Animali

  • Il contagio emotivo

    L’etologia, e non solo, ci ha spiegato l’importanza del contagio emotivo che rende possibili le comunicazioni tra gli umani e gli animali con i quali convivono.

    Attraverso il contagio emotivo ci si capisce col proprio cane, gatto, cavallo come con qualunque animale con il quale si sia intessuto un rapporto fin dai suoi primi mesi di vita.

    E attraverso questo contagio emotivo noi comprendiamo le esigenze dell’animale che comunica con noi e che a sua volta intuisce i nostri stati d’animo.

    Mentre ogni giorno di più gli umani trovano e stringono un rapporto emotivo con gli animali da compagnia, basta pensare al numero di cani e gatti che vivono nelle nostre case, diventa sempre più difficile lo scambio emotivo, di sensazioni e di pensieri espressi, tra le persone che vivono nella stessa casa.

    Genitori e figli che non comunicano ciò che è essenziale, che non hanno un contagio emotivo in grado di aiutarli per prevenire tanti dei tragici avvenimenti che ogni giorno leggiamo sui giornali.

    Si può parlare di cose banali e superflue ma non si è più in grado di riconoscere il disagio degli altri, in casa, come a scuola o nel posto di lavoro perché il contagio emotivo non può esistere in quanto è privato della comunicazione visiva, dell’osservazione dei gesti, dell’interesse alla comprensione ed alla condivisione.

    La costante presenza di un oggetto tecnologico tra le nostre mani e davanti ai nostri occhi, la dipendenza sempre più forte tra ciò che la rete ci fa vedere rispetto a quanto potremmo direttamente vedere, osservare, analizzare e capire intorno a noi interrompe ogni possibilità di comunicazione emotiva e sensoriale.

    Un cucciolo di animale lo possiamo crescere e con lui comunicheremo ogni giorno di più fino alla sua morte, un figlio, un nipote, un essere umano, che abbiamo conosciuto ed amato fin dal momento nel quale è venuto al mondo, lentamente ed inesorabilmente rischia di allontanarsi da noi appena avrà la possibilità di interfacciassi con la rete e con l’intelligenza artificiale rischiamo, ognuno di noi, di non riuscire più ad interfacciassi neppure con noi stessi se non saremo capaci di  tornare a capire l’importanza, la necessità del contagio emotivo.

  • Il bonus animali, un aiuto per i proprietari in difficoltà

    Le famiglie degli italiani sono sempre più rallegrate dalla presenza di un animale da compagnia, per la maggior parte cani e gatti, per questo è aumentata l’attenzione anche da parte delle forze politiche verso le esigenze di queste famiglie.

    Nella nuova legge di bilancio dovrebbe essere previsto uno stanziamento di duecentocinquanta mila euro annui per il triennio 2024-26, il cosiddetto bonus animali, per aiutare quei proprietari di animali da compagnia che hanno difficoltà economiche, con anche l’obiettivo di tentare di contrastare il fenomeno degli abbandoni che non sempre sono dovuti alla crudeltà degli umani ma anche a problemi di spesa, specie per le persone più anziane.

    Il bonus è destinato alle persone con più di 65 anni, che non riescono a fare fronte alle spese mediche per i loro animali di proprietà e compagnia. Il reddito Isee dichiarato non deve superare i 16.215 euro l’anno.

    Ovviamente i richiedenti devono essere residenti in Italia e le spese devono essere documentare con regolare fattura o ricevuta.

    L’animale per il quale si chiede il contributo deve essere registrato presso l’anagrafe degli animali d’affezione.
    Il bonus dovrà essere usato per pagare le spese veterinarie, le vaccinazioni, le sterilizzazioni, le operazioni chirurgiche e per l’acquisto di specifici medicinali ad alto costo.

    Il bonus 2024 consente di beneficiare di una detrazione del 19% sulle spese veterinarie calcolata su un totale massimo di 559 euro di spesa per anno.

