Albania

  • Misere bugie per nascondere clamorosi abusi quotidiani ed altro

    Il pastore cerca sempre di convincere il gregge che

    gli interessi delle pecore ed il proprio sono gli stessi.

    Stendhal

    Ormai le notizie sui continui e clamorosi abusi del bene pubblico in Albania sono diventate una “normalità” quotidiana. Il che, di per sé, da una parte serve per conoscere la verità. Ma quando i casi di abuso, resi pubblici, sono veramente tanti, inevitabilmente tali abusi si sovrappongono e non lasciano tempo neanche per riflettere. Si tratta di abusi che, da anni, stanno svuotando in un modo allarmante e pericoloso le casse dello Stato. E tutto ciò in uno dei Paesi più poveri dell’Europa. Ma, fatti accaduti, documentati, testimonianti e pubblicamente denunciati alla mano, il primo ministro, colui che in base alla Costituzione della Repubblica d’Albania e delle leggi in vigore, dovrebbe essere proprio la persona che ha l’obbligo istituzionale di gestire, di proteggere e di aumentare il bene pubblico, è invece il primo che ne trae vantaggi e ne beneficia tramite continui abusi del potere ormai usurpato. Abusi messi in atto con la sua piena consapevolezza, sia da lui direttamente, che dai suoi “collaboratori”. Il nostro lettore, da anni ormai, è stato spesso informato di una simile, grave, preoccupante, pericolosa, vissuta e sofferta realtà albanese. Sono numerosi gli scandali milionari, che stanno depauperando le già povere casse del denaro pubblico.

    Il nostro lettore è stato informato dello scandalo spaventoso, noto come lo scandalo degli inceneritori (Misere bugie ed ingannevoli messinscene che accusano, 4 aprile 2022; Corruzione scandalosa e clamoroso abuso di potere, 19 luglio 2022; Un regime totalitario corrotto e malavitoso, 13 agosto 2022; Sono semplicemente seguaci del modello abusivo dei superiori, 16 gennaio 2023; Governo che funziona come un gruppo criminale ben strutturato, 17 luglio 2023; Inganna per non ammettere che è il maggior responsabile, 24 luglio 2023; Continua ad ingannare per coprire una grave e scandalosa realtà, 31 luglio 2023 ecc…). Si tratta di uno scandalo avviato già dal 2014, per poi diventare sempre più clamoroso, inghiottendo sempre più milioni. Si tratta di uno scandalo, quello degli inceneritori, che per attuarlo, il Consiglio dei ministri, solo in un giorno, il 16 dicembre 2014, ha chiesto il parere delle diciassette diverse istituzioni governative responsabili ed ha, altresì avuto la loro approvazione per avviare il progetto degli inceneritori. Una simile procedura così celere, con ogni probabilità dovrebbe essere senza nessun paragone, riferendosi a la maggior parte dei Paesi del mondo. Alcuni mesi fa l’autore di queste righe scriveva: “Era il 16 dicembre 2014. Si stava preparando tutto per dare il nullaosta alla firma del contratto tra il governo albanese ed una società che doveva costruire ed operare il primo dei tre inceneritori. Ebbene, si è trattato di una procedura “estremamente veloce”. Si, perché nello stesso giorno sono state avviate presso 17 ministeri ed istituzioni governative le richieste previste dalla legge, per avere in seguito le opinioni ufficiali da parte degli stessi ministeri ed istituzioni governative. Normalmente la risposta arriva entro alcune settimane. Grazie a quella procedura “estremamente veloce” però tutte le 17 risposte ufficiali sono arrivate lo stesso giorno, il 16 dicembre 2017, all’ufficio del segretario generale del Consiglio dei ministri, l’eminenza grigia del primo ministro. In quel 16 dicembre 2014 è stata svolta la gara d’appalto con una sola società interessata. Mentre il periodo delle probabili contestazioni, previsto dalla legge, è stato ridotto da sette giorni a un solo, il 16 dicembre 2014. Tutto in violazione della legge! Lo stesso giorno è stata preparata la bozza del contratto. Bozza che poi, lo stesso giorno e dopo aver avuto le sopracitate 17 risposte, è stata presentata come il testo del contratto vero e proprio. Testo che è stato poi presentato l’indomani, il 17 dicembre 2014 alla riunione del Consiglio dei ministri che lo ha approvato!”. Alcuni mesi fa l’autore di queste righe scriveva: “…La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato degli ultimi sviluppi di uno dei più abusivi e clamorosi scandali tuttora in corso in Albania. Si tratta di quello che, da alcuni anni, è noto come lo scandalo dei tre inceneritori. Uno scandalo tramite il quale coloro che lo hanno ideato e messo in atto hanno abusato dei soldi pubblici. Da una provvisoria valutazione finanziaria risulterebbero sperperati milioni in uno dei Paesi più poveri dell’Europa. Ma, dati e fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, risulta che tutti e tre gli inceneritori non sono in funzione. Mentre per quello della capitale, nonostante non sia stato mai costruito, si pagano dei milioni, come se stesse bruciando i rifiuti. Invece sta “bruciando” tantissimi soldi pubblici ogni giorno” (Inganna per non ammettere che è il maggior responsabile, 24 luglio 2023).

    Sono state tante le denunce fatte riguardo allo scandalo degli inceneritori. Denunce, accompagnate da molti dati, documenti ufficiali, nonché da valutazioni di vario tipo fatte da specialisti, che sono state depositate anche presso le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia. E visto che si tratta di uno scandalo in cui sono stati coinvolti i massimi rappresentanti politici, primo ministro e sindaco della capitale compresi, quelle denunce sono state depositate presso la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata. Si tratta di denunce molto dettagliate che potevano facilitare molto anche il lavoro delle persone incaricate a seguire il caso. Una Struttura quella Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata che è il “vanto” del primo ministro, della sua propaganda governativa, ma anche dei “rappresentanti internazionali”. Una Struttura che ha proprio il compito istituzionale di indagare tutti i rappresentanti politici e statali, nel caso siano accusati di corruzione e di abuso di potere. E lo scandalo degli inceneritori è un clamoroso simile caso. Ma, fatti accaduti alla mano, la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata ha ubbidito agli ordini che arrivano, a tempo debito, direttamente dal primo ministro e/o che chi per lui. Uno scandalo quello degli inceneritori, di cui nuovi dati e fatti sono stati resi pubblici anche in questi ultimi giorni. Dati e fatti, anche questi, che coinvolgono direttamente e personalmente il primo ministro, il sindaco della capitale, il segretario generale del Consiglio dei ministri ed altri loro collaboratori.

    Ma magari lo scandalo degli inceneritori fosse l’unico scandalo reso pubblico in Albania. Nelle ultime settimane sono stati resi noti altri dati e fatti che riguardano alcuni altri scandali clamorosi nel settore della sanità pubblica. Si tratta di scandali che rappresentano delle procedure del tutto abusive, clientelistiche, illegali e che violano palesemente ed inconfutabilmente le leggi in vigore. Si tratta di scandali milionari che hanno privato i poveri cittadini albanesi dei servizi sanitari di prima necessità. Servizi vitali che loro non possono permettersi, finanziariamente, per averli nelle strutture private. Si tratta di scandali che da molti anni ormai stanno arricchendo gli amici sia del primo  ministro che di alcuni ministri della Sanità. Tra i più noti e clamorosi ci sono lo scandalo del controllo sanitario, conosciuto come il servizio “Check up”, e quello degli sterilizzatori. Si tratta di scandali legati a delle “giustificazioni” secondo le quali il servizio sanitario pubblico non era in grado di adempiere determinate attività ospedaliere. Niente di vero! Si, perché quei servizi, come è stato dimostrato in seguito, erano quotidianamente operativi. Non solo, ma in realtà, fatti accaduti e documentati alla mano, i “vincitori” predefiniti e predestinati degli appalti abusivi e clientelistici, gli amici dell’allora ministro della Sanità, a sua volta stretto amico del primo ministro, hanno usato proprio le strutture statali, il personale qualificato per svolgere quelle attività, nonché tutte le facilitazioni come gli ambienti, l’elettricità, l’acqua ecc.. Ma sono costati però alle casse dello Stato molto, ma molto di più. Milioni dei quali hanno ampiamente beneficiato, ovviamente, coloro che hanno permesso simili appalti scandalosi e penalmente condannabili. Tutti e due, sia quello del servizio “Check up”, che quello degli sterilizzatori, sono degli scandali milionari che continuano a vuotare le casse dello Stato. Si tratta di scandali che, guarda caso, da quando sono stati resi pubblicamente noti, sono stati difesi a “spada tratta” personalmente dal primo ministro. Il quale, con la sua nota ed irritante arroganza, accompagnato dal suo linguaggio coatto e da certe messinscene propagandistiche, ha cercato di “ridicolirizzare” i casi denunciati. Ma ha cercato, altresì, anche di colpevolizzare il governo precedente per tutte le sue “mancanze” e le “inadempienze” nel campo della sanità pubblica. Era proprio il primo ministro che in uno studio televisivo, da buon commediante, si era presentato con delle forbici rotte e con una sola manica e con dei bisturi arrugginiti. Una messinscena per dimostrare e accusare come si facevano prima gli interventi chirurgici. Ma semplicemente una misera messinscena per spostare l’attenzione pubblica dall’eco degli scandali nel sistema della sanità pubblica. Adesso, durante questi ultimi giorni, da quando nuovi dati relativi a quegli scandali sono stati resi noti, il primo ministro tace, non ha detto nessuna parola. Come lui fa sempre quando si trova in difficoltà. E lui si sta trovando sempre più in serie difficoltà. Scandali, soprattutto quello degli sterilizzatori, che stanno attirando di nuovo in questi ultimi giorni, l’attenzione pubblica con nuovi e eclatanti fatti che colpevolizzano proprio lui, il primo ministro ed i suoi amici, che hanno approfittato e continuano a farlo, con i soldi pubblici di uno dei Paesi più poveri in tutta Europa. Mentre molti albanesi non riescono a curarsi e, non di rado, pagano con la vita l’avidità di coloro che abusano del potere e si arricchiscono con i soldi pubblici, in palese violazione di tutte le leggi in vigore. Anche in questo caso le prove ci sono e sono anche depositate presso le strutture del sistema “riformato” della giustizia. Ma la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, anche in questo caso, non osa indagare il principale responsabile, il primo ministro. Mentre sta cercando, con tutti i modi, di proteggere il suo amico, l’ex ministro della Sanità.

    Un altro scandalo che ha denunciato da alcuni mesi pubblicamente la galoppante corruzione e l’abuso di potere dei massimi rappresentanti politici e governativi, partendo dal primo ministro, è quello dei fondi europei IPARD II e IPARD III per lo sviluppo delle aree rurali (IPARD – Instrument for Pre-Accession Assistance and Rural Development – Lo Strumento di assistenza pre-adesione per lo sviluppo rurale; n.d.a.). Ebbene, dalle indagini svolte da una struttura specializzata come OLAF(European Anti-Fraud Office – l’Ufficio europeo per la lotta antifrode; n.d.a.), risulta che ci sono stati abusi e distribuzione corruttiva dei fondi europei IPARD. Il che ha costretto la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale a sospendere tutti i finanziamenti nell’ambito dei programmi IPARD per l’Albania. Il nostro lettore è stato informato di tutto ciò (Abusi anche con i finanziamenti europei; 19 settembre 2023).

    Questi sopracitati non sono però gli unici scandali milionari, espressione diretta e inconfutabile di un clamoroso abuso del potere, da parte del primo ministro e dei suoi collaboratori. Ci sono anche tanti altri. Ma, come suo solito lui, il primo ministro, cerca di imbrogliare con delle bugie e delle dichiarazioni ingannevoli, per sfuggire alle accuse pubbliche che lo additano pubblicamente, fatti documentati alla mano, come il maggiore responsabile dei tanti scandali milionari. Lui sta usando anche la Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata per far credere che le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia stanno funzionando (Sic!).

    Chi scrive queste righe è convinto che quelle del primo ministro sono delle misere bugie per nascondere tanti clamorosi abusi del potere che lo coinvolgono personalmente. Abusi e scandali che coinvolgono anche suoi stretti famigliari e collaboratori. Mentre lui somiglia al pastore che, come scriveva Stedhal, cerca sempre di convincere il gregge che gli interessi delle pecore ed il proprio sono gli stessi. Invece sono gli albanesi che stanno soffrendo gli abusi del primo ministro.

  • Un autocrate irresponsabile ed altri che ne approfittano

    L’abuso è il contrassegno del possesso e del potere.

    Paul Valéry, da “Quaderni”

    La scorsa settimana l’autore di queste righe informava il nostro lettore sull’accordo, tra l’Italia e l’Albania, sui migranti. Un accordo firmato a Roma, nel pomeriggio del 6 novembre scorso, dai due primi ministri dei rispettivi Paesi. I due, negli ultimi mesi, hanno affermato pubblicamente la loro “amicizia”, nonostante, politicamente parlando, appartengano a due schieramenti politici ed ideologici molto diversi. La Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia appartiene ad un partito di destra ed è anche la Presidente del Partito europeo dei Conservatori e dei Riformisti. Invece, sulla carta, il primo ministro albanese è il dirigente del partito socialista albanese, costituito nel giugno 1991, dopo il crollo della dittatura comunista. Un partito discendente diretto del partito comunista albanese! La Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia, oltre ad essere stata dirigente di alcuni movimenti giovanili di centro destra e di destra, è anche una dei tre promotori del partito “Fratelli d’Italia”, costituito nel 2012 e del quale lei è presidente dal marzo 2014. Un partito nato più di un anno prima della scissione del raggruppamento politico “Popolo della Libertà”, nel quale svolgevano le loro attività politiche i tre fondatori del partito “Fratelli d’Italia”. Ragion per cui la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha fatto sua l’ideologia del conservatorismo, dell’identità e della cultura nazionale.

    Mentre il suo “amico”, il primo ministro albanese, nonostante diriga dal 2005 il partito socialista albanese, che è anche membro del gruppo dei socialdemocratici e progressisti del Parlamento europeo, ha dimostrato di non avere fatta sua, a fatti e non a parole, l’ideologia dei socialisti europei. Fatti accaduti alla mano, il primo ministro albanese risulta non avere però fatta sua l’ideologia della sinistra europea. Lui non ha una sua ideologia politica. Lui, quando gli serve si presenta come un socialista convinto. Ma, se ne ha bisogno, “coccola’ i comunisti nostalgici. E lo ha fatto non di rado. Come ha anche presentato delle “iniziative” centriste e anche oltre. Il primo ministro albanese aveva dichiarato, per motivi di propaganda elettorale, già circa quindici anni fa, di non essere né di sinistra e né di destra, bensì di essere “oltre la sinistra e la destra”. Una scelta con la quale voleva apparire come sostenitore delle tesi ideologiche del movimento noto come la “Terza via”. Un movimento che aveva fatto suo lo schieramento tra il neoliberalismo e la socialdemocrazia. E non a caso, dal 2013, e cioè da quando ha avuto il suo primo mandato alla guida del governo albanese, lui ha scelto come suo “amico e consigliere speciale” proprio l’ex premier britannico, uno tra i più noti sostenitori del movimento della “Terza via”. E non a caso, anche da prima, lui è stato tra i “beniamini” ed ha avuto sempre il supporto di un noto multimiliardario e speculatore di borsa di oltreoceano. Il primo ministro albanese è stato ispirato in quanto ha fatto, ma soprattutto in quello che sta facendo ultimamente, anche dal dittatore comunista albanese, scegliendolo come uno dei suoi “dirigenti spirituali”! Ma, fatti accaduti e documentati alla mano, il primo ministro albanese non ha altra ideologia che quella degli “interessi”, soprattutto quelli materiali. E lui fa di tutto per raggiungere i suoi interessi. Da sempre è, altresì, preda del suo narcisismo e/o del suo egotismo. Il primo ministro albanese può allearsi con tutti coloro che gli somigliano, dando così ragione alla saggezza secolare dell’essere umano, concentrata nel noto detto latino similes cum similibus congregantur (I simili si accompagnano con i propri simili; n.d.a.). Il primo ministro gestisce un clan occulto che non ha niente a che fare con un partito politico. Lui non dirige il partito socialista albanese e perciò, men che meno, rappresenta l’ideologia dei socialisti europei. Lui usa e beneficia politicamente di quello che ormai si chiama il partito socialista albanese. Lui sì, sempre fatti accaduti, documentati, testimoniati e denunciati alla mano, da anni ormai collabora strettamente con la criminalità organizzata e con determinati raggruppamenti occulti internazionali. Insieme a loro, il primo ministro albanese, gestisce la nuova dittatura sui generis restaurata da alcuni anni in Albania. Una dittatura in continuo consolidamento, di cui in nostro lettore è stato informato spesso e con la dovuta e richiesta oggettività.

