Arte

  • Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo in mostra (ancora per poco) a Milano

    Ultimi giorni per visitare, al MUDEC di Milano, una delle mostre più interessanti della stagione: Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen. Il Surrealismo è stata l’avanguardia più onirica del XX secolo, ufficialmente nata il primo dicembre 1924, quando a Parigi il poeta André Breton pubblicava la sua raccolta di prose Poisson Soluble, la cui introduzione sarebbe diventata il Primo Manifesto del Surrealismo. Non solo uno stile, un movimento artistico, quanto piuttosto un atteggiamento, un modo alternativo di essere e concepire il mondo. È su questo concetto fondamentale che si sviluppano i molteplici temi della mostra milanese, visitabile fino al 30 luglio, con 180 opere, tra dipinti, sculture, disegni, documenti, manufatti, tutti provenienti dalla collezione del museo Boijmans Van Beuningen, uno dei più importanti musei dei Paesi Bassi, in dialogo con alcune opere della Collezione Permanente del Museo delle Culture.

    La mostra, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, promossa dal Comune di Milano-Cultura, con la curatela affidata alla storica dell’arte Els Hoek, curatrice del museo, e la collaborazione di Alessandro Nigro, professore di Storia della critica d’arte presso l’Università di Firenze, presenta una selezione della collezione del Museo Boijmans Van Beuningen con un focus particolare sull’interesse dei surrealisti per le culture native. Il visitatore potrà ammirare opere di Salvador Dalí, Max Ernst, René Magritte e Man Ray assaporando il racconto di un intero movimento artistico. Particolare attenzione viene data all’approfondimento delle tematiche fondamentali su cui si è focalizzata la ricerca surrealista – sogno, psiche, amore e desiderio, un nuovo modello di bellezza; attraverso opere di artisti famosi ma anche meno conosciuti, pubblicazioni e documenti storici, la mostra fornisce al pubblico una visione a 360 gradi dell’universo surrealista.

    Introdotta dal concetto che il surrealismo non è uno stile, ma un atteggiamento, si parte con le origini dadaiste del Surrealismo e tre artisti Dada che hanno avuto un ruolo importante nel gruppo surrealista: Max Ernst, Man Ray e Marcel Duchamp. In mostra tra gli altri lavori, Cadeau (Audace) di Man Ray o la Scatola in valigia di Duchamp (De ou par Marcel Duchamp ou Rrose Selavy) del 1952. E prosegue con gli artisti influenzati dalle idee della psichiatria e della psicoanalisi, come Salvador Dalí del quale è possibile ammirare Venere di Milo a cassetti, o l’esplorazione della sessualità con la Venere restaurata di Man Ray, per concludere con Meret Oppenheim e la sua Sotto le resede.

    Una sezione particolare approfondisce il tema del complesso rapporto tra il Surrealismo e le culture del sud globale. Tale rapporto costituisce un fil rouge che accomuna numerosi protagonisti del movimento, a partire dal capofila André Breton, che scoprì l’arte a quel tempo detta “primitiva” sin da ragazzo, diventandone poi un importante collezionista. Per i surrealisti quello per le culture native non fu solamente un interesse di tipo estetico o collezionistico, ma costituì uno dei temi di riferimento del movimento.

    Gli artefatti delle culture native venivano a integrarsi nel concetto di “meraviglioso”, una delle categorie fondanti del movimento che assicurava l’accesso alla dimensione della surrealtà, essenziale per la liberazione dell’individuo e per il suo affrancamento dalle convenzioni della società.

  • Oltre i 10 milioni i lettori di fumetti in Italia

    Sono oltre 10 milioni i lettori di fumetti in Italia (10.200.000) nel 2022, il 17,2% in più dell’anno precedente. Rappresentano il 23% della popolazione tra i 15 e i 74 anni che, pur essendo varia per età, è accomunata da consumi culturali forti e vari: sono lettori di romanzi e saggistica nell’84% dei casi, di ebook nel 47%, ascoltatori di podcast nel 40%, di audiolibri nel 19%. Questo secondo i dati dell’Ufficio Studi dell’Associazione Italiana Editori, in collaborazione con Aldus Up, presentati il 18 maggio, nel giorno d’apertura del Salone del Libro di Torino.

    Alla crescita dei lettori di questi anni corrisponde un balzo del mercato: il valore delle vendite a prezzo di copertina è triplicato (+196%) rispetto al 2019, anche se i primi 4 mesi di quest’anno registrano un rimbalzo negativo (-12%) rispetto all’anno precedente, legato principalmente al diverso calendario di uscite dopo un 2022 particolarmente favorevole.

