Armi

  • Putin spedisce tre navi da guerra a Cuba

    L’annuncio di un imminente arrivo a Cuba di tre imbarcazioni e un sottomarino a propulsione nucleare russi ha acceso l’allarme degli Stati Uniti, che temono un possibile svolgimento di esercitazioni militari nei Caraibi. Manovre che sarebbero una risposta alle – quasi concomitanti – esercitazioni Nato nel Mar Baltico, in programma fino al 20 giugno. Ll’Avana aveva segnalato che dal 12 al 17 giugno riceverà in visita ufficiale la fregata “Gorshkov”, il sottomarino a propulsione nucleare “Kazan”, la petroliera della flotta “Pashin” e il rimorchiatore “Nikolai Chicker”. La visita, scrive il governo cubano, è realizzata nell’ambito delle “storiche relazioni di amicizia tra Cuba e la Federazione russa e rispetta i regolamenti internazionali”. L’Avana assicura che nessuna delle navi contiene armi nucleari”. Le visite di unità navali di altri Paesi sono una “pratica storica del governo, con nazioni con cui manteniamo relazioni di amicizia e collaborazione”, prosegue il comunicato. Le imbarcazioni russe svolgeranno diverse attività istituzionali durante la permanenza: tra queste, una visita al capo della Marina cubana e alla governatrice della capitale L’Avana. Al loro arrivo saranno sparati 21 colpi a salve come saluto a Cuba, con la risposta di una unità delle forze armate cubane.

    Washington aveva avvertito della presenza di unità militari russe già mercoledì, denunciando anche lo svolgimento di possibili esercitazioni aeree: un funzionario dell’amministrazione Usa, sentito da “Miami Herald”, ha affermato che sono attese attività aeree e navali che includono mezzi da combattimento. Si tratterebbe della prima esercitazione aereo-marittima coordinata di Mosca nell’emisfero occidentale in cinque anni. “Siamo delusi ma non sorpresi dalla decisione di Cuba di accogliere i mezzi russi”, ha detto ieri il funzionario, assicurando che l’intelligence statunitense supervisionerà le esercitazioni pur non considerandole una minaccia diretta e ritenendo che non ci siano armi nucleari a bordo. “Sono esercitazioni navali di routine, accelerate dopo il supporto degli Usa all’Ucraina e dopo le attività di addestramento a supporto degli alleati Nato”. Per gli Stati Uniti, hanno peraltro avvertito che le navi potrebbero fare tappa anche in Venezuela.

    Stando a quanto riporta l’agenzia governativa russa “Tass”, le navi fanno parte di una flotta settentrionale della marina e sono salpate lo scorso 17 maggio per “assicurare la presenza navale in aree importanti della zona oceanica”. La fregata Gorshkov ha effettuato un’esercitazione ad un target simulato nell’oceano atlantico, utilizzato il complesso di artiglieria Ak-192m e missili Palash. Il sottomarino kazan può trasportare missili di precisione a lungo raggio, capaci di colpire obiettivi a terra, in mare e in aria. Secondo quanto riporta l’istituto navale Usa, è dal 1969 che sottomarini russi visitano periodicamente l’isola. Nello stesso periodo della presenza a Cuba, altri mezzi militari russi e personale dell’esercito sono entrati in Nicaragua per fornire “assistenza e vantaggi reciproci in caso di emergenza”, come si legge in una nota del governo nicaraguense che ne autorizza l’ingresso fino al 31 dicembre 2024. Le truppe da Mosca lavoreranno insieme all’esercito locale per condurre operazioni di sicurezza e contro la criminalità e per condividere addestramenti con il Comando di operazioni speciali.

    Le esercitazioni russo-cubane si svolgono, peraltro, quasi in concomitanza con le Baltops, le tradizionali manovre navali della Nato nel Mar baltico. La 53esima edizione delle Baltops viene osservata con grande attenzione dalla Russia che si trova a confrontarsi, dopo l’adesione all’Alleanza atlantica di Svezia e Finlandia, con un Mar Baltico a trazione decisamente atlantista. Le esercitazioni della Nato si svolgono da oggi sino al 20 giugno e coinvolgeranno venti nazioni che sono già giunte la scorsa settimana a Klaipeda, in Lituania. Nelle manovre saranno impiegati quattro gruppi anfibi e diverse unità operative multinazionali composti da più di 50 navi, 25 aerei e 9 mila militari provenienti da Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti. Le operazioni di addestramento prevedono attività di guerra antisommergibile, esercitazioni di artiglieria, operazioni anfibie, sminamento e interventi medici. Sin dalla prima edizione nel 1971, le Baltops sono aumentate sia in termini numerici di partecipazione che in complessità poiché la Nato ha rafforzato la sua dottrina relativa alla minaccia proveniente dal fianco orientale, ovvero la Russia.