    Ebbene, nonostante la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ed il suo “amico”, il primo ministro albanese sono ben distanti, come schieramento politico, loro però da alcuni mesi ormai si intendono a vicenda. Ma anche passano alcuni giorni di gioiose ed “utili” vacanze estive insieme. Il nostro lettore è stato informato del fatto che la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia, insieme con la sua famiglia, è stata ospite del primo ministro albanese in riva al mare Ionio dal 14 al 17 agosto scorso. Hanno passato insieme anche il Ferragosto. L’autore di queste righe scriveva che “….All’inizio della scorsa settimana la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha interrotto le sue vacanze in Puglia per andare in “visita privata” in Albania, ospite del suo “amico” il primo ministro albanese. Insieme con la sua famiglia hanno lasciato la masseria di Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, alla vigilia di Ferragosto, per andare ospiti dal nuovo “amico” albanese”. E poi egli aggiungeva : “…guarda caso, proprio nello stesso periodo, ospiti del primo ministro albanese erano anche l’ex primo ministro dell Regno Unito, Tony Blair, con sua moglie. Non si sa però se è stato un caso che due attuali primi ministri ed un ex primo ministro si trovassero nello stesso periodo e nello stesso posto, nella residenza governativa in riva alle coste ioniche dell’Albania”. Il nostro lettore è stato informato anche delle lusinghe dell’anfitrione nei confronti della sua illustre ospite. “Proprio il 12 agosto scorso, due giorni prima dell’arrivo della sua omologa italiana, la “tigre”, la sua “sorella Giorgia”, il primo ministro albanese ha dichiarato ad un media italiano che “nella scena internazionale Giorgia ha sorpreso tutti e alla grande, direi, perché si aspettavano un mostro fascista che avrebbe marciato sull’Europa e si sono trovati davanti una donna con una abilità mostruosa nel comunicare da grande europeista, senza sbagliarne una”. Il primo ministro albanese ha poi aggiunto, da buon leccapiedi qual è, che “Giorgia è incredibile. Possiamo dire che è nata un’amicizia. Ma soprattutto, che lei è una politica concreta, altro che pericolo fascista”. L’autore di queste righe informava, altresì, il nostro lettore che “…non è mancata neanche la risposta della sua illustre ospite che, dopo il ritorno in Italia, ha scritto: “Grazie per avermi ospitata nella vostra terra e per la calorosa accoglienza ricevuta Edi. Ti aspetto in Italia!” (Una visita dall’‘amico’ autocrate che doveva essere evitata; 23 agosto 2023).

    Da quanto hanno poi dichiarato in seguito, la scorsa settimana, sia la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia che il primo ministro albanese, durante quei giorni di vacanze comuni, è stato concordato anche l’accordo sui migranti. Proprio quell’accordo che è stato firmato tra i due il 6 novembre scorso a Roma. L’autore di queste righe scriveva la scorsa settimana per il nostro lettore che: “…Secondo quell’accordo l’Italia potrà beneficiare dei territori in Albania per organizzare e gestire due campi dove arriveranno circa 36.000 profughi all’anno per almeno cinque anni! Profughi di quelli che l’Italia non vuole e/o può tenere. Si tratta di quei profughi che le massime autorità italiane, soprattutto il primo ministro, non sono state in grado di distribuire negli altri Paesi membri dell’Unione europea. Profughi che l’Italia non ha potuto, nonostante un accordo firmato recentemente con la Tunisia, fermare per arrivare sulle coste italiane”. Chissà perché? Ed in seguito aggiungeva che fortunatamente la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia “…ha un “caro amico” in Albania, il primo ministro albanese. Lui ha firmato subito il sopracitato accordo. Lui, un irresponsabile autocrate ha accettato la proposta. Mentre l’omologa italiana ha potuto, almeno sulla carta, curare gli interessi del suo Paese” (Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi; 14 novembre 2023).

    L’accordo firmato il 6 novembre scorso dalla Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ed il suo omologo albanese è stato reso pubblico in seguito. Ci sono state subito delle forti reazioni, sia in Italia che in Albania. In più è risultato che di quell’accordo le istituzioni dell’Unione europea, di cui l’Italia è uno dei sei primi membri fondatori, sono state informate soltanto poche ore prima della sottoscrizione. Mentre in Albania nessuno, tranne qualche stretto collaboratore del primo ministro, era stato informato. Ovviamente il primo ministro albanese aveva violato la Costituzione della Repubblica d’Albania, con la sua totale mancanza di trasparenza e le mancate consultazioni istituzionali, prima che venisse firmato l’accordo come sancisce la Costituzione. Perché si tratta di un accordo che prevede anche la messa a disposizione dei territori albanesi all’Italia. Ma questo modo di agire del primo ministro albanese, da anni ormai, è diventato una “cosa normale”!

    L’accordo tra l’Italia e l’Albania sui migranti, sintetizzato in un Protocollo d’intesa di quattordici articoli, è valido per cinque anni, rinnovabili di altri cinque, se necessario. In base all’accordo, nel territorio albanese verranno allestiti due campi dove saranno sistemati i profughi. È stato previsto e sancito che il diritto di difesa verrà assicurato da avvocati, organizzazioni internazionali e strutture specializzate dell’Unione europea che avranno libero accesso nei campi e che potranno prestare la necessaria consulenza ed assistenza ai migranti che possano aver bisogno di chiedere protezione internazionale, nei limiti della legislazione italiana, europea ed albanese. L’accordo sancisce anche che i due campi verranno gestiti dall’Italia, in base alle leggi e le normative italiane ed europee. Mentre nel caso di controversie sarà valida solo la legislazione italiana in vigore. In quell’accordo si sanciscono anche altre prerogative particolari. Per la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia, il sopracitato accordo sui migranti può diventare …un modello di collaborazione tra Paesi Ue e Paesi extra-Ue sul fronte della gestione dei flussi migratori”. Lei ha affermato, l’indomani della firma dell’accordo, che si tratta di un’intesa “…che rafforza il partenariato strategico tra Italia e Albania e si pone sostanzialmente tre obiettivi: contrastare il traffico di esseri umani, prevenire i flussi migratori irregolari e accogliere in Europa solo chi ha davvero diritto alla protezione internazionale”. Il primo ministro albanese, invece, ha considerato l’accordo come un atto dovuto, dopo quello che l’Italia ha fatto per i profughi albanesi nel 1991. Proprio lui che solo due anni fa, ed esattamente il 18 novembre 2021, dichiarava convinto e perentorio che “L’Albania non sarà mai un Paese dove paesi molto ricchi possano creare campi per i loro rifugiati. Mai!”.

    Leggendo però il testo del Protocollo d’intesa, risulterebbe che ci sono diverse serie violazioni delle leggi in vigore nei due rispettivi Paesi firmatari, delle normative dell’Unione europea, nonché delle convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo e dei migranti. Si tratta di violazioni che vengono evidenziate da molti noti specialisti di giurisprudenza, sia in Italia che in Albania. Violazioni che sono state evidenziate, altresì, da specialisti di giurisprudenza di altri Paesi e da alcuni rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea. Anche la decisione della scorsa settimana, presa dalla Corte Suprema del Regno Unito contro la decisione del governo britannico sul trasferimento dei profughi in Ruanda, ne è un’altra conferma di simili violazioni.

    Chi scrive queste righe è convinto che il comportamento del primo ministro albanese e le decisioni da lui prese senza la minima obbligatoria trasparenza, sono tipiche di un autocrate irresponsabile. Mentre altri ne approfittano per risolvere le loro problematiche, dopo aver fallito in precedenza con diversi Paesi, compresi alcuni dell’Unione europea. Aveva ragione Paul Valéry, l’abuso è il contrassegno del possesso e del potere. Ed il primo ministro albanese ne ha usurpato tanto di potere.

  • Un autocrate irresponsabile e altri che seguono i propri interessi

    Le virtù si perdono nell’interesse come i fiumi si perdono nel mare.

    François de La Rochefoucauld

    La fine degli anni ’50 del secolo passato è stato un periodo contrassegnato da duri scontri armati a Cuba. Un periodo noto anche come la rivoluzione cubana, durante il quale il movimento marxista, noto come il Movimento del 26 luglio e guidato dai fratelli Fidel e Raul Castro e da Ernesto Che Guevara, cominciò lo scontro armato con il regime di Fulgencio Batista. Un regime quello di Batista, fortemente appoggiato dagli Stati Uniti d’America, visto che a Cuba erano attive diverse loro compagnie multinazionali. Ma anche per contrastare le influenze e la presenza dell’Unione Sovietica nell’isola caraibica. Dopo circa sei anni, finalmente l’8 gennaio 1959, mentre il dittatore Batista nel frattempo era fuggito dall’isola, portando con se anche una grande ricchezza monetaria, i barbudos, i rivoluzionari con la barba, i castristi, entrarono ad Avana. Quello che accadeva in quel periodo a Cuba ha generato non poche preoccupazioni negli Stati Uniti d’America. Si, perché, oltre agli interessi economici e finanziari, dopo aver appoggiato prima Batista, gli Stati Uniti hanno cercato di stabilire buoni rapporti anche con i dirigenti del Movimento del 26 luglio. Anzi, gli statunitensi si stavano preparando ad organizzare un intervento proprio per rovesciare Batista, dopo dei colloqui anche con i castristi. Tutto però rimase solo un progetto non realizzato. Non solo ma, come si dice, oltre la beffa anche l’inganno. Si, perchè i castristi si misero subito sotto l’influenza degli avversari, a scala mondiale, degli Stati Uniti. L’Unione Sovietica allargò le sue aree d’influenza anche ai confini degli Stati Uniti, grazie alla nuova e stabile alleanza con il Movimento del 26 luglio guidato da Fidel Castro.

    Era il 2005 quando nelle sale, prima negli Stati Uniti d’America e poi in Europa, uscì il film The Lost City (Città perduta, citato anche come Avana, città perduta; n.d.a.). Era la prima volta che il noto attore di origine cubana, Andy Garcia, faceva anche il regista. Ed aveva scelto di trattare proprio il periodo dal 1958 e fino alla sostituzione della dittatura di Batista con un’altra dittatura, quella marxista di Fidel Castro. Il personaggio principale Fico Fellove, interpretato dallo stesso Andy Garcia, era il proprietario di un locale notturno molto frequentato ad Avana. Lui e i suoi due fratelli erano cresciuti in una nota e stimata famiglia. Ma mentre i due suoi fratelli erano diventati attivisti, uno del Movimento castrista del 26 luglio e l’altro del partito democratico, Fico si oppone alle varie frazioni comuniste dell’opposizione. The Lost City è un film che, con i suoi personaggi e con quello che essi affrontavano in quel periodo, cerca di portare allo spettatore quello che i cubani hanno vissuto sotto le due dittature. Fico Fellove era uno di loro. Nel film The Lost City si intrecciano anche i sentimenti dei personaggi. Il rapporto di Fico con Aurora, vedova di uno dei suoi fratelli, che aveva perso la vita durante la rivoluzione, rappresenta una colonna importante del film, in tutte le sue dimensioni. Si perché loro due si amavano veramente, ma si sentivano liberi di avere e difendere le proprie convinzioni. E Aurora, come il suo defunto marito, era una sostenitrice del Movimento castrista. Fico sente però il peso della nuova dittatura anche nella gestione del suo locale notturno, un’attività non ben vista dal regime castrista. Poi, in seguito alle statalizzazioni delle attività e delle proprietà private, Fico è stato costretto a chiudere il suo locale ed a decidere di emigrare negli Stati Uniti d’America. È stata una decisione dura e molto difficile, dovendo lasciare sia i suoi stimati genitori, la sua Avana e anche Aurora, la donna che amava. Ma non aveva altre scelte. Una volta negli Stati Uniti, Fico cominciò a lavorare in un locale dove faceva tutte le pulizie. E proprio in quel locale è andata a trovarlo Aurora, che era arrivata a New York con la delegazione cubana per partecipare ad un convegno dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Loro due si incontrano e si vede la loro grande sofferenza causata dalla forzata separazione. Ma tutti e due avevano fatto le proprie scelte, che andavano oltre i sentimenti. E in una delle ultime scene del film, prima che Aurora andasse via, alla sua preghiera di ritornare ad Avana, Fico rispose, sofferente ma convinto: “Non posso essere fedele a una causa persa, ma posso esserlo a una città perduta”. Con la “causa persa” intendeva le aspettative deluse dai castristi, perché lui non poteva mai e poi mai appoggiare una nuova dittatura dopo quella di Batista. Mentre ne era convinto che sarebbe stato sempre fedele alla “città perduta”, ad Avana.

    Essere costretti a lasciare la propria famiglia, i propri cari e quel poco che si possiede, a lasciare la città, il paese dove sei nato e hai vissuto, dove hai amici e persone care, non è per niente facile. Anzi, è un dramma umano. Ma anche vivere sotto il giogo delle dittature è molto difficile e anche insopportabile. Ragion per cui milioni di persone, in diverse parti del mondo, sono stati, sono e saranno sempre costretti a lasciare tutto e scappare. Scappare spesso verso un paese del tutto sconosciuto, verso l’incognito. Scappare con la speranza, ma non con la certezza, anzi, di trovare quello che manca in patria. Partendo da quelle poche ma basilari cose, come il diritto di vivere libero, il diritto della libertà di espressione dei propri pensieri e delle proprie convinzioni, il diritto del lavoro, che dà alla persona, oltre ai mezzi di sostenimento, anche la dignità. Lasciare tutto perché si perde anche quel minimo di speranza di avere una vita migliore in patria.

    È proprio quello che spinge milioni di persone ad emigrare. Dalla notte dei tempi e in ogni parte del mondo. Ma in questi ultimi decenni, della sofferenza umana, dei profughi, ci sono anche coloro che ne approfittano. Ci sono varie organizzazioni della criminalità organizzata e dei clan occulti, che spesso si presentano come organizzazioni di beneficenza, che sfruttano quella sofferenza per guadagnare miliardi. Organizzazioni che collaborano e si coordinano tra loro e che in alcuni paesi godono anche delle coperture statali.