    “Oggi oltre un libro su dieci venduto nelle librerie fisiche e online e nei supermercati è un fumetto. Da una parte questo tipo di narrazione è entrata nella dieta culturale dei lettori forti italiani, anche grazie all’importante lavoro di proposta avviato dalle librerie. Dall’altro lato, un’offerta editoriale sempre più varia e articolata ha portato nelle librerie un nuovo pubblico, con un importante effetto a cascata anche sugli altri generi” ha commentato Emanuele Di Giorgi, responsabile Commissione Comics & Graphic novels di Aie.

    “Non è esagerato dire che il fumetto è uno dei fattori che più hanno rivitalizzato il panorama editoriale italiano negli ultimi anni, con effetti benefici su tutta la filiera” ha aggiunto Di Giorgi alla presentazione a cui sono intervenuti Claudia Bovini (Starcomics), Giovanni Mattioli (Bonelli), Daniele Mariani (Mondadori Retail), Matteo Bianchi (Libreria Hoepli), Giovanni Albertini (Librerie Feltrinelli), Marco Schiavone (Edizioni Bd) e Giovanni Peresson (Ufficio Studi Aie), moderati da Luca Valtorta (La Repubblica).

    Nel 2022 sono state vendute nei canali trade, vale a dire librerie fisiche e online e grande distribuzione, 11 milioni e 505mila copie di fumetti, in crescita dello 0,4% sull’anno precedente e del 260,5% rispetto al 2019. In termini economici, il mercato vale 107,87 milioni di euro di vendite a prezzo di copertina, in crescita dell’8,6% sull’anno precedente e del 199,8% sul 2019. Nel 2019 la quota di mercato a copie era del 3,6%, oggi più di un libro su 10 venduto nelle librerie fisiche e online e nei supermercati è un fumetto (11,1%).

    Dei 107,87 milioni di euro di fumetti a valore di copertina venduti nel 2022, il 58,1% sono manga, il 28,4% graphic novel e comic strip, il 13,5% titoli per bambini e ragazzi. In termini assoluti, i manga valgono 62 milioni e 642mila di euro (+7,6% sul 2021), graphic novel e comic strip 30 milioni e 617mila (+3,8% sul 2021), bambini e ragazzi 14 milioni e 611mila (+26%).

    I titoli venduti nelle librerie fisiche e online e nella grande distribuzione sono in crescita continua dal 2019 e pari nel 2022 a 3.496 (+11,1% sul 2019). I titoli rivolti agli adulti sono 2.318, quelli rivolti a bambini e ragazzi 1.178. A livello di generi, i manga valgono il 49,4% della produzione, le graphic novel il 18,6%, US Comics il 14,5%, European comic books il 14,2%, le strisce il 3,3%.

  • A New York si celebrano manifesti commerciali italiani

    La contaminazione tra arte d’avanguardia e manifesti commerciali in Italia, con particolare attenzione agli anni tra le due guerre e al primo dopoguerra, durante il boom economico del Paese, è al centro di una mostra al Cima (Center for Italian Modern Art) di New York.  Sono circa 30 i manifesti esposti nello spazio a Soho dal 16 febbraio al 10 giugno, provenienti dalle principali istituzioni italiane e collezioni aziendali, e firmati da artisti come Erberto Carboni, Fortunato Depero, Nikolai Diulgheroff, Lucio Fontana, Max Huber, Bruno Munari, Marcello Nizzoli, Bob Noorda, Giovanni Pintori, Mario Sironi, Albe Steiner. Le loro opere hanno illustrato i prodotti di aziende che hanno fatto la storia dell’economia tricolore come Barilla, Campari, Olivetti, Fiat, Pirelli.

    “L’idea di base è stata di esaminare il rapporto tra arte di avanguardia italiana e una certa committenza commerciale illuminata che è esistita a partire dagli anni Venti e fino agli anni 60”, ha spiegato all’Ansa il curatore della mostra, Nicola Lucchi. «E’ un momento in cui le compagnie italiane scoprono il consumismo e si appoggiano a uffici di pubblicità interni che chiamano gli artisti a collaborare, e gli artisti di avanguardia e Futuristi per primi si propongono come interpreti dei prodotti – ha continuato – Questo genera un rapporto artistico importante che abbiamo cercato di esplorare nelle sue varie sfaccettature».