  • Non c’è tempo da perdere e parole da sprecare in annunci roboanti

    “La vera pace ci sarà, si potrà raggiungere, quando l’Ucraina prevarrà”, ha detto il Segretario generale delle Nazioni Unite evidenziando comunque che prima o poi un accordo si dovrà trovare.

    Quello che però continua a rimanere il problema è che i russi avanzano con un costante aumento di mezzi ed uomini mentre l’Ucraina è sempre più in difficoltà perché non arrivano le armi promesse dall’Occidente, Stati Uniti in testa.

    L’Ucraina baluardo a difesa della sicurezza dell’Europa, l’Ucraina esempio di come i popoli debbano difendere il suolo nazionale ed i governi le leggi internazionali mentre vanno sconfitti coloro che queste leggi violino e non rispettano i diritti umani e la libertà. Questo è tanto altro si è detto in questi anni di guerra.

    Tutto bello, anche romantico, ma intanto gli ucraini muoiono davvero e gli edifici civili, le case della gente, le infrastrutture che danno luce ed acqua, sono rasi al suolo in una guerra d’aggressione che Putin conduce, dall’inizio, ignorando ogni regola mentre, nel frattempo, gli aiuti promessi sono molti, molti di più di quelli che invece sono effettivamente arrivati e spesso anche in ritardo.

    Non c’è tempo da perdere e parole da sprecare in annunci roboanti ai quali non seguono fatti concreti, le armi servono ora altrimenti gli ucraini non potranno più difendersi ed i russi vinceranno anche su di noi.

  • Guerra, Pil e Servizio Sanitario Nazionale

    La guerra può essere valutata in rapporto alla spesa sanitaria nazionale? Molto spesso si afferma che il valore del PIL non possa rappresentare e fotografare la reale situazione economica di un paese. Questo principio, se venisse accettato, risulterebbe ancora valido se diventasse un parametro nella misurazione degli effetti della economia di guerra. Da più parti, infatti, si parla della necessità di portare la spesa pubblica per gli armamenti al 2% del Pil nazionale. Un valore ed una percentuale che di per sé indicano poco ma se rapportati ad altri indicatori di spesa assumono tutto un altro significato.

    In Italia la spesa pubblica destinata al Sistema Sanitario Nazionale rappresenta il 6,3% del Pil mentre in Germania raggiunge il 10,9%, ed in Francia il 10,3%. Il raggiungimento, quindi, del tetto di spesa pubblica destinata agli armamenti fissato al 2% rispetto al PIL rappresenta contemporaneamente il 29% della quota di Pil destinata all’intera spesa sanitaria italiana.

    Viceversa in Germania il raggiungimento del medesimo obiettivo di valore economico per finanziare una guerra rappresenta poco più del 18% della quota Pil dedicata al Sistema sanitario nazionale tedesco.

    La differenza tra queste due percentuali di oltre il 10%, rapportate non più al solo Pil ma alle quote dello stesso destinate ai sistemi sanitari nazionali, Si sostanzia in termini economici in una minore disponibilità per l’Italia di circa 19 miliardi a favore del SSN ed una maggiore dotazione finanziaria per il Sistema sanitario nazionale tedesco di circa 42 miliardi.

    Questa differente dotazione finanziaria giustifica, quindi, ma non assolve la tendenza del Sistema Sanitario italiano ad assumere professionalità dai paesi in via di sviluppo e con un forte effetto deflattivo sulle retribuzioni.

    Viceversa la Germania, proprio grazie alla maggiore dotazione, può permettersi di importare personale qualificato, magari di formazione italiana, pagandolo adeguatamente rispetto alla professionalità.