    Per accedere al buono è necessario verificare se si hanno i requisiti e allegare la dichiarazione dei redditi con le fatture e le ricevute, ovviamente i pagamenti legati al bonus devono essere tutti trascurabili e perciò effettuati con bonifico o carta di credito o di debito.

    In molti comuni italiani sono anche previsti bonus locali per questo è bene informarsi presso il proprio comune di residenza.

    Speriamo che questa iniziativa possa risolvere un po’ dei problemi di coloro che, pur con difficoltà economiche, vogliono continuare ad accudire al meglio il loro compagno peloso.

  • Il depauperamento di flora e fauna accelera, 45.300 specie rischiano di estinguersi

    Secondo il Living Planet Report 2024 del Wwf le popolazioni globali di animali selvatici (il numero di esemplari), in mezzo secolo sono crollate del 73%, aumentando di velocità rispetto a quanto rilevato dalla precedente rilevazione (allora il dato era del 69%). Lo studio condotto assieme alla Zoological Society of London ha monitorato quasi 35mila popolazioni di 5.495 specie di vertebrati – mammiferi, pesci, anfibi e rettili – ed ha riscontato che il calo più forte si è registrato negli ecosistemi di acqua dolce – laghi e fiumi – dove la sparizione è dell’85% e, a seguire, negli habitat terrestri (-69%) e marini (-56%).  Geograficamente, il calo più marcato delle popolazioni animali esaminate ha avuto luogo in America Latina e nei Caraibi, con un calo addirittura del 95%, ma anche Africa (-76%) e Asia e Pacifico (-60%) offrono un quadro desolante. «La situazione è catastrofica», è stata la sentenza del Wwf e della Zsl.

    Oggi le specie a rischio eliminazione possiamo spaziano dagli elefanti del Borneo (non ne sopravvivono più di 1.000, vittime del disboscamento e del bracconaggio) agli elefanti africani di foresta (se ne sono salvati uno su 5, presi di mira per le zanne d’avorio); dagli squali volpe, diminuiti nel Mar Ionio e nell’Adriatico dell’80% in 15 anni, ai delfini di Hector, ridotti a un manipolo di 8mila unità nel Pacifico neozelandese, massacrati dalla pesca incontrollata e dai motori dei mercantili; dalle femmine nidificanti di tartaruga marina embricata sull’isola Milman, in Australia (-57%) al piccolo delfino Sotalia nella riserva amazzonica di Mimirauà (-75%).

    Complementare al report Wwf-Zsl, che registra la contrazione delle popolazioni animali, la lista redatta e aggiornata con puntualità dall’Unione mondiale per la conservazione della natura, l’Iucn, conta le specie selvatiche in pericolo di estinzione: 45.300. Il 41% degli anfibi, il 26% dei mammiferi, il 34% delle conifere, il 37% degli squali, il 21% dei rettili. Perfino le piante grasse possono diventarlo: l’82% delle specie di Cactus copiapoa è a rischio di scomparire, rispetto al 55% di 10 anni fa: originarie del deserto costiero di Atacama in Cile, sono specie ornamentali di moda in Europa e Asia, con conseguente, letale aumento del commercio illegale.

  • I giudici sospendono la caccia al cervo autorizzata dalla Regione Abruzzo

    Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso degli animalisti e sospeso la caccia ai 469 cervi in Abruzzo fino al 7 novembre 2024, riservandosi di prendere quel giorno una decisione definitiva, in Camera di consiglio, sulla possibilità della Regione Abruzzo di autorizzare abbattimenti selettivi in due comprensori regionali nell’Aquilano.

