Ambiente

  • Il benessere dell’umanità

    “Il benessere dell’umanità è sempre l’alibi dei tiranni”, Albert Camus

    Da sempre l’ideologia rappresenta lo strumento attraverso il quale giustificare una scelta anche di natura economica la quale altrimenti sarebbe ingiustificabile. Questo è quanto accade, ora, in merito alla transizione verso una mobilità elettrica, sostenuta proprio da quelle compagini politiche che hanno visto crollare i propri modelli politici e di sviluppo con la caduta del Muro di Berlino lasciandoli senza riferimenti. L’attenzione e la sete di riscossa politica si spostano quindi verso il modello di vita e consumi occidentale.

    In questo contesto allora ecco la lotta alla mobilità indipendente possibile grazie all’utilizzo delle autovetture private ed al loro “impatto”.

    L’auto  risulta responsabile dell’1% delle emissioni di CO2, la cui riduzione del 50% sarebbe ottenibile semplicemente attendendo la normale conversione delle vecchie auto o magari attraverso una incentivazione fiscale alle classe di emissione euro 6.

    Quindi, in considerazione del fatto che l’Italia risulta responsabile dello 0,7% delle emissioni totali e l’intera Europa del 6,5%, tanto le emissioni attuali di CO2 (1%), attribuibile alle auto, quanto la loro riduzione del 50% risulterebbero già di per sé  marginale in rapporto alle conseguenze economiche e sociali legate ad un avvento dell’auto elettrica cinese. Basti ricordare, infatti, come il settore Automotive in Europa rappresenti dodici milioni di posti di lavoro, circa mille miliardi di entrate fiscali ed il 12% del PIL.

    In relazione, poi, alle polveri sottili andrebbe ricordato come ad un grammo emesso da un motore endotermico ne corrispondano 1850 grammi attribuibili alla resistenza al rotolamento dei pneumatici che diventano 3850 nel caso di una guida più nervosa, ma comunque all’interno dei limiti imposti dal Codice della strada.

    Come logica conseguenza emerge evidente come il problema dell’impatto ambientale nella mobilità sia  più legato, in relazione alle polveri sottili, agli pneumatici che non al motore endotermico.

    Viceversa, la deriva strategica intrapresa dall’Unione Europea e soprattutto dalla sua Commissione trova la propria ragione in una scelta puramente ideologica nella quale la leva ambientalista rappresenta il fattore scatenante.

    Contemporaneamente in Cina negli ultimi due anni sono stati autorizzate le produzioni di 218 GW da centrali a Carbone (1 GW, 1 miliardo di Watt), quindi sono centinaia le centrali a carbone che la Cina sta costruendo in questo momento per alimentare il proprio sviluppo, e quindi anche l’industria automobilistica cinese, con un vita media compresa tra i 50 e i 75 anni, quindi operative fino alla fine del secolo in corso.

    In questo contesto basti ricordare come le emissioni delle centrali a carbone rappresentino un quinto di quelle totali e metà sia  localizzata in Cina ma in continua crescita.

    Pensare di utilizzare i prodotti di una economia malsana, con il primato mondiale dell’impatto ambientale, rappresenta, all’interno di una politica attenta ad un equilibrio ambientale, sia nel settore Automotive come in precedenza avvenne con il tessile abbigliamento,

    la strategia a più alto tasso di inquinamento che la UE potesse adottare.

    La sola giustificazione che possa sostenere il blocco della vendita e produzione dei motori endotermici a partire dal 2035 può venire considerata solo come espressione in un cieco furore ideologico che da sempre rappresenta il modo per sostenere quanto altrimenti risulterebbe assolutamente ingiustificabile e sempre in nome del bene comune.

