurato caso l’Albania, per volere del presidente, del primo ministro e/o di chi di dovere, possa essere orientata verso un conflitto armato o un qualsiasi altro atto che potrebbe rappresentare alto tradimento, chi lo può stabilire? Perché la Corte Costituzionale non funziona più!”. Forse si sta verificando almeno uno. Egli è altresì convinto che l’Albania, di questo passo, sta andando verso un nuovo regime. Perciò anche la reazione dei cittadini e di chi di dovere deve essere immediata, massiccia e decisa. Perché se no, gli albanesi saranno costretti a rivivere il loro recente passato.

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