    Quanto sta accadendo da molti anni ormai con i profughi che scappano dalle guerre nei loro paesi natali, dagli sfruttamenti di vario genere, ne è una palese testimonianza. Quanto sta accadendo da anni ormai con i profughi provenienti da vari Paesi in Africa ed in Asia, dalla Siria, dall’Iraq, dall’Afghanistan ed altri ancora dimostra la crudeltà e la spietatezza degli sfruttatori. Ma dimostra anche l’ipocrisia dei “grandi del mondo” che, come dice il proverbio, predicano bene ma razzolano male. Un’ipocrisia quella, fatti accaduti e che stanno accadendo alla mano, dimostrata e verificata in diverse occasioni, che delude, offende  e deteriora la situazione. Quanto sta accadendo da molti anni ormai con  i grandi flussi dei profughi che scappano ne dimostra perciò anche la gravità e la pericolosità del comportamento indegno dei “grandi del mondo”. Ma purtroppo alcuni di loro hanno fatto dell’ipocrisia e della demagogia un ben esercitato mestiere. Chissà perché?!

    Da alcuni anni ormai, e soprattutto dopo il periodo noto come la primavera araba, i flussi migratori sono aumentati sensibilmente. E le ragioni sono ovvie. Guerre e conflitti armati. Sono stati non pochi i Paesi coinvolti, soprattutto tra il 2010 e 2011. Paesi del nord Africa, ma anche altri Paesi africani e del Golfo Persico. Un flusso che continua massiccio anche attualmente. Anzi adesso molto più intenso e ben provocato dagli sfruttatori. Si tratta di profughi disperati, uomini, donne e bambini, che dietro pagamenti che sono ormai stabiliti, sia come somme che come modi di attuazione, dietro garanzie che obbligano. Profughi che partono soprattutto dalle coste libiche, tunisine, siriane, ma non solo, con delle piccole e fatiscenti imbarcazioni. Profughi che non di rado partono ma purtroppo non riescono ad arrivare a destinazione. Sono migliaia coloro, compresi donne e bambini, spesso anche non accompagnati, che hanno perso la vita durante quei pericolosi attraversamenti. Basta fare riferimento a quanto è purtroppo accaduto ripetutamente sia nelle coste italiane di Lampedusa che in quelle calabresi e siciliane. Una vera e propria, una continua tragedia umana. Una tragedia, di fronte alla quale non si sta trovando ancora una soluzione istituzionale, accettabile, duratura, che rispetta le convenzioni internazionali dei diriti dell’uomo e degli emigrati. Una soluzione che impedisce lo sfruttamento delle persone e che garantisce la loro dignità. Purtroppo quanto sta accadendo da anni con il grave problema dei profughi e dei richiedenti asilo, testimonia ancora anche l’incapacità delle istituzioni internazionali comprese quelle dell’Unione europea, nonché dei massimi rappresentanti dei singoli Stati occidentali a coordirarsi, concordarsi e prendere finalmente le giuste e durature decisioni. Per poi anche rispettare le decisioni prese.

    Ma oltre ai Paesi del nord Africa, del medio e vicino Oriente, del Golfo Persico e dell’Asia, negli ultimi anni si sta verificando anche un vistoso e preoccupante aumento del numero di coloro che scappano dall’Albania. Un fenomeno quello, ripreso dopo molti anni, soprattutto dal 2015 in poi. Un fenomeno ripreso, purtroppo, in un modo veramente allarmante. Il nostro lettore è stato spesso informato di questa vera, vissuta e veramente sofferta realtà (Accade in Albania, 7 settembre 2015; Crescente spopolamento come sciagura nazionale, 10 febbraio 2020; Un nuovo e più preoccupante esodo, 16 marzo 2021; Similitudini tra l’Afghanistan e l’Albania, 30 agosto 2021; ecc…). Esattamente un anno fa, riferendosi proprio ai tanti albanesi che, con il pericolo di perdere la propria vita, cercavano di arrivare nel Regno Unito, l’autore di queste righe scriveva: “…dai dati risulta che durante i primi sei mesi di quest’anno nel Regno Unito sono arrivati 2165 albanesi, 2066 afghani, 1723 iraniani, 1573 iracheni, 1041 siriani, 850 eritrei, 460 sudanesi, 305 egiziani, 279 vietnamiti e 198 kuwaitiani. I numeri parlano da soli e meglio di qualsiasi commento!” (Scontri diplomatici e governativi sui migranti; 14 novembre 2022).

    Lunedì scorso, il 6 novembre, a Roma è stato firmato, dai rispettivi primi ministri, un accordo tra l’Italia e l’Albania. Secondo quell’accordo l’Italia potrà beneficiare dei territori in Albania per organizzare e gestire due campi dove arriveranno circa 36.000 profughi all’anno per almeno cinque anni! Profughi di quelli che l’Italia non vuole e/o può tenere. Si tratta di quei profughi che le massime autorità italiane, soprattutto il primo ministro, non sono state in grado di distribuire negli altri Paesi membri dell’Unione europea. Profughi che l’Italia non ha potuto, nonostante un accordo firmato recentemente con la Tunisia, fermare ad arrivare nelle coste italiane. Ma per fortuna il primo ministro italiano ha un “caro amico” in Albania, il primo ministro albanese. Lui ha firmato subito il sopracitato accordo. Lui, un irresponsabile autocrate ha accettato la proposta. Mentre l’omologa italiana ha potuto, almeno sulla carta, curare gli interessi del suo Paese. Durante tutta questa settimana ci sono state molte reazioni critiche all’accordo sia in Italia che in Albania. Si tratta di reazioni che si riferiscono alla violazione delle convenzioni internazionali e alle normative dell’Unione europea. Ma ci sono finalmente evidenziate anche l’irresponsabilità e l’inafidabilità del primo ministro albanese. Una tra tante altre, fatta venerdì scorso da un noto comico italiano, durante un suo programma televisivo, “Fratelli di Crozza”. Farebbe bene il primo ministro italiano a trovare e vedere quel programma. Potrebbe servire a lei per conoscere, se ancora non lo sa, chi è veramente il suo “caro amico”, il primo ministro albanese. Prima che se ne deludesse.

    Chi scrive queste righe continuerà a seguire questo argomento ed informare il nostro lettore già dalla prossima settimana. Egli, nel suo piccolo, rispetta ovviamente i diritti dei profughi, ma anche quanto è previsto dalle convenzioni internazionali. Ma egli pensa che gli interessi non devono mai costringere, chicchessia,  ad ignorare le proprie virtù, ovviamente se ne ha tali. Non si deve mai permettere che, come scriveva François de La Rochefoucauld, le virtù si perdono nell’interesse come i fiumi si perdono nel mare.

  • Anche il sistema della giustizia a servizio del regime

    Una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica

    Montesquieu, dal libro ‘Spirito delle leggi’ (1748)

    Durante questi ultimi anni l’autore di queste righe ha fatto spesso riferimento al principio della separazione dei poteri. Un principio che si basa sulla necessità di garantire la sovranità dello Stato e che individua tre poteri, i quali devono essere sempre attivi e ben indipendenti uno dall’altro, proprio per non permettere abusi di potere che danneggerebbero il normale funzionamento di uno Stato democratico. Il principio della separazione dei poteri era già noto dall’antichità, sia in Grecia che, in seguito, anche nella Roma antica. Un principio trattato da Platone, nella sua nota opera “La Repubblica” e da Aristotele, nella sua opera “La Politica”. Un principio che venne adottato anche nella Costituzione della Roma antica. Ma un trattamento dettagliato del principio della separazione dei poteri in uno Stato democratico è stato fatto secoli dopo. Prima da John Locke, nella sua opera “Due trattati sul governo”, pubblicata nel 1690. In seguito Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu, dopo un lungo e impegnativo lavoro, durato per ben quattordici anni, pubblicò  nel 1748 un insieme di trentuno libri, raccolti in due volumi ed intitolato “Spirito delle leggi” (De l’esprit des lois; n.d.a.). Un vero e proprio trattato del pensiero politico e giudiziario del Settecento che è attuale anche adesso. Montesquieu evidenziava e definiva i tre poteri che dovevano essere divisi ed indipendenti; il potere legislativo, il potere esecutivo ed il potere giudiziario. Il principio della separazione dei poteri, tra l’altro, serve per identificare se un’organizzazione statale, in un determinato Paese, è quella democratica, oppure si tratta di una delle diverse forme di un regime dittatoriale. Ovviamente Montesquieu, quando ha scritto la sua opera prendeva in considerazione l’organizzazione statale di quel tempo, tenendo presente soprattutto l’organizzazione statale nel Regno Unito e la sua Costituzione. Perciò affermava che il potere legislativo “…verrà affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sarà scelto per rappresentare il popolo”. Invece, per quanto riguarda il potere esecutivo “…deve essere nelle mani d’un monarca, perché questa parte del governo, che ha bisogno quasi sempre d’una azione istantanea, è amministrata meglio da uno che da parecchi”. Mentre, riferendosi al potere giudiziario, Montesquieu ribadiva che doveva essere rappresentato ed esercitato da “…giudici tratti temporaneamente dal popolo”. Il potere giudiziario dovrebbe, altresì, “…essere sottoposto solo alla legge, di cui deve riprodurre alla lettera i contenuti”. Secondo lui il potere giudiziario, doveva essere “la bouche de la lois” (la bocca della legge; n.d.a.). L’autore di queste righe, analizzando e trattando per il nostro lettore il principio della separazione dei poteri, evidenziava anche la convinzione di Montesquieu, secondo la quale “…Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti […]. Perché non si possa abusare del potere occorre che […] il potere arresti il potere”. Perciò Montesquieu ribadiva che era indispensabile sia l’esistenza che la separazione dei tre poteri: il legislativo, l’esecutivo e quello giudiziario. E spiegava anche il perché. Secondo lui “In base al primo di questi poteri, il principe o il magistrato fa delle leggi, per sempre o per qualche tempo, e corregge o abroga quelle esistenti. In base al secondo, fa la pace o la guerra, invia o riceve delle ambascerie, stabilisce la sicurezza, previene le invasioni. In base al terzo, punisce i delitti o giudica le liti dei privati”. Sottolineando che Montesquieu ne era altresì convinto che “…una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica” (Un regime totalitario corrotto e malavitoso; 13 agosto 2022).

    Quando sta accadendo in questi ultimi anni in Albania, fatti alla mano, tra l’altro e purtroppo testimonia palesemente ed inconfutabilmente anche la consapevole violazione del principio della separazione dei poteri. Un principio sul quale si basano anche alcuni articoli della Costituzione della Repubblica d’Albania. Quanto sta accadendo anche in questi ultimi giorni testimonia palesemente ed inconfutabilmente che in Albania, ogni giorno che passa, si sta consolidando perciò e sempre di più un pericoloso regime dittatoriale. Pericoloso, non solo perché è un regime oppressivo, come tutti i regimi dittatoriali. Pericoloso non solo perché è camuffato da una parvenza, da una fasulla facciata pluripartitica, ma soprattutto pericoloso proprio perché, fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, testimoniano che il regime ormai attivamente operativo in Albania rappresenta una ben pericolosa alleanza. Si tratta di un’alleanza tra il potere politico, rappresentato dal primo ministro, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali. E soprattutto uno di questi raggruppamenti di oltreoceano è molto attivo non solo in Albania, ma in molte altre parti del mondo. Un raggruppamento che finanzia ingenti somme di denaro con lo scopo di promuovere la cosiddetta “Società aperta”, per poi controllare quanto più possibile. Uno dei principali obiettivi di quell’organizzazione/raggruppamento occulto presente ed attiva in varie parti del mondo, dove investe centinaia di milioni per “beneficenza”, è anche il controllo delle varie istituzioni dei sistemi della giustizia. Sia negli Stati Uniti d’America, dove ha la sede base quell’organizzazione, sia in molti altri Paesi ovunque nel mondo. Compresa anche l’Albania. E in Albania quel raggruppamento occulto appoggia palesemente da anni l’attuale primo ministro, una persona accuratamente scelta precedentemente e poi promossa e sostenuta. Non a caso la filiale albanese di quell’organizzazione della “Società aperta” ha ideato e poi scritto la riforma del sistema della giustizia. Una riforma approvata, in seguito, con tutti i voti dei deputati del parlamento albanese il 17 luglio 2016. Una riforma che è il “vanto” del primo ministro albanese. Una riforma di cui si vantano pubblicamente anche i suoi veri ideatori, i rappresentanti di quell’organizzazione/raggruppamento occulto che è anche una parte attiva dell’alleanza pericolosa che gestisce, abusa ed approfitta del regime dittatoriale operativo da qualche anno in Albania. Una “riforma” quella del sistema della giustizia, che però fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, da quanto è stata approvata dal parlamento, ha permesso al primo ministro albanese, di controllare personalmente e/o da chi per lui, tutte le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia. Il nostro lettore è stato informato spesso e a tempo debito anche di tutto ciò.

    La vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese è ben diversa da quella che cerca inutilmente di nascondere il primo ministro albanese e la sua potente e ben organizzata propaganda. La vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese è ben diversa anche da quella che, non di rado, presentano con ipocrisia certi alti rappresentanti delle istituzioni internazionali, soprattutto quelle dell’Unione europea. Ma anche da alcuni alti rappresentanti istituzionali di singoli Stati membri dell’Unione. La vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese dimostra in modo inequivocabile anche il voluto ed, in seguito, attuato annientamento di tutto quello che stabilisce il principio della separazione dei poteri, maestosamente presentato da Montesquieu, già dal 1748! La vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese rappresenta perciò anche una convincente testimonianza del consolidamento del regime dittatoriale sui generis, istituito ormai da qualche anno in Albania.

    Una diretta testimonianza del ben ideato e altrettanto ben attuato fallimento della “riforma” del sistema della giustizia in Albania è stata resa pubblicamente nota la scorsa settimana dal rapporto ufficiale per il 2023, dell’organizzazione World Justice Project (Progetto mondiale della giustizia; n.d.a.). Un’organizzazione fondata nel 2006 negli Stati Uniti d’America con la partecipazione ed il sostegno attivo di ben ventuno partner strategici internazionali. L’obiettivo dell’organizzazione è quello di garantire il rafforzamento dello Stato di diritto a livello mondiale. E per raggiungere un simile obiettivo, dal 2009 l’organizzazione World Justice Project ha attivato anche un apposito strumento, noto come The World Justice Project Rule of Law Index (Indice dello Stato di diritto del Progetto mondiale della giustizia; n.d.a.). Ogni anno, grazie a questo strumento, si ottengono dati che riguardano otto distinti aspetti sullo Stato di diritto in 142 Paesi diversi del mondo, che sono soggetti dello studio. I dati si riferiscono a tutti gli otto distinti aspetti dello studio che sono: il potere limitato del governo, l’assenza di corruzione, l’ordine e la sicurezza, i diritti fondamentali, il governo aperto [che garantisce la trasparenza e la qualità dell’informazione], il rafforzamento [dell’applicazione] delle normative, la giustizia civile e la giustizia penale. Questi otto oggetti di studio sono poi suddivisi in ben quarantaquattro indicatori diversi per meglio presentare la reale situazione dello Stato di diritto in ciascuno dei 142 Paesi oggetti di studio annuale.