    In attesa della decisione dei magistrati amministrativi sul fatto che la Regione possa decidere l’abbattimento degli animali (con tanto di tariffario che i cacciatori devono pagare, da 50 a 250 euro a seconda di età, sesso e dimensioni del cervo abbattuto), il comune di Rosello (Chieti) l’11 ottobre ha presentato una richiesta ufficiale all’Assessorato regionale Agricoltura e Foreste per ospitare e liberare nel proprio territorio quaranta dei 469 esemplari destinati all’abbattimento, attraverso  il sindaco e capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra della Regione, Alessio Monaco. Una richiesta basata su diversi fattori: la presenza della Riserva Naturale “Abetina di Rosello”, istituita nel 1997 e parte del sito protetto Natura 2000, dove già in passato sono stati ospitati caprioli e cervi; la bassa densità di cervi nella zona del Medio Sangro, con soli 15-20 esemplari su un’area di 200 chilometri quadrati; l’espansione del bosco dovuta all’abbandono delle aree coltivate, che ha danneggiato le specie avifaunistiche legate agli spazi aperti. «Ho presentato la richiesta per responsabilizzare i colleghi commissari e rendere evidente a tutti gli abruzzesi la posizione delle forze politiche: invito gli altri Comuni che possono a seguire questo esempio per limitare una sciagurata strage di animali indifesi», ha spiegato Monaco.

    La sospensione decretata dai magistrati è stata accolta con viva soddisfazione da tutto il mondo ambientalista. «La caccia ai cervi rappresenta una soluzione di comodo che ignora le possibili alternative non violente, a favore della lobby venatoria», hanno dichiarato Lav, Lndc Animal protection e Wwf Italia, autori del ricorso alla giustizia amministrativa contro la delibera regionale abruzzese. «Il Consiglio di Stato ha riconosciuto il carattere di urgenza ed estrema gravità della vicenda. Sono molto soddisfatta di questo primo risultato: stiamo seguendo questa vicenda dall’inizio di agosto, con il sostegno di decine di migliaia di cittadini che hanno inviato mail di protesta, e confidiamo che il Consiglio di Stato faccia la cosa giusta e fermi questa mattanza insensata», ha dichiarato al Corriere della Sera Piera Rosati, presidente nazionale di Lndc Animal protection.

  • Vivere con un animale da compagnia comporta impegni e doveri ma porta anche tante soddisfazioni

    Mentre molti dati ci confermano che viviamo in una società nella quale il disagio sociale è palese e il senso di solitudine aumenta, anche per l’incapacità di comunicare, di rapportarsi con gli altri, causata dall’eccessivo uso dei sistemi informatici che portano ad isolarsi, conforta la notizia che è sempre più forte l’attaccamento degli italiani verso gli animali da compagnia.

    Gli animali da compagnia aiutano a ridurre lo stress, ti costringono a relazionarti, a capire i bisogni di un altro essere senziente e il suo modo di comunicare, ti portano a fare più esercizio fisico, anche ad incontrare altre persone. E’ provato da specifici studi che accarezzare il proprio cane o gatto porta ad un abbassamento del ritmo cardiaco, ad una maggior rilassatezza e tranquillità.

    Nel 2022 un inchiesta del Censis sul valore sociale dei medici veterinari ha evidenziato come spesso sono proprio i single a sentite la necessità di diventare compagni di un cane o di un gatto.

    L’Italia è il secondo Paese europeo per possesso di animali da compagnia, al primo posto l’Ungheria, con quasi 14 milioni di cani dotati di microchip e dieci milioni trecentomila gatti ufficialmente nelle nostre case.

    La Lombardia e il Veneto sono le regioni con il maggior numero di cani regolarmente chippati, la chippatura è basilare per recuperare cani smarriti ma in Italia, nonostante le molte, anche recenti, promesse non c’è ancora un’anagrafe nazionale perciò al momento se un cane lombardo si smarrisce in Emilia chi lo trova dovrà rivolgersi ad un veterinario della Lombardia per conoscere l’indirizzo del proprietario del cane smarrito.

    Secondo Eurispes un terzo degli italiani vive con un animale domestico e se ne cura al meglio anche dal punto di vista dell’alimentazione e delle cure veterinarie.

