Ambiente

  • Niente di nuovo

    Sono nuovamente esondati fiumi e torrenti, si sono verificate frane ed aperte voragini, siamo ancora all’emergenza ed alle inutili dichiarazioni.

    Che i governi precedenti abbiano colpevolmente, per anni, ignorato il problema rendendolo sempre più grave è cosa nota da tempo, quello che invece ci stupisce e preoccupa è che neppure il governo Meloni sembri aver compreso la gravità della situazione.

    I fiumi sono ancora pericolosamente pieni di tronchi e detriti, i letti dei torrenti non sono, neppure quelli in aree più a rischio, stati puliti e messi in sicurezza, vanno a rilento la costruzione delle vasche di compensazione, non c’è la cura del territorio che dovrebbe essere uno dei primari compiti di province e regioni.

    Manca una recente mappatura del territorio per identificare le aree a rischio ed attuare i necessari provvedimenti mentre si continua a costruire ed a cementificare.

    L’Italia ha un considerevole numero di enti preposti al controllo delle acque, cosa stanno facendo, cosa hanno fatto fino ad ora e chi verifica la validità del loro operato?

    Quali amministrazioni, prima di dare le autorizzazioni a nuove costruzioni, hanno effettivamente verificato che le stesse non siano in zone che potrebbero diventare pericolose e quante hanno mappato il loro territorio rispetto alla presenza di case in prossimità di aree a rischio?

    Dobbiamo sempre vivere nell’emergenza o c’è la speranza che qualcosa cambi, che oltre al premierato, alla nuova autonomia delle Regioni, al ponte sullo Stretto ci si possa anche occupare concretamente dei problemi del territorio cioè di tutti noi?

  • Alberi per il nostro futuro

    La biodiversità non è solo un valore, è un’esigenza per la salute umana, per la nostra stessa sopravvivenza.

    Intaccare di continuo la natura con la cementificazione ancora inarrestata, la mancanza di cura dei boschi, il disboscamento selvaggio, la continua sparizione di specie viventi (a partire dagli insetti) sta portando a una perdita di biodiversità che il professor Ferrini, docente di Arboricoltura all’Università di Firenze, stima nella misura del 17% per il 2100.

    Ogni nostra azione porta delle conseguenze per le future generazioni ed è bene tenere in considerazione quanto gli alberi aiutano la vita degli esseri umani, dal contrasto dell’inquinamento all’abbassamento delle temperature nei periodi di maggior calore, alla sopravvivenza e proliferazione degli insetti (senza i quali non ci sarebbero frutti e fiori) e degli uccelli (altrettanto utili all’ecosistema), gli alberi, fin dagli albori della vita sul pianeta, hanno consentito che l’uomo trovasse l’habitat necessario alla sua sopravvivenza.

    Nonostante una maggior sensibilità verso la funzione imprescindibile degli alberi, che vi è stata negli ultimi anni, rimangono ancora tantissimi problemi dovuti alla loro mancanza di cura, spesso sono abbattuti nelle aree coltivate, mentre è invece dimostrato che anche i vigneti producono uva migliore se c’è qualche albero, e alla abitudine di troppi sindaci di abbattere piante, anche secolari, piuttosto che investire nella loro manutenzione, per creare grandi aree cementificate e assolate.

    Gli alberi sono anche molto utili per bonificare terreni inquinati perché estraggono gli inquinanti e li trattengono nei loro tessuti o perché le radici degli alberi stessi trasformano gli inquinanti in composti non tossici.

    In Senegal sono state piantate milioni di mangrovie per proteggere la costa e la Cina, per frenare la desertificazione dei suoli, sta costruendo da anni una grande muraglia di alberi. L’Italia, che ha un grande patrimonio boschivo sugli Appennini, pur con l’impegno di varie associazioni (Legambiente tra esse), è ancora lontana dall’aver compreso appieno il valore e la necessità di rispettare e coltivare gli alberi. Infatti anche i forti stanziamenti dell’Unione europea per rimboschire le aree urbane non stati utilizzati da molti Comuni, tra i quali Milano, o per incapacità o per incuria ed indifferenza o addirittura, come a Milano, perché a forza di cementificare non sono state individuate per tempo aree da piantumare.

    Il 21 novembre si festeggerà come ogni anno la giornata mondiale dell’albero. Speriamo che per quell’occasione il governo, da un lato, e gli amministratori regionali e locali, dall’altro, abbiano qualche buona notizia da darci, abbiano realizzato finalmente qualche progetto concreto.