  • Il depauperamento di flora e fauna accelera, 45.300 specie rischiano di estinguersi

    Secondo il Living Planet Report 2024 del Wwf le popolazioni globali di animali selvatici (il numero di esemplari), in mezzo secolo sono crollate del 73%, aumentando di velocità rispetto a quanto rilevato dalla precedente rilevazione (allora il dato era del 69%). Lo studio condotto assieme alla Zoological Society of London ha monitorato quasi 35mila popolazioni di 5.495 specie di vertebrati – mammiferi, pesci, anfibi e rettili – ed ha riscontato che il calo più forte si è registrato negli ecosistemi di acqua dolce – laghi e fiumi – dove la sparizione è dell’85% e, a seguire, negli habitat terrestri (-69%) e marini (-56%).  Geograficamente, il calo più marcato delle popolazioni animali esaminate ha avuto luogo in America Latina e nei Caraibi, con un calo addirittura del 95%, ma anche Africa (-76%) e Asia e Pacifico (-60%) offrono un quadro desolante. «La situazione è catastrofica», è stata la sentenza del Wwf e della Zsl.

    Oggi le specie a rischio eliminazione possiamo spaziano dagli elefanti del Borneo (non ne sopravvivono più di 1.000, vittime del disboscamento e del bracconaggio) agli elefanti africani di foresta (se ne sono salvati uno su 5, presi di mira per le zanne d’avorio); dagli squali volpe, diminuiti nel Mar Ionio e nell’Adriatico dell’80% in 15 anni, ai delfini di Hector, ridotti a un manipolo di 8mila unità nel Pacifico neozelandese, massacrati dalla pesca incontrollata e dai motori dei mercantili; dalle femmine nidificanti di tartaruga marina embricata sull’isola Milman, in Australia (-57%) al piccolo delfino Sotalia nella riserva amazzonica di Mimirauà (-75%).

    Complementare al report Wwf-Zsl, che registra la contrazione delle popolazioni animali, la lista redatta e aggiornata con puntualità dall’Unione mondiale per la conservazione della natura, l’Iucn, conta le specie selvatiche in pericolo di estinzione: 45.300. Il 41% degli anfibi, il 26% dei mammiferi, il 34% delle conifere, il 37% degli squali, il 21% dei rettili. Perfino le piante grasse possono diventarlo: l’82% delle specie di Cactus copiapoa è a rischio di scomparire, rispetto al 55% di 10 anni fa: originarie del deserto costiero di Atacama in Cile, sono specie ornamentali di moda in Europa e Asia, con conseguente, letale aumento del commercio illegale.

  • Sempre più necessario un corpo di soccorso europeo

    Mentre si raccolgono i morti annegati nell’acqua e nel fango ed altri rischiano malattie per l’ambiente contaminato nel quale sono costretti a vivere da giorni, decine di migliaia di persone sono senza acqua, luce, cibo e si assommano recriminazioni e denunce, appare evidente l’incapacità ed impreparazione delle istituzioni di fronte ad una grave calamità naturale.

    Se l’allarme è stato dato con colpevole ritardo, con la conseguenza di quei morti nel garage o nelle macchine, per le strade o nei negozi, è ormai evidente che anche i soccorsi non sono stati attivati immediatamente e non vi sia stata la necessaria quantità di uomini e mezzi  a fare fronte alla immensa devastazione.

    Ancora una volta la gran parte del lavoro, nell’immediato ed anche dopo ore e giorni, è stato a carico dei volontari, dei civili, della gente comune, scene che avevamo in parte visto con le alluvioni in Romagna anche se la distruzione dentro la città di Valencia non ha paragoni con altre pur terribili sciagure.

    Il volontariato non può sostituirsi alle strutture pubbliche, non ne ha i mezzi mentre sembra invece che sempre più le istituzioni lascino compiti a loro propri ai privati.

    L’aumento in Europa di calamità naturali, di una violenza un tempo sconosciuta, dovrebbe far comprendere alla Commissione ed al Consiglio la necessità urgente di un corpo di soccorso europeo, specializzato al massimo, pronto a partire 24 ore su 24 con mezzi a disposizione, aerei cargo, per portare i soccorsi necessari nell’immediatezza dell’evento catastrofico. Un corpo di soccorso europeo che possa intervenire in aiuto alle popolazioni colpite e di supporto alle forze di soccorso che i governi nazionali mettono in campo.

    Anche con queste iniziative si costruisce l’Europa unita e si contrastano le tragedie che sempre più costantemente ci colpiscono.