    Purtroppo, è ancora troppo presente il problema di cani e gatti abbandonati nei rifugi perché si è diventati stanchi o impossibilitati al loro accudimenti e il problema del randagismo, specie nel sud e nelle isole, dovuto anche all’abitudine in campagna di lasciare i cani liberi e non sterilizzati con l’ovvia conseguenza di gravidanze indesiderate e poi dell’abbandono dei cuccioli.

    Vivere con un animale da compagnia comporta degli impegni e dei doveri ma porta anche tante soddisfazioni, tanti irripetibili momenti di dolcezza ed amore, tanto beneficio psicofisico e anche maggior capacità di capire altri umani, inoltre se si salva un animale da un rifugio basterà guardare i suoi occhi per capire tante verità anche del nostro cuore.

  • La lingua blu, nuova epidemia

    Mentre la peste suina continua a mietere vittime e non si riesce ad arginare il contagio, mentre continua l’epidemia di aviaria, con le gravi conseguenze che derivano da entrambe le epidemie, dal punto di vista sia sanitario che economico, ora è allarme negli allevamenti italiani per pecore e mucche. Il nuovo allarme è dovuto alla malattia chiamata ‘lingua blu’ che ha ormai centinaia di focolai e ha provocato la morte di migliaia di animali.

    La malattia dilaga sempre più, soprattutto in Sardegna, Piemonte, Lombardia e Calabria.

    Soltanto l’avvio di un’immediata campagna vaccinale può salvare animali e aziende, come ha ricordato la Coldiretti chiedendo un impegno più forte delle istituzioni per reperire i vaccini. Ultimamente la Calabria ha messo a disposizione 500mila vaccini per gli allevatori.

    La lingua blu è una malattia trasmessa ai ruminanti da un insetto, il moscerino della famiglia dei culicoides. Il culicoides è un insetto di pochi millimetri in grado di provocare una febbre catarrale che diviene letale. Ila lingua blu è apparsa in Svizzera per la prima volta nel 2007 e un tempo colpiva solo i paesi più caldi.

    Al momento la malattia colpisce soltanto gli animali, provocandone quasi sempre la morte, non infetta latte e carne ma porta al calo della produzione e al blocco delle movimentazioni di greggi e mandrie. Ad esempio, domenica 15 settembre, alla fiera delle capre a Cassino d’Erba, dove c’è stata anche una sfilata di 15 lupi italiani organizzata dall’associazione Aaali, non ha potuto partecipare neppure una capra, proprio per paura dei contagi.

    Poiché contagiosa per i ruminanti, la malattia colpisce anche gli animali selvatici. Un modo per contenerla è ricoverare gli animali d’allevamento, nelle ore notturne, in ambienti trattati con insetticida e isolati con zanzariere.

    Nel frattempo, trascorsi ormai 1000 giorni dal primo caso di peste suina africana nei boschi di Ovada, la peste suina continua a essere un pericolo costante così come l’aviaria.

  • Appello di Susanna Tamaro: no alla caccia libera 7 giorni su 7

    Figlia di cacciatori, Susanna Tamaro contesta l’idea di consentire la caccia 7 giorni su 7, abolendo i 2 giorni di silenzio venatorio. «Non dobbiamo dimenticarci che il cambiamento ambientale degli ultimi trent’anni ha creato non pochi problemi alla maggior parte delle specie selvatiche – afferma -. La diminuzione di un gran numero di insetti, che sono la base della nutrizione di tutto il vivente, dovuta a decenni di nuove molecole chimiche sparse nell’ambiente, ha innescato un processo di crollo delle popolazione dei volatili».

