Per la prima volta, dal dopoguerra ad oggi, in Austria l’estrema destra ha raggiunto la maggioranza relativa alle ultime elezioni.
Gli scenari che si aprono ora all’interno del Paese sono alquanto indefiniti, specialmente in rapporto alle maggioranze governative che si potranno formare, ma altrettanto potrebbero essere gli effetti sul ruolo austriaco all’interno della stessa Ue.
Gli esiti elettorali, tuttavia, dovrebbero finalmente provocare una presa di coscienza In relazione alla scala delle priorità, ormai in antitesi, tra quelle della classe politica e quelle dei cittadini. Invece si inneggia ad un presunto pericolo per la democrazia espresso da molti commentatori, quasi che il principio democratico della sovranità dell’elettorato dipendesse dall’esito delle elezioni e non dal suo esercizio democratico.
Viceversa, sarebbe opportuno che le maggiori istituzioni democratiche in Europa si interrogassero sulle motivazioni che hanno spinto delle persone per bene, ma abbandonate per trent’anni nelle loro legittime istanze, a cercare un rifugio nell’estrema destra.
Dopo la Germania, infatti, anche l’Austria trova, o meglio, prova nella destra la possibilità di ottenere delle risposte che attende da trentuno anni, dalla nascita cioè dell’Unione Europea, che, di fatto, ha svuotato di potere le Nazioni, invece di offrire una tutela aggiuntiva alle singole politiche degli Stati e che dalla crisi del covid in poi ha offerto delle risposte assolutamente inadeguate.
Basti pensare al delirio ideologico ambientalista che la UE ha abbracciato invece di inaugurare una politica di sviluppo e mantenimento degli asset industriali come conseguenza della crisi covid. Non è il sovranismo ad aver vinto quanto ad avere drammaticamente perso l’espressione di una visione “ideologicamente corretta” di una parte di quella che una volta si considerava la componente progressista della politica, e che ora si è ridotta al piccolo cabotaggio della tutela delle minoranze in contrapposizione spesso con le legittime istanze della maggioranza.
Fino a quando il termine progressista si limiterà a parlare di pericolo fascista e sovranista per spiegare un sentiment diffuso tra le più diverse fasce della popolazione, la destra avrà un terreno fertile sul quale sviluppare le proprie politiche, forte di un incapacità e di una presunzione senza precedenti che caratterizza non solo la sinistra estrema ma anche quella più moderata.
Una presunzione che trova la sua massima espressione, per esempio, nel tentativo di imporre una mobilità elettrica assolutamente priva di riscontri obiettivi di sostenibilità sia ambientale ma soprattutto economica.
Del resto un fallimento più complessivo della politica europea è facilmente riscontrabile nella progressiva crisi di un mondo industriale che viene considerato ancora una volta Old Economy, esattamente come alla fine degli anni 90, e che invece rappresenta l’asset fondamentale di un qualsiasi sviluppo europeo.
In ultima analisi le ragioni della vittoria in Europa dell’estrema destra, non si dimentichi l’esito in Olanda e in Germania, certificano una volta di più l’assoluta inconsistenza culturale ed economica di una classe politica nazionale ed europea le quali di fronte a fenomeni complessi come l’immigrazione, prima li hanno proposti come un arricchimento culturale e successivamente come contributori netti delle pensioni.
Non si è capito invece che, esattamente come in economia, se è la domanda a determinare l’offerta di prodotti e servizi, in politica la presunta supremazia ideologica risulta destinata quindi a posizioni minoritarie, se non si dimostra in grado di mediare il proprio massimalismo ideologico con le aspettative di una popolazione stanca, avvilita ed in crisi economica.