  • Diminuite di oltre l’8% nel 2023 le emissioni di gas a effetto serra dell’UE grazie alla crescita delle energie rinnovabili

    La Commissione europea ha pubblicato la relazione 2024 sui progressi dell’azione per il clima, da cui emerge che le emissioni nette di gas a effetto serra dell’UE sono diminuite dell’8,3% nel 2023 rispetto all’anno precedente. Si tratta del più marcato calo annuo degli ultimi decenni, con l’eccezione del 2020, quando la pandemia di COVID-19 comportò riduzioni delle emissioni del 9,8 %. Le emissioni nette di gas a effetto serra sono oggi inferiori del 37% rispetto ai livelli del 1990, mentre nello stesso periodo il PIL è cresciuto del 68%, a dimostrazione della sempre crescente disassociazione delle emissioni dalla crescita economica. L’UE rimane dunque sulla buona strada per mantenere l’impegno di ridurre le emissioni di almeno il 55 % entro il 2030.

    Mentre la relazione contiene notizie incoraggianti sulle riduzioni delle emissioni dell’UE, bisogna sottolineare anche che durante l’anno scorso a causa dei cambiamenti climatici si sono verificati più eventi catastrofici e più perdite di vite umane e di mezzi di sussistenza, mentre le emissioni globali non hanno ancora raggiunto il loro picco. È quindi necessaria un’azione costante per garantire che l’UE raggiunga i suoi obiettivi per il 2030 e si avvii sulla strada giusta per conseguire l’obiettivo prefissato per il 2040 e il traguardo di azzerare le emissioni nette entro il 2050. L’UE deve inoltre proseguire il suo impegno internazionale, a partire dalla COP29 del mese prossimo, per fare sì che anche i nostri partner internazionali adottino le misure necessarie.

  • Luci spente a Notre-Dame di Strasburgo per risparmio energetico

    Un nostro lettore ci segnala un articolo tratto dalla rivista ‘Tempi’ che pubblichiamo di seguito

    L’ultima deriva delle iniziative degli pseudo ambientalisti è stata registrata a Strasburgo, dove la sindaca ecologista, Jeanne Barseghian, ha deciso, a partire dalle 23, di spegnere l’illuminazione della cattedrale della città alsaziana in nome della “politica di sobrietà energetica” del suo Comune. «Questo spegnimento anticipato non è semplicemente un risparmio economico. Per la città di Strasburgo si tratta di dare l’esempio in un momento in cui si chiede a tutti i cittadini di impegnarsi per risparmiare energia», si è difesa la giunta ecologista.

    Prima di settembre, le luci di Notre-Dame de Strasbourg, gioiello dell’arte gotica con il suo meraviglioso “Pilastro degli Angeli” che Victor Hugo descrisse come un “prodigio di grandezza e leggiadria”, venivano spente all’una di notte. Il costo del risparmio energetico per il Comune? 4,80 euro al giorno di elettricità.

    «23.04, una tristezza inaudita», ha scritto pochi giorni fa su X il fotografo Olivier Hannauer, che per primo ha lanciato l’allarme sulla follia green della sindaca. Da quando al Comune c’è Eelv, «la città è piombata progressivamente nell’oscurità. Le chiese, i musei, i ponti», ha denunciato Hannauer. La sua battaglia estetica per restituire agli abitanti di Strasburgo il loro “faro”, come ama definire Notre-Dame, ha spinto Barseghian a fare retromarcia e a ripristinare momentaneamente “l’illuminazione abituale della cattedrale”. Ma quanto durerà?

    Jean-Philippe Vetter, capogruppo dell’opposizione gollista, ha parlato di una vittoria «di tutti quelli che amano Strasburgo», sottolineando tuttavia che la battaglia contro le derive dell’ecologismo deve essere combattuta ogni giorno.

  • Dalla Commissione 116 milioni di euro alla Germania e l’Italia nella ripresa da catastrofi naturali

    La Commissione propone 116 milioni di euro di assistenza finanziaria a titolo del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE) per aiutare la Germania e l’Italia a far fronte alle conseguenze delle gravi inondazioni di maggio e giugno 2024.