    La scrittrice cita dati che riferiscono «per il 2023, di un crollo del 51% delle rondini, del 54% delle allodole del 72% delle averle piccole e del 64% delle passere d’Italia, varietà endemica esistente soltanto nel nostro Paese» e sottolinea che «lo slittamento dell’inverno ai mesi primaverili rende difficile la sopravvivenza delle specie che hanno compiuto una lunga migrazione e che giunte qui sfinite non trovano cibo che le renda capaci di sostentarsi».

    Sulla base di queste premesse arringa: «Non ci si può non domandare come sia possibile che una minoranza di appassionati, che si aggira intorno ai cinquecentomila su una popolazione di 60 milioni di italiani, possa gestire a suo piacere un bene che è di tutti. L’articolo 9 della Costituzione non tutela forse l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi anche per le nuove generazioni? E le specie viventi non sono forse un bene indisponibile? Una cosa è sparare a un fagiano precedentemente rimesso in natura a fini venatori, un altro è sparare a una povera allodola che si libra sui campi riempiendo l’aria con il suo meraviglioso canto. La situazione del mondo degli uccelli è in qualche modo lo specchio della nostra società. Sopravvivono i più forti come le cornacchie, grandi divoratori di piccoli nidiacei di altre specie: gli specialisti, i delicati uccelli canori sono destinati a sparire, così come, nel nostro mondo sempre più sotto il dominio della tecnica e dell’efficienza, spariscono la gentilezza, la compassione e la dolcezza della poesia».

  • Caccia al cervo

    Si è riaperta, in alcune aree, la stagione della caccia e dall’8 agosto l’Abruzzo, regione che abbiamo spesso citato ad esempio per la convivenza tra orsi ed umani e per la gestione dei parchi e della fauna selvatica, ha emanato una delibera  autorizzando il prelievo, e cioè l’uccisione, di quasi 500 cervi.

    La cosa che più sconcerta è che nella delibera è predisposto un tariffario, i cacciatori cioè per uccidere i cervi dovranno pagare, a seconda dell’animale abbattuto, un tanto alla regione. Secondo quanto riportato, anche da organi nazionali d’informazione, cinquanta euro per un cucciolo, 100 per le femmine giovani, 150 per i maschi giovani e 250 per i maschi con più di cinque anni, non è ancora chiaro quanto costeranno i trofei dei maschi adulti, cioè i palchi, e quanto sarà la differenza di costi  tra i cacciatori abruzzesi e quelli che proverranno da altre regioni.
    Due cose particolarmente stupiscono e diciamo pure ci indignano, la prima, ovviamente, è che si autorizza, addirittura si invita, a sparare ai cuccioli, bersagli fin troppo facili, l’altra è che risulta che la densità di cervi nelle aree individuate per gli abbattimenti è solo di poco superiore alla soglia che, per legge, permette la caccia di selezione fissata quando vi sono più di due capi per chilometro quadrato. Ovviamente e giustamente le associazioni a protezione degli animali stanno protestando e una petizione del WWF ha già raccolto circa 80.000 firme contro gli abbattimenti.
    Che sia un errore di valutazione  da parte della regione od una marchetta ai cacciatori il provvedimento, specie per l’abbattimento dei cuccioli, sarebbe da ritirare subito con tanto di scuse alla popolazione civile.

    Visto che la caccia sta riprendendo in più parti vogliamo ricordare alcuni dati ai nostri lettori e a quei politici che pensano ai voti che i cacciatori possono dare, le armi ad uso venatorio in Italia sono solo 571.000 e considerando che spesso un cacciatore ha più armi rimane evidente come il numero degli amanti della caccia sia ormai poco rilevante ai fini elettorali rispetto al numero di coloro che credono nel rispetto di una convivenza pacifica con gli animali, fonte di equilibrio per l’ecosistema e per gli interessi turistici.

    Siamo consapevoli che un numero eccessivo di ungulati e di cinghiali sono un danno ma siamo anche certi che vi sono sistemi più corretti per eliminare i problemi connessi al sovrannumero, problemi che non si vogliono affrontare con decisione e competenza tant’è che non si è riusciti ad arginare neppure la peste suina e che perciò continuano a dover essere eliminati centinaia di maiali d’allevamento con un grave danno economico per tutti

    Troppa improvvisazione, troppa superficialità anche in questi campi.