    Ebbene, dal rapporto per il 2023 dell’organizzazione World Justice Project, risulta che l’Albania ha fatto di nuovo un ulteriore regresso. Elencata nella 91a posizione, dal 2015 ad oggi, l’Albania è solo e palesemente regredita in tutti gli indicatori dello studio attuato dallo strumento The World Justice Project Rule of Law Index. Riferendosi soltanto al rapporto per il 2022, l’Albania è regredita di quattro punti, passando dall’87a posizione alla 91a. Mentre riferendosi al 2017 l’Albania è regredita di ben 23 punti, passando dalla 68a posizione alla 91a di quest’anno! Più specificatamente, il rapporto per il 2023 afferma che l’Albania si posiziona al 133o posto, solo nove posti in meno dall’ultimo, per l’indicatore che si riferisce all’indipendenza del sistema giudiziario e alla sua capacità di esercitare un controllo efficace sull’operato del governo! L’Albania si posiziona al 125o posto per quanto riguarda il fatto che le decisioni dei tribunali siano indipendenti dalle interferenze illegittime del governo, degli interessi privati e delle organizzazioni criminali! L’Albania si posiziona al 122o posto riferendosi all’indicatore riguardante l’indipendenza dei funzionari della polizia di Stato, dei procuratori e dei giudici dalle influenze illegittime da parte della criminalità organizzata e, altresì, di non essere influenzati nel loro operato da illeciti pagamenti. In più, dal rapporto per il 2023 dell’organizzazione World Justice Project, l’Albania si posiziona al 107o posto riferendosi all’indicatore che riguarda le elezioni libere e le nomine dei funzionari statali e governativi in conformità con la Costituzione e le leggi in vigore. Quanto viene affermato ufficialmente dal rapporto per il 2023 in base allo studio fatto dallo strumento The World Justice Project Rule of Law Index, rappresenta la vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese, completamente diversa da quella che cerca di far credere, ingannando, il primo ministro albanese e la sua propaganda governativa. Ma quanto viene affermato ufficialmente dal rapporto per il 2023 sull’Albania, in base allo studio fatto dallo strumento The World Justice Project Rule of Law Index, rappresenta anche un’inconfutabile testimonianza della consapevole violazione del principio della separazione dei poteri, presentato nel 1748 da Montesquieu nella sua maestosa e sempre attuale opera “Spirito delle leggi”. E visto che il primo ministro controlla sia il potere esecutivo che quello legislativo, con il controllo anche del potere giudiziario, lui controlla tutti e tre i poteri ben definiti da Montesquieu. In più il primo ministro albanese controlla anche la maggior parte dei media, che ormai viene considerato come il quarto potere. Un potere questo che non esisteva nel 1748 quando Montesquieu pubblicò la sua sopracitata opera. Il che testimonia chiaramente e con convinzione che in Albania ormai da qualche anno si sta consolidando un pericoloso regime dittatoriale.

    Chi scrive queste righe è convinto che in Albania ormai è consolidata una dittatura, espressione di un’alleanza pericolosa tra il potere politico, rappresentato dal primo ministro, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali. Una dittatura che ordina e ottiene sempre, quando ne ha bisogno, anche l’ubbidiente servizio del sistema “riformato” della giustizia. Ormai in Albania il primo ministro, rappresentante del regime, controlla tutto.  Confermando così la convinzione di Montesquieu che una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica.

  • Inconfutabili testimonianze di una dittatura in azione

    La giustizia senza la forza è impotente; la forza senza la giustizia è tirannica.

    Blaise Pascal

    Quanto è accaduto la scorsa settimana in Albania dimostra la megalomania e la falsità di quell’innato bugiardo, imbroglione e buffone, qual è il primo ministro e delle propaganda governativa. Ma quanto è accaduto la scorsa settimana in Albania evidenzia chiaramente anche la vera, vissuta e sofferta realtà in cui si trovano i cittadini. Quanto è accaduto la scorsa settimana testimonia, in modo convincente ed esaustivo, quello che da anni si sta cercando con tutti i modi di nascondere da parte dei veri e diretti responsabili di una simile e preoccupante realtà. E cioè la restaurazione ed il continuo consolidamento di un regime autocratico. Di una dittatura sui generis, che si cerca di camuffarla dietro una fasulla parvenza di pluripartitismo. Una dittatura come espressione di una pericolosa alleanza tra il potere politico, rappresentato dal primo ministro, la criminalità organizzata locale e/o internazionale e alcuni raggruppamenti occulti. E soprattutto uno in particolare, di oltreoceano, che da anni ha scelto l’Albania per mettere in atto degli occulti e pericolosi obiettivi regionali, ma non solo. E purtroppo, tutto ciò da anni ormai accade anche in presenza di certi “rappresentanti internazionali” i quali, stranamente, non vedono non sentono e non capiscono nulla di tutto quello che, in realtà, è ben evidente. E da anni ormai, le cattive lingue dicono che alcuni di loro ne hanno beneficiato non poco per un simile atteggiamento, nell’ambito e grazie a delle determinate attività lobbistiche. Quanto è accaduto all’inizio della scorsa settimana in Albania è stata una ghiotta opportunità per il primo ministro di realizzare la sua ennesima ingannatrice messinscena. Ed anche in questo caso, come sempre, la potente e ben organizzata propaganda governativa ha fatto egregiamente il suo dovere. Ma quanto è accaduto all’inizio della scorsa settimana in Albania ha evidenziato purtroppo anche l’ipocrisia, l’irresponsabilità ed il consapevole e dannoso coinvolgimento di alcuni alti rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea e di singoli Paesi membri.

    Invece, quanto è accaduto alla fine della scorsa settimana in Albania ha messo in evidenza tutte le falsità delle messinscene di alcuni giorni prima. Ha messo in evidenza sia le buffonate del primo ministro, sia, nel migliore dei casi, la mancata conoscenza della realtà locale da parte di alcuni importanti rappresentanti istituzionali internazionali. Si, perché quanto è accaduto sabato scorso in Albania è stata una inconfutabile testimonianza del consolidamento di una pericolosa dittatura in azione. E una simile, grave e molto preoccupante realtà non poteva essere presente senza la messa in atto di una ben ideata e realizzata “strategia” che, come obiettivo, aveva e ha tutt’ora l’ottenimento di una garanzia per la stabilità, a scapito dei principi della democrazia. Una “strategia”, per l’attuazione della quale, da anni hanno insistito e lavorato certi “rappresentanti internazionali”. Una “strategia” quella che permetteva però agli autocrati locali di fare i loro comodi e di diventare sempre più potenti. Come è accaduto anche in altre parti del mondo e con tutte le derivanti e ben note ripercussioni. Una “strategia” le cui dirette conseguenze purtroppo le stanno soffrendo i cittadini albanesi. Ma non solo loro, perché la criminalità organizzata locale con la quale collabora strettamente il primo ministro albanese, ormai sta creando serie preoccupazioni anche in altri Paesi e non solo europei. Una “strategia” quella di garantire ed ottenere la stabilità, applicata precedentemente anche in altri Paesi del nord Africa ed altrove in zona e altresì nel centro e sud America, di cui ormai si conoscono pubblicamente le gravi e preoccupanti conseguenze. Una “strategia” che permette la costituzione di un sistema che viene ormai considerato non più come una democrazia, ma come una “stabilocrazia”, proprio per evidenziare quello che si perde dalla democrazia per permettere la “garanzia” della stabilità. Che, in realtà, quella “stabilità” non viene poi neanche ottenuta, perché non ci si può mai fidare di coloro ai quali è stato consapevolmente permesso di gestire e approfittare dalla “stabilocrazia”. Spesso un simile sistema  viene nominato anche “democratura”, per indicare una dittatura attiva, che opera dietro una facciata di democrazia. L’autore di queste righe ha trattato anche questi argomenti per il  nostro lettore.

    All’inizio della scorsa settimana, lunedì 16 ottobre, nella capitale dell’Albania si è svolto il vertice organizzato dalla Commissione europea e dedicato al Processo di Berlino. L’autore di queste righe ha informato il nostro lettore a tempo debito, sia di quest’iniziativa europea, che di una iniziativa concorrente, nota come Open Balkans (Balcani aperti; n.d.a.), promossa e fortemente sostenuta solo dal presidente serbo, il primo ministro albanese ed il primo ministro macedone. Un’iniziativa, guarda caso, fortemente appoggiata anche dalla Russia. Ma boicottata però da tutti gli altri Paesi dei Balcani occidentali. Riferendosi all’iniziativa europea nota come il Processo di Berlino l’autore di queste righe scriveva già nel novembre 2021: “…Si tratta di un’iniziativa tramite la quale si permette l’attuazione di una cooperazione intergovernativa sul tema delle infrastrutture e degli investimenti economici in Sud Est Europa. Un’iniziativa ufficializzata il 28 agosto 2014 a Berlino, proposta e fortemente sostenuta da allora in poi, non solo dalla Germania, ma anche da altri Paesi dell’Unione europea e dalle istituzioni dell’Unione. L’iniziativa “Processo di Berlino” prevede, come obiettivo fondamentale, la costituzione di un Mercato Comune Regionale sostenuto economicamente e finanziariamente dall’Unione europea. In più, visto il promotore e quali appoggi istituzionali e governativi ha avuto e continua ad avere l’iniziativa “Processo di Berlino”, tutti gli analisti sono concordi che questa iniziativa rappresenta maggiori e durature garanzie anche per l’attuazione delle quattro cosiddette libertà europee. E cioè la libertà della circolazione delle merci, dei servizi, del capitale e delle persone. Ragion per cui l’iniziativa Open Balcan non è mai stata sostenuta ufficialmente né da molti governi degli Stati membri dell’Unione Europa e neanche dalle stesse istituzioni dell’Unione” (Preoccupanti avvisaglie dai Balcani; 8 novembre 2021). Per analizzare, trattare ed informare il nostro lettore di tutto quello che si è visto e/o detto il 16 ottobre scorso nella capitale albanese, durante il vertice sul Processo di Berlino, ci sarebbero volute molte pagine. Sia per evidenziare le messinscene puramente propagandistiche realizzate con il diretto coinvolgimento personale dell’anfitrione, il primo ministro albanese, sia per analizzare e trattare quanto è stato detto durante il vertice dagli ospiti, i massimi rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea e dei singoli Paesi membri. E purtroppo per evidenziare, in determinati casi, anche la loro ipocrisia. Bisogna sottolineare però che il primo ministro albanese, da alcuni mesi, ha usato la scelta dell’Albania come Paese ospitante del vertice sul Processo di Berlino. Lui, addirittura, dal luglio scorso, quando è stato annunciato lo svolgimento di questo vertice in Albania, ha pubblicamente “ripudiato ed abbandonato” l’iniziativa Open Balkans, tanto preferita e fortemente sostenuta fino a pochi giorni prima da lui, dal suo amico, il presidente serbo e dal suo omologo macedone. Il primo ministro albanese, da buon bugiardo ed imbroglione qual è, ha cominciato subito, dall’inizio del luglio scorso, a presentarsi come un convinto sostenitore del Processo di Berlino. In più ha abusato del fatto di essere stata scelta l’Albania come Paese ospitante del vertice, presentandolo pubblicamente con tanto vanto come un suo merito e successo personale, come una conferma dei “successi” raggiunti dall’Albania nell’ambito del suo percorso europeo. Ovviamente la sua potente e ben strutturata propaganda governativa che controlla la gran parte dei media, gli ha fatto eco. Si, perché non si poteva perdere una simile opportunità, visto che di veri meriti e successi lui, il primo ministro albanese, fatti accaduti alla mano, non può presentare niente, proprio niente! In realtà non si è saputo mai il perché della scelta dell’Albania come Paese ospitante del vertice sul Processo di Berlino. Forse una simile decisione è dovuta all’ordine alfabetico dei nomi dei Paesi balcanici. Oppure la decisione di svolgere in Albania il vertice del Processo di Berlino è frutto delle attività lobbistiche, dietro pagamenti di ingenti somme di denaro, fatti da determinati raggruppamenti occulti, uno soprattutto da oltreoceano, che, come risulterebbe da documenti resi ormai pubblici, riescono a “convincere” anche le istituzioni dell’Unione europea. Perché altrimenti non si spiegherebbe la scelta dell’Albania, almeno non per le ragioni che sta sbandierando il primo ministro albanese. Si perché non possono essere stati l’abuso di potere, la corruzione ben radicata, partendo dai più alti livelli istituzionali e il preoccupante ed allarmante riciclaggio del denaro sporco, che ha inserito l’Albania nella cosiddetta “zona grigia” dal 2020, i veri motivi che hanno permesso la scelta dell’Albania come Paese ospitante del vertice del Processo do Berlino. E neanche i continui e ben evidenziati brogli elettorali, in collaborazione con la criminalità organizzata. Non possono essere stati i traffici illeciti dei vari tipi di droghe, che hanno fatto dell’Albania sia un importante centro di produzione, sia di smistamento, i motivi per cui è stata fatta una simile scelta. Ma l’anfitrione, il primo ministro albanese cerca di far credere quello che a lui conviene ed interessa, ma che non ha niente a che fare con la vera, vissuta e sofferta realtà. E nel frattempo, durante tutto il periodo del vertice, lui ha cercato di attirare l’attenzione degli ospiti con delle messinscene, con delle danze popolari e con dei piatti di pizza che portavano il suo nome! Purtroppo anche alcuni degli ospiti, con le loro dichiarazioni ufficiali, hanno sostenuto i “successi” raggiunti dall’Albania durante il suo percorso europeo. E così facendo hanno agito, nel migliore dei casi, da persone non informate. Perché se no, il loro comportamento sarebbe stato ipocrita e anche irresponsabile. L’autore di queste righe continuerà a trattare ed analizzare per il nostro lettore cosa è accaduto durante il vertice del Processo di Berlino, svolto in Albania il 16 ottobre scorso

    Ma le buffonate del primo ministro albanese, nonché l’ipocrisia di alcuni degli ospiti durante quel vertice sono state smentite subito, dopo qualche giorno. Sabato scorso la decisione di una giudice della Corte Speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata, ha attirato tutta l’attenzione politica, mediatica e pubblica. Una decisione, in seguito ad una richiesta fatta dai procuratori della Struttura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata, con la quale si comunicava al dirigente del maggior partito dell’opposizione e della stessa opposizione l’ordine di apparizione e si confiscava il suo passaporto. Una decisione in piena e palese violazione dell’articolo 73 della Costituzione della Repubblica dell’Albania e di quanto prevede il Regolamento del Parlamento, visto che il dirigente dell’opposizione, che è stato presidente della Repubblica (1992-1997) e primo ministro (2005-2013), è anche un deputato. Una decisione che ha palesemente dimostrato fino a che punto il primo ministro albanese controlla personalmente il sistema “riformato” della giustizia.

    E tenendo presente i principi di Montesquieu sulla separazione dei poteri, quanto è accaduto sabato scorso rappresenta anche una inconfutabile testimonianza di una pericolosa dittatura in azione. Il diretto interessato, accusato di corruzione passiva, ha denunciato, documenti alla mano, tutta la falsità della decisione. Adesso si attendono degli inevitabili  e significativi sviluppi politici.

    Chi scrive queste righe seguirà tutti gli attesi sviluppi che riguardano la decisione contro il dirigente dell’opposizione ed informerà il nostro lettore già la prossima settimana, sempre con la dovuta oggettività. Tenendo presente la vera realtà vissuta e sofferta in Albania, egli però ricorda agli albanesi che ribellarsi ai tiranni significa ubbidire a Dio. Ne era convinto Benjamin Franklin. Chi scrive queste righe trova significativa e condivide l’affermazione di Blaise Pascal, secondo cui la giustizia senza la forza è impotente e la forza senza la giustizia è tirannica.