    La proposta di finanziamento fa seguito alle domande di assistenza del FSUE presentate dai paesi interessati, che hanno fornito alla Commissione valutazioni dei danni comprensive di stime. Il sostegno ammonterebbe a 112,07 milioni di euro per la Germania per i danni causati dalle inondazioni in Baviera e Baden-Württemberg alla fine di maggio 2024 e a 3,96 milioni di euro per l’Italia a sostegno degli sforzi di ripresa dopo le inondazioni che hanno colpito la Valle d’Aosta nel giugno 2024.

    Il sostegno del FSUE coprirà una parte dei costi delle operazioni di emergenza e di recupero, comprese la riparazione delle infrastrutture danneggiate e la messa in sicurezza delle infrastrutture di prevenzione, la salvaguardia del patrimonio culturale e le operazioni di pulizia.

    Una volta che la proposta della Commissione sarà approvata dal Parlamento e dal Consiglio, l’aiuto finanziario potrà essere erogato in un’unica rata. Gli interventi di emergenza e di recupero possono essere finanziati retroattivamente dal primo giorno della catastrofe.

  • 2024-1957: è ufficiale, si torna indietro

    Dalle ultime rilevazioni risultano 387.600 auto e furgoni commerciali prodotti nei primi nove mesi nell’anno in corso a differenza dei 567.525 del 2023. Un dato che riporta il Paese al lontano 1957. Contemporaneamente i lavoratori sono passati dai 52.000 del 1989 ai 15.000 attuali.

    La specificità italiana della crisi dell’automotive si inserisce all’interno dell’Unione Europea con un delirio ideologico che vede colpire l’intero settore industriale dell’automobile (che vale circa 12 milioni di posti di lavoro il 12% del PIL e 1.000 di tasse) per l’applicazione di protocolli ambientalistici assolutamente irraggiungibili i quali, per contro, tendono a favorire la sola Cina. Questa, va ricordato, come non solo finanzi le prime cinque case automobilistiche cinesi ma fornisce loro un’energia a basso costo prodotta dalle centrali a carbone, in quanto interpreta l’auto elettrica come un elemento decisivo per conseguire l’obiettivo di allargare all’Europa la propria ingerenza politica ed economica.

    Ammesso, allora, che ci sia ancora la possibilità di invertire questo trend, quali potrebbero essere le prime scelte operative e strategiche da adottare?

    In puro ordine numerico:

    1. Rinvio di cinque anni dell’introduzione delle normative Euro7.
      2. Annullamento immediata del divieto di vendita e produzione di motori endotermici nell’Unione Europea fissata al 2035, anche in considerazione che si è passati dal cavallo al motore a scoppio non certo attraverso un decreto regio
    2. Sostegno fiscale a tutte quelle aziende che diminuiscano, per unità di prodotto, l’energia utilizzata indipendentemente dalla sua natura.
    3. Abbandono dell’utopia di una decarbonizzazione a favore di una riduzione fiscalmente incentivata dell’utilizzo di ogni forma di energia, in quanto anche quella cosiddetta green richiede una quantità di risorse finanziarie pubbliche, e quindi di un costo sociale insostenibile e che drena risorse al bilancio statale riducendo la stessa spesa sociale.
    4. L’adozione di un protocollo sulla base del quale ogni iniziativa economica e strategica in Europa venga giudicata in rapporto ai posti di lavoro creati a tempo indeterminato e con una retribuzione dignitosa, piuttosto che sulla base di deliranti visioni politiche ed ideologiche.
      6. Incentivazione fiscale per ottenere progressivamente nel giro di 5/10 anni un parco macchine circolante di automobili Euro 5 o Euro 6 il quale permetterebbe la riduzione del 50% dell’attuale quantità di CO2 emessa dalle auto, pari al solo 1% delle emissioni complessive del nostro Paese.
      7. La distruzione della filiera del tessile abbigliamento in Italia ed in Europa successivamente alla sospensione dell’accordo Interfibre dovrebbe suggerire lo scenario futuro riservato al settore Automotive europeo esposto ad una totale transizione verso una insensata mobilità elettrica di pura genesi ideologica ed interesse politico.
      8. Considerare la Cina come un partner commerciale ma non certo un alleato e, viceversa, favorire ogni alleanza politiche e strategica con l’India la quale rappresenta l’unico contrappeso politico ed economico all’interno dei Brics.
      9. Riportare il sistema industriale al centro dello sviluppo in quanto, seppur ancora oggi in termini energetici venga considerato energivoro, presenta un fabbisogno energetico decisamente inferiore a quello richiesto dalle sole Major dell’economia digitale.
      10. Colpire l’automobile credendo di diminuire le emissioni offre lo spessore della “ideologica competenza” in quanto in Irlanda i Data System inquinano più delle abitazioni mentre Google e Microsoft inquinano quanto la Croazia.
    5. In termini europei, in più, solo il riconoscimento delle specificità economiche dei diversi paesi che compongono l’Unione può assicurare un supporto decisivo al conseguimento dei traguardi di sviluppo e sostenibilità, e non certo attraverso un’unica ed onnicomprensiva politica economica ma solo attraverso diverse politiche specifiche per ogni realtà economica.

