In una materia delicata come l’affidamento degli appalti per le opere pubbliche, non si può accettare la superficialità di un politico come Salvini, che si definisce “uomo del fare”, che è vero ma solo limitatamente al “fare demagogia di bassa lega”.
L’affidamento nell’assegnazione degli appalti per opere pubbliche non può essere, come sostiene Salvini, un esercizio di sola velocità nell’individuare l’impresa da incaricare, ma un processo di ricerca, ovviamente il più veloce possibile, sulle qualità dell’impresa, sull’affidabilità, sulla competenza specifica, sulla congruità ed economicità del costo, sulla sicurezza del manufatto, sulla durata nel tempo in perfetta efficienza dell’opera e, soprattutto, sull’attenzione di scongiurare l’insorgere di ogni possibile rischio di pressioni, favoritismi o imposizioni di qualsiasi natura.
Per tali ragioni fino ad ora si è ricorso agli appalti pubblici, anche per cifre quasi insignificanti, proprio per raggiungere il più possibile la decisione migliore e legalmente corretta.
Non si può negare che la modifica del codice degli appalti sia una richiesta europea, funzionale anche alla attuazione delle riforme per il PNRR, ma i partner europei non hanno le piaghe antiche e attuali della corruzione e della criminalità che ha l’Italia, e Salvini e i suoi estimatori hanno chiaramente esagerato, traducendo in una sostanziale cancellazione di ogni ipotesi di gara fino al tetto di 5,3 milioni di euro, e lasciato addirittura fino al tetto di 150.000 euro per i lavori, e di 140.000 euro per le forniture di servizi, la possibilità di affidamento diretto.
Il che significa che da 140.000 euro in poi e fino a 5,3 milioni i lavori pubblici potranno essere assegnati direttamente, previo l’invito discrezionale del soggetto appaltante di 5 o 10 imprese, scelte senza pubblicare alcun avviso e senza una procedura pubblica di gara, nell’assenza di criteri predeterminati e trasparenti, senza alcuna competizione, e quindi escludendo la maggior parte dei possibili aspiranti, ma in compenso con ampi margini di ricorso a subappalti, con subappaltanti che potranno a loro volta subappaltare.
Insomma, un sistema di totale mancanza di trasparenza, che non garantirà né qualità, né legalità nella gestione degli appalti pubblici.
Se questo è lo scenario di cui si auto complimenta Salvini, appare evidente non solo la legittimità, ma soprattutto la fondatezza delle preoccupazioni espresse dal Presidente dell’ANAC, Giuseppe Busia, in riferimento ai rischi da lui paventati di Sindaci tentati di erogare favori familistici e clientelari, in tutta legalità.
Ma i difensori di questa incredibile proposta dove vivono? O semplicemente non leggono i giornali?
Perché appare incredibile che in un Paese fortemente condizionato da corruzione e mala vita organizzata e mafiosa come l’Italia, dove le regole vengono spesso aggirate, pur con le norme vigenti che dovrebbero impedire il malaffare, assistiamo con disinvoltura e solerzia al totale smantellamento delle regole esistenti, senza alcuna rete di protezione che possa in qualche modo evitare che l’intero comparto dei lavori pubblici diventi un vero far west di girandole di assegnazioni e scambio di favori e, perché no, anche di voti.
Questo governo in carica, così attento in ogni provvedimento adottato nella sottolineatura della propria identità politica, in questo caso sembra volere accantonare uno dei suoi caratteri più identitari come l’impegno di garantire legalità e sicurezza e contrastare ogni forma di strumentale utilizzo dei fondi pubblici a scopo politico ed elettorale, consentendo di dare la paternità ad un provvedimento che appena entrerà in vigore, darà la conferma di quanto paventato dal presidente ANAC, moltiplicato per 100.
Perché il pericolo non è tanto e solo quello di sindaci, assessori o dirigenti comunali, provinciali regionali e statali che possono favorire amici, parenti o elettori, il vero buco nero di questo codice è che i sindaci e tutto il resto dei soggetti deputati alla assegnazione delle opere pubbliche, non avranno più alcun alibi nel negare alla criminalità organizzata e mafiosa l’assegnazione dei lavori in esclusiva alle loro imprese.
I piccoli comuni saranno i più assediati e se fino ad oggi, potevano difendersi ricorrendo alla obbligatorietà dei bandi di gara, anche per opere di bassissimo valore, con questo colpo di scienza di Salvini non lo potranno più fare.
E non sarà solo un problema della Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, ma di tutte le regioni del Bel Paese e di ciascuno degli oltre 8.000 comuni italiani.
Non ci ha pensato a questo “l’uomo del fare”? O semplicemente la questione non lo riguarda?
Ed alla luce di questo, come si sono permessi, autorevoli esponenti della Lega, di attaccare il presidente dell’organo anti corruzione italiano che ha manifestato, tra l’altro doverosamente, preoccupazioni fondate?
Questo comportamento da bulli di quartiere, di pretendere le dimissioni di un funzionario che fa il proprio dovere, invece di prendere atto della carenza delle proposte catastrofiche che sono state prese, la dice lunga su partiti che operano con criteri demagogici e superficiali e che, invece di aiutare il Paese, rischiano fortemente di penalizzarlo, condannandolo al perenne predominio della criminalità organizzata e mafiosa, ed alla corruzione dei politicanti faccendieri e dei colletti bianchi, che potranno esercitare i loro imbrogli nella piena legalità.
L’impressione è che molto presto si dovrà correre ai ripari e rimediare urgentemente a questo errore imperdonabile.