    In altre parole l’ottimizzazione della spesa pubblica, soprattutto quella destinata ai servizi essenziali dei cittadini, rappresenta un parametro fondamentale nella comprensione delle motivazioni che vedono sempre più evidente la forbice tra il sistema economico tedesco e quello italiano. Una differenza tra i due paesi che tenderà a mantenersi se non addirittura aumentare durante questo terribile periodo di Forte tensione internazionale che vede molte risorse finanziarie destinate alle spese militari.

    Il continuo depauperamento del sistema sanitario nazionale, in atto sostanzialmente dal governo Monti in poi, rappresenta soprattutto ora, in quanto all’interno di un periodo prebellico, un fattore fondamentale per identificare e qualificare i parametri della spesa pubblica adottati dai governi dal 2011 ad oggi.

  • La Commissione stanzia 500 milioni di euro a sostegno della produzione di munizioni

    La Commissione europea ha stanziato i 500 milioni di € previsti nell’ambito del regolamento sul sostegno alla produzione di munizioni (Asap). Ciò consentirà all’industria europea della difesa di potenziare la propria capacità di produzione di munizioni fino a 2 milioni di proiettili all’anno entro la fine del 2025.

    La Commissione ha completato in tempi record la valutazione a norma del regolamento sul sostegno alla produzione di munizioni e ha selezionato 31 progetti per aiutare l’industria europea ad aumentare la produzione e la preparazione delle munizioni. I progetti selezionati riguardano cinque settori: esplosivi, polveri, proiettili, missili e collaudo e certificazione di ricondizionamento. Il regolamento sul sostegno alla produzione di munizioni si concentra sulle polveri e sugli esplosivi, che costituiscono strozzature nella produzione di munizioni, a cui verranno assegnati circa tre quarti del programma. Il programma sosterrà progetti atti ad aumentare la capacità produttiva annua di oltre 10 000 tonnellate di polvere e di oltre 4 300 tonnellate di esplosivi.

    La Commissione ha inoltre avviato il programma di lavoro per lo strumento per il rafforzamento dell’industria europea della difesa mediante appalti comuni (Edirpa) e il quarto programma di lavoro annuale del Fondo europeo per la difesa (Fed).

    Questi due programmi dispongono di una dotazione complessiva di quasi 2 miliardi di euro. Le misure odierne volte a rafforzare la base industriale e tecnologica di difesa europea fanno seguito alla prima strategia industriale europea della difesa e alla relativa proposta di un programma europeo di investimenti nel settore della difesa (Edip).

  • Gli Usa sventano una fornitura d’armi agli Houthi dalla Somalia. Ma è allarme per ambiente e pirateria

    Le autorità statunitensi hanno incriminato quattro cittadini stranieri accusati dell’invio di armi di fabbricazione iraniana alle milizie yemenite Houthi, responsabili degli attacchi sferrati in questi mesi contro le navi commerciali che attraversano il Mar Rosso. Il dipartimento di Giustizia ha divulgato ieri i capi d’accusa a carico di Muhammad Pahlawan, Mohammad Mazhar, Ghufran Ullah and Izhar Muhammad: i quattro sarebbero responsabili del carico di armi sequestrato dai Navy Seals al largo delle coste della Somalia il mese scorso, e sono anche accusati di aver fornito informazioni false alla Guardia costiera statunitense dopo il loro arresto.

    Pahlawan è stato inoltre accusato di aver trasportato illegalmente una testata esplosiva, pur sapendo che gli Houthi avrebbero potuto utilizzarla per attaccare navi commerciali. L’arresto dei quatro contrabbandieri e il sequestro di un piccolo carico di componenti per missili sono stati effettuati l’11 gennaio scorso durante un controverso raid al largo delle coste della Somalia, che ha portato alla morte di due militari statunitensi. Secondo indiscrezioni della stampa Usa, il raid venne ordinato dai vertici della Marina Usa a dispetto di condizioni proibitive sul piano operativo, a causa del mare molto mosso.

    In un’intervista al Financial Times, Arsenio Dominguez, segretario generale dell’Organizzazione marittima internazionale, ha paventato un corto circuito tra gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso e la pirateria africana.