    Ma soprattutto, e siamo al punto 12, riportare il concetto del lavoro, e la dignità che è in grado di assicurare, al centro dell’attenzione della politica come elemento fondamentale per assicurare una vita democratica ad ogni cittadino europeo.

    N.B. si fa notare come il termine “dazi” non si stato usato in quanto, pur rappresentando un legittimo strumento di difesa, certifica troppo spesso il ritardo, da verificare se colposo o peggio doloso, di una intera classe politica e dirigente nella comprensione delle dinamiche di mercato ampiamente prevedibili.

  • Accordo tra società europee ed algerine per produrre idrogeno verde

    Sonatrach (Algeria), Sonelgaz (Algeria), Vng (Germania), Snam (Italia), SeaCorridor (partnership tra Eni e Snam) e Verbund Green Hydrogen (Austria) hanno firmato il 14 ottobre un memorandum d’intesa per condurre gli studi necessari e valutare la fattibilità e la redditività di un progetto integrato per la produzione di idrogeno verde in Algeria al fine di rifornire il mercato europeo attraverso il SoutH2 Corridor. Lo si apprende da un comunicato stampa di Sonatrach. La cerimonia di firma si è svolta presso il Centro congressi di Orano ed è stata presieduta dal ministro dell’Energia e delle Miniere algerino, Mohamed Arkab, alla presenza del presidente e amministratore delegato del Gruppo Sonatrach, Rachid Hachichi, del presidente e amministratore delegato di Sonelgaz, Mourad Adjal, del Chief International Officer di Snam, Sergio Molisani, del presidente e amministratore delegato di SeaCorridor, Francesco Caria, dell’amministratore delegato di Verbund Green Hydrogen, Franz Helm, e di Hans-Joachim Polk, membro del Consiglio di amministrazione di Vng.

    Il memorandum d’intesa consentirà alle parti di esaminare congiuntamente l’opportunità di realizzare un progetto integrato multi-stakeholder lungo la catena del valore dell’idrogeno verde utilizzando il SoutH2 Corridor, si legge nella stessa nota. Il corridoio “svolgerà un ruolo fondamentale nella riduzione della dipendenza energetica dalle energie fossili e nella promozione di una transizione energetica verso un’economia sostenibile e a basse emissioni di carbonio. La realizzazione di questo ambizioso progetto ha il potenziale per soddisfare il fabbisogno europeo di energia verde e permetterà di rafforzare la posizione dell’Algeria come importante fornitore di energia all’Europa”, conclude la nota.

  • Gli Stati membri dell’UE sostengono la proposta della Commissione di imporre dazi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina

    La proposta della Commissione europea di istituire dazi compensativi definitivi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina ha ottenuto il sostegno degli Stati membri dell’UE necessario per l’adozione dei dazi. Si tratta di un ulteriore passo in avanti verso la conclusione dell’inchiesta antisovvenzioni della Commissione.

    Parallelamente l’UE e la Cina continuano a lavorare intensamente per esplorare una soluzione alternativa che sia pienamente compatibile con l’Organizzazione mondiale del commercio, adeguata ad affrontare le sovvenzioni pregiudizievoli accertate dall’inchiesta della Commissione, monitorabile e applicabile.

    Un regolamento di esecuzione della Commissione contenente le conclusioni definitive dell’inchiesta deve essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale entro il 30 ottobre 2024.