  • Abusi anche con i finanziamenti europei

    Quando gli abusi vengono accolti con la sottomissione,

    il potere usurpatore non tarda a convertirli in legge.

    Guillaume Malesherbes

    L’Unione europea, tramite le sue istituzioni e strutture specializzate, assiste con dei finanziamenti molti progetti di sviluppo, dopo aver verificato e valutato le proposte presentate. Oltre ai Paesi membri dell’Unione, possono beneficiare dei finanziamenti europei anche tutti i Paesi che stanno seguendo il processo dell’adesione all’Unione europea. Dopo essere stati stanziati, la gestione di quei finanziamenti viene sempre controllata metodicamente da parte di altre strutture specializzate dell’Unione per garantire tutta la necessaria trasparenza. Dal 2007 è stato reso attivo lo Strumento di assistenza pre-adesione, noto come IPA (Instrument for Pre-Accession Assistance). Si tratta di uno strumento di finanziamenti che ha sostituito due precedenti programmi. Il primo, noto come il programma PHARE (Poland and Hungary Assistance for the Restructuring of the Economy – Assistenza per la Ristrutturazione dell’Economia in Polonia e Ungheria; n.d.a.), è stato istituito il 18 dicembre 1989, in seguito alla caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989. Il programma PHARE è stato lo strumento principale di finanziamento dell’Unione europea. Il secondo, noto come il programma CARDS (Community Assistance for Reconstruction, Development and Stabilisation – l’Assistenza Comunitaria per la Ricostruzione, Sviluppo e Stabilizzazione; n.d.a.), è stato istituito il 5 dicembre 2000 e poi reso attivo nel 2001 per assistere i Paesi dei Balcani occidentali. Il programma CARDS è stato lo strumento principale dei finanziamenti previsti e messi in atto, nell’ambito del processo della Stabilizzazione e Associazione, che i Paesi dei Balcani occidentali hanno avviato, firmando un Accordo con l’Unione europea.

    Lo strumento di assistenza pre-adesione IPA serve per aiutare tutti i Paesi candidati all’adesione nell’Unione europea, o quelli potenzialmente tali, ad adattarsi ed allinearsi con le normative e i regolamenti dell’Unione. Normative e regolamenti che riguardano l’avviamento e l’avanzamento delle richieste riforme nel campo dell’economia, della politica, delle istituzioni, del sistema della giustizia ecc.. Riforme che devono garantire il funzionamento, nel Paese beneficiario, del sistema democratico, del buon governo e dello Stato di diritto, nonché il pieno ed incondizionato rispetto dei diritti dell’uomo e lo sviluppo sociale ed economico del Paese. Sempre nell’ambito dello strumento di assistenza pre-adesione IPA sono, altresì, previsti dei finanziamenti per promuovere e sostenere dei progetti di sviluppo delle aree rurali. Si tratta di finanziamenti effettuati tramite i programmi settennali IPARD (Instrument for Pre-Accession Assistance and Rural Development – Lo Strumento di assistenza pre-adesione per lo sviluppo rurale; n.d.a.). Dagli atti istituzionali risulta che i programmi IPARD si attivano nelle aree rurali dei Paesi che stanno percorrendo il processo di adesione all’Unione europea, per promuovere e sviluppare progetti nel campo dell’agricoltura e quello agroalimentare. Tramite i programmi IPARD si cerca di adattare i Paesi beneficiari con le normative dell’Unione europea nel campo agricolo. Attualmente è attivo il programma IPARD III (2021 – 2027). Tra gli obiettivi istituzionalmente confermati, da conseguire nell’ambito di questo programma, ci sono anche l’agevolazione dello sviluppo delle imprese, la loro crescita e, di conseguenza, la crescita dell’occupazione nelle aree rurali. In più si prevede anche l’aumento della competitività nel settore agroalimentare e il miglioramento dello sviluppo comunitario e del capitale sociale in quelle aree rurali dov’è attivo il programma. Un importante obiettivo dell’attuale programma IPARD III è quello di contribuire alla mitigazione, per quanto possa essere possibile, dei cambiamenti climatici e/o all’adattamento con loro. L’istituzione responsabile incaricata per la gestione del programma è la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale (The Directorate-General for Agriculture and Rural Development), nota anche come DG AGRI.

    E siccome si tratta di ingenti finanziamenti stanziati dalla Commissione europea, diventa obbligatorio anche un dettagliato controllo della loro gestione in tutte le previste fasi dei progetti approvati in tutti i Paesi beneficiari. La struttura della Commissione europea responsabile di questo compito è OLAF, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (European Anti-Fraud Office), istituito nell’aprile 1999. L’obiettivo istituzionale di questa struttura è quello di “…contrastare le frodi, la corruzione e qualsiasi attività illecita, lesiva degli interessi finanziari dell’Unione europea”. OLAF effettua continuamente delle indagini specializzate e indipendenti su qualsiasi presunto e/o denunciato caso di frode e di corruzione, riguardante i finanziamenti stanziati dall’Unione europea, da parte di coloro che gestiscono i finanziamenti nei singoli Paesi e/o dai beneficiari finali. In più OLAF si impegna a “…rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni dell’Unione europea, attraverso indagini su gravi inadempimenti degli obblighi professionali da parte del personale e dei membri delle istituzioni dell’Unione europea”.

    L’Albania, essendo uno dei Paesi che da molti anni ormai ha avviato il suo percorso per l’adesione all’Unione europea, ha anche beneficiato sia dei finanziamenti previsti dal programma CARDS, che di quelli dello Strumento IPA. Compresi anche i finanziamenti per lo sviluppo agricolo delle aree rurali, nell’ambito dei programmi IPARD. Ebbene, il 14 luglio scorso la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale ha ufficialmente inviato alle istituzioni albanesi una lettera confermando la sospensione temporanea del sostegno finanziario nell’ambito dei programmi IPARD. Tra le istituzioni governative alle quali è stata inviata quella lettera c’erano anche il ministero dell’Agricoltura, il ministero delle Finanze, nonché l’Agenzia per lo sviluppo agricolo e rurale; un’istituzione quella che gestisce, a livello nazionale, proprio i finanziamenti dei programmi IPARD.  La notizia è stata resa pubblica alcuni giorni dopo, il 18 luglio scorso, da un portale informativo non controllato dal governo. E prima che venisse pubblicata la notizia, i gestori del portale informativo hanno verificato la sua veridicità tramite tre diverse fonti confidenziali. Ѐ stata contattata anche la Delegazione dell’Unione europea in Albania che ha confermato la notizia della sospensione dei finanziamenti, in seguito a delle indagini avviate dai primi mesi del 2021. Si è trattato di indagini focalizzate soprattutto sulla distribuzione dei finanziamenti a fondo perduto previsti e destinati ai beneficiari agricoltori albanesi. In più, proprio la Delegazione dell’Unione europea in Albania, il 19 luglio scorso, ha distribuito un comunicato ufficiale, con il quale si confermava che la Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale “…ha informato il governo albanese di aver preso delle misure precauzionali in base ad un’informazione iniziale diramata dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), in seguito alle indagine su delle accuse di corruzione riguardanti l’attuazione del programma IPARD II”. Nel comunicato ufficiale della Delegazione dell’Unione europea in Albania si precisava che “in via preventiva, a tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea, la Commissione europea ha temporaneamente sospeso i rimborsi alle autorità albanesi per le spese sostenute nell’ambito del programma IPARD II”. Si trattava proprio del pagamento dell’ultima richiesta di rimborso, per una somma di 450.000 euro, nell’ambito dei finanziamenti per l’agricoltura, presentata dalle autorità albanesi. Il rifiuto, come confermato dal portale informativo che ha pubblicato per primo la notizia il 18 luglio scorso, era dovuto a delle presunte irregolarità e pratiche corruttive durante la gestione dei finanziamenti europei. Nello stesso comunicato ufficiale della Delegazione dell’Unione europea in Albania, si ribadiva che “…la Commissione europea non può commentare nessuna conclusione possibile di OLAF sull’attuazione del programma IPARD II (2014 – 2020) in Albania. Le indagini di OLAF stanno continuando. Quando l’OLAF consegnerà il rapporto finale, la Commissione europea informerà le autorità albanesi e, in base alle conclusioni del rapporto, prenderà ogni successiva e necessaria misura per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea”. Questo confermava il comunicato ufficiale reso pubblico dalla Delegazione dell’Unione europea in Albania il 19 luglio scorso.

    La notizia è arrivata in un momento veramente difficile in cui si trovano da tempo ormai le autorità albanesi, compreso il primo ministro. Anzi, soprattutto il primo ministro che, dati e fatti accaduti, documentati e denunciati pubblicamente alla mano, risulterebbe direttamente o indirettamente coinvolto in molti scandali finanziari milionari, tuttora in corso. Chissà perché le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia non riescono a trovare i veri e diretti responsabili di tutti questi scandali?! Il nostro lettore è stato spesso informato di una simile, preoccupante e pericolosa realtà. E, guarda caso, la notizia è arrivata e poi resa pubblica proprio mentre nella capitale albanese il primo ministro aveva organizzato un incontro con i dirigenti dei Paesi dei Balcani occidentali. Un incontro durante il quale il primo ministro albanese aveva annunciato un nuovo piano di supporto finanziario da parte dell’Unione europea per i Paesi della regione balcanica. Ovviamente anche per l’Albania. Non poteva essere un momento peggiore per rendere pubblica la notizia arrivata il 14 luglio scorso dalla Commissione europea. Ragion per cui la notizia della sospensione dei rimborsi europei, nell’ambito dei finanziamenti per l’agricoltura e lo sviluppo delle aree rurali, è stata tenuta nascosta per alcuni giorni dalle autorità albanesi che, nel frattempo, erano state informate ufficialmente dalla Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale. E l’avrebbero tenuta ancora nascosta quella notizia se non fosse stata pubblicata da quel portale informativo il 18 luglio scorso. In una simile e difficile situazione, l’unica istituzione che è stata costretta a reagire era il ministero dell’Agricoltura. Ovviamente, con la sua reazione, il ministero ha cercato di negare, o comunque, di sfumare la notizia. Con dei raggiri verbali, il ministero ha cercato di tergiversare, sostenendo che il programma di finanziamento europeo per l’agricoltura e lo sviluppo delle aree rurali non era stato sospeso (Sic!). Hanno fatto riferimento al programma di finanziamenti e non al pagamento dell’ultima richiesta di rimborso, che ammontava ad una somma di 450.000 euro, proprio nell’ambito dei finanziamenti per l’agricoltura. L’ennesima “furbizia” per sfuggire alla verità e, perciò, anche alle responsabilità istituzionali e personali.

    A proposito, la ministra dell’Agricoltura il 28 aprile scorso, riferendosi proprio ai finanziamenti IPARD, dichiarava con un abominevole servilismo: “Il successo del programma IPARD ha nelle sue fondamenta gli sforzi titanici del primo ministro”! Mentre da tempo le cattive lingue parlavano di abusi dei finanziamenti europei.

    Bisogna sottolineare che nella stessa lettera ufficiale, inviata il 14 luglio scorso dalla Direzione Generale della Commissione europea per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale alle autorità albanesi, non si informava solo della sopracitata sospensione dei pagamenti. Il portale informativo che ha pubblicato la notizia, ha altresì confermato che, oltre alla sospensione dei rimborsi, l’Albania potrebbe essere espulsa anche dal programma di finanziamenti IPARD III (2020 – 2027), attivo ormai da tre anni. Le cause di una simile e possibile espulsione, nel caso accadesse, sarebbero la gestione corruttiva e gli abusi dei finanziamenti europei stanziati per l’agricoltura e per lo sviluppo delle aree rurali in Albania.

    Chi scrive queste righe è convinto che in Albania si sta abusando non solo del denaro dei contribuenti albanesi, la maggior parte dei quali si trova spesso in difficoltà finanziarie. Si sta abusando anche dei finanziamenti europei. E non è la prima volta. Perciò la convinzione espressa da Guillaume Malesherbes “Quando gli abusi vengono accolti con la sottomissione, il potere usurpatore non tarda a convertirli in legge” deve servire come un serio avvertimento per tutti i cittadini albanesi. Perché se no, la “legge del potere” continuerà a punirli.

  • Perché continuano ancora ad appoggiare un simile autocrate?

    Chi difende un colpevole si rende complice della colpa.

    Publilio Siro

    Il mese appena passato è stato un mese caldo, climaticamente parlando. È stato anche un periodo di vacanze, per coloro che potevano permettersi delle vacanze. Nonostante ciò, durante l’agosto scorso però sono state svolte anche delle attività a livello europeo. Attività durante le quali sono state discusse delle questioni riguardanti l’attuale situazione ed il futuro dell’Unione europea, nonché le realtà in singoli Paesi dell’Unione e di quelli che lì intendono aderire. Durante quelle attività si è discusso perciò sull’allargamento dell’Unione con diversi Paesi come l’Ucraina, la Moldavia, la Georgia e quelli dei Balcani occidentali. Tra il 21 ed il 22 agosto scorso ad Atene è stato celebrato il ventesimo anniversario del vertice di Salonicco. Mentre solo dopo una settimana, tra il 28 ed il 29 agosto, si è svolto a Bled, in Slovenia, il diciottesimo vertice del Forum strategico, durante il quale alti rappresentanti politici ed istituzionali dai vari Paesi, soprattutto dall’Europa centrale e Sud orientale, nonché rappresentanti di varie organizzazioni specializzate e quelle della società civile, da diversi Paesi europei, ma non solo, solitamente presentano delle idee e discutono sulle sfide e sui probabili sviluppi del futuro.

    Venti anni fa, a conclusione del semestre della presidenza della Grecia del Consiglio dell’Unione europea, a Salonicco, tra il 21 e 22 giugno 2003, è stato organizzato e svolto il vertice del Consiglio europeo. Alla fine del vertice si presentò anche un documento ufficiale, noto come la Dichiarazione di Salonicco. Un documento quello che ribadiva la necessità dell’adesione dei Paesi dei Balcani occidentali nell’Unione europea. I capi di Stato e di governo degli allora quindici Paesi membri dell’Unione hanno deciso sulla prospettiva europea dei Balcani occidentali. “Noi, Capi di Stato o di Governo degli Stati membri dell’Unione europea, degli Stati aderenti e candidati, dei potenziali candidati Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Serbia e Montenegro e il Presidente della Commissione europea, alla presenza del Presidente del Parlamento europeo, […] riuniti a Salonicco, abbiamo oggi convenuto quanto segue.”. Cosi cominciava il testo della Dichiarazione. Un testo che in 10 punti sanciva la strategia per rendere possibile l’adesione dei Paesi balcanici all’Unione europea. Il punto 2 affermava: “L’Unione europea ribadisce il suo sostegno inequivocabile alla prospettiva europea dei paesi dei Balcani occidentali. Il futuro dei Balcani è nell’Unione europea. Per i paesi dei Balcani occidentali, l’allargamento in atto e la firma del trattato di Atene nell’aprile 2003 sono motivo di stimolo e di incoraggiamento a percorrere lo stesso positivo cammino”. Mentre nel punto 4 della stessa Dichiarazione si affermava: “Riconosciamo che il processo di stabilizzazione e associazione (PSA) continuerà a costituire il quadro delle relazioni tra l’Europa e i paesi dei Balcani occidentali durante l’intero processo verso la futura adesione. Il processo e le prospettive che esso offre servono per ancorare le riforme nei Balcani occidentali secondo le stesse modalità del processo di adesione all’Europa centrale e orientale. I progressi compiuti da ciascun paese verso l’Unione europea dipenderanno dalla capacità degli stessi di rispettare i criteri di Copenaghen e le condizioni stabilite per il PSA e confermate nella dichiarazione finale del vertice di Zagabria del novembre 2000”.