    Lucchi ha sottolineato che «i manifesti sono stati spesso descritti come derivati, ma la mostra mette in luce come, dal Futurismo in poi, le locandine italiane abbiano acquisito una forza visiva e comunicativa che ha elevato il mezzo a una forma di espressione artistica a sé stante, spingendo il confini delle tecniche litografiche, del fotomontaggio e della tipografia». «L’ambizione peculiare dei manifesti commerciali di fornire forme e contenuti seducenti alle masse, piuttosto che a un circolo elitario, li rende anche oggetto di interesse socioeconomico e filosofico», ha proseguito.

    Con la data di inizio nel 1926, anno in cui Depero ha esposto alla Biennale di Venezia un “quadro pubblicitario”, Squisito al selz, e una ideale data di chiusura nel 1957, anno in cui va in onda per la prima volta sulla Rai il Carosello, l’esibizione illustra quindi come il design dei manifesti commerciali italiani si sia mosso di pari passo con le correnti artistiche dei suoi tempi. E come contrappunto visivo e concettuale al percorso narrativo tracciato dai manifesti commerciali, la mostra comprende anche alcune opere di Mimmo Rotella. «Rotella inizia con l’arte informale e negli anni 50 ha l’illuminazione che in realtà le figure sono tutte intorno a lui, e sono i manifesti commerciali – dice il curatore – Il gesto è strapparli dalle pareti e metterli sulla tela».

  • Riparte Brafa, arte e antichità tornano a Bruxelles

    Antichità, arte moderna e lusso. Bruxelles rilancia Brafa, la celebre fiera d’arte della capitale belga, che ha riaperto le porte ai visitatori dopo gli anni difficili della pandemia. Tornano così sotto le volte della fiera di Bruxelles, a pochi passi dall’Atomium, i migliori mercanti d’arte del Belgio e dell’Europa intera, con i loro pezzi migliori, alcuni accessibili al grande pubblico altri invece riservati a grandi collezioni e musei.

    La pandemia e poi la guerra però hanno modificato leggermente il mix degli avventori, fanno sapere gli organizzatori: meno cinesi e russi. E così tornano centrali i collezionisti del vecchio continente come l’aristocrazia industriale fiamminga e l’alta borghesia francese o tedesca. Clienti duri che non si lasciano affascinare da ciò che luccica ma cercano oggetti ricercati, e la fiera si adatta riducendo leggermente lo spazio all’arte contemporanea e puntando su antiquariato e sull’oggettistica di valore.

    Da sempre Brafa è una fiera eclettica e ne fa il suo vanto: anche quest’anno le cose non cambiano, a fianco della Tentazione di Sant’Antonio del pittore fiammingo Pieter Huys infatti ci si imbatte nei celebri pois di Yayoi Kusama, artista giapponese ormai in collaborazione semi-stabile con Louis Vuitton di cui Brafa ospita uno dei pezzi più cari dell’esposizione, un quadro in vendita per 2,2 milioni di euro.

    Tanta anche l’arte classica italiana dal negoziato a porte chiuse su un dipinto del XV secolo di Sebastiano del Piombo, portato dalla galleria Cappuzzo dopo tre anni di studi e accertamenti sull’origine, ad una croce cesellata d’oro all’incirca dello stesso periodo e proveniente dall’Opera del Duomo di Firenze e riscoperta dalla galleria Dei Bardi Art e offerta attorno ai cinquantamila euro. Nonostante i prezzi non siano quelli di tutti i giorni la maggior parte dei clienti è qui principalmente per trovare oggetti per le loro case, spiegano dal team di Brafa sottolineando la cura e l’attenzione tradizionale della borghesia belga, che ancora costituisce il 40% dei clienti della fiera, per le collezioni domestiche.

    E le collezioni private possono permettersi anche di osare qualcosa nello stile e infatti a due passi dall’iperclassico busto di marmo dell’imperatore Commodo attribuito allo scultore Bartolomeo Cavaceppi e presentato dalla galleria Desmet si nota l’impressionante scala modulare anni 70 in poliestere rosso del designer francese Georges Ferran, su cui ruota lo stand della galleria Morentz. A ognuno il suo insomma. Il mondo delle fiere d’arte è fermo da anni e ciò che importa alla fin fine è che la gente ricominci a comprare, e a Brafa le premesse ci sono tutte.