  • La via Emilia (e Romagna) secondo Albasi: salute, sicurezza e territorio

    Salute, territorio e sicurezza sono i tre temi che Lodovico (Lello) Albasi, sulla base della sua esperienza come sindaco di Travo dal 2009 al 2024, viceprresidente dell’Unione Montana valli Trebbia e Luretta con delega alla scuola e ss45 (dal 2019 al 2024) e oggi di consigliere provinciale (con delega alla viabilità, trasporto e ss45), indica come prioritaria per l’Emilia Romagna, in vista del rinnovo del governo regionale alle elezioni del 17-18 novembre.

    Dire che la salute deve essere una priorità è facilissimo: primum vivere. Ma in concreto cosa significa?

    «Nonostante la recente buona partenza dei Cau (Centro di Assistenza Urgenza), dobbiamo proseguire a rafforzare l’offerta di cura ai cittadini adeguando i servizi della rete degli ospedali di comunità, migliorandone la regia per evitare sovrapposizioni e aprendo snelle strutture di prossimità nei quartieri. In tal modo si ridurranno drasticamente liste e tempi d’attesa, lasciando ai Pronto Soccorso solo la gestione delle emergenze. L’invecchiamento della popolazione impone la necessità di avere un occhio di riguardo per le persone anziane, sia per favorirne la qualità di vita, sia per ridurre il costo sociale delle patologie croniche. In questo caso la telemedicina può essere di grande aiuto per evitare trasferte disagevoli, anche riguardo i disabili, lasciandoli nel proprio ambito familiare, nel rispetto della loro dignità. Obiettivo che potremo raggiungere con la collaborazione dei medici di base che, se riusciamo a sgravarli da un carico burocratico troppo spesso oneroso, possono tornare ad offrire la propria professionalità ed avere un rapporto più stretto col paziente.

    Discorso a parte merita il nuovo polo ospedaliero che coprirà una superficie di 117mila metri quadri con 498 posti letto e 8 sezioni sanitarie. Oggi è più che mai urgente recuperare velocemente tutte le risorse necessarie e accelerare i lavori per portare a completamento l’intera opera e l’adeguamento delle infrastrutture viabilistiche».

    Ecco appunto: parliamo di sostenibilità di bilancio. La sanità pubblica non si paga, non direttamente. Eppure si paga, perché occorre trovare le risorse nel bilancio della pubblica amministrazione.

    «Il PNRR ha stanziato 1 miliardo di euro per realizzare 307 Ospedali di comunità entro il 2026. Si tratta di strutture sanitarie territoriali, rivolte a pazienti che, a seguito di un episodio di acuzie minore o per la riacutizzazione di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente erogabili a domicilio, ma che necessitano di assistenza e sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, non erogabile a domicilio o in mancanza di idoneità del domicilio stesso (strutturale o familiare). Realizzare nella nostra provincia e soprattutto in quelle aree pedemontane penalizzate dai servizi, servizi diagnostici dislocati in punti strategici del territorio, per facilitare l’accesso in modo rapido e snello a tutti, sarebbe per me un traguardo di civiltà: le persone non possono sottostare a lunghi trasferimenti e attese, devono poter contare su un servizio di maggiore vicinanza».

    Primum vivere significa anche non dover gravare sulla sanità pubblica in seguito a violazioni della propria incolumità personale…

    «Mi piacerebbe che ci fosse un maggiore e migliore coordinamento tra i vari organismi preposti al controllo e alla sicurezza del territorio, introducendo anche il controllo di vicinato. Obiettivi che si possono raggiungere incrementando gli ausili di video sorveglianza e, soprattutto, potenziando le forze dell’ordine che attualmente sono sotto dimensionate».