    Proprio in occasione del ventesimo anniversario del vertice di Salonicco, il primo ministro greco ha organizzato una cerimonia commemorativa e di lavoro invitando i massimi rappresentanti governativi dei Paesi balcanici, sia di quelli che intendono aderire all’Unione europea, che quelli già membri dell’Unione. È arrivato a partecipare al vertice anche il presidente dell’Ucraina. Ospiti del primo ministro della Grecia erano anche il presidente del Consiglio europeo e la presidente della Commissione europea. C’era però anche un “grande assente”, il primo ministro albanese. Assente perché volutamente non è stato invitato dall’anfitrione. Bisogna sottolineare però che tra i due fino a qualche mese fa c’era un buon rapporto di collaborazione. Le cattive lingue dicevano che c’era anche un’intesa tra loro, legata al contenzioso tra i due paesi sul confine marino. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito di questo contenzioso.  Il primo ministro greco, invece del suo omologo albanese, aveva invitato il presidente della repubblica dell’Albania. Ma quest’ultimo, da buon “ubbidiente collaboratore”, qual è, del primo ministro, che l’ha scelto e portato alla massima carica istituzionale dello Stato, ha declinato l’invito per degli “impegni precedentemente presi”. Il motivo del mancato invito al primo ministro albanese era dovuto ai recenti attriti tra la Grecia e l’Albania. Attriti causati dall’arresto, solo due giorni prima delle elezioni amministrative del 14 maggio scorso in Albania, di un candidato sindaco, rappresentante di una comunità di etnia greca, in un municipio sulla costa ionica albanese. Il nostro lettore è stato informato di questo clamoroso caso due settimane fa: “… nel frattempo in Albania continua ad essere in carcere una persona che vinse come sindaco durante le elezioni amministrative del 14 maggio scorso. Una persona arrestata in palese violazione della legge proprio due giorni prima delle elezioni. Lui è stato eletto sindaco proprio nel municipio dove si trova anche la villa governativa in cui è stata ospite la Presidente del Consiglio e la sua famiglia dal 14 al 17 agosto scorso. Si tratta di una zona dove si sta abusando dei terreni sulla costa ionica e che il sindaco eletto aveva promesso di mettere ordine. Ma adesso lui si trova ancora in prigione, in palese violazione delle leggi e delle convenzioni internazionali sul diritto dell’uomo”. Il nostro lettore è stato informato altresì, due settimane fa, che “… non a caso, il primo ministro della Grecia sta dichiarando che con le sue decisioni contro i diritti dell’uomo il primo ministro albanese non avrà mai l’appoggio della Grecia nel percorso europeista dell’Albania”. E come diretta conseguenza di questo attrito tra i due “… il primo ministro albanese non è stato invitato lunedì scorso, 21 agosto, alla cerimonia ospitata dal primo ministro greco per ricordare il vertice di Salonicco tenutosi venti anni fa, durante il quale si decise anche sul futuro europeista dei Balcani occidentali.” (Una visita dall’‘amico’ autocrate che doveva essere evitata; 22 agosto 2023).

    Tra il 28 ed il 29 agosto scorso in Slovenia, a Bled, una cittadina a nord-ovest della capitale slovena sull’omonimo lago, alle pendici delle Alpi Giulie, si è svolto il diciottesimo Forum strategico. Un Forum, quello di Bled, che è stato concepito e che funziona come una piattaforma dove si generano e si presentano delle idee e si discute di diversi temi e strategie di comune interesse che riguardano gli sviluppi sociali, economici e politici del futuro. Ogni anno, dal 2005, a fine agosto, il ministero degli esteri sloveno organizza proprio a Bled una conferenza internazionale, un forum strategico, sull’Europa centrale e Sud orientale. Quest’anno il tema della conferenza internazionale del Forum strategico di Bled era “La solidarietà per la sicurezza globale”. Ma viste le alluvioni dell’inizio mese in Slovenia, che hanno causato ingenti danni, alcuni morti e migliaia di persone costrette ad evacuare dalle proprie abitazioni, il tema del Forum strategico di quest’anno è stato in parte modificato. Durante il Forum si è svolto anche un dibattito fra i primi ministri dei Paesi dei Balcani occidentali. Alla fine di quella attività è stato ribadito che “L’allargamento dell’Unione europea ai Balcani occidentali può fare da traino per i processi di riforma nella regione, ma serve anche a soddisfare un maggiore bisogno di sicurezza dell’Unione europea”. Mentre la ministra slovena degli Esteri ha dichiarato, riferendosi agli sviluppi in seguito alla guerra in Ucraina, ma anche a quelli precedentemente accaduti, che “c’è un’atmosfera diversa nel Consiglio (europeo; n.d.a.), c’è la consapevolezza di potersi allargare ai Balcani occidentali”.

    Durante ed in seguito al Forum strategico di quest’anno a Bled, però, sono state pronunciate anche delle dichiarazioni, non in piena sintonia, da parte dei rappresentanti istituzionali dell’Unione europea. Il presidente del Consiglio europeo ha dichiarato: “Nel preparare la prossima agenda strategica dell’Union europea, dobbiamo porci un obiettivo chiaro. Credo che entro il 2030 dovremo essere pronti – da entrambe le parti – all’allargamento”. Aggiungendo che si tratta di “un obiettivo ambizioso, ma necessario”. Un obiettivo il quale “dimostra che facciamo sul serio”. In più il presidente del Consiglio europeo ha affermato che: “L’allargamento è e rimarrà un processo basato sul merito. L’adesione all’Unione comporta sia responsabilità che benefici. Per assumersi le prime e raccogliere i secondi in un ambiente altamente competitivo, bisogna essere pronti”. Dopo queste dichiarazioni del presidente del Consiglio europeo ha reagito anche la Commissione europea, tramite una sua portavoce. “La Commissione europea non è focalizzata sui termini di tempo durante il processo dell’allargamento dell’Unione europea, ma [è focalizzata] ad aiutare i Paesi candidati ad adempiere i criteri e ad essere pronti (all’adesione; n.d.a.)”. E rispondendo alle dichiarazioni del presidente del Consiglio europeo, lei ha detto: “La presidente della Commissione europea ha ribadito specificatamente come noi siamo impegnati per rendere l’allargamento un successo. Sempre abbiamo detto che l’allargamento è una priorità e i [Paesi] candidati devono aderire quando saranno pronti. Abbiamo lavorato strettamente con i [Paesi] candidati per aiutarli a compiere le riforme”. La portavoce della Commissione europea ha in più chiarito che non era a conoscenza se tra il presidente del Consiglio europeo e la presidente della Commissione europea ci fossero stati dei contatti prima che il presidente del Consiglio avesse fatto le sue dichiarazioni al Forum strategico di Bled, il 29 agosto scorso.

    Tra i partecipanti del sopracitato Forum strategico di Bled, c’era anche il primo ministro albanese. E dopo la sua ben evidenziata mancanza nel vertice di Atene, ha cercato di mettersi in mostra, come al solito. A Bled è stato “critico” con l’operato delle istituzioni europee, ha espresso il suo “rammarico” per il supporto che l’Unione europea sta dando all’Ucraina ma, alla fine, facendo il “figliol prodigo”, ha fatto un passo indietro. Niente di strano per uno come lui, voltagabbana all’estero, ma autocrate e corrotto in patria.. Basta che attiri l’attenzione. Il primo ministro albanese, riferendosi a quando aveva dichiarato prima il presidente del Consiglio europeo, ha detto: “Non credo che nel 2030 noi saremo nell’Unione europea”. E qui è stato sincero. L’autore di queste righe da tempo, fatti documentati alla mano, ha espresso la sua convinzione che il primo ministro albanese non vuole l’adesione dell’Albania all’Unione europea. Non gli conviene. Lui finge, ma non ha nessun interesse ad entrare, anzi! Ragion per cui sta continuamente e consapevolmente violando i criteri di Copenaghen e quanto prevede l’Accordo di Associazione e Stabilizzazione. Come il suo “amico e fratello”, il presidente della Turchia. Lui ha poi aggiunto ‘invidioso’”: “Chi deve attaccare chi in questo panel per avere l’adesione prima dell’Ucraina? La Bulgaria può attaccare la Macedonia del Nord, la Croazia può benissimo attaccare la Serbia, la Serbia il Kosovo, la Bosnia se stessa”. E poi, per togliersi un fastidioso sassolino dalla scarpa, e riferendosi alla Grecia, ha aggiunto: “E se noi [albanesi] chiediamo ai greci di farsi un favore, anche loro ci attaccheranno con grande piacere”! Ha finito questo ‘scenario guerresco’ dicendo: “Il Montenegro può giocare, può godere il sole, così che noi (i paesi balcanici; n.d.a.) tutti possiamo essere pronti ad unirci al treno con l’Ucraina.” (Sic!).

    Chi scrive queste righe avrebbe molto altro da aggiungere e continuerà a trattare questo argomento. Ma come spesso ha fatto, riferendosi all’atteggiamento degli alti rappresentanti delle istituzioni dell’Unione europea e di alcuni singoli Paesi membri, egli si chiede come mai continuano ancora ad appoggiare un simile autocrate? Perché, come ne era convinto Publilio Siro ventuno secoli fa, chi difende un colpevole si rende complice della colpa.

  • Come si può credere ad un ciarlatano?

    Tenete sempre divisi i furfanti. La sicurezza del resto della terra dipende da ciò.

    Jean de La Fontaine

    “Sempre il mondo fu pien di vendifrottole, che van spacciando le più strane iperboli.” Così comincia la favola Il ciarlatano del noto scrittore francese Jean de La Fontaine. Una favola in cui, con la sua ben nota maestria, l’autore ci racconta come un ciarlatano andava in giro e cercava di convincere tutti che lui era capace di “render dotti i più massicci zotici”. Aggiungendo “O contadino o tanghero ignorante, in breve tempo io ve lo cambio in Dante”. Proprio così! “Signori sì, dicea, datemi un asino, un asino ferrato ed io più classico vel do di quanti sono all’Accademia”. La notizia venne portata anche al re il quale, curioso di quello che gli avevano raccontato, ordinò subito di portargli quella persona. Una volta davanti a lui, il re disse: “Dottore eccellentissimo, ho nelle stalle un asinel d’Arcadia, che voglio addottrinar nella retorica”.  Il re era pronto a pagare per quel servizio, “a patto che in dieci anni su una cattedra ei mettesse la bestia atta a discutere”. Ma se invece non ci riuscisse lui “sarebbe impiccato in luogo pubblico spacciatamente e senza cerimonie con appesa alla schiena la retorica, ch’ei va vendendo come roba onesta, e con orecchie d’asin sulla testa”. Uno dei gentiluomini della corte, sentendo il dialogo tra il re e colui che cercava di far credere agli altri che era una persona dotta e sapiente, un simile di Cicerone, disse ridendo, ma convinto, al ciarlatano: “…in man del giudice ti vedremo a tempo debito”. Aggiungendo che “…dev’esser stupendo lo spettacolo d’un uom sì dotto e di cotanto peso che danza al vento ad una corda appeso”. E diede al ciarlatano anche un consiglio: “Quando sarai nell’oratorio, un tenero discorso in bello stil cerca di stendere coll’arte bella delle tue metafore, classico testo che potrà servire ai falsi Ciceroni in avvenir”. Ma lui, il ciarlatano, il “falso Cicerone”, accettò la proposta del re, pensando fra sé e sé: “Dieci anni? eh, eh!… prima che scada il termine, saremo morti il re, l’asino od io. […] Per quanto non ci manchi il ben di Dio, e si mangi e si beva di gran gusto, su tre, in dieci anni, morir uno è giusto”. La favola finisce così e Jean de La Fontaine ha lasciato in sospeso cosa è accaduto con il ciarlatano. Una cosa è certa però, che quell’asinel d’Arcadia, scelto dal re per essere “addottrinato nella retorica”, è rimasto sempre un asino!

    Si, aveva ragione Jean de La Fontaine, il mondo è sempre pieno di vendifrottole, di imbroglioni, di ciarlatani che “… van spacciando le più strane iperboli”. Individui che non solo non credono a quello che dicono, ma spesso e come se niente fosse, dicono in seguito proprio il contrario di ciò che hanno detto prima. Purtroppo anche il primo ministro albanese, fatti accaduti, fatti documentati e pubblicamente denunciati alla mano, ne è uno di loro. Si, proprio lui che, come il ciarlatano della sopracitata favola di Jean de La Fontaine, afferma e dichiara cose, essendo però consapevole di mentire, di ingannare e di raccontare frottole. Ma lo fa sempre per qualche “guadagno”, lo fa soprattutto per spostare l’attenzione pubblica e mediatica dalle sue grandi e continue difficoltà in cui si trova. Difficoltà causate dagli innumerevoli scandali milionari che si susseguono e che coinvolgono direttamente e/o indirettamente il primo ministro albanese, sempre fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano. E non di rado, anche ultimamente lui, il primo ministro, nega e/o contraddice, senza nessuna dovuta spiegazione istituzionalmente, quanto aveva dichiarato in precedenza. Oppure sta zitto e si “nasconde” per qualche tempo, a seconda delle tante sue bugie e dei tanti suoi inganni. Il nostro lettore è stato spesso informato di questa deformazione caratteriale del primo ministro albanese. Anche durante queste ultime settimane.

    E con la stessa facilità, leggerezza, sfacciataggine e irresponsabilità, con la quale il primo ministro mente ed inganna, ma anche nega quanto ha detto in precedenza, lui si vanta delle sue amicizie con determinate persone molto altolocate in altri Paesi e/o nelle istituzioni internazionali, soprattutto dell’Unione europea. Ma quelle del primo ministro albanese sono solo e semplicemente delle “amicizie” di convenienza, congiunturali, ma mai delle vere amicizie. E non poteva essere altrimenti, vista la persona e considerando chi sono gli altri suoi “amici”. E, guarda caso, quasi sempre si tratta di persone note come autocrati, che con la democrazia hanno poco a che fare. Oppure si tratta di alcuni alti rappresentanti, sia governativi/statali di alcuni singoli Stati, che di determinate istituzioni importanti internazionali, compresa la Commissione europea, i quali si permettono di oltrepassare i propri obblighi istituzionali. La saggezza secolare del genere umano, dalla quale bisogna sempre imparare, ci insegna che similes cum similibus congregantur, e cioè che i simili si accompagnano tra di loro.

    Da anni ormai il primo ministro albanese si vanta pubblicamente della sua “amicizia” con il presidente della Turchia. E, fatti accaduti alla mano, si sa, sia nella sua madre patria, sia a livello internazionale, chi è e cosa rappresenta l’attuale presidente turco. Si sanno anche i suoi rapporti con i principi della democrazia. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito durante questi anni degli appoggi che il primo ministro albanese ha avuto dal suo “caro amico”, il presidente della Turchia. Il nostro lettore è stato informato anche della attuazione in questi ultimi anni, da parte del presidente turco, della cosiddetta “Dottrina Davutoğlu”. Una dottrina che prevede e cerca di mettere in atto una politica attiva per garantire l’influenza della Turchia su tutti i territori dell’ex impero ottomano, Albania compresa. Il nostro lettore è stato informato anche delle “condizioni” poste al primo ministro albanese dal suo “caro amico”, il presidente turco, per quanto riguarda i rappresentanti di un’organizzazione guidata da un suo ex stretto collaboratore, il quale ormai è un suo nemico. E tra “amici” ci si intende. Ragion per cui il primo ministro albanese ha ordinato la chiusura di alcune scuole finanziate dall’organizzazione. Ha ordinato anche la consegna, in palese violazione con le convenzioni internazionali sui diritti dell’uomo, di cittadini turchi, oppositori del presidente. Alcune di quelle “condizioni” poste dal presidente turco al suo “caro amico” albanese si riferiscono anche alla comunità musulmana in Albania e ai suoi dirigenti.