  • La prima accademia dell’industria a zero emissioni formerà 100mila lavoratori del fotovoltaico

    La Commissione ha presentato l’Accademia per l’energia solare, la prima di una serie di accademie dell’UE che saranno istituite nell’ambito della normativa sull’industria a zero emissioni nette allo scopo di sviluppare le competenze necessarie lungo le catene del valore delle tecnologie a zero emissioni nette. Queste accademie svilupperanno insieme all’industria contenuti e programmi di apprendimento, al fine di garantire competenze e forza lavoro sufficienti nella catena del valore.

    Si stima che, nel solo settore della produzione di energia solare fotovoltaica, entro il 2030 saranno necessari circa 66mila lavoratori qualificati affinché l’Ue consegua i propri ambiziosi obiettivi in materia di energie rinnovabili, garantendo nel contempo la competitività industriale. Nei prossimi 3 anni l’Accademia per l’energia solare mira a formare 100mila lavoratori nella catena del valore del fotovoltaico per affrontare l’attuale carenza di manodopera e competenze nel settore.

    Sulla scorta del modello riuscito dell’Accademia europea delle batterie, l’Accademia per l’energia solare progetterà contenuti di apprendimento insieme all’industria e alle parti interessate della catena del valore del fotovoltaico. Svilupperà inoltre certificati di apprendimento, che attesteranno le competenze acquisite grazie ai corsi di formazione, promuovendo in tal modo anche la mobilità della forza lavoro in tutto il mercato unico. I programmi saranno attuati mediante partner locali: imprese, università, erogatori di istruzione e formazione professionale o di altro tipo con cui l’Accademia firmerà un contratto per l’erogazione dei programmi.

    La Commissione sostiene l’istituzione dell’Accademia per l’energia solare con 9 milioni di euro provenienti dal programma per il mercato unico. Il progetto sarà attuato dall’Istituto europeo di innovazione e tecnologia attraverso la comunità della conoscenza e dell’innovazione EIT Innoenergy.

  • Indagine rivela atteggiamento positivo nei confronti delle auto elettriche in Europa

    Il 57% dei conducenti di automobili non elettriche sta valutando la possibilità di passare a veicoli elettrici, nonostante i costi. E’ quanto emerge da un’indagine dell’osservatorio europeo per i carburanti alternativi condotta in 12 Stati membri dell’UE.

    L’impegno dell’UE a ridurre del 90% le emissioni di gas a effetto serra nel settore dei trasporti entro il 2050 — come stabilito nel Green Deal europeo e nella strategia per una mobilità sostenibile e intelligente — è in linea con questa tendenza, sottolineando il ruolo dei veicoli a zero emissioni. Il nuovo regolamento su un’infrastruttura per i combustibili alternativi promuove la realizzazione di infrastrutture di ricarica pubbliche di facile uso in tutta l’UE.

    Con oltre 19.000 intervistati, l’indagine è una delle principali per quanto riguarda l’atteggiamento dei consumatori nei confronti della mobilità elettrica. I rispondenti, suddivisi tra gli attuali conducenti di veicoli elettrici a batteria e i conducenti di veicoli non elettrici, hanno inoltre evidenziato i benefici per il clima e l’efficienza in termini di costi dei veicoli elettrici a batteria.

    Circa due terzi degli intervistati ritiene che il prezzo rimanga un grande ostacolo. Un terzo prevede tuttavia di acquistare un’automobile elettrica nei prossimi cinque anni.

    L’indagine ha coinvolto partecipanti da Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Slovenia, Spagna e Svezia.

  • Snam e De Nora avviano la costruzione di una Gigafactory a Cernusco sul Naviglio

    Un centro produttivo di circa 25mila metri quadri a Cernusco sul Naviglio (MI) mira a diventare il più grande polo produttivo nazionale di elettrolizzatori per la generazione di idrogeno verde, sistemi e componenti per l’elettrolisi dell’acqua e celle a combustibile. Prende il via il cantiere per la costruzione della Gigafactory guidata da Industrie De Nora – tramite De Nora Italy Hydrogen Technologies S.r.I. (Dniht) -, ha l’obiettivo di diventare polo produttivo di elettrolizzatori sul territorio nazionale, con una capacità che raggiungerà i 2GW equivalenti entro il 2030. Il termine dei lavori è previsto tra la fine del 2025 e i primi mesi del 2026. L’opera punta inoltre a facilitare il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità parte del Green Deal Europeo. L’ordine di grandezza dell’investimento per la Gigafactory a Cernusco sul Naviglio “è sui 100 milioni di euro. Non amiamo dare dettagli su quanto investiamo, siamo gelosi di questi numeri” ha dichiarato Paolo Dellachà, amministratore delegato di De Nora.