    Anche la natura, mi si perdoni la mezza battuta, in Emilia Romagna pare piuttosto aggressiva, ogni anno…

    «Il cambiamento climatico sta mettendo in evidenza una fragilità dovuta troppo spesso alla mancanza di interventi non realizzati nel passato. Il dissesto idrogeologico ha ormai carattere di emergenza: è urgente fare un programma serio di messa in sicurezza e ripristino di aree trascurate che comprenda anche un progetto di viabilità. Facilitare l’accesso alle nostre valli consentirebbe anche di sviluppare un turismo di qualità, abbiamo un’offerta incredibile di borghi antichi, castelli medievali, boschi, percorsi enogastronomici, trekking. Sono luoghi unici, con identità esclusive, ricchi di eccellenze da scoprire che potrebbero favorire lo sviluppo di strutture ricettive diffuse. Le valli sono il polmone verde della nostra Provincia, tutelarle significa molto per la salute di tutti i piacentini».

    Stiamo parlando di tutela del territorio o di marketing territoriale?

    «È difficile fare una graduatoria delle bellezze e delle opportunità che offrono le nostre splendide valli, ma dovendo fare una scelta al primo posto metterei territorio e persone. Territorio come immensa varietà paesaggistica, biodiversità, storia, cultura, buona cucina e salubrità. Persone come depositarie di grandi valori legati alla tradizione, al reciproco sostegno, alla forza di carattere e a un bagaglio di preziose conoscenze che non può andare perduto. Sono cresciuto in queste zone e vado fiero del senso di comunità che mi è stato trasmesso. Quando mi guardo intorno e mi riempio di queste bellezze, quando osservo come vive e agisce la gente cresce in me un grande desiderio di migliorare le condizioni di vita, di offrire più opportunità ai giovani, di muovere l’economia, di valorizzare e tutelare queste terre. Affinché queste valli possano diventare luoghi veramente sostenibili, da ogni punto di vista: sociale, economico e ambientale».

    Touché, mi ha preso proprio alla lettera. Ma torniamo al nocciolo della domanda iniziale: la protezione rispetto alla natura matrigna.

    «Che la Pianura Padana sia una delle zone più inquinate d’Europa è cosa risaputa, la conformazione geografica, chiusa tra arco alpino e appenninico, non permette all’aria di circolare come dovrebbe. Piacenza mostra un carico di inquinamento maggiore a causa del traffico, del polo logistico e dell’agricoltura, un recente rapporto di Legambiente la colloca tra le 9 città più inquinate in Italia e la prima a livello regionale. Qualcosa è stato fatto per migliorare questo parametro, infatti le rilevazioni 2023 dell’Arpa hanno registrato un miglioramento, ma non è sufficiente soprattutto perché a breve entreranno in vigore le nuove direttive europee ancora più restrittive. Ritengo si debba superare l’abitudine ad intervenire con azioni di emergenza, come il blocco del traffico per esempio, e progettare un piano integrato che comprenda interventi più sostenuti sul fronte della viabilità (bike e car sharing), della transizione digitale, della transizione energetica, della riduzione di emissioni e del potenziamento del verde cittadino. Ci sono ampi margini per salvaguardare e incrementare il verde, penso per esempio che potremmo creare polmoni verdi attorno alla città con ampi parcheggi per limitare la mobilità in centro come suggerito dal progetto PUMS (Piano Urbano della Mobilità) già in essere e da potenziare. La congestione del traffico e l’aria inquinata si ridurrebbero con una positiva ricaduta sulla salute dei cittadini».

    Problema vero, non voglio passare per negazionista. Mi pare però che al momento sia più urgente quel che dal cielo è precipitato su larga parte della Regione piuttosto che quello di poco pulito che continua ad albergare nell’aria.

    «Se guardo al futuro della mia Regione e della terra nella quale sono nato e cresciuto, vedo gente capace di rialzarsi da terremoti e alluvioni mentre con le maniche della camicia arrotolate riesce a strappare un sorriso e a rinascere dalle rovine. Vedo la gente delle nostre valli così fiera di far parte di una comunità, vedo filari di vigne e alberi da frutto crescere nelle asperità di queste estati roventi, vedo bambini che corrono nei prati e vedo la mia città, Piacenza, che si colora a festa di bianco e di rosso per le celebrazioni della Primogenita d’Italia. Se chiudo gli occhi vedo gente orgogliosa delle proprie origini, sana, capace di fare rete, di accogliere. Vedo una comunità umana e la mia voglia di contribuire al bene comune si fa grande. Perché il benessere condiviso è la base della felicità».

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