    La storia ci insegna che i rapporti tra l’Albania e la Serbia, soprattutto dall’inizio del secolo passato ad oggi, sono stati tutt’altro che buoni. Rapporti condizionati anche dalle mire espansionistiche della Serbia sui territori abitati dalla popolazione albanese, soprattutto in Kosovo, ma non solo. Il nostro lettore è stato informato anche di questo. Così come è stato informato dei “rapporti di amicizia” tra il primo ministro albanese ed il presidente della Serbia durante questi ultimi dieci anni. Rapporti tra simili perché, sempre fatti accaduti alla mano, il presidente della Serbia, l’ex ministro della propaganda del regime di Slobodan Miloscevic, è considerato un autocrate, con stretti contatti anche con determinati gruppi della criminalità organizzata. Come, tra l’altro, il suo simile, il suo “amico”, il primo ministro albanese. Rapporti che hanno avuto la loro espressione anche con un’iniziativa regionale nota come Open Balkan (Balcani aperti; n.d.a.). Un’iniziativa che cerca di garantire il controllo della regione dei Balcani occidentali dalla Serbia. Un’iniziativa che ha avuto solo l’appoggio della Serbia, dell’Albania e della Macedonia del Nord, mentre gli altri Paesi balcanici l’hanno rifiutata. Si tratta di un’iniziativa che cerca di annientare l’attuazione di un’iniziativa dell’Unione europea, nota come il Processo di Berlino. Anche di questa iniziativa regionale il nostro lettore è stato spesso e dettagliatamente informato. Ma guarda caso però, il primo ministro albanese, un “convinto e ben determinato sostenitore” dell’iniziativa Open Balkan, all’inizio del luglio scorso, proprio quando si trovava in grosse difficoltà a causa degli scandali in corso, quello degli inceneritori soprattutto e per altre ragioni pubblicamente sconosciute, da buon ciarlatano qual è, ha smentito e ha negato se stesso e quanto aveva dichiarato pubblicamente e con tanto entusiasmo. Per alcuni giorni ha dichiarato il fallimento dell’iniziativa balcanica. Ma i suoi “amici”, soprattutto il presidente serbo, sono rimasti tranquilli, facendo pubblicamente capire che niente era e poteva essere cambiato e che il primo ministro albanese non l’aveva sul serio. E, conoscendolo bene, hanno avuto ragione. In realtà il progetto Open Balkan è stato ideato e reso pubblico tramite un articolo lungo e dettagliato di George Soros, già nel 1999. E si sa che Soros è colui che da anni sta apertamente appoggiando il suo “beniamino”, il primo ministro albanese. Non a caso, in tutte le riunioni riguardanti l’iniziativa Open Balkan, è stato presente il figlio di George Soros. E, guarda caso, nonostante il Soros figlio non avesse nessun “titolo” istituzionale per essere presente in quelle riunioni, era la persona davanti alla quale tutti gli altri stavano “sugli attenti”. Chissà perché?!  Si tratta però di colui che, da alcuni mesi, sta gestendo le attività di suo padre e che non nasconde “l’amicizia” con il suo “caro fratello”, il primo ministro albanese.

    Ma il primo ministro albanese ha avuto degli “ottimi rapporti di amicizia” anche con alcuni degli ormai ex presidenti del Consiglio dei ministri dell’Italia. Prima con Massimo D’Alema e poi con Matteo Renzi. Con il primo avevano organizzato diverse attività comuni, tutte “sostenute” dalla fondazione della quale l’ex presidente del Consiglio era anche presidente. Il primo ministro albanese è stato “fiero” dei rapporti anche con Matteo Renzi. Non a caso ha pubblicamente appoggiato nel 2014 la campagna elettorale del suo “caro amico”. Il primo ministro albanese chiedeva allora agli albanesi con cittadinanza italiana e con diritto al voto di votare per il partito di Renzi. Allora il primo ministro albanese dichiarava: “L’Italia sicuramente cambierà presto e in meglio, grazie all’energia e al coraggio straordinario di Matteo Renzi”! Ebbene, vinte le elezioni e diventato presidente del Consiglio dei ministri, Renzi è arrivato a fine dicembre 2014 in una visita ufficiale in Albania. Una visita che il suo omologo ed “amico” albanese ha usato bene dal punto di vista propagandistico. Il primo ministro albanese, durante la conferenza stampa comune, tra tanto altro, ha fatto anche una proposta a Renzi. Una proposta che aveva qualcosa suggerita dal suo subconscio, una specie di lapsus freudiano. “Vorrei dire al Presidente del Consiglio italiano di investire in Albania perché qui non abbiamo sindacati…”. Cioè lui, il primo ministro, si vantava che in Albania non c’erano i sindacati per difendere i diritti dei lavoratori e perciò si potevano fare “dei buoni affari” (Sic!). Il primo ministro albanese ha molto “beneficiato” spesso degli appoggi dei massimi rappresentanti della sinistra politica italiana. Con uno di loro, un ex ministro degli esteri ed attualmente rappresentante speciale dell’Unione europea per il Golfo Persico, addirittura avevano “contrabbandato vaccini” durante il periodo della pandemia (Un imbroglione che confessa, poi nega ed in seguito elogia altri; 17 ottobre 2022).

    Il primo ministro albanese si sta vantando adesso anche della “stretta amicizia” con la sua “giovane e grande sorella dell’Albania”, la presidente del Consiglio dei ministri dell’Italia. La scorsa settimana il nostro lettore è stato informato della “visita privata” di Meloni e della sua famiglia nella residenza governativa sulle rive ioniche dell’Albania, ospite del primo ministro. L’autore di queste righe si chiedeva: “Chissà però perché la Presidente del Consiglio ha deciso di incontrare il suo “amico” autocrate?!” (Una visita dall’‘amico’ autocrate che doveva essere evitata; 23 agosto 2023). Ed ancora non ha una risposta a quella domanda. Ma la delusione rimane.

    Chi scrive queste righe è convinto che il primo ministro albanese, quel bugiardo ed imbroglione, trovatosi in grandi e continue difficoltà, cercherà di ingannare tutti, “amici illustri” compresi. Farà di tutto per riuscire ad avere degli “appoggi amichevoli” che servono a lui per sopravvivere politicamente e non solo. Chi scrive queste righe si chiede però come si può credere ad un simile e ben noto ciarlatano? Si, aveva ragione Jean de La Fontaine. Il suo consiglio “Tenete sempre divisi i furfanti. La sicurezza del resto della terra dipende da ciò” è sempre valido.

  • Una visita dall’‘amico’ autocrate che doveva essere evitata

    Tutto ciò che sentiamo è un’opinione, non la realtà.

    Tutto ciò che vediamo è una prospettiva, non la verità.

    Marco Aurelio

    Quando il giornalista e scrittore Carlo Lorenzini, cominciò a scrivere e pubblicare tra il 1881 ed il 1882 con lo pseudonimo Carlo Collodi i suoi racconti, parte della serie Storia di un burattino, non aveva immaginato il grande interesse dei lettori. Il che convinse e spinse l’autore a ripresentare la serie, elaborata ed allargata, come un libro per i ragazzi, con il titolo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Il libro, pubblicato nel 1883, attirò subito l’attenzione, l’interesse e l’apprezzamento dei lettori. Da allora quel libro ha avuto sempre un grandissimo successo ed è stato tradotto e pubblicato, a più riprese, in molti Paesi del mondo. Nonostante sia stato presentato come un’opera della letteratura per l’infanzia, piena di personaggi immaginari, il libro, con il suo contenuto, il significato dei suoi insegnamenti e delle sue allegorie serve ed è utile non solo per i ragazzi, ma anche per gli adulti. Sono noti ai tantissimi lettori in tutto il mondo, da quanto Collodi cominciò a pubblicare i suoi primo racconti, parte della serie Storia di un burattino ad oggi, tutti i personaggi del libro. Partendo da mastro Geppetto, un artigiano che con le sue mani costruì, con il legno dato da mastro Ciliegia, un burattino al quale diede anche un nome: Pinocchio. Pinocchio che si comportava come un vero bambino e, siccome mastro Geppetto non aveva figli, egli diventò il suo figlio amato. Così come sono noti la Fata turchina, la protettrice di Pinocchio, il Grillo parlante che rimproverava e consigliava sempre Pinocchio, ma al quale lui non dava retta e spesso anche si arrabbiava. Sono noti anche Mangiafuoco, che era il proprietario di un teatrino di marionette e burattini e che, commosso da quello che senti da Pinocchio, diede a lui cinque zecchini d’oro per portarli a mastro Geppetto. E chi non si ricorda del Gatto e della Volpe che volevano ingannare Pinocchio e prendergli proprio quei cinque zecchini, Ma anche del suo amico Lucignolo che convinse Pinocchio ad andare insieme a divertirsi nel Paese dei Balocchi e tutti gli altri personaggi del libro. Per il noto filosofo, scrittore e politico italiano Benedetto Croce Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è “una fra le grandi opere della letteratura italiana”. Per lui “il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l’umanità”. Una metafora molto significativa del noto filosofo, questa, che fa riflettere.

    Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è un libro che insegna a tutti, ragazzi ed adulti, ad essere attenti ai propri comportamenti perché possono generare conseguenze non gradite e anche dannose. Insegna che bisogna sempre rispettare i grandi sacrifici fatti per te da chi ti vuole bene. Un libro che, tramite quello che accade ai personaggi, soprattutto a Pinocchio, insegna a tutti quanto importante è non mentire e dire la verità. Un libro che insegna il valore dell’onestà e di altri principi morali. Un libro che insegna quanto sia importante imparare dagli errori fatti. Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è un libro che insegna e consiglia anche di non fidarsi degli imbroglioni e di stare ben attenti e lontani dalle cattive compagnie. E molto significativo quanto disse il Grillo parlante a Pinocchio per dissuaderlo a seguire il Gatto e la Volpe, che volevano derubargli i quattro zecchini rimasti, dopo che con uno aveva pagato la cena in osteria. Erano proprio quei cinque zecchini d’oro che Mangiafuoco, commosso, aveva dato a Pinocchio per portarli a Geppetto. Ebbene, il Grillo parlante disse, a Pinocchio: “Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni!”. Un ammonimento ed un consiglio che è un insegnamento molto significativo ed utile per tutti, ragazzi ed adulti, in tutti i tempi ed in tutto il mondo.

    All’inizio della scorsa settimana la presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia ha interrotto le sue vacanze in Puglia per andare in “visita privata” in Albania, ospite del suo “amico” il primo ministro albanese. Insieme con la sua famiglia hanno lasciato la masseria di Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi, alla vigilia di Ferragosto, per andare ospiti del nuovo “amico” albanese. Una visita improvvisa quella della Presidente del Consiglio dei ministri in Albania che è stata subito però diffusa dalle fonti mediatiche, sia in Italia che in Albania. Anzi, essendo scarse le informazioni, comprese anche quelle ufficiali da Palazzo Chigi, all’inizio della “visita privata”, i media in Italia hanno fatto riferimento alle notizie dei media albanesi, comprese anche alcune immagini video. Ci sono però delle versioni diverse e anche contraddittorie sia dei motivi della visita, che del mezzo usato per l’attraversata dell’Adriatico, dalle coste brindisine a Valona in Albania. Ma comunque sia, la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia e la sua famiglia hanno preferito passare il Ferragosto come ospiti del primo ministro albanese. Quest’ultimo aveva annunciato poco prima della visita: “Anche Giorgia Meloni farà un po’ di ferie in Albania”. Ma è stata una vacanza un po’ più lunga di quella annunciata dalle fonti mediatiche all’inizio della visita. E, guarda caso, proprio nello stesso periodo, ospiti del primo ministro albanese erano anche l’ex primo ministro dell Regno Unito, Tony Blair con sua moglie. Non si sa però se è stato un caso che due attuali primi ministri ed un ex primo ministro si trovassero nello stesso periodo e nello stesso posto, nella residenza governativa in riva alle coste ioniche dell’Albania. Si sa però che l’ex-premier del Regno Unito, da quando l’attuale primo ministro albanese, nel 2013, cominciò il suo primo mandato è diventato il suo “consigliere speciale”. Ma un consigliere “non pagato” (Sic!). Proprio lui che, da quando ha smesso di fare il premier, sta facendo il “consigliere” in diversi Paesi, soprattutto in Africa. Ed in alcuni casi è stato coinvolto anche in scandali finanziari. Le cattive lingue dicono che anche in Albania lui stia facendo fortuna. E si sa, le cattive lingue sanno molto.

    Il primo ministro albanese, fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, sta abusando clamorosamente del bene pubblico. Lui da alcuni anni controlla tutti e tre i poteri ben definiti da Montesquieu: il potere esecutivo, quello legislativo e quello giudiziario. Da circa un anno il primo ministro controlla anche l’istituzione della Presidenza della Repubblica che, per la Costituzione albanese, è l’istituzione più importante del Paese. Il che significa che in Albania il sistema non è più democratico. Sempre fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, risulta che il primo ministro albanese sia il rappresentante istituzionale di una pericolosa alleanza dittatoriale tra il potere politico, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti locali e internazionali. Il primo ministro albanese è ben noto nella madre patria per le sue continue bugie, dette come se niente fosse. In Albania è da anni di dominio pubblico il fatto che il primo ministro sia un innato e sfacciato bugiardo ed imbroglione. Che sempre cerca di mentire e di ingannare quando si trova in difficoltà. E lui si trova sempre in difficoltà. Come anche in questi ultimi giorni, con due clamorosi scandali, quello degli inceneritori e l’altro della sterilizzazione dei mezzi/utensili che si usano negli ospedali. Sullo scandalo degli inceneritori il nostro lettore è stato informato anche durante queste ultime settimane. Sull’altro che è riscoppiato la scorsa settimana, il nostro lettore verrà informato nelle prossime settimane.