  • Anna Galiena al Franco Parenti

    Al Teatro Franco Parenti, dal 28 marzo al 6 aprile andrà in scena “Coppie e Doppi”, opera tradotta, adattata, diretta e interpretata da Anna Galiena e coprodotta dal Teatro Franco Parenti e da Il Sipario. Un omaggio a Shakespeare in cui l’attrice dà vita a dieci personaggi che interagiscono e dialogano tra loro, portando in scena il dualismo dell’essere umano e permettendo allo spettatore di prendere parte ad un percorso di esplorazione di tale dualismo. La pièce ad una voce propone un gioco teatrale in versi, di rimandi e seduzione in cui gli opposti si fronteggiano in un percorso di grande fascino: amore, odio, potere, gelosia, lussuria e tutte le passioni cantate dal Bardo sono espressione dell’ambivalenza umana.

     Signora Galiena è sempre un piacere incontrarla e poterne apprezzare il talento anche nella nostra città. Ci potrebbe raccontare com’è nata l’idea di quest’opera teatrale?

    Certamente, con piacere. Quando lavoravo a New York e recitavo opere di Shakespeare, oltre a studiare la mia parte, per mia passione mi piaceva memorizzare anche le parti degli altri personaggi. Ad esempio, imparavo la parte di Giulietta ma anche quella di Romeo e così in altre opere. Facevo tutto da sola, ovvero, quando avevo del tempo libero recitavo sia le battute di lei sia quelle di lui e questo mi è sempre servito non solo per esercitare la memoria ma anche per far emergere sempre nuovi aspetti del personaggio che poi avrei recitato. Poi, una volta, mentre mi trovavo in una condizione di particolare stress, nel ripetere queste parti abbandonandomi solo alla melodia delle parole, quando sono arrivata ad Amleto ho percepito in me una presenza maschile che ha reso inedita l’interpretazione. Mi sono sorpresa; quasi spaventata. E andando avanti è emerso anche un personaggio femminile. A quel punto mi sono chiesta: “Forse un attore può anche recitare così, chi lo sa?”. Ho parlato di questa mia esperienza sia emotiva che creativa con l’amica Andrée Ruth Shammah, direttrice del Teatro Franco Parenti di Milano la quale mi disse che l’idea le sembrava ottima e mi incoraggiò a recitarlo, così come lo avevo memorizzato, all’attenzione di possibili produttori ed amici intellettuali che apprezzarono molto l’idea. Poi, per mia insicurezza il progetto non andò avanti. Nel 2011 lo rappresentai in Italia, dopo averlo tradotto ma mi resi conto che non era quello che volevo fare e ancora una volta mi fermai. Poi, pochi anni fa, due giovani produttori romani, Karin Proia e Raffaele Buranelli mi hanno invitato a fare un mio spettacolo in Sicilia. Io risposi che avevo a disposizione questo mio lavoro e a loro l’idea piacque e così, dopo aver rivisto tutto il testo, ho fatto questa “prima” nella cittadina di Patti dove il pubblico ha espresso il suo particolare apprezzamento. A quel punto ci siamo detti: “Abbiamo uno spettacolo” e diversi Teatri italiani avevano manifestato il loro interesse ma tra il Covid nel 2020 ed alcuni impegni cinematografici del 2021 e del 2022 ho potuto recitare ques’opera solo al TeatroOlimpico di Vicenza e al Teatro di Donna Fugata a Ragusa Ibla. L’anno scorso è poi arrivata la richiesta da parte dell’amica Andrée Shammah, con la quale ho lavorato sempre con grande piacere e soddisfazione, per queste date di Milano.

    Tra i 10 personaggi che interpreta ce n’è qualcuno che interpreta con maggiore empatia?

    In realtà no e le spiego il perché. Questo spettacolo richiede sia un esteso e profondo lavoro tecnico, sia che ci si lasci andare e ci sia abbandoni, proprio come quella volta in cui ebbi l’ispirazione di scriverlo. Perché è abbandonandosi che escono meglio fuori gli aspetti dei vari personaggi, gli aspetti del maschile e del femminile. Di un maschile aggressivo come di un femminile aggressivo, vedi quello di Lady Macbeth o di un femminile che si lascia sopraffare, come quello di Ofelia. Insomma, ci sono tante sfumature e mi piace interpretarle tutte con egual interesse e passione.

    C’è qualcosa che attraverso quest’opera le piace comunicare?