    Costrette dallo scorso dicembre a deviare le loro rotte e circumnavigare l’Africa per evitare gli attacchi Houthi, le principali compagnie navali hanno determinato un aumento della navigazione nelle acque dell’Oceano Indiano e al largo dell’Africa occidentale, un’area marittima dove notoriamente avvengono degli attacchi di pirateria. Non a caso, da anni, in quella sezione di mare è operativa la missione Ue Atalanta. Dominguez ha affermato di aver parlato con le autorità della Somalia, dell’Africa orientale e dei Paesi attorno al Golfo di Guinea, nella parte occidentale del continente, per discutere degli sforzi da mettere in atto per garantire che la pirateria non diventi nuovamente un grave problema.

    Last but not least, gli attacchi degli Houthi rappresentano una minaccia anche all’ambiente. Il Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom) ha segnalato nei giorni scorsi che una nave mercantile abbandonata nel Golfo di Aden dopo un attacco dei ribelli sciiti yemeniti sta imbarcando acqua e ha lasciato un’enorme chiazza di petrolio, provocando un disastro ambientale. La Rubymar, una nave mercantile battente bandiera del Belize, registrata in Regno Unito e gestita dal Libano, è stata colpita da un missile sulla fiancata della nave, con conseguente allagamento della sala macchine e abbassamento della poppa, ha affermato il suo operatore, il Blue Fleet Group. “Quando è stata attaccata la M/V Rubymar trasportava oltre 41mila tonnellate di fertilizzanti che potrebbero riversarsi nel Mar Rosso e peggiorare questo disastro ambientale”, ha affermato Centcom in un post su X. L’attacco alla Rubymar rappresenta il danno più significativo mai inflitto a una nave commerciale da quando gli Houthi hanno iniziato a sparare sulle navi a novembre come forma do rappresaglia contro l’offensiva israeliana a Gaza. Gli attacchi degli Houthi hanno spinto alcune compagnie di navigazione ad allungare la rotta intorno all’Africa meridionale per evitare il Mar Rosso, dove normalmente transita circa il 12% del commercio marittimo globale.

  • L’Italia lentamente si adegua alla necessità di spese militari come richiesto dall’Alleanza

    Riproposto brutalmente da Donald Trump, l’obbligo di destinare alle spese militari almeno il 2% del Pil da parte di ciascun Paese aderente alla Nato deriva da un accordo informale del 2006 dei Ministri della Difesa dei Paesi membri dell’Alleanza poi confermato e rilanciato al vertice dei Capi di Stato e di Governo del 2014 in Galles (obiettivo da raggiungere entro il 2024), in cui si è anche indicata una quota del 20% di tale spesa da destinarsi ad investimenti in nuovi sistemi d’arma.

    Nel bilancio 2023 dello Stato: il ministero della Difesa italiana ha ottenuto 27 miliardi e 748 milioni di euro, cui vanno aggiunti gli stanziamenti di ministero dell’Economia e delle Finanze e ministero delle Imprese e del Made in Italy alle spese militari. Come emerge dal dossier (pubblicato il 6 luglio scorso) della Documentazione parlamentare della Camera le spese militari sono passate dai 19,9 miliardi di euro del 2016 ai 21,4 del 2019 fino ai 24,5 del 2021. Nel 2022 il Sipri di Stoccolma, uno dei più prestigiosi istituti di studi sulla pace, stimava che in tutto il mondo le spese militari ammontassero a 1.981 miliardi di dollari annui, 1.103 dei quali (il 56% del totale) erano riconducibili all’Allenza Atlantica. All’undicesimo posto nel mondo e tra i primi 5 in Europa per questo tipo di spese nel 2022, l’Italia col bilancio 2023 ha portato le sue spese militari a oltre il 3% de Pil  (gli Stati Uniti, primi nella classifica mondiale, nel 2022 hanno destinato a questo settore 766 miliardi di dollari, pari al 3,74% del loro Pil).