    Ebbene, in queste difficili situazioni in cui si trova il primo ministro albanese e dovendo affrontare anche un nuovo disaccordo con il suo omologo greco, ha ben pensato di “invitare” in Albania per una “visita privata” in riva alle coste ioniche dell’Albania, la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia. E, come al solito, lui non si risparmia in “elogi”. Proprio il 2 agosto scorso, due giorni prima dell’arrivo della sua omologa italiana, la “tigre”, la sua “sorella Giorgia”, il primo ministro albanese ha dichiarato ad un media italiano che “nella scena internazionale Giorgia ha sorpreso tutti e alla grande, direi, perché si aspettavano un mostro fascista che avrebbe marciato sull’Europa e si sono trovati davanti una donna con una abilità mostruosa nel comunicare da grande europeista, senza sbagliarne una”. Ma nel frattempo in Albania continua ad essere in carcere una persone che vinse come sindaco durante le elezioni amministrative del 14 maggio scorso. Una persona arrestata in palese violazione della legge proprio due giorni prima delle elezioni. Lui è stato eletto sindaco proprio nel municipio dove si trova anche la villa governativa in cui è stata ospite la Presidente del Consiglio e la sua famiglia dal 14 al 17 agosto scorso. Si tratta di una zona dove si sta abusando dei terreni sulla costa ionica e che il sindaco eletto aveva promesso di mettere ordine. Ma adesso lui si trova ancora in prigione, in palese violazione delle leggi e delle convenzioni internazionali sul diritto dell’uomo. E non a caso, il primo ministro della Grecia sta dichiarando che con le sue decisioni contro i diritti dell’uomo il primo ministro albanese non avrà mai l’appoggio della Grecia nel percorso europeista dell’Albania, Come diretta conseguenza il primo ministro albanese non è stato invitato lunedì scorso, 21 agosto, alla cerimonia ospitata dal primo ministro greco per ricordare il vertice di Salonicco tenutosi venti anni fa, durante il quale si decise anche sul futuro europeista dei Balcani occidentali. Chissà se la presidente del Consiglio dell’Italia sapeva di questi sviluppi mentre era ospite in Albania?! Perso ormai l’appoggio della Grecia, il primo ministro albanese cerca di avere e di sottolineare l’appoggio della sua omologa italiana. Dopo la “visita privata” della famiglia della Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia sulle coste albanesi, il primo ministro ha dichiarato, in un’intervista ad un media nazionale italiano, che durante il soggiorno albanese con lei avevano “…scambiato alcune idee, perché c’è molto da fare tra l’Italia e l’Albania”. Sottolineando che la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia “…appoggia l’ingresso dell’Albania nell’Unione europea ed è un’amica degli albanesi”. Dando così anche un messaggio al suo omologo greco. Il primo ministro albanese, intervistato da un altro media italiano, ha dichiarato che con la Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Italia avevano “parlato a lungo di relazioni internazionali” e di “integrazione europea”. Aggiungendo, da buon leccapiedi qual è, che “Giorgia è incredibile. Possiamo dire che è nata un’amicizia. Ma soprattutto, che lei è una politica concreta, altro che pericolo fascista”. E non è mancata neanche la risposta della sua illustre ospite che, dopo il ritorno in Italia, ha scritto: “Grazie per avermi ospitata nella vostra terra e per la calorosa accoglienza ricevuta Edi. Ti aspetto in Italia!”. Da quelle parole risulterebbe che tra i due si è stabilito un “amichevole legame”. Ma la Presidente del Consiglio dovrebbe essere molto attenta alle “lusinghe” del suo omologo albanese. Dovrebbe capire che la sta solo e semplicemente usando, in un periodo molto, ma molto difficile per lui. Difficoltà causate sia dagli innumerevoli scandali in Albania, che da un’indagine in corso negli Stati Uniti d’America. Un’indagine a carico di un ex alto funzionario del FBI (Federal Bureau of Investigation – Ufficio nazionale per l’investigazione; n.d.a.), nella quale viene citato per ben quattordici volte il nome del primo ministro albanese. Il nostro lettore è stato informato anche di questo.

    Chi scrive queste righe avrebbe avuto molto altro da analizzare su quella visita della Presidente del Consiglio dell’Italia. Una visita che doveva essere evitata. Chissà però perché la Presidente del Consiglio ha deciso di incontrare il suo “amico” autocrate?! La presidente del Consiglio dovrebbe rileggere ed imparare dal libro Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Dovrebbe fare tesoro anche del pensiero di Marco Aurelio, secondo il quale “Tutto ciò che sentiamo è un’opinione, non la realtà. Tutto ciò che vediamo è una prospettiva, non la verità”. E tutto quello che dice e che vuol fare apparire il primo ministro albanese sono bugie ed inganni.

  • Corruzione, abuso di potere e molto altro

    E’ una esperienza che sempre si ripete nella storia il fatto

    che qualsiasi uomo abbia del potere è portato ad abusarne.

    Montesquieu

    Nei primi giorni di questo mese la Commissione europea ha pubblicato il rapporto ufficiale sull’Albania per il 2022. Nei precedenti rapporti si evidenziavano sempre “i successi ed i positivi risultati raggiunti”. Si evidenziava e si sottolineava anche “il massimo impegno del governo albanese”, grazie al quale erano stati conseguiti dei “continui progressi” nel percorso come Paese candidato per l’adesione nell’Unione europea. Ma, diversamente dai precedenti, il rapporto per il 2022 sull’Albania, per la prima volta dal 2014, evidenzia alcune problematiche. Problematiche dalle qualli, nonostante il “linguaggio diplomatico” usato da coloro che hanno redatto il rapporto, si capisce che non possono essere solo quelle elencate. Si capisce, in base ad un sano ragionamento, che quelle sono causate da altre problematiche, non evidenziate nel rapporto, ma che, purtroppo, sono ben presenti, gravi e preoccupanti. Si, perché, se si afferma che “…Le misure contro la corruzione continuano ad avere, in generale, un limitato impatto”, si capisce che la corruzione è stata ben presente in Albania anche prima. Era presente anche negli anni precedenti, quando non risultava per niente nei rapporti della Commissione europea sull’Albania. Chissà perché?! Si sa però, in base a molte esperienze da altri Paesi, che la corruzione non può nascere e diventare un problema solo in pochi mesi. Il nostro lettore è stato informato a tempo debito e a più riprese di certi rapporti “molto positivi”, zuccherati e per niente realistici della Commissione europea sull’Albania. Così come è stato informato anche dei palesi “atteggiamenti protettivi” dei massimi rappresentanti istituzionali della Commissione europea nei confronti del primo ministro albanese (Era troppo presto per dimenticare, 6 marzo 2017; Irresponsabili falsità e fandonie da Bruxelles, 11 dicembre 2017; Di nuovo falsità e fandonie da Bruxelles, 26 marzo 2018; Soltanto per merito, 23 aprile 2018; Patti con Satana e irritanti bugie, 3 giugno 2019; Ciarlatani e corrotti di alto livello istituzionale; 19 dicembre 2022 ecc..). Ma qualcosa dovrebbe aver costretto coloro che hanno redatto ed approvato il rapporto della Commissione europea sull’Albania per il 2022 ad elencare alcune delle problematiche, ma certamente non tutte. Forso i clamorosi scandali milionari che si susseguono e che coinvolgono direttamente i massimi livelli del potere politico ed istituzionale, primo ministro compreso. Scandali che non possono più “sfuggire” all’attenzione di chi di dovere anche nella Commissione europea. O forse si tratta di una nuova “strategia d’approccio”? Chissà. Sarà il tempo però, quel perenne galantuomo, che chiarirà tutto e ce lo farà sapere. A proposito di “strategie”, l’autore di queste righe ricorda e cita spesso una frase molto significativa e sempre attuale, tratta dal noto romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Una frase detta da Tancredi allo zio, il principe di Salina, mentre in Sicilia stavano avanzando i garibaldini. “Zio, se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”!

    Nel sopracitato rapporto, per il 2022, della Commissione europea sull’Abania si afferma, altresì, che “Nei confronti degli alti rappresentanti (delle istituzioni governative e statali; n.d.a.) ci sono state alcune condanne definitive per delle accuse di corruzione, ma fino ad adesso nessuna condanna si riferisce alla qualifica degli atti di corruzione come un crimine grave”. Una simile constatazione evidenzia però una ben più grave realtà, sull’esistenza della quale sono direttamente responsabili sia le strutture specializzate del governo, che quelle del sistema “riformato” della giustizia. Si capisce perciò che chi ha l’obbligo costituzionale, legale ed istituzionale di combattere la corruzione non ha fatto ancora il proprio dovere. Lo afferma, sempre con il solito “linguaggio diplomatico”, anche il rapporto per il 2022 sull’Albania, quando si riferisce alla Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata. Una struttura, quella costituita nel novembre 2019, nell’ambito della ristrutturazione del sistema “riformato” della giustizia, che è presentata come un “vanto” sia dal primo ministro albanese che dai soliti “rappresentanti internazionali” in Albania. Nel rapporto per il 2022 della Commissione europea sull’Albania si afferma che quella struttura “deve avere un approccio proattivo per lottare contro la corruzione negli alti livelli”. E poi, sempre riferendosi alla stessa struttura, si evidenzia che ci sono dei “disaccordi tra l’alto numero delle indagini e il numero delle condanne definitive”. Soprattutto quando le persone ufficialmente denunciate e indagate sono molto altolocate. Primo ministro in testa. Anzi la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata sarà veramente e realmente credibile, sarà un vanto per tutti, quando, in base alla legge e solo alla legge, aprirà e svolgerà delle indagini incondizionate, serie e professionali proprio a carico di quelle persone altolocate, partendo dal primo ministro. Anche perché quanto sta accadendo in Albania durante questi ultimi anni porta direttamente al primo ministro! Almeno istituzionalmente.

    Nel sopracitato rapporto si evidenzia anche che “L’aumento del numero delle condanne definitive dei funzionari di alto livello deve essere una priorità importante”. Ma, fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti documentati e denunciati pubblicamente testimoniano che, purtroppo, la Struttura speciale contro la Corruzione e la Criminalità organizzata sia stata molto selettiva nei casi trattati, “mettendo in soffitta” tanti casi molto sensibili e pubblicamente denunciati. Le cattive lingue da tempo stanno dicendo che quella struttura è direttamente controllata dal primo ministro e/o da chi per lui. Elencando anche molti casi significativi e pubblicamente noti. E, come sempre, le cattive lingue difficilmente sbagliano in Albania. Si capisce però che la corruzione esiste ed è diffusa, partendo dai più alti livelli del potere politico, dell’amministrazione pubblica, centrale e/o locale e delle istituzioni governative e statali e si sta cercando, da chi di dovere, di trattarla non con la dovuta responsabilità e serietà. In più, non essendo qualificata la corruzione “un crimine grave” in nessuna delle condanne fatte, come si evidenzia nel rapporto, testimonia una perfida e ben ideata “strategia protettrice” per tutti, nel malaugurato caso ci si dovesse affrontare con l’accusa di corruzione. E potrà capitare a molti, visto che si tratta di un fenomeno così diffuso.

    Ma la corruzione non è e non poteva essere, purtroppo, la sola seria preoccupazione in Albania. Si, perché fatti accaduti e che stanno tuttora accadendo, fatti documentati e pubblicamente denunciati alla mano, testimoniano palesemente che è altrettanto grave e preoccupante anche l’abuso del potere conferito, partendo sempre dai più alti livelli del potere politico ed istituzionale, per poi diffondersi, gerarchicamente, su tutti i livelli subordinati. Purtroppo, nel rapporto ufficiale della Commissione europea sull’Albania per il 2022 non si fa nessun chiaro e dovuto riferimento al abuso del potere. Così come non si fa nessun chiaro e dovuto riferimento neanche ad un’altra grave, preoccupante e pericolosa problematica, come quella del riciclaggio del denaro sporco. Denaro proveniente non solo dalla diffusa corruzione, ma anche e soprattutto dalle attività della criminalità organizzata locale ed/o internazionale. Così come non si fa nessun chiaro riferimento neanche ad altre gravi, preoccupanti e pericolose problematiche, vissute e sofferte quotidianamente in Albania. Alcune delle quali contestate in precedenza anche da alcuni rappresentanti della stessa Commissione europea. Come il disegno di legge sull’amnistia fiscale, ma anche sui cosiddetti “passaporti d’oro”, oppure sugli appalti del tutto non trasparenti, in palese violazione con le leggi in vigore in Albania. E anche con quanto è previsto nell’Accordo di Associazione e Stabilizzazione dell’Albania con l’Unione europea, entrato in vigore nell’aprile 2009. Il caso del porto di Durazzo ne è una palese e molto significativa dimostrazione e testimonianza di una simile violazione di quell’Accordo. Il nostro lettore, anche di tutti questi casi è stato sempre e a tempo debito informato durante questi ultimi anni. Chissà perché non sono stati evidenziati tutti questi casi però nel rapporto per il 2022 della Commissione europea sull’Albania?!

    Nel 1989, durante il vertice G7 di Parigi, è stata costituita una struttura ormai nota come FATF (Financial Action Task Force on Money Laundering, n.d.a.), nota anche come GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria; n.d.a.). Gli Stati membri del G7, preoccupati dalle simili realtà con le quali si dovevano affrontare, decisero di combattere insieme i reati dovuti ai finanziamenti delle attività illecite, al riciclaggio del denaro sporco ed al finanziamento delle attività terroristiche, dovunque si presentassero. Perciò FATF rappresenta e funziona come una struttura intergovernativa. Partito con soli 7 membri nel 1989, attualmente FATF annovera 39 membri. Ci sono anche altri Paesi e organizzazioni specializzate internazionali che figurano come membri associati e come membri osservatori. Nel 1997 è stato costituito un’altra struttura nota come MONEYVAL (Committee of Experts on the Evaluation of Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism – Comitato d’Esperti per la Valutazione delle Misure contro il Riciclaggio di Denaro e il Finanziamento del Terrorismo; è una struttura di monitoraggio del Consiglio d’Europa; n.d.a.). Si tratta di una struttura specializzata del Consiglio d’Europa che ha come compito principale quello di combattere il riciclaggio del denaro. In più MONEYVAL collabora strettamente con FATF, usando ed applicando i suoi stessi standard. Ebbene, sia FATF che MONEYVAl da anni hanno rapportato l’Albania come uno dei Paesi problematici per il riciclaggio del denaro sporco. Ragion per cui hanno inserito l’Albania nella cosiddetta “zona grigia” dal 2020. Il che significava che l’Albania deve essere un Paese “sorvegliato e sotto un allargato monitoraggio”. Bisogna sottolineare che secondo le normative che regolano il funzionamento di MONEYVAL, si stabilisce che “Gli Stati possono essere messi sotto sorveglianza allargata nel caso in cui si identificano delle serie incompatibilità con gli standard….”. Ma niente di tutto ciò è stato evidenziato nel rapporto per il 2022 della Commissione europea sull’Albania! Chissà perché?!

    Chi scrive queste righe è convinto che la corruzione, l’abuso di potere conferito, a tutti i livelli, il riciclaggio del denaro sporco e molto altro sono, purtroppo, delle realtà preoccupanti e pericolose non solo per l’Albania, ma anche per altri Paesi. Italia compresa. Chi scrive queste righe è altresì convinto, sempre fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, che il primo ministro albanese è, almeno istituzionalmente, il diretto responsabile di queste realtà. Lui che è il rappresentante istituzionale di una pericolosa alleanza tra il potere politico, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti locali ed internazionali. Il nostro lettore, è stato informato di molti fatti inconfutabili, che portano ad una simile conclusione.

    Chi scrive queste righe pensa che di queste realtà gravi, preoccupanti e molto pericolose devono essere ben informati anche tutti i rappresentanti statali, governativi ed istituzionali europei ed altri quando programmano di incontrarsi, anche per poco, con il primo ministro albanese. Chi scrive queste righe pensa che doveva essere stata ben informata anche la Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, che nei giorni scorsi ha accettato “l’invito amichevole” proprio del primo ministro albanese per passare alcuni giorni insieme nella costa ionica dell’Albania. Un’occasione ghiotta quella per l’anfitrione che, come sempre quando si trova in difficoltà, cerca di approfittarne. E lui, bugiardo e ingannatore innato e senza nessun freno morale, si è sentito in questi giorni un “fratello d’Italia”, riferendosi al partito della presidente Meloni. Mentre con il suo operato dà ragione alla convinzione di Montesquieu cheè una esperienza che sempre si ripete nella storia il fatto che qualsiasi uomo abbia del potere è portato ad abusarne”.

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