    Non in modo specifico. L’obiettivo che ha un qualunque progetto teatrale, è sempre lo stesso, ovvero mettere in scena uno o più aspetti dell’umana condizione nella speranza che lo spettatore possa rispecchiarsi in quella situazione e vederci qualcosa, sentire qualcosa, riflettere su qualcosa. L’obiettivo è solo questo.

    Consigli per le giovani attrici e i giovani attori?

    Dunque, Farei mio il consiglio che dette Katharine Hepburn ad una giornalista quando le fecero più o meno la stessa domanda molti anni fa, rispondendo “Ci vuole una salute di ferro!”. Ho sempre trovato questa risposta geniale perché è vero che facciamo un lavoro che ci dà tanto ma tanto anche ci leva. L’altra cosa che vorrei dire è che quando si ha un sogno, un sogno artistico, che si tratti di scrivere, di recitare, di comporre musica, lavorare con i colori o con le forme se veramente ti prende lo devi fare, costi quel che costi. Quando lavoravo a New York, ad un certo punto il mio motto era “O ce la faccio, o muoio!”. Ero così innamorata del personaggio di Nina, dell’opera “Il Gabbiano” di Čechov (che ho recitato nella primavera del 1980) che dentro di me pensavo che se lei era stata disposta a fare delle rinunce per raggiungere il suo scopo, lo avrei fatto anch’io. Con l’assolutismo della gioventù io mi ripetevo che volevo recitare e quindi per farcela accettai qualsiasi lavoro, anche pesante, prima di poter iniziare a vivere del mio lavoro di attrice. Non me ne importava. Potevo anche morire donna di servizio o anche operaia. O ce la facevo così, lavorando e studiando, oppure no. Ed ho seguito questa strada perché l’altra, ovvero quella di cercare contatti e amici tramite una strategica frequentazione di persone non è mai stata la mia “materia”, il mio modo di fare. Per me la ricerca verso la recitazione era tutto quello che sentivo dentro. Quello che mi scatenava l’incontro con i testi, sia classici che contemporanei: immagini, idee interpretative e una appassionata voglia di comunicare con gli altri, con un pubblico. Questo è quello che m’interessava e questo è tutto quello che ho fatto. Per cui ai giovani direi: “se avete dubbi, smettete e fate altro”. Mi spiego meglio. Se pensate di non riuscire ad avere successo. Se, al contrario, perseguite il vostro sogno con tenacia ma avete dubbi sulla vostra bravura come attori, beh! Questo è normale. Questo tipo di dubbi vi accompagnerà in tutta la vostra carriera. Ancora oggi che devo debuttare in questo spettacolo a Milano mi chiedo tutti i giorni se sarò all’altezza o meno. E quindi, alla risposta della Hepburn, nel rispondere ai giovani di oggi, aggiungerei forse una parola, ovvero “ci vogliono una volontà ed una salute di ferro”.

    Grazie per il prezioso tempo dedicatoci. Verremo a vederla al teatro con grande piacere.

    Grazie a voi

    Date e Orari
    Giovedì 6 Aprile h 20:30

  • L’Arte nelle istituzioni

    Si intitola L’arte nelle istituzioni – Opere ritrovate nei palazzi del potere (Skira) il libro di Tiziana Ferrari, un vero e proprio racconto di un’esperienza professionale ai vertici delle Istituzioni con protagoniste le opere d’arte delle collezioni del Senato, tra tesori nascosti e intrighi di palazzo, in un avvincente mystery.

    Tiziana Ferrari è stata la prima curatrice delle collezioni d’arte presso la presidenza del Senato italiano, artefice, a partire dal 2009, di un progetto pilota nell’ambito della valorizzazione dei beni artistici della camera alta del Parlamento: la creazione di un vero e proprio archivio scientifico delle opere d’arte giunte al Senato dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri. Opere custodite e celate nei palazzi della politica.

    L’autrice racconta la sua storia, piena di colpi di scena e intrighi “di Palazzo”, in un saggio scientificamente fondato ma dal passo narrativo, una storia, fatta di entusiasmo e determinazione, dello scontro a volte solitario con i gangli di alcuni ambienti governativi. Non solo: questo volume vuole essere un sasso gettato dentro lo stagno di un dibattito attuale, quello che investe la valorizzazione moderna di uno spaccato dell’arte celato al grande pubblico – opere clandestine, testimoni silenti della nostra storia nazionale. Con spirito d’innovazione, in questa pubblicazione Tiziana Ferrari vuole anche indicare un metodo efficiente di gestione e valorizzazione dei beni culturali.