    Dnhit e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy hanno firmato lo scorso luglio 2023 un decreto di concessione che ha riconosciuto a Dnhit un importo pari a circa euro 32 milioni in forma di contributo alla spesa a valere sul fondo istituito dal Ministero per il sostegno finanziario alle imprese che partecipano alla realizzazione di Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo (Fondo IPCEI). Il percorso di decarbonizzazione “va sostenuto secondo una visione di neutralità tecnologica e l’Europa punta a diventare leader nella produzione delle tecnologie, anche grazie alla forza che l’Italia può esprimere nella nuova legislatura, anche considerando la maggiore stabilità del nostro governo rispetto a quella degli altri Paesi” ha spiegato il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenuto in video collegamento durante la posa della prima pietra per la Gigafactory.

    L’importo è finanziato tramite risorse del Pnrr. Gli importi destinati alla concessione di agevolazioni a Dnhit potranno essere successivamente integrati fino a circa euro 63 milioni, a seguito delle ulteriori disponibilità derivanti dalle attivazioni destinate al sostegno dell’IPCEI Idrogeno. “Penso si debba fare più e meglio per coniugare la sostenibilità ambientale con quella sociale ed economica. In questo contesto l’idrogeno verde avrà un ruolo preminente” ha aggiunto Urso nel corso del suo intervento. Per questo l’avvio dei lavori qui a Cernusco sul Naviglio “è un’ottima importante e significativa notizia, in considerazione della strategicità dell’opera” ha concluso.

    La realizzazione dell’opera sarà portata avanti in collaborazione con Snam, che in De Nora detiene una quota pari a circa il 21 per cento. La posa della prima pietra “è sempre un evento simbolico che sancisce l’inizio della costruzione per il futuro Net-Zero. Il futuro sarà fatto di energia rinnovabile ma anche di molecole verdi. Questo progetto è strategico perché rappresenta una di quelle opportunità che ci consente di giocare un ruolo come Italia e come Europa all’interno della transizione” ha sottolineato Stefano Venier, amministratore delegato di Snam. “Stiamo scoprendo pian piano che dipendiamo da altri Stati per la transizione, questa è un’opportunità per essere indipendenti”, ha infine concluso Venier, ricordando che oltre l’80 per cento dei pannelli fotovoltaici viene realizzato in Cina. A proposito della collaborazione tra le due Società, per l’ad di De Nora il “modello De Nora-Snam”, applicato per la realizzazione della Gigafactory a Cernusco sul Naviglio, “è sicuramente replicabile, non solo in Italia ma anche in altri Paesi”.

    L’idrogeno “è fondamentale perché consente il trasporto e lo stoccaggio delle rinnovabili, che è il punto più difficile nella transizione e l’Italia, con le sue aziende e le sue tecnologie, è protagonista nell’innovazione” ha affermato Valentino Valentini, viceministro delle Imprese e del Made in Italy. “La transizione – ha proseguito – è già in atto, è epocale, e avviene con aziende e tecnologie italiane al centro. De Nora è un esempio di azienda italiana che nasce dall’artigianalità, cresce nella tecnologia e diventa leader mondiale”. Anche Snam è “protagonista all’interno del processo di transizione” che vedrà “un asse tra il Nord Africa e l’Europa. L’Europa ha capito che ci dobbiamo mettere assieme, sostenere le nostre eccellenze: ci saranno dei corridoi che vedranno le reti con le rinnovabili solari che dall’Africa attraverseranno l’Italia e l’Europa, dal Nord Europa avremo l’eolico. Ma perché questo sia possibile dobbiamo avere tecnologie”. L’impianto che sarà costruito, ha concluso Valentini, “dimostra che la transizione verde è sostenibile per l’economia e può portare posti di lavoro”.