    Le maggiori risorse alla Difesa nel 2023 rispetto al 2022, 1,792 miliardi di euro in più rispetto alimentano in particolare la “Funzione difesa” che sfiora i 20 miliardi con un aumento superiore all’8%. Nell’arco di 15 anni l’Italia spenderà quasi 13 miliardi di euro col “Fondo relativo all’attuazione dei programmi di investimento pluriennale per le esigenze di difesa nazionale”. E fino al 2036 sono previsti altri 3,8 miliardi di euro per le “Politiche di sviluppo dei settori ad alta valenza tecnologica per la difesa e la sicurezza nazionale”. Il capitolo 7421 della Difesa ha stanziato 877,9 milioni per “interventi per lo sviluppo delle attività industriali a tecnologia dei settori aeronautico e aerospazio in ambito difesa e sicurezza nazionale”: dal programma Forza Nec per abbattere i tempi di comunicazione, agli elicotteri Hh-101 e Nh-90 e agli aerei da caccia Eurofighter e Tornado.

    L’Italia partecipa con oltre 7mila soldati a 35 missioni internazionali nell’ambito di coalizioni multinazionali, sotto l’egida di Onu, Nato e Unione Europea o accordi bilaterali. E nello scenario di guerra sul “fianco est” della Nato altri 1.250 militari sono in Lettonia, Ungheria e in Bulgaria. In Romania una task force dell’Aeronautica è impegnata con Ef-2000 “Typhoon” nella sorveglianza degli spazi aerei alleati. A queste missioni, finanziate dal ministero dell’Economia, nel 2023 sono stati destinati 1,7 miliardi di euro. L’anno precedente sono stati spesi 137.259.170 di euro nella Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh; 106.585.294 per United Nations Interim Force in Lebanon (Unifil); 70.068.735 alla partecipazione a Nato Joint Enterprise nei Balcani; 55.427.196 nell’operazione “Mare Sicuro” e nella missione di supporto alla Marina libica, cui si sommano altri 11.848.004 euro per il controllo dei confini in “assistenza” alle istituzioni libiche; infine 24.598.255 al “potenziamento” del fianco sudorientale della Nato. Per il 2023 sono state finanziate 4 nuove mission: l’European Union Border Assistance Mission in Libya, l’iniziativa di partnership militare dell’Ue in Niger, la missione bilaterale in Burkina Faso e soprattutto Eumam Ucraina.

  • L’industria militare tedesca punta ad aumentare la produzione

    L’industria della difesa tedesca vuole aumentare le capacità di produzione nei prossimi anni: dai mezzi corazzati alle munizioni e ai sistemi di difesa aerea. È quanto riferisce il quotidiano “Handelsblatt”, secondo cui i gruppi Krauss-Maffei Wegmann (Kmw) e Rheinmetall intendono fabbricare 100 carri armati Leopard 2 all’anno. A sua volta, l’azienda Diehl punta a triplicare il numero dei sistemi di difesa aerea Iris-T. Inoltre, Rheinmetall e Diehl mirano a portare la produzione di proiettili di artiglieria dalle attuali 100mila a circa 250mila unità all’anno.

    Questa espansione fa seguito alla guerra mossa dalla Russia contro l’Ucraina. I nuovi prodotti verranno forniti principalmente alle Forze armate della Germania e degli altri Stati della Nato, per esempio Norvegia e Slovacchia. Alcuni di questi Paesi devono, infatti, sostituire armi e materiali che hanno trasferito all’ex repubblica sovietica, a cui andrà la maggior parte delle munizioni prodotte in Germania. Tuttavia, l’ampliamento delle capacità del settore della difesa tedesco non sarà sufficiente a soddisfare la domanda. Soltanto per i proiettili di artiglieria, il fabbisogno dei Paesi europei e dell’Ucraina è di 5,5 milioni di pezzi. Considerate le difficoltà soprattutto nella produzione di granate e razzi, questo totale sembra difficilmente raggiungibile.

  • Israele, Ucraina, le guerre del terrore e nessuno si salva da solo

    La nuova guerra alla quale è chiamato Israele, dopo gli attacchi terroristici di questi giorni, mette in evidenza una serie di aspetti.

    I sistemi di sicurezza, benché ultramoderni e sofisticati, non mettono al riparo da incursioni di terroristi che non hanno alcuna considerazione della propria vita e perciò sono pronti a tutto, come già in altre occasioni avevamo visto.

    Le guerre oggi si avvalgono contemporaneamente di sistemi altamente tecnologici come di quelli  tradizionali mentre strumenti che, normalmente, sono utilizzati per divertimento e sport diventano armi di distruzione come i deltaplani ed i droni.