    Tiziana Ferrari, cittadina italiana e svizzera, ha vissuto per molti anni negli Stati Uniti e in Canada. Critica dell’arte e giornalista, è studiosa dei fenomeni artistici e sociali ed esperta in valorizzazione del patrimonio culturale. È stata la prima curatrice delle opere d’arte del Senato della Repubblica italiana. Ha effettuato il primo censimento scientifico su una raccolta d’arte nei palazzi delle Istituzioni, il suo lavoro ha portato alla luce importanti scoperte.

    Un libro che interessa non solo il cultore della materia, ma in genere tutto il pubblico curioso di conoscere i meccanismi segreti che si celano dentro l’arte e dietro le porte dei palazzi del potere.

    Parte del suo ricavato sulla vendita della prima edizione di questo libro al “Centro Dino Ferrari” dell’Università degli Studi di Milano per la ricerca delle malattie neuromuscolari, neurodegenerative e cerebrovascolari (www.centrodinoferrari.com).

  • ALMA a Milano – Arte Libera Musei Aperti

    Inaugurata a Milano Painting Academy, l’iniziativa ALMA- Arte Libera Musei Aperti che dal prossimo 21 marzo porterà l’arte nei luoghi dell’isolamento e del disagio, a cominciare dal Carcere di Opera, con l’esposizione di opere di Enrico Baj.

    Lo scopo del progetto dell’Associazione Culturale ‘Corte Sconta’, realizzato con il contributo di Fondazione di Comunità Milano, è rendere accessibili le opere d’arte, dopo i limiti imposti dalla pandemia e da altre costrizioni, ma anche avvicinare all’interesse artistico individui esclusi da eventi pubblici per motivazioni sanitarie, fisico-psichiche o penali rendendoli partecipi dell’arte come via per la Libertà.

    ALMA, da un lato vuole rivalutare luoghi costretti ai margini della vita sociale, dall’altro riportare alla vita pubblica importanti e significative opere, altrimenti riservate a pochi o dimenticate in depositi.

    Riduzione delle disuguaglianze, parità di genere, accessibilità e sostenibilità sociale, sono le parole chiave che guidano il progetto per creare la consuetudine alla diffusione dell’arte e all’avvicinamento ai pubblici fragili.

    La casa di reclusione di Opera, l’RSA Golgi Redaelli, l’Associazione Olinda ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, vedranno, nelle parole dei responsabili del progetto Maddalena d’Alfonso e Andrea Vento, “l’esposizione e la condivisione partecipata di opere d’arte provenienti da collezioni private, tutte espressione e veicolo di declinazione del concetto di LIBERTA’, così importante da recuperare e rivivere”.

    L’iniziativa si concluderà in autunno, con la riunione di tutte le opere esposte alla Fabbrica del Vapore, presso la sede di Corte Sconta, per raccogliere i risultati del progetto.

    Libertà e immaginazione, libertà e memoria, libertà e comunicazione, libertà e viaggio i temi espressi e affrontati. A seguito di ogni evento si terrà un Talk in presenza o digitale animato da personalità dell’arte, della cultura e dell’iniziativa sociale. Ogni opera verrà digitalizzata e monitorata con le più avanzate tecniche oggi a disposizione.

    Il Progetto gode del patrocinio di ICAMT International Committee for Architecture and Museum Techniques -ICOM International Council of Museum.

    L’avvio dell’iniziativa è avvenuto con un primo evento presso Milano Painting Accademy, dove si è parlato di “Libertà e corpo umano”, attraverso l’emozionante arte di Patrizia Comand.

    “C’è un nesso profondo tra Libertà e Corpo umano, inteso quest’ultimo come spazio, relazioni. – afferma Gianni Maimeri, Presidente di Fondazione Maimeri patrocinante Milano Painting Academy – È in effetti proprio l’arte a interpretare il collegamento, essendo espressione di un gesto fisico, ma originata dal bisogno interiore di esprimere, trasmettere. Fondazione Maimeri interviene nella promozione dell’arte e della cultura

    attraverso iniziative a impatto sociale. ALMA sposa nel suo spirito le aree di intervento della Fondazione, dando visibilità all’arte e a luoghi di disagio o con delle complessità“.