    L’iniziativa supporterà la riduzione dei costi di produzione degli elettrolizzatori, contribuendo a centrare l’obiettivo di capacità installata finale prevista in Europa e di neutralità tecnologica necessario per la transizione energetica. La collocazione della Gigafactory in una primaria area industriale e produttiva a poca distanza da Milano consentirà inoltre di contribuire attivamente alla crescita economica e occupazionale del territorio locale, con la previsione di creare circa 200 posti di lavoro diretti e un indotto complessivo di circa 2000 persone. Il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha definito l’opera “una dimostrazione di quella che è l’indirizzo che il nostro Paese e l’Europa devono avere in questo ambito”. Quindi “sostenibilità come opportunità, investimenti sul territorio, posti di lavoro e sostenibilità ambientale. Credo sia un esempio bellissimo, rappresenta esattamente quello che ho sempre sostenuto debba essere la sostenibilità” ha chiosato.

  • Politici senza acqua

    Per governare bene bisogna conoscere i problemi che si devono affrontare oggi, avere visione del futuro e procedere celermente. Bisognerebbe anche conoscere i problemi che andavano risolti ieri e l’altro ieri e non perdere più tempo.

    Delle tante situazioni difficili che vanno risolte alcune sembrano non essere ancora entrate nella agenda, per questo suggeriamo a tutti coloro che si occupano di politica, nei luoghi ove si può intervenire direttamente o si può suggerire ad altri di farlo, perciò maggioranza e opposizioni, di fare un piccolo esperimento.

    Chiudete l’acqua centrale della vostra abitazione, dell’ufficio, dei bagni di Montecitorio e Palazzo Madama, per 24 ore rimanete senza acqua, neppure quella minerale dei vari frigoriferi e provate a vedere come vi sentite, nel frattempo, per distrarvi e passare il tempo, guardatevi qualche foto di tante zone della Sicilia, della Sardegna, del centro Italia.

    Anche se il nostro Paese è il più forte consumatore di acqua minerale sembra difficile poterla usare per irrigare i campi e, se, mentre aspettate di riaprire i rubinetti, avete voglia di leggervi qualche dato che, fino ad ora vi è inspiegabilmente sfuggito (inspiegabilmente è ironico visto i tanti interessi che ci sono dietro l’acqua e gli acquedotti) potrete scoprire che quasi il 45% dell’acqua delle reti di distribuzione va dispersa, perduta per sempre, basta riguardare quanto risulta nel 2021.

    Regioni ricche d’acqua ma senza acqua, case e imprese agricole completamente all’asciutto e intanto anche le aree dove si sono verificate le recenti tragiche alluvioni soffrono di siccità perché alluvioni e siccità si inseguono ed alternano nel ciclo idrogeologico.

    Se gli acquedotti perdono acqua non stanno certo meglio dighe e bacini di stoccaggio, sporchi di troppi sedimenti, obsoleti, mai finiti di realizzare, o mai collaudati, mentre dei dissalatori si parla solo e solo si parla.

    Senza acqua non c’è agricoltura, non c’è industria, non c’è turismo, non c’è vita ma dietro i consorzi delle acque e dei canali, dietro la gestione delle risorse idriche, dietro la manutenzione, non fatta, dei fiumi, dietro troppe attività, collocate in aree pericolose per la falda, vi sono interessi che, ad oggi, hanno scalzato via i diritti dei cittadini.

  • Arriva Combimais XI

    Presentato a Milano l’undicesimo protocollo CombiMais. Il sistema in 10 anni ha dimostrato di saper stabilizzare la produzione, rispettando ambiente, sostenibilità e qualità, ha detto Mario Vigo dell’azienda agricola Folli a Robbiano (Milano), ideatore del protocollo CombiMais e presidente del CentroStudi Innovagri, l’associazione impegnata nello studio e la ricerca dell’innovazione nell’agroalimentare.

    Come si legge sulle pagine de Il Sole 24 Ore, il contesto è la borsa cerealicola regionale Granaria a Milano, dove nello scorso aprile è stato presentato il nuovo protocollo CombiMais1.1, undicesimo aggiornamento del primo, presentato in occasione di ExpoMilano nel 2015. Il protocollo è una sorta di distillato di buone pratiche rivolte ai coltivatori, per reagire ai cambiamenti climatici e di contesto che rendono sempre più complessa la coltivazione del mais e la redditività per le aziende.

    Il modello è quello dell’aggregazione tra aziende, per ridurre i costi di produzione e mettere a fattor comune le competenze. Il coordinamento agronomico del protocollo CombiMais è affidato a Leonardo Bertolani; gli step delle attività sono sotto la regia del Dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino, guidato dal professo Amedeo Reyneri che, in occasione della presentazione alla stampa, ha chiarito i riferimenti scientifici del progetto.