    Le armi possono essere di diversa efficacia letale ma dietro di esse devono esserci uomini disposti a morire per raggiungere lo scopo, o costretti a morire perché i loro capi lo raggiungano, quanto sta avvenendo in Ucraina, in Israele o in alcuni paesi africani, quanto è avvenuto in Afganistan, dimostra chiaramente che l’arma più letale resta l’uomo, sia quando si fa esplodere sia quando impone agli altri di marciare verso la morte.

    Queste guerre hanno dimostrato e dimostrano che se non si è capaci di preparare la propria difesa ogni paese può essere attaccato e la sua sopravvivenza è messa a rischio.

    Alcuni capi di stato e di governo preferiscono usare ogni disponibilità economica per migliorare sempre più gli armamenti, reclutare disperati, spendere per gli addestramenti piuttosto che dare alle proprie popolazioni i mezzi per vivere più dignitosamente, in questo modo ottengono il duplice risultato di avere sempre persone disperate da reclutare e da aizzare contro fantomatici avversari esterni.

    Il recente tentativo di trovare finalmente un accordo, come quello a suo tempo raggiunto con l’Egitto, tra Israele e l’Arabia Saudita ha scatenato, specie da parte dell’Iran, la decisione di attaccare, tramite i palestinesi, Israele ritenendo, erroneamente, che in questo momento fosse più debole per alcune spaccature interne.

    Certamente i servizi di sicurezza, spionaggio e controspionaggio, di Israele hanno dimostrato di non essere all’altezza della loro fama, infatti l’attacco che Israele ha subito è stato programmato con dovizia di mezzi e ha dimostrato grande capacità di penetrazione frutto di studi meticolosi e di organizzazione precisa.
    Non è sicuramente stata all’oscuro di tutto Mosca che importa dall’Iran armi e droni e che spera che l’Occidente, specie gli Stati Uniti, si distragga dalla guerra criminale che Putin ha portato in Ucraina per occuparsi invece di quanto sta avvenendo in Medio Oriente.

    Non è da escludere che si possa avere anche un ritorno alla strategia degli attentati in vari altri paesi, la stessa uccisione in Egitto di due turisti israeliani può essere l’inizio, da parte dei terroristi che si annidano ovunque, di una nuova stagione del terrore.

    Le guerre che sono ormai, dichiarate o meno, in mezzo mondo ci sembrano spesso lontane e a volte guardiamo le notizie che arrivano da vari fronti con occhi distaccati, poi ci si trova in mezzo e capiamo cosa  vuol dire doversi  rifugiare sotto terra e sentire le bombe che ci esplodono sulla testa, come è successo ai molti turisti italiani che sono in questi giorni in Israele.

    Quando qualcuno pensa di lasciare che gli ucraini se la sbrighino senza il nostro aiuto, perché noi vogliamo la pace o non vogliamo fare nuovi sacrifici per altri, pensiamo a come potrebbe cambiare la nostra vita se fossimo lasciati soli sotto il fuoco nemico, sotto le bombe o sotto il ricatto economico di un altro paese.

    La pace è un obiettivo che va raggiunto per il bene comune ma ricordiamo tutti che non vi può essere pace, civile convivenza, se non si rispettano le leggi internazionali, se chi inizia una guerra ha come obiettivo la pulizia etnica o culturale, l’annientamento di ogni diritto, l’uccisione indiscriminata di civili.

    Nessuno si salva da solo, nessuno si salva se il terrore vince, nessuno si salva senza la capacità di prevedere e di conseguenza di prepararsi.

  • Gli Usa mandano armi a Taiwan

    L’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha approvato per la prima volta la fornitura di armi a Taiwan nell’ambito di un programma federale di assistenza militare diretta per Paesi stranieri. Il dipartimento di Stato ha informato il Congresso federale dell’approvazione di un pacchetto di aiuti militari a Taiwan del valore di 80 milioni di dollari: un importo relativamente contenuto, ma che rende Taiwan beneficiaria per la prima volta in assoluto del programma federale “Foreign Military Financing”, concepito per contribuire alle capacità di difesa di Paesi alleati e amici degli Stati Uniti. Tramite il ricorso al programma, la Casa Bianca finanzierà il pacchetto di aiuti militari attingendo ad un bilancio suppletivo già approvato per l’assistenza militare all’Ucraina. Prima d’ora i governi statunitensi non avevano mai concesso armi a Taiwan tramite programmi di assistenza diretta, una misura che rischia di essere interpretata dalla Cina come un riconoscimento indiretto della statualità dell’isola. Il dipartimento di Stato ha insistito ieri che il ricorso al programma di finanziamento non implica un riconoscimento della sovranità di Taiwan.