    “Colori, forme e spazi escono dal corpo fisico per liberarsi. Partendo da una realtà se ne esplora un’altra in una sorta di lotta per la libertà. Si superano i limiti per conoscere e vivere altro”, così Patrizia Comand parla di “La Scalata” l’opera esposta al pubblico presso Milano Painting Academy, nell’appuntamento inaugurale.

    “Rappresenta una scalata alla luna, che è essenzialmente il simbolo di qualcosa che si vuole raggiungere: un’idea, un sogno, un’ideale, qualcosa che ci porti in una dimensione “altra”. In basso c’è la lotta per potersi arrampicare ed è per questo che c’è una variazione di colori dal basso verso l’alto: alla base dove, appunto, c’è lo scontro i colori sono forti, contrastanti, “terrestri” nel senso che sono ancora legati alla realtà, poi, via via che si staccano dalla terra si attenuano e pian piano prendono i colori delle luna, cioè del sogno cui si arriverà e con cui ci si fonderà”.

  • ‘Costruire Cattedrali con gioia’, la mostra di Valentina Chiappini alla Fabbrica del Vapore di Milano

    E’ stata inaugurata il 15 febbraio nei locali dell’Associazione Corte Sconta, alla Fabbrica del Vapore di Milano, e sarà visitabile fino alla fine del mese, la personale dell’artista Valentina Chiappini dal titolo Costruire cattedrali con la gioia. La mostra prende nome da una delle opere esposte che ritrae la popolare figura di Mickey Mouse associata all’immagine di un muro di mattoni in costruzione sul quale è poggiata una cazzuola da muratore, simbolo esoterico associato alle azioni edificatrici della beneficenza e della bontà attiva. Pertanto, il titolo dell’opera (Costruire cattedrali con la gioia) può essere letto come un riferimento alla virtù della carità, richiesta agli iniziati sulla via della conoscenza mistica.

    Le immagini di Valentina Chiappini sono caratterizzate dalla compresenza di figure e talvolta anche di parole e cancellature che ricordano la struttura dei dipinti di Jean Michel Basquiat trasmettendo una costruzione problematica dell’immagine.
    Questi dipinti raccontano tutti una sorta di percorso personale, quasi filosofico, a tratti anche spirituale.

    Valentina Chiappini, nota per la sua ricerca che incrocia l’indagine filosofica e umanistica con una espressione artistica assolutamente originale, è pittrice e performer di origine siciliana, classe 1980. Dopo la formazione classica, ha frequentato “l’Accademia Italiana” Arte/Moda/Design a Firenze, quindi l’Accademia di Belle Arti di “Brera” a Milano. Attraverso l’uso di lame, tratta il colore per sottrazione. Fra le sue esposizioni personali e collettive: Studio Piero Manzoni (Brera, Milano), Arca Mexico (San Ildefonso) Città del Messico, Rivoli 59 Parigi, Fabbrica del Vapore (Brera/Rivoli59) Milano, Agora Gallery (Chelsea) New York.

  • A Milano ‘Andy Warhol. La pubblicità della forma’, la mostra sull’artista simbolo della pop art americana

    Ancora poco più di un mese per visitare Andy Warhol. La pubblicità della forma, la spettacolare mostra dedicata al grande artista americano, simbolo indiscusso della pop art, alla Fabbrica del Vapore di Milano, promossa e prodotta da Comune di Milano–Cultura e Navigare e curata da Achille Bonito Oliva con Edoardo Falcioni per Art Motors, Partner BMW e Hublot. Fino al 26 marzo sarà possibile ammirare oltre trecento opere, per la maggior parte uniche, divise in sette aree tematiche e tredici sezioni: dagli inizi negli anni Cinquanta quando Warhol era illustratore commerciale sino all’ultimo decennio di attività negli anni Ottanta connotato dal rapporto con il sacro. Un vero e proprio viaggio nell’universo artistico e umano di uno degli artisti che hanno maggiormente innovato la storia dell’arte mondiale e influenzato un’intera generazione di artisti come Basquiat, Haring, Scharf che lo considerano il loro padre spirituale. Tele, carte, sete, latte con le famose ed uniche Polaroid, per arrivare agli acetati unici che fanno parte della seconda fase del suo lavoro.

    Senza dimenticare la storica Factory, dove Warhol accolse attori, musicisti, scrittori, tutto il mondo creativo newyorchese, creando i primi film come i The Velvet Uderground & Nico, per cui realizza anche la copertina del celebre LP.