    La presenza alla presentazione milanese del protocollo CombiMais di Alessandro Beduschi, assessore all’Agricoltura, Sovranità Alimentare, Foreste di Regione Lombardia, ha permesso agli imprenditori del protocollo presenti in sala di fare emergere le richieste del mondo agricolo lombardo. «CombiMais dimostra che questo non è un settore reazionario negazionista – ha detto l’assessore – invece si propone un approccio olistico, una antologia di buone prassi che la tecnologia rende possibili per colture irrinunciabili come quella del mais. Questa iniziativa dovrebbe entrare nella politica regionale e anche nazionale: è una risposta concreta, non ambientalismo sterile».

  • Temperatura delle acque troppo calda e vita marina che scompare: Borrell e Sinkevičius lanciano l’allarme In occasione della Giornata mondiale degli oceani

    “Le temperature degli oceani non sono mai state così alte e la vita marina sta scomparendo a un ritmo senza precedenti, mettendo così a rischio il pianeta. I nostri oceani, che sono il più grande pozzo di assorbimento del carbonio del pianeta, non possono aspettare un’inversione di questa drammatica evoluzione, e nemmeno noi”. E’ quanto hanno dichiarato, congiuntamente, l’Alto rappresentante/Vicepresidente Josep Borrell e il Commissario per l’Ambiente, gli oceani e la pesca, Virginijus Sinkevičius in occasione della Giornata mondiale degli oceani. 

    “A partire dalla Giornata mondiale degli oceani dello scorso anno, siamo stati testimoni di promettenti progressi nell’ambito della protezione degli oceani. Il 19 giugno 2023 è stato adottato un accordo storico sulla conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica marina in alto mare, noto come accordo sulla biodiversità nelle zone non soggette a giurisdizione nazionale. Con il voto del Parlamento europeo del 24 aprile, l’Unione europea si sta avvicinando alla sua ratifica”, continuano. E aggiungono: “Il compito che ci spetta ora è di raggiungere 60 ratifiche dell’accordo affinché possa entrare in vigore ed essere efficacemente attuato. Puntiamo a raggiungere l’obiettivo entro giugno 2025, quando si terrà la Conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani in Francia.

    In occasione della 9° conferenza ‘Our Ocean’, tenutasi in Grecia all’inizio dell’anno, l’UE ha assunto 40 nuovi impegni che puntano a ottenere oceani sicuri, puliti, sani e gestiti in modo sostenibile

  • Africa ed Europa nel bene e nel male

    Qualche volta sarebbe bene imparare dall’Africa.

    In Kenya, dove il nord è stato devastato da piogge particolarmente torrenziali, anche per la stagione, il governo ha preso misure urgenti a tutela della popolazione.

    Dopo i 250 morti e le quasi quattrocentomila persone coinvolte nello straripamento di fiumi e canali, con i conseguenti enormi allagamenti che hanno distrutto case e coltivazioni, il governo, per evitare che in futuro si ripetano tragedie simili, ha ordinato la demolizione di tutti gli edifici costruiti senza permesso entro 30 metri dalle sponde dei fiumi.

    Provvedimento che sarebbe giusto imitare anche in Italia e nel resto d’Europa visto che gli  allagamenti dovuti alle esondazioni di fiumi, torrenti, canali e rigagnoli è diventato costante e non più un fatto eccezionale. Se poi si pensasse anche a pulire i greti dei corsi d’acqua eliminando alberi, tronchi e quant’altro li ostruisce forse un po’ di danni, anche ai ponti, sarebbero evitati. Ma si sa gli interventi più semplici e di buon senso sono quelli che difficilmente si prendono, qualunque sia il colore del potere.

    Viene invece dalla Tunisia una notizia molto preoccupante: i migranti, per impedire che arrivino sulle nostre coste con le imbarcazioni dei trafficanti di esseri umani o autonomamente, sono praticamente deportati al confine algerino o libico  e lì abbandonati.

    Benissimo avere coinvolto il governo tunisino nel controllo del traffico di esseri umani sulle nostre coste  ma l’Italia e l’Europa non dovrebbero tollerare che i migranti siano abbandonati nel deserto o in paesi nei quali non esiste un minimo di tutela.

    Un vero piano Mattei per l’Africa dovrebbe occuparsi anche di questo ed il futuro Parlamento europeo dovrebbe inviare una propria delegazione per verificare con i propri occhi cosa sta succedendo a decine di migliaia di esseri umani, compresi i bambini.