  • Nemici di abbattere

    Così Fugazzi ha colpito ancora  anticipando una uccisione, che probabilmente gli sarebbe stata vietata, e  ha dato il suo ordine di abbattere l’orsa tanto odiata.
    Non si smentisce mai e il suo desiderio di eliminare, con ogni mezzo, gli orsi è più forte di tutto, sete di sangue ed incapacità di gestire il territorio visto che ancora oggi, a distanza di anni, non ci sono i cassonetti dell’immondizia che dovrebbero essere predisposti per impedire ai selvatici di abituarsi a mangiare gli avanzi e di essere così sempre più vicini all’abitato.

    Lupi, orsi, tutti gli animali che garantiscono l’equilibrio dell’ecosistema sono per Fugazzi nemici da abbattere, ci dispiace che un’area dell’Italia così bella e civile abbia personaggi come Fugazzi a decidere di vita e di morte e del futuro del territorio.
    Speriamo non se la prenda anche con le volpi, vegetariane all 80% come gli orsi, e poi non passi anche agli scoiattoli, rei di rubare noci e nocciole e il cui pelo gli servirebbe per cappelli alla David Crochet da regalare ai suoi fans.
    Non sarà che a Fugazzi piace mangiare la carne d’orso?

  • La peste suina un problema che ritorna e preoccupa

    Salvo qualche quotidiano locale da tempo il silenzio stampa è sceso sul grave problema della peste suina che, negli ultimi anni, sta creando notevoli danni, non solo economici, negli allevamenti di molti paesi europei e l’Italia è tra questi.

    La peste suina, in precedenza, ha portato all’abbattimento di milioni di maiali in Cina dove il maiale non solo è utilizzato per il mercato interno ma anche esportato in notevoli quantità, vivo o macellato.

    Il Italia la regione che in passato ha avuto più problemi è stata la Sardegna, la peste suina è diffusa da cinghiali e maiali selvatici che la attaccano ai maiali da allevamento. Già da due anni vi sono zone, in Piemonte, in Liguria ed Emilia, nelle quali è stato proibito il passaggio nei boschi con i cani e la ricerca dei tartufi proprio per la recrudescenza dell’epidemia, recentemente anche la Toscana ha identificato cinghiali infetti.

    Nei prossimi giorni in Emilia Romagna partirà un piano di abbattimento, con operatori esperti, dei cinghiali per cercare di arginare la diffusione della peste, e partirà in primis dalle province di Parma e Piacenza, al momento le più colpite.

    La peste suina se è presente in un allevamento comporta l’abbattimento di tutti gli animali, danno economico molto ingente con conseguenze anche per lo smaltimento delle carcasse ed il rischio, purtroppo presente, che qualcuno, per cercare di contenere il danno, cerchi di macellare e vendere maiali ammalati, fortunatamente la rete sicura dei veterinari e della finanza procede con controlli a tappeto.

    Apparentemente la peste suina non si attacca all’uomo ma vi sono stati sporadici casi sospetti e comunque l’uomo, inconsapevolmente, rischia di essere veicolo di trasmissione del virus che può restare in incubazione fino a 100 giorni.

    Mentre partono le nuove iniziative delle regioni per contrastare il diffondersi della peste Il Patto Sociale vi ha dato notizia del libro Operazione Pig, edito da Europa Edizioni, di Albert de Bonnet, che tratta proprio dell’argomento oggi ritornato di primaria importanza.

    Un romanzo nel quale realtà e fantasia si intrecciano con scenari che, purtroppo, potrebbero non essere sempre di fantapolitica visti i molti laboratori che, nel mondo, lavorano su nuovi virus, spesso per creare nuove armi.

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