    La grande intuizione di Wharol, da giovane pubblicitario di successo, fu quella di ripetere una immagine più e più volte, in modo da farla entrare per sempre nella mente del pubblico. Thirty Are Better Than One, la sua prima Monna Lisa ripetuta ben trenta volte, viene trasformata in un’opera di tutti e per tutti, trasformando il linguaggio della pubblicità in arte e ridefinendo il compito dell’artista che non più quello di creare ma di riprodurre.

    Per far questo Warhol adotta una speciale tecnica di serializzazione, con l’ausilio di un impianto serigrafico, che facilita la realizzazione delle opere e riduce notevolmente i tempi di produzione. Su grosse tele riproduce moltissime volte la stessa immagine alterandone i colori: usando immagini pubblicitarie di grandi marchi commerciali o immagini di impatto come incidenti stradali o sedie elettrice, riesce a svuotarle del significato originario. L’arte deve essere “consumata” come qualsiasi altro prodotto.

    La tecnica della serigrafia viene usata da Warhol già nel 1962 per realizzare la serie Campbell’s Soup Cans. Lo stesso fa con i ritratti delle celebrità dell’epoca: Marilyn Monroe, Mao Zedong, Che Guevara, Michael Jackson, Elvis Presley, Elizabeth Taylor, Brigitte Bardot, Marlon Brando, Liza Minnelli, Gianni e Marella Agnelli, le regine Elisabetta II del Regno Unito, Margherita II di Danimarca, Beatrice dei Paesi Bassi, l’imperatrice iraniana Farah Pahlavi, la principessa di Monaco Grace Kelly, la principessa del Galles Diana Spencer.

    La mostra milanese vuole documentare questo avvincente percorso: dagli oggetti simboli del consumismo di massa, ai ritratti dello star system degli anni ’60; dalla serie Ladies & Gentlemen degli anni ’70 dedicata alle drag queen, i travestiti, simbolo di emarginazione per eccellenza e considerati alla pari di star come Marilyn, sino agli anni ’80 in cui diviene predominante il rapporto col sacro: cattolico praticante, ne era stato in realtà pervaso per tutta la vita.

    Nella mostra milanese sono esposte quasi tutte opere uniche come tele, serigrafie su seta, cotone e carta, oltre a disegni, fotografie, dischi originali, T-shirt, il computer Commodore Amiga 2000 con le sue illustrazioni digitali – i primi NFT della storia – , la BMW Art Car dipinta da Warhol con il video in cui la realizzò, la ricostruzione fedele della prima Factory e una parte multimediale con proiezioni di film da vedere con gli occhialini tridimensionali.

    Andy Warhol muore nel 1987 per una infezione alla cistifellea. Le sue icone, i suoi personaggi, i suoi soggetti sono riprodotti ovunque, in tutto il mondo, su vestiti, matite, poster, piatti, zaini. Ha anticipato i social network e la globalizzazione degli anni Duemila, ha cambiato per sempre la storia dell’arte, è ancora attualissimo e amato da un pubblico trasversale.

    La mostra rappresenta una occasione imperdibile per godere della sua arte unica, coraggiosa, innovativa e traboccante di idee.

  • Giovanni Giusti non solo un fotografo

    La mostra “Anime pure” di Giovanni Giusti, inaugurata il 27 agosto nella Torre dell’Orologio di San Polo d’Enza, si concluderà sabato 15 ottobre, ancora pochi giorni per potere apprezzare le foto che l’artista ha scattato in uno dei suoi ultimi viaggi a Goa.

    “Anime pure” perché ogni foto rappresenta la purezza, la dignità di bambini che guardano avanti, non sono semplici ritratti o spaccati di vita presi a caso per commuovere o per fissare attimi fuggenti. Nelle sue foto Giovanni Giusti cerca e trova l’anima di chi è fotografato per poi parlare alle anime di chi osserva.

    Una ricerca la sua, quasi una missione che continua da anni, un lavoro costante di ricerca e di condivisione, il tentativo, ripetuto con passione e dedizione, di fare percepire a noi, così lontani dalle spiagge, dove alcuni vivono intensi periodi di turismo e molti altri, specie i bambini, rischiano ogni giorno di non vedere il giorno dopo, sensazioni e vite reali.

    Nessuna immagine violenta, cruda, angosciante ma solo realtà semplici e pure, quella purezza che non dovrebbe mai essere strappata ai bambini e che dovremmo, almeno un po’, conservare da adulti.

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