  • Olimpiadi invernali 2026 atto primo: il logo

    Persino la scelta del logo è stata oggetto di personali interessi attraverso il tentativo di influenzare l’esito telefonico, e questo è stato il primo atto della tragedia greca delle Olimpiadi in Italia: “Olympicus, ᾿Ολυμπικός in greco antico”.

    Partendo dalla scelta banale del logo delle prossime Olimpiadi invernali 2026, attribuita all’esito di un improbabile televoto, fin dall’inizio si è cercato di inserire le proprie personali influenze con l’obiettivo di modificarne l’esito. Si possono solo immaginare con questo modus operandi quale sia stata la ratio del resto delle successive decisioni strategiche ed operative nel percorso verso il 2026.

    L’influenza personale compare quindi fin dall’inizio nella procedura decisionale istituzionale della fondazione, partendo appunto dal suo primo atto, come appunto la scelta del logo.

    In questo contesto, allora, ogni singola decisione e soprattutto la sua difesa ad oltranza anche oltre ogni ragionevole giustificazione, come quella della realizzazione della pista di bob a Cortina d’Ampezzo, potrebbe risultare viziata da interessi personali come di gruppi di pressione.

    Infatti, dopo i primi bandi, andati deserti, che prevedevano un importo per la realizzazione della pista di bob a Cortina d’Ampezzo di 120 milioni, pur di mantenere all’interno della Conca Ampezzana la competizione olimpica del bob venne varato un progetto light del valore di circa 81,6 milioni.

    Il secondo bando “emergenziale” prevedeva un impianto infrastrutturale meno impattante rispetto al progetto originale, il senso del termine light, e quindi meno oneroso.

    Viceversa, risultano già ad oggi oltre 125 i milioni necessari per la realizzazione dell’impianto, anche se nella versione light, in più con il beneficio della mancanza di vincoli ambientali che la procedura d’urgenza assicura.

    Le responsabilità sono ormai ipotizzabili ad ogni livello, sia regionale che nazionale, alle quali tutti hanno concorso per l’interesse dei singoli esponenti istituzionali come dei presidenti degli enti competenti, tutti avvinti da un narcisismo politico senza precedenti.

    Il danno immediato ed immenso è rappresentato dal taglio di cinquecento (500) larici secolari, già purtroppo operativo, al quale si replica che ne verranno piantumati diecimila (10.000) di nuovi alberi.

    In considerazione del fatto che ogni ettaro permette la piantumazione di duecentosettantadue (272) piante, saranno quindi necessari 36,7 ettari per piantare 10.000 alberi: una superficie immensa di oltre 367.000 metri quadrati.

    Una affermazione che delinea la competenza del suo autore (il presidente del Veneto) in quanto si giustifica l’abbattimento di un patrimonio secolare sostituendolo con un ipotetico immenso bosco in una realtà montana che paga da decenni l’avanzamento boschivo.

    Con il tempo dovrà essere quantificato anche il danno di immagine per il nostro Paese legato alla rappresentazione di questa orgia di potere che nella realizzazione della pista di bob ha subito, come certificato dalle perentorie prese di distanza del Cio dal delirio di onnipotenza dimostrato dai diversi organi istituzionali competenti.

    Usando un’iperbole, cioè una figura retorica, il sindaco di Cortina d’Ampezzo con l’intera giunta in carica, proprio per salvaguardare il patrimonio ampezzano, dovrebbero chiedere da subito il fermo immediato dei lavori e contemporaneamente l’annullamento delle competizioni di bob slittino e skeleton nella conca ampezzana, concentrandosi sulle discipline di sci alpino femminile e curling.

    Successivamente dovrebbero essere valutate le condizioni per aprire una causa di risarcimento danni nei confronti degli imputati di oggi ma anche nei confronti delle istituzioni regionali e nazionali, compresi i diversi presidenti degli enti, per aver trascinato il nome di Cortina d’Ampezzo in questo disastro epocale, non solo di natura comunicativa e di immagine ma anche sostanziale.

    Il danno arrecato all’intero complesso degli sport invernali, e alle diverse località montane ed a Cortina d’Ampezzo in primis, dalla gestione delle Olimpiadi 2026 risulta a tutt’oggi incalcolabile, ma di certo farà sentire i proprie effetti nelle prossime stagioni.

    In ultima analisi, la vicenda del logo rappresenta il primo atto di una occasione persa, come potevano risultare le Olimpiadi invernali 2026.

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