    Soltanto il 26 agosto Washington ha approvato la vendita a Taiwan di sistemi d’arma per un importo complessivo pari a 500 milioni di dollari, segnalando un ulteriore rafforzamento del sostegno militare all’isola nonostante le obiezioni della Cina. Secondo il dipartimento della Difesa Usa, le vendite includeranno sistemi di puntamento a infrarossi e altri sistemi per cacciabombardieri F-16. La decisione coincide con l’annuncio da parte di Taiwan di una spesa aggiuntiva pari a 2,97 miliardi di dollari per l’acquisto di armamenti il prossimo anno. Circa la metà dei fondi aggiuntivi verrà destinata all’acquisto di aerei da combattimento, e i fondi rimanenti andranno principalmente ai sistemi navali.

  • Un bel tacer non fu mai scritto

    Siamo abituati da tempo, molto tempo, alle notizie contrastanti, alle smentite, ai proclami, alle minacce, alle contro controinformazioni che arrivano dalla Federazione Russa, sappiamo che in periodo di guerra anche da altre parti si annunciano e smentiscono interventi di vario genere ma restiamo un po’ perplessi di fronte agli annunci di aiuti militari a Kiev poi smentiti o corretti in modo sostanziale.

    Diceva un vecchio detto “un bel tacer non fu mai scritto” e noi restiamo del parere che, durante una guerra, una crisi internazionale, un momento di tensione, pur rispettando il dovere degli organi di informazione di informare, bisognerebbe usare maggiore prudenza e fare uso di quel silenzio necessario a portare a termine operazioni delicate.

    Credo che a pochi abbia fatto piacere apprendere la notizia, vera o falsa, che si volevano fornire all’Ucraina, dagli Stati Uniti, quelle famose bombe a grappolo che la Russia ha abbondantemente usato dall’inizio dell’invasione e il cui uso tutti abbiamo contestato come crimine di guerra, bombe a grappolo messe al bando per la pericolosità che avranno, anche dopo la fine del conflitto, per la popolazione civile, soprattutto per i bambini.

    Oggi sembra vi sia una nuova dilazione per l’invio degli aerei che Kiev chiede da sempre e che, finalmente, sembrava sarebbero stati consegnati.

    La minaccia nucleare continua ad incombere su tutti mentre, risulterebbe, che a Prigozhin siano stati riconsegnati i molti beni sequestrati dopo la surreale marcia verso Mosca.

    Sul futuro del capo della Wagner si fanno le più diverse ipotesi ma è il presente che deve indurci a riflettere per capire, o almeno provare a decodificare, il messaggio che arriva dalla cosiddetta ribellione poi rientrata.

    Se Putin, come alcuni sostengono, è diventato più debole difficile dichiarare con certezza che può fare a meno della Wagner e la Wagner difficilmente può fare a meno di Prigozhin e dei molti rapporti, contatti, ricchezze che lo stesso ha accumulato in molti paesi africani.

    Non è fantapolitica immaginare che Putin e Prigozhin possano essere ancora molto uniti e che il cosiddetto cuoco del Cremlino abbia sostenuto una parte difficile e pericolosa ma in accordo, almeno parziale, con il suo amico presidente.

    Certo nessuno dei due si fiderà completamente dell’altro ma entrambi hanno bisogno sia di stanare nemici interni e coperti sia di trovare una via d’uscita al labirinto nel quale sono finiti.

    Non giova però all’Occidente e al futuro di libertà, pace, rispetto delle regole internazionali, vedere che proprio paesi occidentali si prestano a dare e smentire notizie ed interventi come se il germe della menzogna avesse superato, come in Russia, ogni livello di guardia.

    Sì un bel tacer non fu mai scritto ma sarebbe ora che tanti leader, a vario livello, tante agenzie di intelligence, e tanti operatori dei media capissero che in certi momenti tacere è meglio.

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